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  Udine Locandina Convegno  Intervento di Franco Martini   Presentazione studio su distretto sedia 2007

 

Distretto della sedia                          

Convegno su “Il distretto della sedia: quali sfide e quale futuro nell’era della globalizzazione”

Si è svolto ad Udine il 29 marzo 2007 un convegno, organizzato dalla Fillea Cgil di Udine, sulla crisi che coinvolge il distretto della sedia,  ha concluso i lavori Franco Martini, Segretario Generale Fillea Cgil.                                                                                               

La crisi che investe il distretto è dovuta alla flessione delle vendite all’estero in un settore produttivo che da sempre punta sui mercati globali,  in cinque anni il distretto della sedia ha perso il 20% dell’export. Le ricette: promuovere aggregazioni e sinergie, investire nel marketing, puntare su qualità e innovazione.

 

 

Relazione di  Villiam Pezzetta, Segretario Generale Fillea Cgil di Udine

Buongiorno, innanzitutto un grazie e un saluto a tutti i presenti.

L’iniziativa di oggi nasce soprattutto da una nostra forte preoccupazione sulla situazione attuale e soprattutto sul futuro di questo importante distretto. Una situazione che definirei ancora oggi di forte criticità e di stagnazione, e che anzi, nel corso degli ultimi due anni sta coinvolgendo anche  diverse realtà industriali di dimensioni medio grandi della zona.

Tutto ciò, nonostante si sia in presenza di una ripresa significativa della produzione e del PIL a livello nazionale.  

Non abbiamo, ovviamente, la presunzione di offrire analisi sofisticate e originali, né tantomeno ricette pronte e confezionate. Più modestamente,intendiamo presentare alcune nostre riflessioni, considerazioni , e qualche proposta, sulla base  dell’esperienza concreta e delle vicissitudini che ogni giorno come sindacato ci troviamo ad affrontare in questo importante distretto che, ricordiamo, da  sempre rappresenta una delle aree industriali più significative non solo della nostra regione, ma anche dell’intero panorama nazionale. Basti ricordare che, nel 2001, gli occupati nel distretto della produzione sediaria (6500 addetti) rappresentavano il 37% del totale nazionale di questo comparto.

Nella storia, questo distretto ha vissuto periodi di grande espansione, alternati a momenti di stagnazione. Gli anni settanta, sono gli anni del boom economico:vi è una crescita nel distretto di carattere esponenziale: le unità locali aumentano del 54%, e gli addetti del 25%. Agli inizi degli anni ottanta assistiamo invece ad un periodo di crisi, dovuto essenzialmente al cedimento della domanda di mercato, durante il quale la base occupazionale si riduce in meno di tre anni del 10% e importanti aziende dell’area falliscono. Nella seconda metà degli anni ottanta la fase acuta della crisi rientra.

Arriviamo agli anni novanta,dove assistiamo ad un florido decennio produttivo che si esaurirà nel 2001.

In questi anni di fine secolo, il comparto cresce soprattutto grazie all’export, in quanto l’estrema concentrazione territoriale del settore e la sua tipica configurazione di mercato di nicchia indirizza verso i mercati esteri oltre il 60% della propria produzione.

Si tenga presente inoltre che il 50% della merce destinata ai mercati esteri è indirizzata su tre paesi e precisamente: gli Stati Uniti (19%),la Germania (17%), e la Francia (13%).

Il trend delle esportazioni negli anni novanta ne risulta fortemente positivo, tant’è che il valore dell’export di sedie a prezzi costanti risulta più che triplicato dal 1991 al 2000. La competitività legata al cambio, alla svalutazione della lira, e un costo del lavoro più basso rispetto ai concorrenti europei, oltre ad una situazione del mercato non ancora delineata completamente su una competizione “globalizzata” sono stati i fattori principali che hanno fatto decollare il Distretto.

Ma già in quegli anni emergono  alcuni fattori che avrebbero dovuto far riflettere sui cambiamenti in atto.

Se analizziamo i dati dell’occupazione del distretto su base decennale (2001 rispetto 1991)

Troviamo un quadro diametralmente opposto, tra   l’andamento nel settore  industriale rispetto a quello del settore artigiano. Mentre il primo riduce di oltre il 22% la propria base occupazionale, il secondo è caratterizzato da una crescita positiva con un aumento di oltre il 10%  della propria forza lavoro, portando i due comparti a un numero equivalente di  occupati.

