Cari compagni,
vi inviamo la scheda sulla regolarizzazione dei lavoratori
immigrati predisposta per la Direzione della Fillea del 16 settembre ’02.
Alleghiamo
inoltre:
1)
il
comunicato della CGIL del 25 settembre;
2)
la
circolare n.2 del 13 settembre del gruppo
di lavoro sull’immigrazione della CGIL;
3)
la
nota del prof. Angiolini della Consulta Giuridica della CGIL;
4)
la
circolare del Ministero del Lavoro n.50 del 20/9/2002 e l’allegata scheda per
la stipula di contratto di lavoro subordinato;
5)
il
Decreto Legge 9/9/2002 sulla regolarizzazione degli immigrati dipendenti da
imprese.
Invitiamo le nostre
strutture a esercitare il massimo impegno,
coordinandosi con le strutture confederali, per favorire la regolarizzazione e
il rispetto dei diritti dei lavoratori immigrati che lavorano nei nostri
settori.
Vi chiediamo inoltre
di comunicarci i nominativi dei compagni immigrati
presenti nei Comitati Direttivi delle strutture Fillea (inviare a Giuseppina,
Fax 06 44114209).
Fraterni saluti.
P. la Segreteria
Nazionale
Mara
Nardini
Il Decreto Legge 6/9/2002, entrato in
vigore il 10/9/2002, prevede la possibilità di regolarizzazione
di lavoratori immigrati con la stipula di un contratto di soggiorno per lavoro
subordinato a tempo indeterminato, oppure a tempo determinato
della durata di almeno un anno.
La regolarizzazione
riguarda anche i lavoratori immigrati che lavorano nell’edilizia, i quali
possono stipulare un contratto di lavoro a tempo indeterminato (che per sua
natura non prevede una durata minima, fatta salva la possibilità di essere
licenziati per fine cantiere o fine fase lavorativa).
Il contratto di lavoro può essere anche a
tempo parziale, purché assicuri al lavoratore il reddito minimo richiesto per
il rilascio del permesso di soggiorno.
Il contatto di lavoro deve essere
stipulato nel rispetto del vigente CCNL di riferimento. Contemporaneamente alla
stipula del contratto di lavoro viene rilasciato un
permesso di soggiorno della durata di un anno.
La circolare n.14 del Ministero
dell’interno ha precisato che il lavoratore deve essere stato alle dipendenze
di un’impresa per tutti i tre mesi precedenti la data d’entrata in
vigore del decreto (dal 10 giugno al 10 settembre).
Il datore di lavoro che presenta la
dichiarazione d’emersione non è punibile per le violazioni delle norme relative al
soggiorno, al lavoro e di carattere finanziario compiute anteriormente
all’entrata in vigore del Decreto Legge con riferimento all’occupazione dei
lavoratori interessati dalla regolarizzazione.
Il lavoratore non può ricevere un
provvedimento d’espulsione fino alla conclusione della procedura di regolarizzazione.
Per quanto riguarda gli aspetti
contributivi, il datore di lavoro con la domanda d’emersione versa un
contributo forfettario di 700 euro relativi ai tre
mesi di occupazione precedenti all’entrata in vigore del decreto. Per periodi
di lavoro antecedenti, il Ministro del Lavoro con proprio decreto dovrà
indicare le modalità di corresponsione delle somme e
degli interessi dovuti per i relativi contributi previdenziali.
Roma, 16 settembre 2002
Allegato 1
Comunicato CGIL sulla regolarizzazione
lavoratori immigrati.
Il decreto per
la regolarizzazione dei lavoratori immigrati ( )
ripropone tutta l’impostazione, che la CGIL giudica sbagliata, ingiusta e per
molti aspetti incostituzionale, della legge Bossi Fini ( ) e ne accentua semmai
le incongruenze e le contraddizioni che la rendono oltre tutto ingestibile.
1)
L’aspirazione a
un provvedimento di ampia regolarizzazione è sacrosanta. Il Governo Berlusconi
ha dapprima reso del tutto inoperante la politica dei flussi di
ingresso, quindi con la legge Bossi-Fini ha creato un sistema di regole
che, nella sua ispirazione volgarmente razzista di chiusura delle frontiere
legali, ha in effetti messo in piedi un meccanismo di incentivazione potente
dei flussi di manodopera illegale, come i dati statistici, e purtroppo le
cronache tragiche di questi giorni, stanno confermando. A fronte di questa
politica dissennata la regolarizzazione diventa
l’unica via di uscita.
2)
Ciò premesso, è del tutto
evidente che i tempi di una sanatoria di questa portata devono essere congrui.
Un termine perfino più breve di quello richiesto per la conversione in legge, quando,
al di là della prevedibile battaglia parlamentare da
parte dell’opposizione, si registra un aspro dibattito in seno alla maggioranza
che appare ancora lontano dalla conclusione, a fronte oltre tutto di palesi
incongruenze che non possono non essere corrette nel testo di legge, è del
tutto irrazionale. Si consideri in aggiunta che il termine non è neppure
raccordato con quello per l’emersione in base alla legge Tremonti
( ) e precede quello che la Bossi Fini fissa per le
colf e le badanti. Appare pertanto indispensabile modificare il termine di
presentazione delle domande a una data non anteriore a
quella fissata per l’emersione (30 novembre, ovvero la data successiva che per
quel provvedimento è stata preannunciata).
