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Comitato Direttivo Nazionale della Fillea-Cgil. Roma, 18 luglio 2003

Relazione di Franco MARTINI

Come ormai è tradizione questa sessione del Comitato Direttivo che precede la pausa estiva ha lo scopo di fare un bilancio dell’attività svolta in questi mesi e, soprattutto, definire gli impegni e gli obiettivi per la ripresa di settembre.

Ringraziamo la compagna Cantone per la sua presenza che risulterà utile alla nostra riflessione poiché una parte rilevante delle questioni oggetto di questa discussione fanno riferimento alle sue responsabilità confederali.

Il nostro bilancio inizia dalle questioni legate al prossimo rinnovo dei contratti, più esattamente al lavoro per la predisposizione delle piattaforme, lavoro che questo Direttivo deve approvare sulla base delle linee approvate nella sessione precedente.

Possiamo sicuramente affermare che si tratta di un bilancio positivo.

Dei cinque contratti da rinnovare abbiamo già approvato nelle sedi di lavoro unitarie le piattaforme dei contratti del cemento, dei laterizi e dei lapidei.

La piattaforma del cemento è stata inviata alle controparti ed è già calendarizzato il primo incontro il giorno 24 luglio.

Possiamo considerare in avanzato stato di elaborazione unitaria la piattaforma dell’edilizia, per la quale prevediamo entro la fine del mese il varo a livello delle segreterie generali.

Per quanto riguarda il legno siamo ancora nella fase di elaborazione interna alla commissione-legno Fillea. Il tentativo è di provare a stringere con Filca e Feneal prima della pausa estiva per arrivare ad una stesura della bozza appena rientrati dalle ferie.

Complessivamente penso si possa affermare che abbiamo fatto un buon lavoro. Innanzitutto per quanto riguarda il merito delle questioni.

Inutile nasconderci che era forte in noi la preoccupazione che questa tornata contrattuale avrebbe potuto caratterizzarsi con forti elementi di tensione nel rapporto con le altre organizzazioni sindacali. Tra di noi era diffusa la preoccupazione che avremmo potuto conoscere l’esperienza delle piattaforme separate. E questo non solo per il condizionamento del contesto negativo della vicenda metalmeccanici, quanto per il fatto che il nostro contratto poteva prestarsi ad implementare le divisioni sorte con Cisl e Uil, soprattutto nell’impatto con le deleghe che il Governo avrebbe esercitato in materia di mercato del lavoro.

Abbiamo per questo impostato un lavoro che tentasse di tenere fuori dalle piattaforme, affidandole ad un terreno precedente di confronto e di proposte, i temi più scottanti.

Tra questi, indubbiamente, il tema della bilateralità, tema che avrebbe attraversato tutte le piattaforme, non solo quella scontata dell’edilizia.

E così è stato. Credo che il punto di approdo raggiunto rappresenti una soluzione dignitosa per tutti ed al tempo steso un contributo per la Confederazione che pur continuando a manifestare il proprio dissenso con il contenuto della Legge 30, deve al tempo stesso dotarsi di una posizione in grado di contrastare in fase di attuazione gli aspetti più negativi e pericolosi di quella delega.

Noi lo abbiamo fatto ancorati al merito, rinviando ai mittenti le posizioni di principio. Non è la gestione del mercato del lavoro che temiamo. Abbiamo impedito invece che l’esperienza originale della bilateralità in edilizia fosse strumentalmente presa ad esempio per praticare uno snaturamento della stessa, sia in quel settore che negli impianti fissi, nei quali se ne proponeva l’estenzione.

In queste ultime settimane abbiamo elaborato unitariamente una soluzione che estende l’esperienza dei comitati paritetici verso funzioni di orientamento e di monitoraggio. Mentre in edilizia abbiamo prefigurato un sistema di incontro domanda-offerta che rinunciando ai compiti più estremi assegnati dalla legge 30, in particolare quelli della certificazione del rapporto di lavoro, fanno della bilateralità soggetto di politica attiva del lavoro, interagendo con il sistema più generale di gestione del mercato del lavoro ed in questo, rinnovando compiti e funzioni della formazione settoriale.

