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06.01.11 In questi giorni stiamo assistendo con preoccupazione crescente ad una successione di eventi che rischiano di compromettere non solo il futuro dei lavoratori e delle relazioni industriali ma il ruolo stesso del sindacato, la sua autonomia e la sua confederalità. L’accordo separato di Pomigliano prima e poi, ancor più gravemente, quello di Mirafiori, costituiscono un attacco di inaudita gravità ai principi democratici e di rappresentanza nei luoghi di lavoro oltre a definire, per forma e contenuti, un arretramento delle condizioni e dei diritti dei lavoratori e un inaccettabile modello di sindacato aziendalista. Contro questi accordi la Fiom e la Cgil si sono giustamente schierate in una battaglia in difesa dei diritti e della democrazia che non può che essere la battaglia di tutta l’organizzazione, di tutte le categorie e di tutte le strutture confederali. In questa battaglia, a partire da quella a sostegno dello sciopero dei metalmeccanici del 28 gennaio, siamo con forza e nettezza insieme alla Fiom, al suo gruppo dirigente e ai lavoratori metalmeccanici, perché dall’esito di questo confronto può dipendere non solo il loro futuro ma anche quello di tutti i lavoratori italiani e dello stesso sindacato. Proprio per questo è giusto che la Cgil si sia schierata per il no al referendum di Mirafiori perché così si potrà comunque gestirne l’esito e rimanere in gioco.

Ma soprattutto, proprio per questo, proprio perché riguarda tutti noi, tutto ciò non può non indurci ad una più ampia riflessione collettiva circa gli strumenti e le strategie da usare in questa battaglia per riconquistare una adeguato modello di relazioni industriali e di democrazia nei luoghi di lavoro e, attraverso essi, estendere e rafforzare i diritti dei lavoratori; la strada del conflitto non può essere l’unica strada, tanto più che è stata quella prioritariamente seguita finora; ad essa occorre affiancare una capacità tutta sindacale e quindi da giocarsi necessariamente dentro e non fuori i luoghi di lavoro, di scardinare i limiti imposti da questi accordi e dal modello contrattuale scaturito dall’accordo separato del gennaio 2009, come la Cgil ha dimostrato di saper fare con i circa 60 CCNL rinnovati unitariamente dalle sue categorie e che oggi ci fanno dire che quello è un accordo superato nei fatti. Senza una coerente e ferma presenza nei luoghi di lavoro e ovunque si discuta delle condizioni del lavoro le ragioni dei milioni di lavoratori iscritti alla Cgil e che guardano alla Cgil, per quanto valide non potranno essere affermate e ci condanneremmo ad un ruolo di mera opposizione sociale che,seppur nobile, non è nella storia e nella prassi della Cgil.

Anche da ciò scaturisce un ulteriore elemento di riflessione, su quanto, intorno a queste vicende, accade dentro e fuori la Cgil.

In primo luogo,dentro la Cgil, occorre recuperare il senso profondo delle recenti decisioni congressuali circa il ruolo e la funzione della confederalità come sintesi elevata dello specifico di ciascuna struttura intorno al valore fondamentale dell’unità della Cgil, tanto più in un momento nel quale dalla carenza di unità fra i sindacati e fra i lavoratori stanno scaturendo soltanto danni per le condizioni del lavoro. Per questo occorre lavorare tutti perché si esca da un ormai stanco e non verosimile schematismo che contrappone la Fiom e la Cgil senza tener conto del la pluralità delle esperienze che la Cgil e le sue strutture hanno prodotto e sempre sintetizzato nell’interesse generale; una sintesi che auspichiamo anche in questo delicato momento a partire dall’incontro fra le segreterie Fiom e Cgil di domenica prossima.

In secondo luogo, fuori dalla Cgil, osserviamo con preoccupazione che, insieme alla giusta e necessaria attenzione a vicende così importanti per il futuro dei lavoratori e del paese, si ripropone un insopportabile gioco di” posizionamenti” politici, o peggio ancora ideologici, di chi in virtù di una presunta modernità parla di accordi storici o di svolta, a chi si improvvisa suggeritore di strategie e tattiche a chi si fa addirittura interprete di norme statutarie interne alla Cgil delle quali si dovrebbero occupare solo i preposti organismi. A tutti costoro, nel rispetto assoluto delle opinioni di tutti e della legittimità della loro espressione, riteniamo però necessario chiedere altrettanto rispetto per il ruolo e l’autonomia di ciascuno, in primo luogo per il ruolo e per l’autonomia della Cgil.

Ed infine, è proprio in virtù di questa autonomia, che è necessario insistere sulla necessità di definire le regole in merito alla rappresentanza e alla democrazia nei luoghi di lavoro, in primo luogo attraverso la riapertura di un adeguato tavolo di confronto con Confindustria e con Cisl e Uil.

Walter Schiavella, segretario generale Fillea Cgil

Claudio Di Berardino, segretario generale Cgil Roma e Lazio

Stefania Crogi, segretario generale Flai Cgil





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