3)
La legge di regolarizzazione
dei lavoratori immigrati deve prevedere benefici per i datori di lavoro e per i
lavoratori non inferiori a quelli già previsti per i casi di emersione in
genere, senza di che le resistenze dei datori di lavoro (sia quelli che hanno
in nero solo immigrati irregolari sia, a maggior ragione, quelli che hanno un
più ampio sommerso da far emergere) saranno insormontabili e vanificheranno di
fatto il provvedimento deludendo le aspettative suscitate, con le conseguenze
drammatiche che si possono facilmente immaginare.
4)
La norma deve contenere una
previsione chiara ed equa relativamente alla
condizione di ammissibilità, consistente in una data ultima per la presenza
(come nelle precedenti sanatorie) e in un periodo minimo di lavoro in un arco
temporale congruo e credibile.
5)
La norma sulla
“trattenuta-alloggio” a favore dei datori di lavoro, un vero e proprio mostro
giuridico di iniquità se non di vessazione, deve
essere cassata.
6)
Il rilascio del permesso di
soggiorno di durata di un solo anno è una norma che
non solo contraddice le indicazioni contenute nell’articolo 5 comma 3 bis punto
c) che prevede, in relazione ad un contratto di lavoro a tempo indeterminato,
un permesso di soggiorno di due anni, ma è finalizzato ad escludere i nuovi
regolarizzati dal godimento di vari diritti sociali per usufruire delle
agevolazioni per la casa, si richiede un permesso di soggiorno almeno biennale.
7)
La richiesta di un contratto a
tempo indeterminato, per poter emergere dall’irregolarità, non solo contraddice
la più volte conclamata domanda di flessibilità per la necessaria riforma del
mercato del lavoro, ma crea discriminazioni dannose sia ai datori di lavoro che
ai lavoratori: è una norma punitiva nei confronti di artigiani
e piccoli imprenditori, impossibilitati a rispettare criteri così rigidi.
8)
La norma dovrebbe contemplare
l’emersione del lavoro autonomo degli immigrati nel rispetto della lettera e
dello spirito della legge originale, che prevedeva
questa possibilità alle imprese del sommerso, ed ai lavoratori ivi occupati.
9)
Il decreto dovrebbe escludere
dalla regolarizzazione solo gli immigrati espulsi,
perché condannati per gravi reati penali.
Parallelamente
all’impegno per conseguire queste e tutte le altre modifiche necessarie per
rendere il provvedimento giusto e gestibile, la CGIL è
impegnata attraverso le sue strutture territoriali e le articolazioni
del sistema dei servizi sia per dare assistenza sindacale che per aiutare nel
disbrigo delle procedure.
Allegato 2
Roma,
13 settembre 2002
A
Tutte le strutture CGIL
All’INCA
LORO
SEDI
Prot.: 3636/2002
Cod.: IV/3671/7
Oggetto: Circolare n. 2 del gruppo di lavoro sull’immigrazione
A seguito della
nostra circolare del 4 settembre ’02, vi comunichiamo che il gruppo centrale di
riferimento si è ulteriormente allargato con la presenza delle categorie e
dello Spi.
Si ribadisce la necessità di costituire nei territori sportelli
integrati, per dare informazioni ed assistenza ai lavoratori (e alle famiglie
datori di lavoro nel caso di colf e badanti). Inoltre è necessario monitorare
l’andamento dell’applicazione della normativa, facendo pervenire al gruppo
centrale nazionale i dati relativi al n° degli utenti
che hanno richiesto la regolarizzazione, e se possibile la categoria
d’appartenenza.
E’ fondamentale
la collaborazione di tutte le strutture avviando un impianto operativo
coordinato, coinvolgendo le categorie per tutto ciò che riguarda gli aspetti
contrattuali inerenti alla regolarizzazione. A maggior
ragione il coordinamento tra le strutture e il gruppo centrale di riferimento,
appare indispensabile alla luce dei complessi intrecci che la normativa sugli immigrati presenta,
rispetto ai problemi della emersione in generale. In
particolare se teniamo presente le incongruenze e le iniquità che hanno sin qui
reso inoperante la “Tremonti” sul sommerso, occorre
una gestione sindacale ma anche politica molto oculata e sapiente per
salvaguardare al meglio le aspettative e i diritti dei
lavoratori immigrati irregolari.
Dal gruppo di
lavoro sono emerse le seguenti questioni di carattere generale che la C.G.I.L. dovrà porre agli Organi di Governo:
·
Allargamento della regolarizzazione
a tutti gli immigrati con l’esclusione di coloro che hanno avuto l’espulsione
per reati;
·
Proroga dei termini per la presentazione delle domande;
·
Inclusione di tutti lavoratori stagionali;
·
Differenziazione dei costi della pratica rispetto al settore
di attività:
Riteniamo utile
che in ogni provincia, la CGIL si attivi
perché vengano convocati i Consigli Territoriali
previsti dalla Legge sull’immigrazione (art. 3, c.6 D.L.gs.