Consideriamo l’approdo raggiunto non un escamotage per aggirare il pericolo dello snaturamento della bilateralità quanto un vero e proprio progetto autonomo di riforma e di qualificazione del sistema paritetico. Tant’è che dovremo attrezzarci per sostenerlo sui tavoli negoziali, contro la prevedibile opposizione delle controparti, a partire dall’Ance, che in sostanza professa il cambiamento salvo lasciare essenzialmente le cose come stanno.

L’altra preoccupazione era legata al modello contrattuale. In verità non abbiamo subito particolari sollecitazioni su questo terreno, oltre il prevedibile tatticismo, poiché l’attuale modello è considerato da tutti il più efficace nei nostri settori.

Tant’è che noi stessi ci siamo permessi di estendere una riflessione autonoma sulla opportunità di riconsiderare dimensioni e caratteristiche della contrattazione di secondo livello, soprattutto negli impianti fissi. Il problema è capire se e come questo livello debba e possa evolversi, tentando di rappresentare la dimensione più efficace per la contrattazione, che il alcuni casi può essere aziendale, ma in altri distrettuale ed ancora provinciale o di gruppo. Esiste cioè una articolazione più ricca sulla quale agire per affrontare il tema dell’estensione della contrattazione di secondo livello, in alcuni comparti non superiore al 25%. Sul salario non abbiamo avuto grosse difficoltà. Una volta condivise le scelte fatte sul cemento, con le quali si affidava al contratto nazionale il compito di difendere il potere d'acquisto, destinando alla qualità i margini di produttività disponibili la via per le altre piattaforme è apparsa abbastanza spianata. Il valore delle richieste avanzate contiene la scelta del recupero del differenziale di inflazione e il non riconoscimento dell’inflazione programmata dal Governo quale riferimento per i prossimi anni, al posto di quella attesa, che invece è stata assunta per tutte le piattaforme.

La parte più difficile del nostro lavoro è stato probabilmente tradurre in scelte coerenti l’obiettivo di fare del contratto una sede per sviluppare la nostra iniziativa sulla qualità del settore, una leva sulla quale agire per intervenire sulla contraddizione di una crescita che non ha avuto negli anni che abbiamo alle spalle le necessarie ricadute sulla qualità complessiva delle imprese e del lavoro.

Una difficoltà un po’ trasversale, perché oltre alla scarsa disponibilità delle controparti che sicuramente si riproporrà ai tavoli dovevamo mettere nel conto il probabile scetticismo di parte sindacale. 

Credo tuttavia che alcune scelte fatte abbiano tentato di rispondere positivamente a questo obiettivo e sarà nostro dovere ai tavoli negoziali difenderle con convinzione, anche perché su alcune di queste abbiamo costruito l’equilibrio dei costi contrattuali.

Valga per tutti il tema della professionalità e dell’inquadramento. In tutti i contratti è stato nuovamente denunciata la forte obsolescenza degli attuali inquadramenti, sempre meno corrispondenti ai reali processi di impiego della forza lavoro e delle relative mansioni. Abbiamo preso atto del sostanziale fallimento delle commissioni contrattuali per l’inquadramento e siamo consapevoli della impossibilità di riportare a casa nuovamente una soluzione di questa natura. Per questa ragione siamo consapevoli di giocarci su questo terreno un pezzo della credibilità delle nostre piattaforme e della nostra linea politica più complessiva.

Del resto, il tema della valorizzazione e del riconoscimento contrattuale delle professionalità è un po’ la cartina di tornasole di tutti i ragionamenti fatti in questi anni non solo da noi, anche dalle imprese e dalle stesse istituzioni sul valore strategico della formazione professionale. Non si può continuare a riempire i convegni di questo assioma, salvo poi scoprire che esso continua a non incrociare sufficientemente l’organizzazione del lavoro e men che mai gli inquadramenti.