E’ evidente che in un contesto di una domanda di mercato sempre in crescita negli anni novanta, si stava modellando una nuova configurazione produttiva delle imprese più importanti operanti nel comparto sediario del distretto.

In sostanza, i gruppi industriali  stavano ridisegnando la propria filiera produttiva decentrando alcune prime fasi di lavorazione all’estero ed in particolare in alcuni paesi in cui si rifornivano di materie prime.

Tale trasformazione non è stata così evidente, in quanto si operava in un contesto positivo, il comparto artigiano che opera nelle sedie è potuto crescere, sì per l’aumento della domanda a livello internazionale, ma soprattutto quale strumento di supporto nella fase di entrata a regime delle delocalizzazioni effettuata dalle aziende industriali.

Con l’inizio del nuovo millennio la situazione è drasticamente cambiata e siamo ancora oggi immersi in una situazione di crisi che ovviamente non può più definirsi congiunturale, ma che ha assunto il carattere della strutturalità. Ma, a mio avviso questo distretto come avrò modo più avanti nella relazione di illustrare,ha ancora le potenzialità e i mezzi per uscirne, è però assolutamente necessario non perdere altro tempo.

Ma qual è oggi la situazione del distretto?

Secondo gli ultimi dati, il distretto ha perso nell’ultimo quinquennio circa 2500 lavoratori, passando dai 12500 addetti del 2001 agli attuali circa 10000. Le imprese, sempre nell’ultimo quinquennio sono scese dalle 1080 del 2001 alle attuali 880 realtà (circa 200 in meno)di cui il 64%  (pari a 560 unità) ha un organico compreso tra 1 e 9 addetti, il 26% ha un organico compreso tra i 10 e 19 addetti e solo il restante 10% supera i 19 addetti.

Ritengo opportuno sottolineare che sono solo dodici le aziende con un organico superiore a 50 unità.

  Il primi elementi che ovviamente emergono, dalla lettura di questi dati sono rappresentati dal massiccio calo occupazionale, con inevitabili ricadute di carattere sociale e la forte riduzione del numero di imprese.  Un altro aspetto su cui si sofferma l’attenzione è rappresentato dalla forte polverizzazione che caratterizza la realtà delle imprese distrettuali, una miriade di piccole e piccolissime aziende. Questa frammentazione,che era considerata una risorsa negli anni novanta, in pieno “miracolo del nord-est”, oggi così strutturata ne rappresenta un limite. Questa non vuol essere una condanna acritica della piccole dimensioni, che a mio avviso rappresentano il cuore e l’anima di un tessuto industriale di distretto, non solo nel manzanese, ma anche in tutti i distretti nazionali,ma è ovvio che, una configurazione simile risulta eccessivamente frammentata, occorre  pertanto promuovere politiche e percorsi di aggregazione tra imprese.

Questo quadro di debolezza e difficoltà emerge anche dai dati sull’andamento della Cassa Integrazioni Guadagni di questi ultimi anni nel distretto. Dai dati in nostro possesso come Fillea, nel 2003 le ore di CIG richieste erano state 368 su un totale di 837 dipendenti coinvolti. Nel 2004 gli interventi sono saliti a 449 settimane e il numero di addetti coinvolti a 1043. Nel 2005 le settimane sono salite a quasi 600 coinvolgendo 1200 lavoratori. Nel 2006 a fronte di una leggera diminuzione di ore di CIG, vi è stato un contestuale notevole aumento della CIGS, e del ricorso all’ istituto della Mobilità.

Molti sono i fattori che hanno contribuito al crearsi di questa situazione.

Innanzitutto l’avvento della globalizzazione,ha visto l’ingresso nei mercati, di nuovi paesi, dall’Est Europeo alla Cina, che sono diventati acerrimi competitori, soprattutto nelle produzioni di bassa qualità. Inoltre a causa del basso costo del lavoro presente in queste nazioni, i grandi gruppi industriali del distretto hanno decentrato diverse fasi della propria produzione, sottraendola all’indotto locale. 

Altro fattore non meno importante che ha dato un duro colpo all’economia del distretto molto legata all’export, è riconducibile ai grossi cambiamenti politico-economici  avvenuti su scala mondiale.

L’avvento dell’euro e il suo forte apprezzamento nei confronti del dollaro   ha comportato una forte perdita di quote nel mercato nord- americano, contestualmente il forte rallentamento avvenuto in quegli anni dell’economia in Germania ha portato come logica conseguenza una contrazione dei consumi specifici del settore.