286/98), con lo scopo di una gestione coordinata ed efficace della
attuale fase; in particolare, riteniamo che la presenza dei
rappresentanti dei lavoratori, nella fase di stipula del contratto individuale
di lavoro, sia fondamentale.
Data la
delicatezza della situazione e l’opportunità di effettuare
proselitismo verso tutti i lavoratori stranieri che si trovano nel nostro
Paese, l’assistenza che sarà loro
fornita dovrà essere gratuita. L’eventuale iscrizione al sindacato di questi
lavoratori, sarà fatta nell’ambito della categoria di appartenenza.
Vi
informiamo che il gruppo di lavoro si riunirà il giorno 17 corrente
mese alle ore 11 presso la Confederazione assieme all’Avv. Vittorio Angiolini per esaminare le questioni di carattere giuridico-legale e le problematiche emerse.
Il D.L. in questione intende estendere la possibilità di emersione dal lavoro irregolare agli immigrati che
operano nei settori economici extra famiglia.
Il contenuto e le procedure indicate ricalcano le modalità operative e purtroppo gli stessi limiti già
presenti nell’art. 33 della L. 189/02 (la “Bossi-Fini”); anzi in alcuni punti
rende più difficoltoso il percorso di regolarizzazione.
Infatti l’articolo 1 del Decreto segue lo schema
del corrispondente articolo 33 della Legge,
introducendo alcuni elementi peggiorativi:
ü La durata di
presentazione della dichiarazione è ristretta a 30 giorni invece che 60 giorni;
ü Il contributo
forfetario è di 700 Euro anzichè di 290 euro;
ü Il contratto di
lavoro subordinato deve essere a tempo indeterminato o almeno di durata non
inferiore ad un anno;
ü Il rilascio del
permesso rimane sempre e solo di validità pari ad un anno, contravvenendo il
dispositivo della stessa legge, che prevede un permesso di soggiorno di durata
biennale in presenza di un contratto a tempo
indeterminato;
ü Anche il rinnovo è più
difficoltoso perché è necessaria l’esistenza di un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato ovvero a tempo determinato di durata non inferiore ad un anno;
ü Il comma 8,
esclude dalla legalizzazione gli immigrati nei
confronti dei quali è stato emesso un provvedimento restrittivo della libertà
personale.
L’articolo 2, nei primi due commi, riprende il contenuto dell’o.d.g. accolto dal Governo poco prima dell’approvazione
della Legge “Bossi-Fini”, prevedendo la non espulsione di quanti hanno in corso
la regolarizzazione e la revoca degli eventuali
provvedimenti di espulsione.
Il comma 3, obbliga gl’immigrati a
sottoporsi a rilievi fotodattiloscopici comunque
entro un anno dalla data di rilascio del permesso di soggiorno; il comma 4,
estende tale obbligo anche a colf e assistenti di cura che si regolarizzano. Il
comma 5 esclude da tale obbligo quanti hanno un permesso di soggiorno di breve
durata; il comma 6 applica la tutela prevista dalle leggi nelle operazioni di
rilevamento fotodattiloscopico e il comma 7 disciplina l’introduzione dei rilievi riguardo ai cittadini
italiani.
Di particolare rilievo è il comma 9, che merita un approfondimento,
anche in sede giuridica, perché prevede che il datore di lavoro possa
trattenere mensilmente dalla retribuzione
del dipendente una somma massima pari ad un terzo dell’importo mensile complessivo, quando il datore di
lavoro abbia sostenuto le spese per fornire
un alloggio rispondente ai requisiti di legge .
L’articolo 3 tratta della copertura finanziaria.
Oltre gli aspetti negativi già segnalati, il Decreto non scioglie i
dubbi riscontrati da più parti e che rendono sempre più difficoltose le
operazioni della regolarizzazione. In primo luogo
rimane non definitivamente chiarito il periodo di lavoro antecedente alla entrata in vigore della legge: si continua a parlare di
tre mesi, non precisando se è necessario il requisito, sia circa la presenza sul territorio almeno
dal 10 giugno, sia la continuità del rapporto nei tre mesi.
La circolare , tra le altre normali
indicazioni, cerca in particolare di precisare al punto 2) la questione dei” 3
mesi” ed afferma che è prevalente l’interpretazione restrittiva della
disposizione, per cui può essere regolarizzato solo il lavoratore occupato
almeno dalla data del 10 giugno 2002.
Si prende atto di quanto affermato pur rimanendo alcuni dubbi
perché quanto sostenuto non può essere l’ultima parola, tanto più che la
circolare stessa parla di interpretazione “prevalente”.
Sui punti non chiariti né dal decreto né dalla circolare si
attendono ulteriori precisazioni.