Nell’era della flessibilità non è azzardato affermare che proprio la struttura degli inquadramenti è la parte più rigida dell’organizzazione del lavoro, soprattutto in edilizia, ma non solo. 

Un altro tentativo di mettere a fuoco con maggiore nitidezza le piattaforme rispetto alla nuova composizione del mercato del lavoro nel nostro settore lo abbiamo fatto rappresentando esigenze diffuse in ordine alla presenza di lavoratori stranieri e alla crescita relativa della presenza femminile in alcuni comparti.

Nel primo caso abbiamo avanzato richieste che hanno ricadute sulla distribuzione dei costi contrattuali e sul governo dei processi organizzativi, in particolare per quanto riguarda i tempi di lavoro e di non lavoro, ma anche sulla organizzazione dei cantieri, date le tradizioni e le abitudini diverse dalle nostre.

Di questo abbiamo anche discusso nell’attivo nazionale di Bologna del mese scorso e l’impegno che ci siamo assunti è di rappresentare fino in fondo questi bisogni, che vanno un po’ oltre la stampa dei contratti in lingue diverse dalla nostra. Ed è anche per questo che alla fine dei lavori odierni vi proporremo un ordine del giorno che ribadisce l’impegno al coinvolgimento dei lavoratori stranieri in tutte le fasi dei rinnovi contrattuali.

Un lavoro importante è stato fatto dalla nostra organizzazione sul problema del restauro. Anche in questo caso era nostro dovere essere conseguenti con tutto quello che abbiamo affermato in questi anni sull’importanza del settore, soprattutto in alcune aree del Paese, dove sono già previsti interventi consistenti ed altri potranno essere attivati.

In questo caso siamo andati oltre la riedizione rituale del riconoscimento professionale che già nelle precedenti tornate contrattuali avevamo già avanzato. Con il costituendo nucleo di Fillea Restauro, che da qualche settimana è presente stabilmente presso la sede nazionale ed in rapporto con le strutture territoriali più direttamente interessate abbiamo condotto un lavoro di approfondimento della situazione della categoria e abbiamo immaginato alcuni possibili interventi sul contratto che pur nella loro parzialità andrebbero nella direzione di una valorizzazione di queste figure che ancora si scontrano con il complesso di un sistema normativo, contrattuale e legislativo, inadeguato alle loro funzioni e capacità.

Non è certo compito di questa riunione stare poi nei dettagli delle piattaforme che sono state ampiamente discusse nelle varie sedi della nostra organizzazione. Mi preme solo riferirmi alle direttrici essenziali, spesso trasversali tra i vari contratti, come ad esempio il rapporto con le modifiche al quadro normativo introdotte dal Governo.

Ho già detto della L.30 per quanto riguarda il tema della bilateralità, sul quale in edilizia abbiamo addirittura presentato un allegato alla piattaforma.

Anche su altri temi, come quello importante dell’attuazione della direttiva sull’orario, non abbiamo incontrato difficoltà a rivendicare le condizioni di miglior favore esistenti nei singoli contratti, rispetto al peggioramento introdotto dal decreto governativo.

Per tutte queste ragioni ed altre ancor più di dettaglio credo che il bilancio di questa fase del lavoro sui contratti debba considerarsi positivo.

Abbiamo trovato conferma della volontà da parte di Filca e Feneal di non disperdere il patrimonio di una esperienza consolidata negli anni e nella pratica quotidiana, nonostante siano evidenti le tensioni ed i rischi di una situazione generale foriera di condizionamenti esterni alle stesse dinamiche delle singole organizzazioni di categoria.

Tuttavia, dobbiamo dire che lealtà e correttezza vadano riconosciuti ai nostri partners sindacali. Il nostro auspicio, ma lavoriamo per questo, è che questa coerenza possa sopravvivere alle difficoltà che incontreranno i tavoli negoziali e ai tentativi che la controparte farà di dividere il fronte, secondo una vecchia tradizione.

