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RICOSTRUZIONE ABRUZZO

NEI CANTIERI SENZA ORARI, LA CORSA ALLE NEW TOWN



31.07.09 I reportage di Jenner Meletti di Repubblica e Manuele Bonaccorsi di Left sulllo stato dei lavori e sulle condizioni di lavoro nei cantieri delle new town. La preoccupazione e la denuncia della Fillea dell'Aquila...



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IL REPORTAGE SU REPUBBLICA.IT

di Jenner Meletti



L'AQUILA - Le gru, potenti e sottili, sembrano disegnate da uno stilista. Pareti, pavimenti e soffitti prefabbricati vengono alzati verso l'alto e incastrati nelle gabbie di ferro o di cemento. Nell'ultima luce della sera, il cantiere di questo che sarà il pezzo più grande delle new town aquilane sembra un enorme gioco del Lego. C'è quasi silenzio, sulla collina di Bazzano spianata per costruire le C. A. S. E., che vorrebbe dire Complessi antisismici sostenibili ed ecocompatibili. Per gli aquilani, Case e basta, perché già immaginano di entrare qui, trovare il salotto, il bagno, la camera da letto.

Nessuno sta fermo, là sulla piattaforma. I capi cantiere, e anche i carpentieri, i saldatori, i muratori sanno che qui si sta giocando la "scommessa" dell'Aquila. Entro la fine di settembre - se possibile un paio di settimane prima - le Tv dovranno mostrare il taglio del nastro, annunciare che i terremotati hanno trovato una nuova casa, così come promesso il primo giorno dopo la grande scossa. Tremila persone con le chiavi in mano (anche se altre 50.000 resteranno fuori) basteranno ad annunciare il ritorno alla normalità, così come l'apertura di 120 metri di corso Federico II fra la Villa comunale e piazza Duomo un mese fa è servita ad annunciare la "riapertura del centro storico".

Bisogna fare presto e tentare la fortuna, come nei giochi d'azzardo. Parli con gli operai che stanno aspettando il pullmino, oltre la rete del cantiere, e dicono che "qui si lavora anche dodici, tredici ore al giorno". Dicono che "la settimana prossima si lavorerà anche di notte". Sono orgogliosi, questi lavoratori arrivati dalla Puglia, dal Veneto, dalla Lombardia, e assieme a loro ci sono tanti marocchini, tunisini, egiziani. "L'altro giorno, quando i No global sono passati qui davanti, ci hanno fischiato. E noi abbiamo risposto: siamo qui per lavorare, per dare una casa a chi non ce l'ha. E allora ci hanno applaudito".



La rete del cantiere sembra un confine, oltre il quale le regole conquistate nei cantieri italiani non hanno valore. "Se ti permetti di dire che non si può lavorare con ritmi assurdi che mettono in pericolo la vita degli operai - dice Rita Innocenzi, segretaria della Fillea Cgil - tutti ti saltano addosso. "Tu non vuoi la ricostruzione dell'Aquila", dicono, e non puoi più parlare". Gli ultimi pullmini e furgoni - almeno per ora - lasciano il cantiere alle 10 della sera.



Sono 1.500, gli operai chiamati a costruire le Case, e altri mille sono in arrivo perché altri cantieri stanno aprendo. Chi è partito tardi, deve fare più in fretta. In un piccolo cantiere di Sant'Antonio si lavora anche alle tre di notte. Gli operai che nei primi giorni non hanno trovato alloggio hanno dormito in macchina. A Pagliare di Sassa c'è l'accampamento più grande: qui riposano gli operai di Bazzano e di Cese di Preturo. Decine di container dentro un grande capannone. "Quelli che arrivano alle 22,30 - dice Rita Innocenzi - mangiano cibo precotto consegnato prima delle 20. Nei cantieri non c'è mensa: si mangia prima di partire e quando si rientra, dopo troppe ore di lavoro". Il sindacato ha chiesto di aprire un ufficio nel capannone dormitorio. Ci sono già stati incidenti, nei cantieri Case. Il 27 giugno a Sant'Elia B. M, un romeno di 34 anni, è stato sfiorato da un fulmine. E' finito in rianimazione ma si è salvato. Il 3 luglio a Bazzano un operaio di Montereale è caduto da tre metri. Prognosi riservata. "Si sono avviate inchieste ma il lavoro non si è fermato più di 5 minuti, il tempo di fare arrivare l'elicottero di soccorso".