Gruppo di lavoro:
§
Dipartimento politiche attive del lavoro; Umberto Saleri (tel. 06-8476518)
§
Ufficio politiche dell’immigrazione: Alioune
Gueye (tel. 06-8476406)
§
Ufficio Vertenze: Enrico Moroni
(tel. 06-85563222)
§
Centri per il lavoro: Nino Casabona
(tel. 06-855563208)
§
Caaf : Onesti Paolo
(tel. 06-85563223)
§
Inca.Cgil: William Zanoni (tel. 06-85563711)
§
Filcams: Marinella Meschieri, Migia Ioli (tel. 06-5885102)
§
Flai: Rotella Luigi (tel. 3351341530)
§
Filtea: Teresa Bellanova (tel. 06-5811628)
§
Fiom: Rosa Rinaldi (tel. 06852621)
§
Fillea: Mara Nardini (tel.
06-44114 )
§
Spi: Gabriella Poli (tel. 06-44481321
§
F.P. : Mauro Ponziani
(tel. 06-585441)
IL
GRUPPO DI LAVORO CGIL SULL’IMMIGRAZIONE
Decreto Legislativo 9 settembre 2002 n. 195 ecircolare n. 14 del 9 settembre 2002
Vittorio Angiolini
Il recente
decreto-legge n. 195 del 2002, in combinazione con la circolare esplicativa n.
14 del Ministro dell’Interno, si presta ad osservazioni sia sui risvolti applicativi sia sul piano dell’incostituzionalità.
Si lascia da parte peraltro, in questa sede, la questione dei rilievi dattiloscopici, che è di più largo raggio e trascende il
tema dell’immigrazione, dal momento che il dl n. 195 vorrebbe in prospettiva
introdurli come imposti anche per la generalità dei cittadini (comma 7
dell’art. 2).
In questi limiti,
occorre anzitutto notare:
1) il presupposto per la
cd. “sanatoria”, secondo l’art. 1, comma 1 del dl. n.
195 del 2002, è che il lavoratore immigrato extra-comunitario, ancorché in
“posizione irregolare”, sia stato “occupato, nei tre mesi antecedenti la data
di entrata in vigore”, ossia nel periodo dal 10 giugno al 10 settembre 2002.
Questa previsione, correttamente
interpretata per il suo tenore letterale, dovrebbe ammettere la “sanatoria” per
gli immigrati che abbiano lavorato anche solo per una
parte del periodo dal 10 giugno al 10 settembre 2002: ad es. anche per il
lavoratore che avesse lavorato in luglio, e non in agosto, la “sanatoria” dovrebbe essere egualmente ammessa.
La circolare n.
14 del Ministro dell’Interno sembra invece voler suggerire un’interpretazione
diversa, dichiaratamente “restrittiva”, per cui
occorrerebbe, per la “regolarizzazione”, aver lavorato ininterrottamente
“almeno per i tre mesi”, e cioè dal 10 giugno al 10 settembre 2002.
Questa interpretazione è
palesemente errata, anche per la premessa su cui vorrebbe fondarsi, e cioè che “il contributo forfettario che il datore di lavoro
versa è “pari all’importo trimestrale corrispondente al rapporto di lavoro
dichiarato”; infatti, il contributo di cui al comma 3, lett. b) dell’art. 1 del
dl n. 195 del 2002, per l’essere appunto ex professo definito dal legislatore
“forfettario” e liquidato direttamente nella misura fissa di “700 euro”, solo
del tutto arbitrariamente può essere messo in relazione e collegato ad un
qualunque determinato periodo di lavoro o contributivo. Si tratta soltanto di
una somma fissata, in modo autonomo, come costo della “regolarizzazione”.
C’è oltretutto da
aggiungere, al riguardo, che anche qualora il disposto munque
restituire una qualche credibilità all’interpretazione
“restrittiva” del Ministero dell’Interno, ciò non sarebbe per sé sufficiente ad
escludere la “sanatoria”, in base alla più corretta interpretazione del comma 1
dell’art. 1, per chi abbia lavorato solo per un tratto del periodo dal 10
giugno al 10 settembre 2002. Si deve invero tenere presente
la circostanza che, da un lato, gli emendamenti al decreto-legge introdotti
dalla legge di conversione non sono normalmente retroattivi e che , d’altro
lato, la retroattività di tali emendamenti, quando vi fosse, andrebbe contro
l’opinione di molta dottrina circa la lettura in punto dell’art. 77 cost.
Inoltre, e comunque, l’interpretazione “restrittiva” del Ministero
dell’Interno va incontro ad importanti rilievi di incostituzionalità, sotto il
profilo della “orragionevolezza” (art. 3 cost.).