Si tenga presente che il solo ridimensionamento della domanda in questi due paesi, ha portato a una perdita secca di oltre il 20% del totale delle esportazioni del distretto nell’ultimo quinquennio.

Il settore artigiano, che nel distretto opera prevalentemente nella fornitura e sub-fornitura del prodotto della sedia e che rappresenta da solo i 2/3 delle aziende della zona (di cui molte a carattere familiare) dando occupazione a oltre il 60% del totale dei lavoratori del distretto è quello che ha subito di più i riflessi della crisi.

Attualmente vi operano circa 600 realtà a carattere artigianale.

La debolezza che ha portato alla chiusura di molte di queste unità produttive è legata a più fattori.

I grossi gruppi sediari industriali delocalizzando notevoli fasi della propria attività in Paesi a basso costo di mano d’opera, come detto, hanno inferto un duro colpo a questo comparto formato da piccole aziende tipicamente terziste, la cui produzione dipendeva quasi totalmente da questi grossi gruppi.

Poche di queste piccole realtà si basano su una diversificazione della propria attività produttiva e ancora meno sono quelle che immettono sul mercato un prodotto proprio, che spesso risulta indirizzato verso un mercato di livello non eccelso.

Questa polverizzazione dimensionale non ha permesso negli anni per ovvi motivi di dimensione aziendale lo sviluppo di nuove pianificazioni strategiche, tese a una presenza più attiva e dinamica nei mercati, ad un  potenziamento delle strategie di marketing ad un rafforzamento e ad una revisione dei propri processi produttivi, al rinnovamento dei sistemi informatici. Inoltre, la stretta del mondo creditizio che certamente non ha aiutato a superare le difficoltà di carattere finanziario e una classe imprenditoriale poco preparata nel doversi misurare in uno scenario inedito hanno portato a questa situazione di grave crisi di questo comparto del distretto della sedia. Le aziende per cercare di sopravvivere hanno agito solo sulla leva dell’abbattimento del costo del lavoro, del massimo ribasso, usando le forme più spinte dell’uso flessibile della forza lavoro. Ora, la esperienza maturata nel mio agire quotidiano con le aziende del distretto, mi fa dire che a fianco di queste situazioni negative convivono diverse realtà medio piccole e piccole che hanno compiuto avanzamenti per ciò che attiene la, il patrimonio di conoscenze di processo acquisite, , il miglioramento dei fattori che attengono all’area del prodotto, i servizi ai clienti, (tempi di consegna, disponibilità e flessibilità nel rapporto)  mentre è invece “nell’area dei fattori di marketing “che queste rilevano le maggiori difficoltà.

Molte sembrano confuse sulle scelte da intraprendere, per questo ritengo che il potenziamento delle competenze di marketing, dovrebbe rappresentare uno degli obiettivi prioritari di una nuova politica industriale per il distretto.

 C è un altro aspetto che mi preme evidenziare legato alla situazione di diverse grosse realtà industriali del territorio, che nel corso di questi ultimi due anni hanno subito o stanno subendo una forte contrazione della loro produzione.

Alcune di queste hanno chiuso, altre sono interessate da una delicata fase di ristrutturazione.

Le cause che hanno portato a questa situazione non hanno un comun denominatore: in alcuni casi si è trattato di un problema di fatturato legato a posizionamento del proprio prodotto in fascia di mercato basse.

In altri si paga lo scotto di una crescita troppo rapida della propria dimensione aziendale  con evidenti problematiche di carattere organizzativo e produttivo e di posizionamento della propria struttura nella competizione globale.

In altri casi vi sono dirette problematiche gestionali e di conduzione.

E’ chiaro quindi che sta emergendo un situazione, fino a poco tempo fa non preventivabile, di difficoltà che coinvolge diverse realtà industriali del distretto: questo come sindacato ci preoccupa non poco, per tutte le gravi ripercussioni negative sull’occupazione e sul tessuto sociale della zona che un’ eventuale acuirsi di questa crisi potrebbe ulteriormente comportare.

Un altra particolare fonte di preoccupazione sindacale ,che emerge ultimamente nei nostri quotidiani confronti con alcune realtà industriali presenti nel Distretto, è la continua contrazione della produzione in loco della sedia in legno, attualmente vi è una tendenza del mercato a  orientarsi su gamme di prodotto sediari, cosidetti in ferro, che però, non sono presenti in alcune aziende all’interno del proprio ciclo produttivo, questa situazione potrebbe comportare ricadute di carattere occupazionale nonostante il quadro economico per la azienda rimanga  sostanzialmente invariato.

