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Lavoratori Stranieri 

 

 

Introduzione iniziative interregionali Coordinamento lavoratori stranieri

 

In preparazione della IV Conferenza Nazionale dei Lavoratori Stranieri la Fillea Cgil ha organizzato tre iniziative tematiche interregionali con lo scopo di creare dei gruppi di lavoro per approfondire degli argomenti specifici:  il lavoro nero e il suo contrasto; la sicurezza, la percezione del pericolo e del rischio che i lavoratori stranieri hanno; la formazione in Italia e nei paesi di origine, la presenza  e l’integrazione nel nostro Paese.

Questo lavoro è stato portato avanti dai componenti del Coordinamento Immigrati che lo illustreranno alla Conferenza Nazionale.

La base di partenza è stata quella delle esperienze dei funzionari e lavoratori stranieri nelle singole realtà territoriali e il loro confronto. Ogni gruppo ha elaborato delle proposte sul tema dato, anche alla luce e sulla base dello stato dell’arte della modifica della legge sull’immigrazione elaborata dal Governo.

La prima iniziativa, che ha raccolto le regioni del Sud Italia, sul tema della formazione dei lavoratori stranieri in Italia e nei paesi di origine, la presenza  e l’integrazione nel nostro Paese, si è tenuta l’11 maggio a Lametia Terme.

La seconda iniziativa, alla quale hanno partecipato le regioni del Centro Italia sul tema della sicurezza, la percezione del pericolo e del rischio che i lavoratori stranieri hanno si è tenuta a Firenze il 17 maggio.

La terza ed ultima iniziativa, sul tema del lavoro nero e il suo contrasto, progetti avviati in tema di emersione del lavoro sommerso ha raccolto il 25 maggio a Milano le regioni del Nord Italia.

 

Resoconti lavori di gruppo

 

A Lametia Terme l’11 maggio erano presenti quattro regioni del Sud, Calabria, Puglia, Sardegna e Campania e un gruppo di 20 persone, tra componenti del coordinamento lavoratori stranieri e responsabili delle strutture Fillea, che hanno affrontato i temi della formazione e dell’integrazione.

Partendo dalla premessa che l’immigrazione è ormai un fenomeno irreversibile per il nostro Paese e dalla necessità di rendere universali diritti e doveri, l’intero gruppo è stato concorde nel sostenere che ognuno si deve attivare per realizzare l’integrazione che deve essere innanzitutto sostenibile. Se infatti non sarà possibile arrivare in tempi brevi ad una vera integrazione sostenibile, saremo inevitabilmente destinati a procedere verso quella insostenibile, malavita, reati, malessere sociale.

L’unica strada da percorrere su questo tema è allora quella della formazione certificata e riconosciuta, che deve essere la prima leva, non solo verso l’integrazione ma anche verso la qualificazione del settore. Punto fondamentale deve essere, infatti,  la qualità del lavoro, del lavoratore, delle imprese, della vita.

Se non saremo in grado di raggiungere questi obiettivi avremo fallito la nostra missione sindacale.

Un altro tema centrale dal quale è partito il dibattito nell’incontro calabrese è stato quello che occorre rendersi conto del fatto che gli immigrati costituiscono una risorsa anche economica per il nostro paese e non solo in termini di produzione di PIL, ma anche poiché per i 2.000.000 di stranieri che risiedono nel nostro Paese non abbiamo speso nulla per la formazione, risparmiando così un  costo altissimo.

Entrando nel merito delle questioni più propriamente meridionali, si è convenuto che, seppure l’immigrazione rappresenta per queste regioni un fenomeno relativamente in ritardo rispetto al Nord e al Centro, nel senso che la presenza di lavoratori stranieri è senza dubbio più bassa, c’è comunque la necessità di analizzare e conoscerlo, anche perché il Sud solitamente è il primo “approdo” dei migranti e in secondo luogo perché gradualmente la loro presenza sta aumentando, soprattutto in alcuni settori.

Tanto quanto al nord è presente nel settore delle costruzioni la piaga del caporalato che in Calabria, Puglia, Campania, Sicilia, si colora di sfumature più marcatamente malavitose. Legato ad una fetta altissima di presenza di lavoro nero c’è nei cantieri il dramma della mancata sicurezza. Gli stranieri sono le vittime predestinate di ricatti e infortuni, malpagati, maltrattati. Fa comodo a tutti che rimangano così, come arrivano con i barconi o i pulmini dal loro paese di origine, senza formazione sul lavoro, senza conoscenza dei loro diritti. Non hanno tempo né per formarsi, né per informarsi, hanno mille problemi legati alla casa, ai soldi da inviare alle famiglie, alla difficile integrazione.

