Cari compagni,

 

            ieri la Camera ha convertito in legge il Decreto legge sulla regolarizzazione degli immigrati dipendenti da aziende. Non sono intervenute ulteriori modifiche rispetto a quelle apportate dal Senato (che vi abbiamo già inviato).

            La Camera ha impresso una improvvisa accelerazione dell’ iter del provvedimento, al fine di evitare di giungere alla iniziale scadenza del termine per la regolarizzazione (10 ottobre), senza la definitiva approvazione della proroga.

            Cogliamo l’occasione per trasmettervi una nota del Dipartimento Politiche attive del lavoro della Cgil e una nota del Prof. Angiolini, della Consulta Giuridica della Cgil, in risposta a quesiti a lui posti dal Gruppo di lavoro Cgil sull’immigrazione.

            In proposito vi ricordiamo di segnalarci eventuali  problemi che richiedano un parere della Consulta.

 

 

            Fraterni saluti.

 

 

                                                                                                P. la Segreteria Nazionale

                                                                                                            Mara Nardini

 



Roma, 8 ottobre 2002

 

 

                                                                        Ai responsabili Mdl ed immigrazione:

                                                                        Regionali Cgil

                                                                        Camere Territoriali del lavoro

                                                                        Federazioni nazionali di categoria

                                                                        INCA

                                                                        Ai coordinamenti immigrati

 

                                                                        L O R O   S E D I

 

 

Prot.: 3924/2002

Cod.: 3671/7

 

 

Oggetto: iniziative decise dal coordinamento immigrati del 4/10.

 

 

Cari compagni,

 

            Vi allego una sintesi delle decisioni assunte nel corso della riunione dei responsabili immigrazione del 4 u.s.

 

            Inoltre, cogliendo anche una sensibilità maturata nel corso del C.D. confederale, è opportuno che le CdLT, nella preparazione delle modalità dello sciopero generale del 18 p.v., facciano vivere, nei modi che riterranno più opportuni, le problematiche legate all’immigrazione e soprattutto alla fase di regolarizzazione in corso, anche attraverso interventi dal palco.

 

            Si sta lavorando per richiedere unitariamente un incontro a livello politico con i Ministri interessati e le Commissioni parlamentari: nei prossimi giorni vene daremo conto.

 

            Cordialmente

 

 

                                                            p.il Dipartimento Politiche attive del lavoro

                                                                           il Coordinatore

                                                                           Claudio Treves

Appunti sulla riunione del 4 ottobre sull’immigrazione

 

 

 

La riunione ha espresso una valutazione molto preoccupata sull’andamento della regolarizzazione, vuoi per quanto riguarda colf e badanti, vuoi per quanto riguarda i lavoratori subordinati,

 

Sono stati ribaditi, anche sulla scorta di testimonianze puntuali, i punti già oggetto di critica e contestazione da parte della Cgil:

1.      Approccio ancora più restrittivo riguardo al requisito dei tre mesi di permanenza sul suolo italiano assunto dalla circolare del Ministro degli Interni;

2.      Avere affidato esclusivamente alla decisione del datore di lavoro la possibilità di regolarizzazione determina un potere di ricatto insopportabile sul singolo immigrato, con conseguenti diffusi fenomeni di obbligo per l’immigrato di farsi carico a sue spese dei costi della regolarizzazione; o addirittura di licenziamento di immigrati irregolari da parte di datori di lavoro che non vogliono regolarizzare;

3.      Ciò porta anche al ramificarsi di possibili pratiche fraudolente, dovute al sottrarsi dei datori di lavoro e al possibile infiltrarsi di frange criminali;

4.      Quindi rischio tutt’altro che marginale di un incremento di clandestinità, al contrario di quanto si era mediaticamente strombazzato; e quindi ancora

5.      Rischio costante di espulsione a fronte di pratiche valutate non corrette;

6.      Tempi di perfezionamento delle pratiche assolutamente insufficienti, e probabilmente incostituzionali, dato che l’emersione per i subordinati è compressa in 30 giorni, quando la conversione in legge del decreto legge che la contempla è di 60; a tale riguardo va evidenziato da subito che anche una proroga, nei fatti dovuta, fino all’11 novembre sarebbe, con questi limiti riscontrati, assolutamente inefficace.

 

Si è altresì sottolineato come siano gravissime le sempre più frequenti pratiche di espulsione adottate durante il periodo che pure dovrebbe consentire la possibilità di regolarizzazione degli immigrati.

 

Inoltre, si è ribadito al necessità di spingere a livello territoriale perché tutti i livelli istituzionali coinvolti collaborino al meglio, impegnando in ciò i Consigli Territoriali, ma anche i livelli territoriali delle Associazioni imprenditoriali. Di tale processo di è potuto apprezzare primi risultati nella decisione comune delle parti sindacali ed imprenditoriali del lavoro domestico a definire procedure condivise sulle pratiche di regolarizzazione, così come sui sostegni alle famiglie definiti concertativamente con la regione Veneto.