A questo punto si pone il problema del “che fare”, quali modelli evolutivi, quali interventi e quali azioni di politica industriale è opportuno promuovere e perseguire per favorire l’evoluzione competitiva di un sistema produttivo locale così importante per l’economia della regione, A mio avviso i terreni di intervento sono tre:

1.       La ricerca di differenziazione nei confronti della concorrenza attraverso il design originale e l’innovazione di prodotto

2.       Le diversificazioni nell’ambito del settore dell’arredamento,non solo sedie, puntando all’estensione di gamma, sia in termini di ampiezza (numero di prodotti diversi), che di lunghezza della stessa (numero di modelli)

3.       Infine lo sviluppo della funzione di marketing all’interno della impresa con particolare attenzione all’analisi dei mercati attuali e potenziali.

Solo attraverso un avanzamento di questi punti si può costruire un futuro di prospettive.

La possibilità di procedere in modo efficace sui punti indicati prevede capacità di investimenti non indifferenti attuabili solo in aziende di  dimensioni industriali. Per questo ritengo, che per le piccole realtà solo attraverso la promozione di percorsi di aggregazione tra  imprese omogenee nel proprio ambito di prodotto e di settore che potrebbero anche portare alla nascita di società ad hoc, si possano creare le condizioni per attuare progetti strategici di crescita e di rafforzamento competitivo. Progetti, che abbiano punti alti nei quali si preveda l’investimento nella qualità del prodotto e nei processi industriali, puntando fortemente nel design, allargando come evidenziavo la gamma di prodotti per offrire molteplici soluzioni di arredo, e partecipando inoltre  alle maggiori manifestazioni fieristiche. E’ importante altresì, attuare e sviluppare una politica distributiva che miri a superare le dipendenze dai distributori grossisti, per  arrivare direttamente ai punti vendita trattanti. Occorre però, che la classe imprenditoriale, superi “l’empass” di diffidenze e ritrosità reciproche che culturalmente sono presenti in questo territorio, dove troppo spesso anziché operare in sinergia  si è assistito piuttosto ad una reciproca competizione tra aziende basata essenzialmente sul taglio dei costi di produzione e sulla diminuzione dei prezzi della lavorazione o di vendita del prodotto.

Una domanda può sorgere spontanea: chi può e in che modo incentivare i processi di aggregazione e di rilancio di un modello di industria diverso?. Aldilà della libera inziativa a livello imprenditoriale, sempre auspicabile, ritengo che la amministrazione Regionale in qualità di governo e di indirizzo delle politiche industriali, debba farsi carico attraverso un ruolo attivo di regia finalizzato a proporre    progetti industriali attraverso la collaborazione col mondo universitario e con le strutture locali impegnate in progetti di ricerca (Catas) e ciò dovrebbe a mio parere avvenire all’interno delle competenze previste dalla “Agenzia per lo sviluppo dei distretti industriali “, una società consortile a capitale misto pubblico- privato.nata con la L.R. n. 4/2005 in sostituzione dei vecchi  Comitati di distretto. La ASDI assume dunque il ruolo di istituzione distrettuale.

Molteplici sono i compiti previsti nella sua funzione dall’ ASDI, dalla promozione dell’evoluzione competitiva del distretto, a soggetto erogatore di finanziamento progettuali, alle penetrazioni nei nuovi mercati, alla erogazione di servizi alle imprese è soggetto titolare del marchio di qualità del distretto. Opera infine, nel campo della formazione,dell’ambiente e della sicurezza sui luoghi di lavoro. Ad oggi l’ASDI è composto oltre che dalla Regione, da 20 comuni,dalla Provincia,dalla Camera di Commercio, dalle Organizzazioni datoriali, dalle Organizzazioni artigianali (Confartigianato, Cna), da diverse aziende della zona.

