 
SITUAZIONE E PROSPETTIVE IN EDILIZIA PER L’IMPRESA E IL LAVORO
EDILIZIA,
PRIMI SEGNI DI CRISI GIÀ’ NEL 2003
SI
ESAURISCE LA FASE ESPANSIVA DEL SETTORE
FILLEA CGIL:
il Governo propaganda opere straordinarie, ma si dimentica di quelle
ordinarie. Servono politiche di sostegno adeguate
Il
RAPPORTO 2002 –2003 SULL’EDILIZIA IN ITALIA elaborato
dall’Università di Architettura Valle Giulia per conto della Fillea Cgil
è stato presentato oggi a Roma. Intervenuti oltre al Segretario
Generale della Cgil, Guglielmo Epifani, il Segretario Generale della
Fillea Cgil, Franco Martini, e i rappresentanti delle associazioni
datoriali di settore.
Un ciclo nuovo dopo
cinque anni di crescita
Dopo un quinquennio di incrementi positivi a due cifre il settore delle
costruzioni sembra essere entrato in un ciclo nuovo che vedrà
l’esaurirsi della fase espansiva e la probabile inversione di tendenza
caratterizzata da ridimensionamento e stagnazione.
Il 2002 sottolinea il Rapporto si è chiuso confermando le costruzioni
ed il terziario i settori che più hanno contribuito alla
formazione del PIL.
In particolare, il settore edilizio, pur avendo un’incidenza sul PIL del
4,8% ha contribuito per l’11,9% alla crescita di tale aggregato.
Ma già nella crescita registrata nel 2002, (+1,4%) compaiono i sintomi
di una contrazione che prelude all’inversione di tendenza prevista dagli
osservatori.
L’Edilizia residenziale traino per il settore
Tra i comparti che hanno trainato la crescita si confermano quello dell’edilizia
residenziale, in particolare per quanto riguarda gli edifici di
nuova costruzione (+14,6% nel 2002 sul 2001), ma anche quello non
residenziale, dove si registra l’incremento delle volumetrie medie dei
fabbricati, sia a Nord che a Sud.
Anche il settore della manutenzione, seppur in misura minore rispetto
all’andamento straordinario della seconda metà degli anni ’90, ha
contribuito positivamente al risultato complessivo delle costruzioni.
Per quanto riguarda la della redditività delle imprese le previsioni
sulla evoluzione per il 2003 e 2004 dovrebbero confermare i risultati
del 2001, anche se le tante incertezze che gravano sul settore
potrebbero tradursi in una flessione significativa.
Occupazione : aumenta quella dipendente
Gli effetti di questa fase si sono avuti nella conferma del trend
occupazionale positivo.
Dal 2001 al 2002 l’incremento degli occupati nel settore dell’edilizia è
risultato pari al 5,5%, mentre l’incremento nel 2002 rispetto all’anno
precedente è stato del 2,4% con una forte crescita dell’occupazione
dipendente (+5,7% nel 2001, +4,2% nel 2002). Il peso degli occupati
nel settore edile rispetto a quelli occupati nell’industria in senso
stretto è del 25% a livello nazionale, fino ad arrivare al 40,7% nel
Sud. Rispetto all’economia totale è del 7,9%.
Il settore ha aiutato a sostenere il livello occupazionale nazionale,
contribuendo a ridurre il tasso di disoccupazione dal 9,3% nel quarto
trimestre 2001 all’8,7% del terzo trim 2002.
Infortuni: 41.000 solo nel primo semestre 2002
Un capitolo amaro questo per il settore delle costruzioni. Oltre 41 mila
infortuni nel settore delle costruzioni nel primo semestre del 2002.
La ripartizione territoriale degli infortuni evidenzia l’elevata
incidenza nel Nord che registra un 59% rispetto al Centro e al
Mezzogiorno che si attestano entrambi attorno al 20% .
Negli ultimi 5
anni, che corrispondono con il rilancio dell’edilizia, il prezzo pagato
da circa 1.600.000 di lavoratori edili/anno è stato di 443.793 invalidi,
di cui 25.357 invalidi permanenti e 1.487 morti.
Limiti e contraddizioni nelle politiche industriali del Governo
per il settore
La Finanziaria 2003 per il settore delle costruzioni conferma la volontà
del Governo di perseguire scelte improvvisate, inefficaci e
contraddittorie. Innanzitutto sul decisivo terreno delle risorse da
destinarvi.