 

Invece, si è deciso di sottolineare al più alto livello, in un incontro da richiedere ai Ministri Pisanu e Maroni, l’assoluta inefficienza dell’iter messo in moto a livello nazionale.

 

 

 

 

La Cgil darà il suo contributo alle forme di mobilitazione che territorialmente si produrranno finalizzate, oltre che a ribadire il giudizio pessimo sulla legge Bossi/Fini, alla più circostanziata denuncia della inefficacia delle norme per la regolarizzazione del più ampio numero di immigrati.

 

La Cgil valuterà anche le forme di sostegno a chi dovesse essere oggetto di pratiche di espulsione nel caso prevalessero interpretazioni restrittive della legge.

 


Regolarizzazione dei lavoratori immigrati extra-comunitari di cui al

 dl 9 settembre 2002 n. 195

1)     l’art. 1, comma 1 del dl. N. 195 del 2002, riferendosi a chi lavora “ alle… dipendenze, lascia chiaramente intendere che la “regolarizzazione” concerne i lavoratori subordinati soltanto e, però, tutti i lavoratori subordinati medesimi.

Saranno dunque compresi nella “sanatoria” anche i lavoratori assunti “irregolarmente” da agenzie  interinali, con la  precisazione che la dichiarazione di cui all’art. 1, comma 2 del ddl. N. 195 del 2022 e la stipula del successivo contratto, di cui al comma 5, sembrano poter essere fatte sia dalla “fornitrice” che dalla “utilizzatrice”, le quali, sia pure per diversi aspetti ed in modo differente, condividono le responsabilità, secondo la disciplina speciale, per i rapporti intrattenuti appunto “irregolarmente” con il lavoratore.

Per chi lavora nell’ambito di società cooperative occorrerà solo verificare, invece, che l’interessato abbia effettivamente la posizione di lavoratore dipendente.

2) La previsione dell’art. 1, comma 1 del dl. n. 195 del 2002 (“occupato…nei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore del presente decreto”), correttamente interpretata per il suo tenore letterale, dovrebbe ammettere la “sanatoria” per gli immigrati che abbiano lavorato anche solo per una parte del periodo dal 10 giugno al 10 settembre 2002: ad es. anche per il lavoratore che avesse lavorato in luglio, e non in agosto, la “sanatoria” dovrebbe essere egualmente ammessa. La diversa interpretazione data nelle circolari ministeriali è sbagliata, anche perché, sempre come spiegato a suo tempo (e sempre nella nota del 17 settembre 2002), condurrebbe ad esiti incostituzionali.

Per gli “irregolari” i quali, pur avendo lavorato in precedenza, non abbiano affatto lavorato affatto nei tre mesi dal 10 giugno al 10 settembre 2002, seppure per ragioni di cui non possano essere responsabili (ferie, malattia, ecc.), occorre che il datore di lavoro dichiari comunque sussistente (o proseguito) in quei medesimi tre mesi il rapporto di lavoro.

In generale, è comunque da consigliare prudenza, nel valutare preliminarmente la sussistenza dei requisiti per la “regolarizzazione”, per non esporre gli immigrati all’espulsione.

Quanto all’ipotesi in cui, nelle more della procedura e dopo l’inoltro della dichiarazione di cui all’art. 1, comma 2 del dl. n. 195 del 2002 venga meno (per decesso) il datore di lavoro che ha reso tale medesima dichiarazione, essa è un’ipotesi delicata.

La circolare n. 50/2002 del Ministro del Lavoro, in rapporto alla stipula del contratto di cui al comma 5 dell’art. 1 del dl. n.195 del 2002, prevede infatti che “se al momento dell’identificazione e riscontro preliminare, dovessero essere rilevati dati anagrafici diversi da quelli precompilati, il caso deve essere segnalato al rappresentante della Prefettura-UGT, per le determinazioni definitive”.

Ciò nonostante, mi sembra sostenibile che la procedura di “sanatoria”, purché naturalmente ne sussistano gli ulteriori requisiti, possa essere utilmente e validamente conclusa anche stipulando un idoneo contratto con un datore di lavoro diverso da quello da cui proveniva la dichiarazione ex comma 2 dell’art. 1 del dl. n. 195 del 2002, purché questi dichiari di succedere, anche per le eventuali pendenze, nel rapporto di lavoro a suo tempo instaurato da altri, “irregolarmente”, con il lavoratore.