Ma il bilancio è positivo anche e soprattutto per la Fillea che ha fatto un buon lavoro in queste settimane. La mia opinione è che abbiamo costruito un buon clima tra di noi e probabilmente ciò non è frutto del caso. L’appuntamento delle piattaforme contrattuali lo abbiamo affrontato seguendo il filo logico della elaborazione e della iniziativa di questi ultimi anni. Potremmo dire che abbiamo portato dentro le piattaforme, per quello che era possibile e giusto fare, il senso del nostro percorso che dal cantiere Qualità si è sviluppato attraverso i nodi della politica settoriale, dal governo delle grande opere, quindi il tema della contrattazione nei suoi vari livelli, a partire da quella di anticipo, fino a quella articolata, puntando con ciò a qualificare il sistema di relazioni definito nelle prime parti dei contratti; alla riforma della bilateralità, terreno sul quale abbiamo marciato in piena autonomia da mesi e quindi senza eccessivi condizionamenti derivanti dalle scelte del Governo.

Vorrei, cioè, dire che le piattaforme vengono fuori anche come prodotto di una semina che in tutti questi mesi abbiamo curato. Ed è anche questo che più del resto ha fatto si che l’insieme del gruppo dirigente Fillea si trovasse sintonizzato sulle scelte che in queste settimane abbiamo compiuto.

Il che non significa che tutto sarà più facile, assolutamente! Ma l’unità e la consapevolezza del nostro gruppo dirigente è condizione indispensabile per fare bene.

Soprattutto sulle questioni che restano spinose. Quella affrontata ieri ne è un esempio.

Noi arriviamo alla scadenza dei contratti, soprattutto per quanto riguarda l’edilizia, con tutta la partita della previdenza complementare in zona Cesarini, se pensiamo al nesso tra alcuni istituti contrattuali, come l’Ape e l’obiettivo del decollo del Fondo, vicenda che ha caratterizzato non poco i contratti precedenti.

L’attivo di ieri ha dimostrato, per alcuni versi, il permanere di una certa sottovalutazione della questione in settori importanti della nostra organizzazione, come se la partita che stiamo giocando potesse essere semplicemente delegata a qualche addetto ai lavori; per altri, ha dimostrato le grandi potenzialità presenti, ma soprattutto la necessità di portare in dote al negoziato contrattuale il consistente pacchetto delle adesioni richieste per il decollo di Prevedi.

Non è una forzatura affermare che in questa circostanza e per gli intrecci che potranno stabilirsi tra vicenda del Fondo e vicenda contrattuale un bel pacchetto di adesioni potrà valere quanto una dichiarazione di lotta per rimuovere eventuali ostacoli che ancora si frapponessero all’effettivo decollo, tra i quali il permanere di una preoccupante fibrillazione tra Associazione dei costruttori ed Artigiani che potrebbe determinare situazioni di stallo o di vero e proprio blocco in alcune realtà, oltre a non contribuire positivamente ad affermare la scelta prioritaria di Prevedi la dove il fallimento dell’esperienza Artifond ha solleticato la volontà di puntare alla costituzione di fondi regionali.

Ecco allora che l’agenda dei nostri impegni di settembre si delinea rapidamente.

Al primo posto i percorsi democratici delle piattaforme che abbiamo confermato come nella tradizione.

Faremo le assemblee di consultazione con le quali, oltre ad illustrare i contenuti delle piattaforme raccoglieremo le eventuali proposte di modifica. Percorso che replicheremo sulle ipotesi di accordo. Per quanto riguarda l’edilizia, ma anche per dare un segnale generale su tutti i contratti, vi è l’impegno con Filca e Feneal a svolgere nei primi giorni di settembre una importante iniziativa dei quadri sindacali per il varo della piattaforma.