Bisogna
considerare, in proposito, che stiamo parlando di “sanatoria” per lavoratori
non regolarmente assunti, i quali, come tali, non hanno tutela per i
licenziamenti, né possono godere di diritti
fondamentali per tutti i lavoratori, come quelli al riposo ed a veder
riconosciuta la malattia. L’interpretazione data dal Ministro dell’Interno, nel
richiedere per la “regolarizzazione” un rapporto di
lavoro ininterrotto nei tre mesi (10 giugno-10 settembre 2002) è dunque
paradossale, oltre che incostituzionale, perché potrebbe mettere
“irragionevolmente” in posizione deteriore, ai fini della “sanatoria”, proprio
quei lavoratori i quali, oltre all’essere “irregolari”, abbiano subito dal
datore di lavoro suprusi ulteriori, corrispondenti
nell’effettività ad un licenziamento arbitrario, si siano ammalati o,
semplicemente, abbiano fruito, almeno di fatto, di un periodo di riposo
ordinariamente dovuto a qualsiasi lavoratore;
2) a rilievi di incostituzionalità si presta, poi, l’art. 1, comma 8 del
dl. n. 195 del 2002, là dove, con criterio di
automaticità, vieta la “sanatoria” per immigrati i quali siano stati anche solo
“denunciati” per determinati reati, senza nel contempo prevedere che sia
intervenuta una sentenza definitiva di condanna. Che determinati accertamenti
compiuti in sede penale possano essere resi rilevanti e valorizzati in una
procedura amministrativa, qual è quella di “regolarizzazione”
dei lavoratori immigrati, potrebbe, si badi, essere normale. Non sembra, però,
sia corretto che una semplice “denuncia”, la quale di per sé non comporta
proprio nulla di accertato, possa essere ritenuta
determinante per l’esito di un procedimento amministrativo, in modo meccanico
ed in assenza di qualunque autonoma valutazione della pubblica amministrazione.
Certamente, la
presunzione di “non colpevolezza” di cui all’art. 27 cost. non equivale ad una
presunzione di innocenza, nel senso che non esclude
che quanto accertato medio tempore in un processo
penale possa vedersi accordato un qualche effetto nell’ordinamento; purché,
però, un tale effetto sia “ragionevole” e “proporzionato” anche al grado di
affidabilità giuridicamente riconosciuto agli accertamenti penali effettuati.
E’ invece
“irragionevole”, “sproporzionato” e dunque lesivo della presunzione di “non
colpevolezza” l’accordare, come vorrebbe il dl. n. 195
del 2002, un effetto pregiudizievole di ampia portata, come il divieto di
“regolarizzazione”, ad una semplice “denuncia” la cui affidabilità, in sé, è
pressoché nulla;
3) un cenno
merita, infine, la davvero singolare previsione dell’art. 2,
comma 9 dell’art. 2 del dl n. 195 del 2002 il quale, non si sa bene se
solo per chi sia soggetto a “sanatoria” o per tutti gli immigrati, dà diritto
al datore di lavoro di ripetere dal lavoratore, per una somma mensile massima
pari ad un terzo della retribuzione, le spese sostenute per l’alloggio ex art.
6 della l. 30 luglio 2002 n. 189.
Si tratta di una
previsione anch’essa priva, sotto il profilo costituzionale, di qualunque
“ragionevolezza”.
Infatti, proprio per
l’art. 6 della l. n. 189 del 2002, la disponibilità
dell’alloggio è “garanzia da parte del datore di lavoro”; mentre, una volta che
una tale garanzia vada a gravare economicamente l’immigrato - come vorrebbe il
dl. n. 195 del 2002 in patente contraddizione
con l’impianto stesso della l. n. 189 del 2002 - non si comprende oltretutto il
perché, a differenza di qualunque altro lavoratore, l’immigrato medesimo non
debba avere neppure la libertà di scegliersi la casa e di stabilire quanto la
scelta stessa debba gravare sulla propria retribuzione.
D’altro canto,
questa “irragionevolezza” non può che essere aggravata dalla circostanza che
l’art. 36 cost. esige, per ogni lavoratore ancorché immigrato, una retribuzione
“proporzionata” alla quantità e qualità del lavoro “sufficiente ad assicurare a
sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”: come può essere tale una
retribuzione che può essere vistosamente decurtata per
effetto di una scelta del datore del lavoro, per giunta relativa a garanzie le
quali, sino a che l’art. 6 della l. n. 189 del 2002 non sia abrogato,
dovrebbero essere assicurate, nel proprio interesse, dal datore di lavoro
medesimo ?
Allegato 4
Ministero
del Lavoro e delle Politiche Sociali
Direzione Generale per l'Impiego Servizio per i
problemi dei lavoratori immigrati extracomunitari e delle loro famiglie
CIRCOLARE N. 50/2002 Roma, 20 Settembre
2002
Oggetto: Dichiarazione di emersione
di lavoro domestico irregolare e dichiarazione di legalizzazione di lavoro non
domestico irregolare.
È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del
26.8.2002 n. 199, Supplemento ordinario n. 173, la legge 30
luglio 2002 n. 189, che modifica il "T.U. delle disposizioni concernenti
la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero"
(D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286).
L'art. 33 della nuova disciplina consente la regolarizzazione dei rapporti di lavoro con cittadini
extracomunitari – privi dell'apposito permesso di soggiorno per lavoro – che,
nei tre mesi antecedenti all'entrata in vigore della legge, sono stati occupati
come domestici con mansioni di assistenza alle persone non autosufficienti o
con mansioni di sostegno al bisogno familiare. Nel primo caso non è previsto
alcun limite numerico all'emersione, mentre per quelli di sostegno al bisogno
familiare è possibile regolarizzare un solo cittadino
extracomunitario per ogni nucleo familiare.