C'è preoccupazione vera, per questi operai deportati da tutta Italia per costruire le case degli sfollati. L'unica ditta aquilana che è riuscita ad avere una fetta degli appalti Case è la Edimo di Poggio Picenze, verso la quale il 26 febbraio 2009 (pochi giorni prima del terremoto) la Fillea Cgil aveva presentato una denuncia pesantissima. Nell'esposto - protocollo 077336 della Procura della Republica - si legge che "tutti i casi di infortunio sul lavoro su espressa indicazione dell'azienda, mediante dichiarazioni che i dipendenti sono stati costretti a rendere persino al Pronto soccorso, sono stati denunciati come "malattia"". Si racconta il caso di G. F., che il 15 maggio 2007 rimase vittima di infortunio con lesioni gravi (seguito da intervento chirurgico) ed è ancora "in malattia" perché "costretto dalla Società a dichiarare di essere caduto all'interno della propria abitazione". C'è anche il caso di A. P., che prima di essere portato all'ospedale "venne accompagnato a casa da uno dei titolari dell'azienda per cambiarsi di vestiario, condotto al Pronto soccorso e costretto a dichiarare di essersi procurato il danno fuori dal luogo di lavoro".



La "scommessa" dell'Aquila mette però in ombra ogni altro problema. Peccato sia una scommessa persa. Le Case antisismiche potranno accogliere i tremila terremotati di settembre, altri 11.000 - si spera - entro Capodanno. Ma i numeri sono ben più pesanti. Oggi la "popolazione assistita" è di 50.403 persone, di cui 19.749 in alberghi, 9.643 in case private, 21.011 in tendopoli. Il progetto Case, deciso in poche ore, era chiarissimo: si costruiscono appartamenti antisismici per gli aquilani, soprattutto quelli del centro storico distrutto. Gli altri torneranno nelle loro case dichiarate agibili e in quelle che hanno bisogno solo di piccoli interventi. E' stata fatta una classifica: A per le agibili, B per agibili con piccoli lavori, C e D per lavori di media importanza. Le Case antisismiche dovevano essere riservate agli abitanti delle case E, completamente inagibili. Ma le sorprese non sono mancate. "Ci sono 10.000 persone - dice il sindaco Massimo Cialente - che abitano in case A e non tornano nel loro appartamento. C'è la paura per le scosse che continuano ma c'è anche un altro problema. Mi vergogno a dirlo, ma questi aquilani hanno fame. Gli assegni della cassa integrazione sono in ritardo, tante attività sono bloccate e non portano reddito. E allora c'è chi resta in hotel o in tenda perché trova un pasto gratis, perché a casa non avrebbe i soldi per fare la spesa". C'è chi ha capito tutto già da tempo e ha saputo trasformare il dramma in un business. "Ci sono - dice il sindaco - gli sciacalli degli affitti. Per 70 metri quadri chiedono anche 1.500 euro, quando prima il costo era di 400 - 500 euro. Chiedono 1.000 euro per 40 metri. Stiamo facendo un censimento e la Protezione civile dovrà requisire le case. Ho bisogno di almeno 1.000 abitazioni per affrontare questa emergenza che non finisce mai".



A settembre gli alunni dovranno tornare a scuola. "Gli edifici scolastici, in pietra o tensostruttura - dice la presidente della Provincia, Stefania Pezzopane - saranno pronti, ma a cosa servirà, se non ci saranno le case? Saranno la scuola e l'università a decidere il futuro della nostra città". Secondo i primi dati, almeno 700 famiglie hanno iscritto i loro ragazzi lontano dall'Aquila. "Io dissi subito che le Case antisismiche non potevano bastare e proposi un piano B - che prevedeva casette di legno soprattutto nelle decine di frazioni e paesi - ma dissero che le meravigliose C. A. S. E. avrebbero risolto ogni problema. Purtroppo ho avuto ragione. Si scopre adesso che lavori che dovevano durare al massimo 30 giorni richiedono invece mesi e mesi di interventi. Faccio l'esempio di mia madre Vilde, che ha 80 anni e abita (abitava) al quinto piano di un condominio con 50 persone. Era contenta, perché il suo appartamento era in classe B. Oggi i tecnici le hanno spiegato che prima bisogna intervenire ai piani bassi e che lei non potrà tornare a casa prima di un anno. Questo per una casa B. Immaginiamo cosa potrà succedere quando si faranno verifiche serie per le C e le D. E' per questo che in città ci sono preoccupazioni e angosce. L'insicurezza ti fa star male come la faglia del terremoto. Noi aquilani eravamo abituati a discutere e anche a litigare con molta tranquillità. Oggi trovi sempre più persone che stanno mute, o piangono o si mettono a sbraitare. Il futuro che sta arrivando ci fa paura. Bisognerebbe fare tante cose e il tempo scappa. E' come la nostra estate, troppo breve. Tre anni fa, il 9 settembre, l'Aquila era bianca di neve".