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Dichiarazione Martini        Comunicato stampa


 

Dichiarazione di Franco Martini, Segretario Generale Fillea Cgil,

sulla vicenda Fillea di Napoli.

 

La lotta contro il Far West nei cantieri edili in tutti questi anni non è stata e non è di Ciro Crescentini, ma di tutta la Fillea, Italiana, Campana e Napoletana. Crescentini vi ha partecipato, come tanti altri sindacalisti, con le proprie convinzioni, sensibilità e determinazioni. Di questo glie ne va dato merito, come a tutti gli altri, che però rimangono nell’anonimato.

Crescentini, invece, ha conquistato gli onori della cronaca perché ha ritenuto non applicabile nel suo caso una delle regole fondamentali che fonda la vita dei gruppi dirigenti in Cgil, la mobilità degli incarichi. Se tale regola fissa negli otto anni la durata massima degli incarichi esecutivi, il fatto che Crescentini abbia potuto militare in Fillea per oltre vent’anni rappresenta una eccezione della quale solo una esigua minoranza ha potuto godere, pur avendo come Crescentini, le stesse motivazioni per desiderare una permanenza prolungata in categoria.

Le regole o valgono per tutti o per nessuno. Le regole devono valere per tutti, perché sono quelle che rendono possibile, oltre al continuo rinnovamento dei gruppi dirigenti, anche la convivenza di una pluralità di opinioni e sensibilità dentro un’organizzazione. Diversamente sono minate la coerenza del collettivo ed il rapporto di fiducia al suo interno.

Crescentini ha sbagliato nel ritenere che la propria missione potesse vivere al di fuori di queste regole, esercitando “in proprio” un potere a lui conferito dall’organizzazione, svilendo, con ciò, le sedi deputate al confronto delle opinioni e delle decisioni.

Ancor più sbagliato e grave è attribuire all’applicazione di una regola lo scopo di “imbavagliare” una voce scomoda. Ciò rappresenta una offesa a tutti sindacalisti che, come Crescentini e non di meno, fanno quotidianamente il loro dovere, nel combattere la condizione, quella si veramente scomoda, nella quale vivono quotidianamente i lavoratori del settore, senza rinunciare al contributo critico necessario per migliorare l’azione del sindacato.

 

Sono sensibile agli appelli contro i licenziamenti, è la mia battaglia, da sempre. Si sappia che quello che viene descritto come un licenziamento è la conseguenza dell’ennesimo rifiuto di Crescentini a stare dentro le regole dell’organizzazione. E’ stata avanzata una proposta che gli avrebbe consentito di mantenere una sua presenza nel settore, come da lui preferito, attraverso un incarico nel sistema degli enti bilaterali. Diversamente sarebbe dovuto uscire definitivamente dalla categoria. La proposta è stata rifiutata, anche con un certo sdegno, da come si è letto sulle cronache. E’ una posizione che esprime ancora una volta la scarsa considerazione che si ha per ruolo e funzioni che sempre più gli enti bilaterali, strumenti della contrattazione, stanno assumendo nella lotta per la regolarità dell’impresa e del lavoro.

 

Avrei voluto che oltre a chiedere oggi il ritiro del licenziamento –anche da parte di Senatori della Repubblica-  si fosse chiesto a Crescentini, in questi mesi, di ritirare dai propri comportamenti l’ostracismo verso il modo inaccettabile di vivere regole condivise, che non distribuiscono torti o ragioni, ma creano le condizioni per poterle confrontare e portarle a sintesi.

 

Spero anche che tanta attenzione alle vicende della categoria si riesca a mostrarla per le gravi problematiche che il settore vive e che spesso restano solo dichiarazioni di rito, con conseguenze non sempre coerenti con le intenzioni dichiarate.

 

Per tutto questo respingo la rappresentazione paradossale e delirante che della vicenda si è fatta in questi giorni, secondo la quale un paladino della lotta contro il lavoro nero viene tacitato, perché scomodo, da una organizzazione corrotta e vessatoria, egemonizzata da una sorta di cupola campana e napoletana.

 

Nessuno nega che si debba fare sempre di più e meglio, ma se c’è oggi una organizzazione che combatte per la sicurezza, contro le morti nei cantieri, per il lavoro regolare, contro il caporalato e l’uso abnorme del subappalto, per i diritti sul lavoro, contro tutte le mafie, senza guardare in faccia il pericolo, con tutti i rischi per i propri dirigenti dal Sud a Nord, questa è proprio la Fillea Cgil. Non è il Segretario Generale che parla, ma i fatti, la cronaca quotidiana, della quale sarebbe bene che la stampa si occupasse ancor di più.

E se la Fillea può farlo è perché il suo gruppo dirigente è compatto, condividendo le cose da fare e il modo come farle. Dunque, il problema della coerenza non è mai stato della Fillea, ma di Ciro Crescentini, forse da sempre combattuto se essere parte di questo esercito, oppure essere romantico guerrigliero che ritiene più importante dichiarare solitario le guerre, piuttosto che vincerle, ovviamente insieme all’organizzazione.

 

 

Roma 27 settembre 2007

 

 

 

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