La base di partenza per confrontarsi con gli immigrati è innanzitutto la loro conoscenza. Occorre sforzarsi di avvicinarsi alle varie comunità straniere e attrezzarsi per comprendere i loro usi e costumi, le loro mentalità, i loro tempi di vita e lavoro, le loro problematiche ed esigenze. La Fillea della Calabria ha elaborato a riguardo una interessante ricerca che, attraverso la compilazione di questionari, si pone l’obiettivo di conoscere i lavoratori stranieri che risiedono nella regione per tradurre le loro esigenze in risposte concrete.

Riguardo al tema della formazione la Fillea della Puglia sta proponendo un esperimento interessante, a formazione dei lavoratori stranieri verso la professionalizzazione in mestieri tipici del luogo, legata a lavori in disuso, che i giovani non sono interessati a continuare, la costruzione o il restauro dei trulli, dei muretti a secco che si usano come recinzioni. Questi potrebbero diventare lavori di pregio e nello stesso tempo offrire possibilità di grande crescita per questi lavoratori e per l’intera comunità dove risiedono.

Altro tema importante facendo riferimento all’integrazione è quello della casa. E’ questo il tema scelto dalla Fillea campana che lo ha  individuato come argomento principe, quando si parla di lavoratori stranieri,  in grado di legare integrazione e lavoro.

La discussione si è conclusa con una riflessione sul nuovo Disegno di legge Amato-Ferrero, l’analisi si è soffermata sul sistema degli sponsor come strumenti di veicolazione della manodopera straniera nel nostro Paese. E’ stata ribadita da tutto il gruppo la necessità di intervenire come categoria con il prezioso strumento degli enti bilaterali, terreno comune e garantito del rapporto tra sindacato ed imprese.

Il 17 maggio scorso il gruppo interregionale del Coordinamento lavoratori stranieri del Centro Italia si è riunito a Firenze per affrontare il tema della sicurezza e della percezione del pericolo e del rischio che i lavoratori immigrati  hanno.

La discussione, che ha coinvolto le regioni del Lazio e della Toscana e una quindicina di persone, è entrata senza premesse subito nel vivo della questione.

Tutti i partecipanti avevano “fretta e voglia” di parlare, coscienti che quello che stiamo vivendo è un momento importante per tutti, perché oggi dobbiamo decidere, tutti insieme del nostro futuro.

Il tema della sicurezza sul lavoro colpisce in modo imponente i lavoratori stranieri, che sono in crescita nella statistiche degli infortuni, è fondamentale allora trovare degli strumenti efficaci ed urgenti per arginare la mancata sicurezza e il lavoro nero. Sono questi mesi in cui se ne parla tanto, tutti ne discutono e propongono soluzioni e proposte, ma nei cantieri si continua a morire come mosche, le leggi ci sono ma non si applicano, occorre capire perché.

I temi “critici” che riguardano i lavoratori stranieri sono tutti legati tra loro, la loro condizione di lavoro e vita non è ininfluente quando si parla di infortuni. Sicurezza, ricattabilità, permesso di soggiorno di cui  hanno bisogno per poter rimanere in Italia, non sono argomenti isolati.

Il grado di percezione che gli stranieri hanno dei rischi e dei pericoli legati al lavoro è un altro aspetto importante del tema sicurezza.

Spesso questa percezione è molto bassa, anche perché quando arrivano in Italia non conoscono la lingua, non sono in grado di interpretare i segnali di pericolo, le normative, i contratti di lavoro, la loro priorità è guadagnare il più possibile e in tempi brevi.

Spesso per ottenere più facilmente il permesso di soggiorno costituiscono delle imprese proprie, spesso chiamano a lavorare propri connazionali non in regola, andando ad incrementare il fenomeno del lavoro nero e non qualificato.

Qualificazione, è questo lo strumento suggerito per arginare la piaga degli infortuni dalla discussione di Firenze, qualificazione delle imprese e dei lavoratori.

Occorre rendere obbligatoria la formazione, come condizione indispensabile per entrare nel mercato del lavoro, formazione dei lavoratori, ma occorre vigilare sulla qualità e credibilità di chi costituisce impresa.