Dopo aver lungamente affermato la centralità della politica
infrastrutturale, le risorse stanziate in materia anche se di poco
(-0,2) vengono ulteriormente ridotte rispetto all’esercizio precedente
(che già aveva visto una riduzione delle stesse) e questo nonostante che
l’Italia nel 2001 abbia investito l’1,5% del PIL in opere pubbliche
rispetto al 2,7% della media europea.
Contrariamente a quanto afferma il Governo non si è verificata in questi
anni una relazione tra le variazioni del PIL e la quota degli
investimenti in opere pubbliche, che è rimasta ferma all’1,5%. Il quadro
appare ancor più allarmante per l’assenza nel DFEF degli impegni per la
definizione delle poste finanziarie destinate alle spese ordinarie non
inserite nel programma della Legge Obiettivo. Se si aggiungono a ciò gli
effetti del provvedimento relativo alla cancellazione dei residui
passivi limitando a due anni anziché a tre la loro conservazione in
bilancio (per un ammontare di 1.708 milioni di Euro previste per il 2003
e di 4.424 a rischio per l’anno prossimo) il rischio di un blocco del
mercato è tutt’altro che teorico.
Patrimonio Spa e Infrastrutture Spa: una soluzione piena di
incertezze
Volendo perseguire l’obiettivo congiunto del reperimento delle risorse e
della riduzione del debito pubblico il Governo si è affidato alla
finanza creativa, costituendo due società, Patrimonio Spa ed
Infrastrutture Spa, con l’obiettivo di rendere tra l’altro più
efficace la normativa sul project financing.
Ma l’intera manovra non è priva di rischi ed incertezze. In particolare,
l’obiettivo di rendere appetibili agli investitori privati i progetti
sulle grandi opere dal rendimento di lungo termine; la ricerca delle
necessarie garanzie da parte dello Stato che hanno portato il Governo ad
impegnare la Cassa Depositi e Prestiti, rischiano di sottrarre la
principale fonte che alimenta finanziariamente il programma complessivo
degli interventi delle Pubbliche Amministrazioni, senza parlare delle
raccomandazioni del FMI relative al consolidamento dei conti pubblici,
alla massima trasparenza ed al massimo controllo parlamentare,
raccomandazioni che il nostro Paese, con l’operazione messa in campo
sembra non essere in grado di raccogliere nel frattempo ha raggiunto
l’obiettivo di svuotare le competenze della Cassa Depositi e
Prestiti, mettendola alle dirette dipendenze del Ministro. Tremonti.
Un ulteriore provvedimento accentratore e di svuotamento delle
competenze degli Enti locali e delle Regioni.
Manca in Italia una seria e strutturata politica di sviluppo volta alla
qualificazione del mercato e del sistema delle imprese di costruzione.
La stessa vicenda relativa al Regolamento sulle norme di Qualificazione
del General Contractor, figura centrale nella realizzazione delle grandi
opere, lo conferma.
La scelta del Governo pone seri problemi alla qualificazione del sistema
inprenditoriale –accentuando la contrapposizione tra il protagonismo che
verranno ad assumere le poche grandi imprese ed il vasto sistema delle
piccole e medie- e non elimina alcune storture della L.109, quale il
massimo ribasso, di cui vengono ad essere accentuate le
caratteristiche negative.
L’orizzonte della qualità si allontana, il rischio del declino
industriale del settore si avvicina?
Il complesso delle modifiche introdotte nella normativa sugli appalti,
la sottovalutazione delle scelte indispensabili a sostenere lo sviluppo
del settore rischiano di far venir meno la sua funzione anticiclica,
oltretutto in una fase di crisi dell’economia dagli esiti ancor più
incerti.
In secondo luogo, rischiano di sprecare una opportunità preziosa per
imporre al settore quel necessario salto di qualità, indispensabile per
stare nella competizione alta.
E’ fuori dubbio che le imprese saranno chiamate a stimolare processi di
riaggregazione per superare le conseguenze negative della piccola e
piccolissima dimensione. Ma non può esservi esito positivo se il
processo è solo spontaneo, se non viene accompagnato con politiche e
strumenti di sostegno, di cui c’è l’assoluta assenza nelle scelte di
questi mesi.