A sostegno di questa interpretazione sta la lettera del comma 5 dell’art. 1 del dl n. 195 del 2002, nel quale si parla di “parti” che stipulano il contratto, senza precisare che deve trattarsi dello stesso datore di lavoro che abbia reso la dichiarazione di cui al comma 2; e, del resto, quando un rapporto di lavoro, “a tempo indeterminato o determinato di durata non inferiore ad un anno”, sia effettivamente stipulato, non si vede anche per la sostanza in che cosa ci si discosti dagli scopi tipici della “sanatoria” se cambia l’identità soggettiva del datore di lavoro.

Né sembra, per converso, che, qualora l’immigrato sia anche senza permesso di soggiorno, si possa imputare al nuovo datore di lavoro, il quale succeda a quello che aveva presentato la dichiarazione ex art. 1, comma 2 del dl. n. 195 del 2002, di stipulare un contratto con un soggetto di cui perduri l’“irregolarità”. Infatti, per il comma 5 dell’art. 1 del dl. n. 195 del 2002, al momento della stipula del contratto c’è “contestuale rilascio del permesso di soggiorno”; e, poiché il rilascio del permesso di soggiorno è “contestuale”, non pare si possa dire che il contratto è stipulato con un “irregolare”.

Ciò che conta, mi pare, è la posizione del lavoratore alla data in cui viene stipulato il contratto, anche se, poi, questo contratto va a disciplinare pregresse pendenze.

Per quel che concerne, infine, il problema del disposto dell’art. 2, comma 9 del dl. n.195 del 2002 sulle spese per l’alloggio, rinvio a quanto già esposto nella già citata nota del 17 settembre 2002 circa la incostituzionalità della norma.

Mi pare peraltro opportuno che, per non mettere a repentaglio la procedura di “regolarizzazione”, ogni controversia con il datore di lavoro, per le spese dell’alloggio, sia rinviata ad una fase successiva all’ottenimento della “sanatoria”.

Infine, se manca la prescritta comunicazione per l’alloggio all’autorità di pubblica sicurezza, chi è responsabile dell’omissione può essere sanzionato (se non è il datore di lavoro per cui vale il disposto del comma 6 dell’art. 1 del dl. n. 195 del 2002), ma la procedura di “regolarizzazione” non dovrebbe risentirne.

3) Per il datore di lavoro che non possa (o non voglia) presentare personalmente la dichiarazione di cui al comma 2 dell’art. 1 del dl. n. 195 del 2002, la circolare n. 14 del 9 settembre 2002 del Ministero dell’Interno ha previsto che egli possa “conferire apposita delega da presentare, da parte del delegato, unitamente ad un documento di riconoscimento del delegante”.

Si segue, quindi, la prassi consueta per i rapporti con gli uffici postali.

E’ importante, comunque, evitare qualunque diretto contatto con l’Ufficio postale dell’immigrato “irregolare”. E’ vero che, per il comma 1 dell’art. 2 del dl. n. 195 del 2002, “fino alla data di conclusione della procedura … non possono essere adottati provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale”. Ma c’è da tenere in conto che, prima della presentazione della dichiarazione di cui al comma 2 dell’art. 1 del dl. n. 195 del 2002, la “procedura” di cui si parla non può dirsi ancora iniziata.

Quanto invece alla firma del contratto di lavoro, anche secondo la circolare n. 50/2002 del Ministro del Lavoro, valgono “le regole comuni”; e “nel caso di impossibilità per il datore di lavoro di presentarsi personalmente per la stipula del contratto (ad es. per gravi motivi di salute) è sufficiente una procura in carta semplice non autenticata, accompagnata da un documento del datore di lavoro e dalla relativa fotocopia”.

4) Mi pare assai difficile rendere partecipi della “regolarizzazione” coloro di cui non si riesce a provare l’identità, perché assolutamente privi di idonea documentazione.

Non direi, invece, che siano esclusi dalla “sanatoria” coloro i quali non sono in regola con il soggiorno, o siano addirittura intimati a lasciare il territorio nazionale, se non nei casi appositamente contemplati dal comma 8 dell’art. 1 del dl. n. 195 del 2002 ( e con le riserve di cui alla citata nota del 17 settembre 2002).

5) L’ immigrato extra-comunitario, anche allorché “irregolare”, è riconosciuto come “lavoratore” al pari di tutti gli altri. Egli ha quindi diritto di farsi assistere dal sindacato, anche nell’espletamento delle procedure di cui al dl. n. 195 del 2002.

6) Il collegamento tra la disciplina sulla “regolarizzazione” degli immigrati extra-comunitari e quella sul “sommerso” richiede un particolare, e non semplice, approfondimento. In linea di principio, si tratta invero di due discipline distinte le quali, in difetto di una speciale normativa di coordinamento, vanno altresì applicate distintamente e con i rispettivi e differenti presupposti, anche se il loro sovrapporsi in fase applicativa non può darsi preventivamente per escluso.

                                                                           (prof. avv. Vittorio Angiolini)