Inoltre, il Governo ha emanato – in attuazione
dell'ordine del giorno approvato l'11 luglio scorso
dal Senato – il Decreto Legge n. 195 del 9 settembre 2002 che consente di
legalizzare, a condizioni analoghe, i lavoratori extracomunitari dipendenti non
domestici.
Il termine dei tre mesi è da intendersi in senso
restrittivo e cioè il rapporto di lavoro deve essere
iniziato almeno tre mesi prima dell'entrata in vigore della legge n. 189/2002 e
essersi svolto con continuità in quel lasso di tempo, come è stato chiarito
anche dalla circolare del Ministero dell'Interno n. 14 del 9 settembre 2002
(del Dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione)
.In entrambi i casi è
previsto che, per la regolarizzazione, il datore di lavoro denunci la
sussistenza del rapporto di lavoro alla Prefettura-Ufficio Territoriale di
Governo, inviando la dichiarazione di emersione o di legalizzazione tramite un
Ufficio Postale.
Per maggiori dettagli sulla procedura, si rinvia
alle due circolari emanate dal Ministero dell'Interno, cioè
la n. 13 del 19 luglio 2002 (del Dipartimento per le Libertà Civili e
l'Immigrazione) e la nota n. 300/C/2002/1704/P/12.222.7/3^Div. del 27 luglio 2002 (del Dipartimento della Pubblica
Sicurezza).
Si evidenzia che, per la normalizzazione dei
rapporti irregolari, è necessario il pagamento di un contributo forfettario,
pari all'importo trimestrale corrispondente al rapporto di lavoro dichiarato,
senza aggravio di ulteriori somme a titolo di penale
ed interessi. Gli importi previsti sono di 290,00 Euro per i domestici di
sostegno al bisogno familiare o per l'assistenza ai non autosufficienti (oltre
40,00 Euro per spese di presentazione), e di 700,00 Euro per tutti gli altri
lavoratori dipendenti (oltre 100,00 Euro per spese). Il relativo attestato di
pagamento deve essere allegato alla denuncia, ai fini della ricevibilità.
Per quella parte del rapporto di lavoro
regolarizzato, eventualmente svolto
prima dei tre mesi anteriori all'entrata in vigore della legge e denunciato dal
datore di lavoro, dovranno essere corrisposti successivamente
i contributi previdenziali e gli interessi.
E' in corso di pubblicazione il decreto del
Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali che individua
il contributo forfettario pari a 290,00 Euro per la regolarizzazione del lavoro
domestico ed è, invece, in via di
perfezionamento il decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali
relativo alla determinazione delle modalità di imputazione del contributo
forfettario pari a 700,00 Euro, per la legalizzazione di lavoro non domestico,
anche con riferimento alla posizione contributiva del lavoratore.
I datori di lavoro che si avvalgono della regolarizzazione non sono punibili per le violazioni delle
norme relative al soggiorno, al lavoro e di carattere finanziario, compiute –
in relazione allo specifico rapporto di lavoro denunciato – anteriormente
all'entrata in vigore delle nuove disposizioni di legge.
Per lo svolgimento della fase conclusiva della
procedura, ciascuna Prefettura-UTG istituirà un apposito "Sportello polifunzionale", nel quale
sarà presente almeno un incaricato di ogni Amministrazione chiamata nel
procedimento, e potrà essere articolato in una o più "unità
operative", in relazione alle esigenze locali ed alle risorse disponibili.
Per
promuovere l'emersione e la legalizzazione dei
lavoratori extracomunitari, questo Ministero ha concordato con quello
dell'Interno di fornire agli Sportelli Polifunzionali la collaborazione delle
proprie strutture territoriali, in particolare delle Direzioni Provinciali del
Lavoro. Inoltre, quest'Amministrazione ha attivato a livello centrale un "call center", in grado di assicurare in tempo reale la
necessaria assistenza a tutti gli interessati.
La collaborazione che le Direzioni Provinciali
del Lavoro dovranno assicurare concerne la stipula del
"contratto di soggiorno per lavoro
subordinato".
Per agevolare al massimo la regolarizzazione
dei rapporti di lavoro e per semplificare in modo omogeneo l'attività delle
D.P.L., è stato predisposto lo schema del contratto di soggiorno per le due
distinte ipotesi, cioè per i rapporti di lavoro domestico e per quelli di
lavoro non domestico (allegati n.1 e 2).
Per ogni
singolo caso, il modello contrattuale sarà fornito all'incaricato della Direzione
Provinciale del Lavoro dal terminalista che le Poste
Italiane metteranno a disposizione dello Sportello Polifunzionale, e che provvederà a fornire il contratto prima del ricevimento
degli utenti. Il modello contrattuale sarà già prestampato nelle parti
essenziali (vale a dire, dati anagrafici, estremi del documento di
riconoscimento, condizioni contrattuali conformi all'impegno assunto dal datore
di lavoro con la dichiarazione di emersione o
legalizzazione).