Con i tempi che corrono riteniamo importante che dalla nostra categoria possa uscire un segnale di consolidamento del quadro unitario, obiettivo al quale la Cgil sta lavorando semplicemente sulla base del merito. Questo è il punto importante, è solo il merito che ci ha consentito e ci consente di produrre le sintesi unitarie che abbiamo prodotto in queste settimane. Abbiamo scoperto di non essere noi i campioni delle bandierine e dei paletti, come per mesi la propaganda governativa si era sforzata di rappresentare.

Altro impegno della ripresa la campagna sui fondi di previdenza, a partire da Prevedi, ma anche Arco. Sarà un impegno reso ancor più decisivo per il rischio che l’intera materia delle pensioni torni sotto il fuoco di tiro.

Il terzo tema riguarda la sicurezza. Come avete visto, navigando anche sul nostro sito, la nostra campagna sul tema non si allenta, nonostante il canto delle sirene che dagli scogli dell’Inail e del Ministero del Lavoro ci vengono rivolti alla luce dei dati stagionali che registrano una diminuzione degli infortuni.

E’ importante che di questa campagna facciano parte anche momenti di mobilitazione come quello realizzato nella regione più colpita dagli infortuni, la Lombardia, dove alcune settimane fa si è tenuta una manifestazione unitaria sulla sicurezza.

So per esperienze precedenti quanto difficile sia costruire iniziative di mobilitazione su questo tema, ma dobbiamo sapere anche che non navighiamo solo nell’indifferenza generale, ci sono anche diffuse sensibilità che chiedono di essere rappresentate e noi ci dobbiamo impegnare a farlo, con la Confederazione e con le altre categorie.

Certo è importante che sia la Fillea a tirare la giacchetta, dato il primato poco ambito. Ed anche per questo, di questa mobilitazione, vogliamo sia parte integrante un lavoro nuovo verso l’esercito che nei luoghi di lavoro svolge compiti in materia.

Credo sia indispensabile prevedere per la ripresa autunnale una iniziativa nazionale di tutti i nostri rappresentanti aziendali e territoriali alla sicurezza, per aggiornare e rilanciare i nostri obiettivi sulla prevenzione in concomitanza con l’approssimarsi dei tavoli contrattuali.

In questo contesto prevedere anche una iniziativa della Fillea nell’anno europeo del disabile, costruita col coordinamento disabili della Cgil Nazionale, che affronti il rovescio della medaglia degli infortuni, cioè, l’invalidità e la malattia professionale, fenomeno molto più grande nel nostro settore di quello degli infortuni.

Siano la più grande fabbrica di malattie professionali e di invalidità ed è giusto occuparsi anche di questo.

In quarto luogo, a Bologna abbiamo preso l’impegno di estendere il nostro lavoro sugli stranieri nel settore. Non sto qui a ripetere le cose dette in quell’attivo.

Occorre che tutte le strutture decidano i caratteri della loro iniziativa sul tema, per poter prevedere tra alcuni mesi una iniziativa nazionale di verifica.

Infine, le questioni di politica settoriale a partire dal tema delle infrastrutture che ha trovato nell’intesa con Confindustria una nuova sollecitazione.

Si intrecciano in questo caso due esigenze. Quella di ridurre al minimo i margini di ambiguità sulle scelte che nel rapporto con il Governo, ma anche con le Regioni noi consideriamo prioritarie, dal Piemonte alla …Sicilia; e poi quella di estendere in particolare sui grandi cantieri, che la normativa tenterebbe di sottrarre alla possibile contrattazione, l’esperienza che invece abbiamo positivamente svolto sull’Alta Velocità, dando vita ad un coordinamento permanente su questo segmento del mercato che potrà avere molta incidenza nei prossimi mesi.

 

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Dopodichè la nostra agenda non potrà che sovrapporsi a quella più generale che come avrete capito dallo scarno ordine del giorno approvato dal Direttivo Cgil di ieri non si preannuncia molto tranquilla.

Approfitto della presenza di Carla per lasciare a lei il compito di arricchire la riflessione sullo scenario generale e mi limito ad un breve commento per offrire una finestra al dibattito.