Del resto, si tratta di scelte –in parte ispirate alla stessa volontà
più volte manifestata da una parte diffusa dei settori imprenditoriali-
di escludere la funzione positiva del confronto e della concertazione.
Il caso delle grandi opere è eloquente. Il sistema messo in piedi
rischia di tradursi nella negazione della contrattazione d’anticipo,
che già è stata sperimentata positivamente nei cantieri dell’Alta
Velocità.
Tale pratica ha consentito di affrontare positivamente le problematiche
connesse alla gestione di cantieri molto complessi, dalle condizioni di
lavoro e la sicurezza, agli aspetti normativi e contrattuali specifici e
poi ancora all’impatto delle attività lavorative con il contesto sociale
ed ambientale circostante.
Il tutto attraverso il coinvolgimento degli attori fondamentali, i
lavoratori ed il sindacato, le imprese e le loro associazioni, le
Istituzioni locali a tutti i livelli. Quel modello si configura come il
più congeniale ad interpretare una opportunità di lavoro in opportunità
di crescita innovativa dell’impresa e del lavoro.
Il modello alternativo che deriva dalle scelte del Governo non produce
danni solo nei cantieri che dovranno realizzare le grandi opere, ma
rischia di rendere ancor più selvagge le condizioni della competizione e
della concorrenza tra imprese che operano nel mercato ordinario, aprendo
la strada ad un vero e proprio declino del settore proprio nella
qualità del suo sistema.
Non è un caso che la legge obiettivo assegna al General Contractor
la realizzazione dell’opera con qualsiasi mezzo.
Più di un indizio segnala la concretezza di questo rischio.
La precarizzazione del mercato del lavoro
La stessa precarizzazione del mercato del lavoro, conseguenza
inevitabile del progetto contenuto nella delega 848 e 848 bis,
incrociandosi con le condizioni entro le quali dovrà operare l’intero
settore delle costruzioni sta aggravando le contraddizioni già note,
soprattutto in edilizia.
Al posto di un massiccio investimento in termini di formazione del
capitale umano e di sostegno alla flessibilità la cronaca quotidiana
ripropone il dramma degli infortuni ed il ricorso ad un vero e proprio
doppio mercato del lavoro, di cui i lavoratori stranieri pagati a
volte un terzo, un quarto dei loro colleghi italiani sono sempre più le
vittime impotenti.
Se questo è il terreno della competizione il declino non è un rischio ma
diventa una tragica realtà, che non può essere rimossa attraverso
l’illusione dei decimali di una crescita produttiva che contiene molto
passato e poco futuro
FRANCO MARTINI – SEGRETARIO GENERALE FILLEA CGIL
Governo propaganda le opere cosiddette strategiche, a tutto discapito
di quelle ordinarie, con il risultato di sottrarre le risorse necessarie
al mercato delle opere ordinarie assolutamente indispensabili allo
sviluppo delle aree – in particolare del Sud - senza per contro
assegnare quelle indispensabili a coprire la realizzazione delle opere
previste dalla legge Obiettivo.
Il settore delle costruzioni con le modifiche normative e legislative
imposte dall’attuale governo e con una situazione congiunturale che
presenta più ombre che luci, avrà bisogno di politiche di sostegno
adeguate, soprattutto per intervenire sul divario competitivo rispetto
al resto dell’Europa. Se non verranno adottate politiche di sostegno
soprattutto da parte delle Pubbliche amministrazioni. quella che si
prefigura come l’avvio di una fase di contrazione potrebbe sfociare già
nel 2004 in una recessione preoccupante per le prospettive del settore
I provvedimenti “a pioggia” contenuti nella Finanziaria 2003, appaiono
paliativi destinati a non lasciare grandi tracce e rappresentano la
negazione di una seria e strutturata politica di sviluppo volta alla
qualificazione del mercato e del sistema delle imprese
La Fillea Cgil infine rilancia la contrattazione d’anticipo, una
pratica che ha consentito di affrontare positivamente le problematiche
connesse alla gestione di cantieri molto complessi, dalle condizioni di
lavoro e la sicurezza, agli aspetti normativi e contrattuali specifici e
poi ancora all’impatto delle attività lavorative con il contesto sociale
ed ambientale circostante.”
Roma 4 febbraio 2003
UFFICIO STAMPA -
FILLEA CGIL
MERCEDES LANDOLFI
Cell. 3290733079
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