Il contratto dovrà essere reso disponibile dalle
Poste Italiane con congruo anticipo, per consentire una preistruttoria e
accelerare il lavoro degli incaricati delle DPL.
L'incaricato della Direzione Provinciale del
Lavoro, al momento della stipula, curerà i seguenti
adempimenti:
1- preliminarmente, controllerà i documenti
d'identità e la corrispondenza con i riferimenti già compilati;
2- insieme con il datore di lavoro e con il
lavoratore, controllerà la correttezza dei dati e delle condizioni contrattuali
già compilate. In particolare per la verifica dei minimi retributivi
contrattuali, da eseguire servendosi anche dell'ausilio del personale di
supporto di cui si parlerà più avanti, saranno fornite agli incaricati le apposite tabelle utilizzate dalle DPL.
3- verificherà la corrispondenza dell'orario
settimanale alla retribuzione evidenziata nella dichiarazione. Poiché nella
modulistica non è stato previsto il riferimento alla categoria, si è ritenuto
necessario predisporre, per ragioni di uniformità, la tabella (allegato n. 3) che ha assunto a
base di calcolo per le badanti una categoria non inferiore alla seconda e per
le colf la terza categoria;
4- farà completare alle parti le clausole
contrattuali eventualmente ancora in bianco;
5- farà apporre alle parti l'indicazione del
luogo e della data, nonché la rispettiva
sottoscrizione.
Il Decreto Legge n. 195 del 9 settembre 2002
ammette alla legalizzazione il lavoratore dipendente
irregolare con contratto di soggiorno per lavoro subordinato "a tempo
indeterminato" "ovvero con contratto di lavoro di durata non
inferiore ad un anno", quest'ultimo deve intendersi riferito anche ai
lavori svolti presso imprese agricole, purché la durata sia almeno di 12 mesi.
Se al momento dell'identificazione e riscontro
preliminare, dovessero essere rilevati dati anagrafici diversi da quelli precompilati, il caso deve essere segnalato al
rappresentante della Prefettura-UTG, per le
determinazioni definitive.
L'incaricato della Direzione Provinciale del
Lavoro, tenuta presente la specifica fase del procedimento a lui affidata, non
dovrà chiedere alcuna ulteriore notizia, oltre a
quelle necessarie per la compilazione del modello contrattuale; in particolare,
non è previsto che debba curare alcun approfondimento né sulla capacità
economica o sulle esigenze del datore di lavoro né sulle caratteristiche
dell'alloggio offerto. Questo, sia in ragione della natura speciale della legge
sia perché la dichiarazione di emersione o
legalizzazione interviene su rapporti di lavoro già in corso; è da ritenere
pertanto che la parte datoriale sia nelle condizioni
economiche per assicurarne la prosecuzione.
Tuttavia, nonostante la legge non preveda
espressamente la verifica della capacità reddituale del datore di lavoro, vista
l'importanza di questo criterio (di cui verosimilmente si occuperà a regime
l'emanando regolamento di attuazione), particolare
attenzione dovrà essere posta ai casi che sollevano dubbi sull'effettività dei
rapporti di lavoro che si vorrebbero fare emergere (ad esempio nei casi di un
numero abnorme di rapporti dichiarati da un solo datore di lavoro).
In tale evenienza – da
circoscrivere ai casi palesemente suscettibili di simulazione che dovessero
pervenire allo sportello polifunzionale – l'incaricato della D.P.L. sospenderà
i propri adempimenti, accantonando la pratica e rimettendone l'esame
all'ufficio di appartenenza.
Il contratto dovrà essere
sottoscritto in duplice originale (uno per il datore di lavoro ed uno per il
lavoratore); l'incaricato avrà cura di conservarne una copia per la D.P.L.
Per completezza, è appena il caso di evidenziare
che la normativa per la legalizzazione dei rapporti consente la stipula di contratti di soggiorno per lavoro subordinato
stabile, cioè a tempo indeterminato con orario di lavoro secondo le previsioni
del CCNL, ovvero a tempo determinato non inferiore ad un anno. In ogni caso
l'orario minimo di lavoro non potrà essere inferiore a quello contrattuale e comunque non potrà andare al di sotto della soglia di 20 ore
settimanali. Ciò tenuto conto che, al di sotto di
questa soglia, è consentito il lavoro agli stranieri provvisti di permesso di
soggiorno per motivi di studio, già assistiti da una garanzia di mantenimento.
Il contratto di soggiorno decorre dalla data di entrata in vigore della legge (10 settembre 2002). Da
tale data decorrono tutti gli obblighi contrattuali e di legge previsti tra cui
quelli relativi agli obblighi assicurativi e
previdenziali, così come tutti gli altri obblighi legati allo svolgimento del
rapporto di lavoro. Pertanto, il datore di lavoro è
obbligato, a decorrere dalla data del 10 settembre 2002, a pagare i relativi
contributi previdenziali e premi assicurativi. Qualora il contratto di
soggiorno non potesse essere stipulato, per motivi ostativi previsti dalla
normativa vigente, poiché il rapporto di lavoro è stato di fatto espletato, si
ritiene che debbano essere comunque dovuti i
contributi previdenziali e premi assicurativi afferenti a detto rapporto per il
periodo successivo all'entrata in vigore della legge n, 189/2002 e cioè il 10
settembre 2002.