Oggi è troppo semplice, con un solo giorno si ottengono i permessi per aprire un’impresa edile, non si richiedono qualifiche o titoli particolari, ognuno lo può fare presentandosi alla Camera di commercio.

Bisogna quindi pretendere, qualità, intensificare i controlli e prevedere una forma di premialità per le imprese in regola.

Accanto alla formazione è indispensabile per i lavoratori stranieri l’informazione, sui contratti e sulle norme, magari traducendo dei testi in varie lingue.

Per arrivare ad una vera integrazione è però fondamentale che i migranti possano conoscere, nel più breve tempo possibile, la nostra lingua; la traduzione dei testi nelle lingue di origine dovrà quindi costituire un breve momento di passaggio.

L’ultimo incontro tematico interregionale, preparatorio alla IV Conferenza Nazionale, si è tenuto il 25 maggio a Milano. Nella prima parte della giornata si è costituita la Consulta Regionale Lombardia dei Lavoratori Stranieri della Fillea, che ha posto tra le priorità l’impegno di un lavoro sindacale e culturale, dal quale dovrà scaturire un contributo di contenuti, coerenza e concretezza al sindacato “multietnico”.

La seconda parte della giornata, allargata alle altre regioni del Nord Italia, è stata dedicata al confronto e alla definizione di proposte sul tema del lavoro nero.

Alla discussione hanno preso parte delegati e funzionari provenienti dalle province della Lombardia, dal Piemonte, Emilia Romagna, Liguria, Veneto e Friuli Venezia Giulia.

Il lavoro del gruppo è partito da un’analisi della realtà dei cantieri.

La quotidianità del lavoro dei sindacalisti, stranieri e autoctoni, è accompagnata da problemi legati all’inosservanza delle norme, alla negazione di istituti contrattuali e diritti elementari. Si va sempre più diffondendo l’ uso del part time, quando nel settore dell’ edilizia non è né previsto, né concepibile, e la pratica dell’assunzione solo se contestuale alla firma delle dimissioni senza data. Questi sono i fenomeni più visibili, la piaga più dolorosa, anche perché spesso è legata alla mancato rispetto delle norme sulla sicurezza, è quella del lavoro completamente sommerso, del caporalato, che tanto è simile al reato che riguarda “le tratte”, la riduzione in schiavitù di persone deboli e ricattabili.

Il fenomeno del lavoro nero investe la penisola dal nord al sud nello stesso modo e con le stesse dimensioni, ma è nelle regioni settentrionali, a causa del maggior numero di lavori da realizzare, che assume risvolti più inquietanti, perché è tutto “più organizzato”. Il lavoro c’è sempre, in opere pubbliche o private, il caporalato ha quindi affinato le sue tecniche di reclutamento.

Un ostacolo all’emersione è, inoltre, la condizione dei lavoratori stranieri che a volte preferiscono rimanere “nascosti”, non lavorare in regola, così guadagnano di più e se non sono in possesso del permesso i soggiorno possono rimanere nel nostro paese.

La Bossi-Fini ha creato un meccanismo perverso legando indissolubilmente il permesso di soggiorno al contratto di lavoro, ora ci si aspetta che i nuovo Disegno di legge Amato-Ferrero possa mettere mano a questa spirale che genera e non risolve il fenomeno del lavoro nero. Solo se si è in possesso del permesso di soggiorno si può evitare di essere espulsi, anche se trovati a lavorare in nero, ma se non si lavora non lo si può ottenere. Se un lavoratore rimane per più di sei mesi senza lavoro, perde il diritto di rimanere nel nostro Pese, anche se ci vive da tanti anni. La nuova normativa non prevede ancora la possibilità di ottenere il permesso se si denuncia il datore di lavoro che non ti tiene in regola, allora come si può emergere? Le sole ispezioni non bastano, se vengono scoperti in una condizione di irregolarità, questi lavoratori vengono espulsi, a pagare sono loro per primi. Neanche i tesserini di riconoscimento bastano se non accompagnati da un documento di riconoscimento con cui confrontare l’identità.

Se non si risolverà ed in fretta questo nodo normativo e procedurale si rischia di veder vanificato l’ottimo lavoro fatto da questo  governo in tema di regolarità ed emersione.

 

Roma 31 maggio 2007

 

 

 

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