Il commento che la nostra Confederazione ha fatto alla presentazione del DPEF è fin troppo chiaro: esso è la fotografia del fallimento di una intera politica. In esso non è contenuta alcuna misura di natura strutturale, né in materia di contenimento e di qualificazione della spesa pubblica, né in direzione di un sostegno alla ripresa economica. Basti pensare che dei 16 miliardi di Euro di cui si compone la manovra ben 10 sono da misure una tantum.

Il Governo continua a rimanere aggrappato ad illusori trend di crescita che non hanno fondamento, riproponendo una dinamica programmata dell’inflazione non corrispondente alla realtà attesa.

Commentare le singole misure sarebbe come esercitarsi in un tiro al bersaglio, potete divertirvi nel corso della mattinata, se volete.

Io faccio solo due riflessioni: la prima riguarda ciò che la Finanziaria non dice in quanto conseguenza dell’ultimo accordo che ha segnato la tregua nella maggioranza.

E’ del tutto evidente  che capitoli come quello delle pensioni, sul quale si è siglata una sorta di tregua armata per salvare l’immagine coesiva di una coalizione allo sbando, restano a totale rischio, poiché una manovra destinata a non risolvere uno solo dei problemi economici e finanziari in campo dovrà necessariamente continuare a bussare a cassa. E tutto ciò che fa cassa resta a rischio alto, soprattutto a fronte della volontà espressa di riconsiderare il Patto di Stabilità Europeo senza finalizzarlo ad una politica di rilancio degli investimenti produttivi.

La seconda riflessione riguarda il nostro settore, quello che doveva essere il cavallo di battaglia del Governo Berlusconi, ma che rischia di essere un cavallo senza acqua, né biada, a partire dal settore delle opere infrastrutturali, il cui sviluppo potrebbe veramente giocare in funzione anticiclica in una fase depressiva dell’economia, quale quella di oggi.

Ecco perché la nostra posizione verte nella richiesta di un cambio radicale di politica economica; nella qualificazione della spesa sociale come leva non solo della difesa e della qualificazione dello stato sociale, ma anche del sostegno alla politica attiva del lavoro; nel rilancio di una politica dei redditi fondata sul controllo dei prezzi e delle tariffe; su una politica fiscale che modifichi l’impostazione della delega, il cui “contenuto di classe” si evidenzia nelle singole misure che hanno caratterizzato le scelte di questi mesi (basti pensare che l’abolizione dell’imposta di successione sui grandi patrimoni e le grandi ricchezze –che noi chiediamo di reintrodurre- è costata all’erario la bellezza di 2.000 miliardi di vecchie lire!); nella difesa di un sistema pubblico di tutela della salute. La bancarotta della sanità pubblica non è il risultato di un destino cinico e baro, quanto la mancata volontà di sostenere ed imporre processi di qualificazione del settore, poiché là dove ciò è avvenuto per autonoma scelta delle Regioni, gli effetti benefici si sono visti.

Anche per tutto questo risulta oltremodo ridicolo se non offensivo l’affermazione del Premier circa la volontà di fare la finanziaria coinvolgendo le parti sociali, che in venti giorni dovrebbero essere consultati, senza però poter modificare l’impianto di partenza.

Sarà un capitolo impegnativo della nostra agenda autunnale perché dovremo essere coerenti con il lungo percorso di mobilitazione che ci ha visti impegnati in tutti questi mesi, con la possibilità in questo caso, senza necessariamente vantarsi del fatto che l’avevamo detto, di costruire un movimento più ampio, unitario.

Cisl e Uil nei prossimi giorni esprimeranno i loro orientamenti sulla manovra e se saranno confermati i commenti a caldo dei loro Segretari mi pare inevitabile pensare che dovremo accingerci a scaldare i motori.

 o.d.g. sui lavoratori immigrati al Comitato Direttivo della Fillea cgil 18 luglio 2003