Come si può notare il numero di componenti è molto numeroso, si è perso molte tempo solo per la definizione degli incarichi al proprio interno. Il rischio è che il bel progetto sulla carta, rimanga tale, imbrigliato dalla macchinosità,e burocraticità del proprio agire,vanificando i presupposti per il quale è nato. Un'altra tematica sulla quale vorrei fare alcune considerazioni è legata al tema della formazione. Quasi sempre quando si parla di formazione ci si riferisce a quella indirizzata agli operai, escludendo tutti gli altri soggetti protagonisti del mondo del lavoro. C’è bisogno che questo capitolo della formazione investa tutti, con percorsi di coinvolgimenti indirizzato anche al mondo imprenditoriale,  solo così si possono avere gli strumenti necessari per poter affrontare le sfide che oggi il mondo del lavoro impone, altrimenti il rischio è di rimanere chiusi mentalmente dentro i propri localismi.  Bisogna anche considerare e ammettere come accennavo in precedenza che è mancato un ricambio generazionale, la media dell’età della classe imprenditoriale nel distretto è alta, occorre ricreare una situazione che stimoli le nuove generazioni a fare impresa a portare idee ed entusiasmo. Infine, il ruolo del sindacato nel distretto. Nel corso degli ultimi anni gran parte della nostra attività è stata rivolta alla gestione delle emergenze. Per lunghi periodi siamo stati impegnati quasi giornalmente in riunioni, che avevano come unico argomento richieste di Cassa integrazione o riduzioni di personale. La rioccupazione della forza lavoro espulsa dal ciclo lavorativo, che per la tipicità del settore ha interessato in modo significativo le donne, deve rappresentare ovviamente un impegno prioritario da parte di tutti, (all’inizio questo fenomeno risultava meno evidente, in quanto il distretto aveva una discreta capacità di riassorbimento) Il piano di gestione della situazione della difficoltà occupazionale affidato dalla Regione alla Provincia, denominato “Restart” e che si propone attraverso la collaborazione con gli uffici di collocamento e le Organizzazioni datoriali e le Organizzazioni Sindacali di facilitare e agevolare i percorsi di incontro tra domanda e offerta, può rappresentare una opportunità per il lavoratore, è importante a mio avviso e come Organizzazioni Sindacali lo abbiamo già ribadito che le procedure  siano il più snelle possibili e che vi sia  la possibilità, di poter interloquire anche con altri distretti vicini  come nella zona industriali di Torviscosa o di S. Giorgio di Nogaro. Passando ad analizzare il livello di rapporti relazionali   nella realtà i del Distretto, bisogna amaramente constatare che questo è a livelli minimali,  il nostro ruolo soprattutto nei confronti delle piccole aziende è molto marginale, spesso il nostro interloquire è legato solo a problematiche di carattere individuali. La contrattazione di secondo livello è presente solo nelle poche grosse aziende della zona. Menziono, e non in quanto presente oggi , la Tonon, come esempio di risultati importanti ottenuto attraverso la costruzione di un modello di relazioni, di rapporto e di confronto tra le parti costruttivo.  Nel momento di difficoltà aziendale si è evitato di ricorrere ad una automatica diminuzione del personale( spesso scelto dall’imprenditoria  come unico elemento di intervento, raramente risolutivo dei problemi, che spesso risiedono altrove) condividendo invece un piano ambizioso di rilancio aziendale. Questa sfida, oggi è risultata vincente. Attualmente è in vigore un P.d.R. nel quale sono presenti parametri che perseguono diverse tipologie di obiettivi aziendali. Occorre pertanto, esportare queste esperienze, e intrecciarle con un sistema di concertazione e contrattazione di distretto  come risorsa su cui investire , per creare un modello di sviluppo di territorio sulle tematiche della formazione, sulle dinamiche del mercato del lavoro, su politiche salariali legate a condivisioni di obiettivi di crescita e di competitività di Distretto. Abbiamo una base da cui iniziare: l’accordo di distretto siglato  negli anni ottanta. Fu un accordo di grande lungimiranza, tutt’ora operativo, siglato con le organizzazioni datoriali del territorio: questo accordo prevedeva un sistema avanzato di reti di informazioni, percorsi di formazione professionale, l’individuazione di una serie di declaratorie sulle mansioni maggiormente svolte nella zona, il superamento della carenza per le malattie brevi e l’istituzione di un premio di distretto. Un accordo che, al contrario di quanto oggi accade, evidenzia lo spirito e le condizioni con cui allora  si interloquiva tra le parti. Concludo questa mia introduzione sostenendo , che esistono tutte le potenzialità per uscire da questa situazione di crisi del Distretto, abbiamo un grande capitale costruito nel tempo, di conoscenze, capacità umane e professionali, che sarebbe deprimente disperdere, è però necessario che vi sia una grande sinergia e un grande patto tra tutti i soggetti attori: Istituzioni, Imprenditoria, Organizzazioni datoriali e Sindacali  dove ognuno nell’ambito delle proprie competenze operi, come si direbbe in termini calcistici d’assieme in una corale azione di squadra.

 

 

Grazie

 

 


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