Per la regolarizzazione dei domestici, il reddito da lavoro del
cittadino extracomunitario non può essere inferiore a 439,00 Euro e può essere
conseguito anche con una pluralità di rapporti di lavoro.
In questa fattispecie, ciascun datore di lavoro
presenterà la propria dichiarazione agli uffici postali, specificando nel
modulo l'importo dello stipendio e le ore di lavoro prestate (nel modulo è
prevista una casella dove è scritto occupato presso n°…..
datori di lavoro, che possono essere due, tre o più). La somma delle cifre
corrisposte dai vari datori di lavoro non può comunque
essere inferiore ai 439 Euro. Naturalmente, ogni datore di lavoro dovrà versare
l'intero contributo forfettario.
Le Prefetture-Uffici Territoriali di Governo
inviteranno tutte le parti coinvolte a firmare il contratto di soggiorno nella
stessa data e presso un unico sportello. Saranno stipulati tanti contratti quanti sono i datori e sarà concesso,
naturalmente, un unico permesso di soggiorno. I datori di lavoro che abbiano sostenuto le spese per fornire un alloggio
rispondente ai requisiti di legge, possono, a titolo di rivalsa e per la durata
della prestazione, trattenere mensilmente dalla retribuzione del dipendente una
somma massima pari ad un terzo dell'importo complessivo mensile (ex art. 2 comma
10 del Decreto Legge 195).
Nella consapevolezza che le Direzioni Provinciali
del Lavoro sono carenti di risorse umane, in
particolare nelle Città del centro-nord, quest'Amministrazione utilizzerà 300
unità impiegatizie dell'Area Funzionale B, posizione economica B3, assunte con
contratto di lavoro interinale per il tramite di un'agenzia specializzata, da
destinare ad attività di supporto alle "unità operative" interessate
agli Sportelli Polifunzionali, sotto la guida di un referente per ogni
Direzione Provinciale del Lavoro. Una parte dei lavoratori interinali è
utilizzata presso la struttura centrale di questo Ministero, dove è attivo il "call
center".
In merito
al libretto di lavoro, durante la procedura di emersione
e legalizzazione sono da ritenersi sospesi gli obblighi di rilascio. E' noto infatti che sta per giungere a conclusione l'iter
procedurale che abroga la relativa disciplina. Pertanto, esigenze di
semplificazione del procedimento impongono, nelle more dell'abrogazione, che
l'incaricato della D.P.L divulghi l'informazione che la richiesta dei libretti
di lavoro potrebbe a breve rivelarsi inutile e che comunque
il mancato rilascio in sede di stipula del contratto non pregiudica
l'instaurazione del rapporto di lavoro.
La firma sul contratto può avvenire secondo le
regole comuni. Nel caso di impossibilità per il datore
di lavoro di presentarsi personalmente per la stipula del contratto (ad es. per
gravi motivi di salute) è sufficiente una procura in carta semplice non
autenticata, accompagnata da un documento del datore di lavoro e dalla relativa
fotocopia.
IL
DIRETTORE GENERALE (Dr.ssa Lea Battistoni)
CONTRATTO DI
SOGGIORNO PER LAVORO SUBORDINATO (NON
DOMESTICO)
(Decreto Legge n. 195
del 9.9.2002, art. 5 bis del D. Lgs. 286/1998 e
successive modifiche)
LE PARTI
SOTTOSPECIFICATE
DATORE DI LAVORO
________________________________________________________________________________
Nome___________________________________________________________________________
Stato civile
____________________________ Sesso ¨
Codice Stato _________________Luogo di nascita __________________Provincia__________
Residente in
_____________________ _______Provincia _______________________________
Scala _____________ Interno _______________
C.A.P. _________________________________
¨
Cittadinanza italiana
Tipo di documento di identità _________________________________________________
N°.
______________________________________ Data rilascio ______________________
Rilasciato da
________________________________________________________________
Data scadenza
______________________________________________________________
¨
Altra cittadinanza (specificare) __________________________________________________
titolare
di carta/permesso di soggiorno n.° _______________________________________
Data scadenza
______________________________________________________________
Nome________________________________________
Stato civile __________________________ Sesso ¨
Nato/a il ______________ ______________Stato di nascita
______________________________
Codice stato
_________________________ Luogo di nascita _____________________________
Cittadinanza/e
___________________________________________________________________
Residente in (Stato
estero)_________________________________________________________ Codice stato
__________________________ Località ___________________________________
Indirizzo di
residenza _____________________________________________________________
Recapito in Italia
presso ___________________________________________________________
Comune
__________________________ Provincia ___________ C.A.P. ___________________
Indirizzo
________________________________________________________________________
Titolare di
passaporto o altro documento valido per l’espatrio rilasciato da
________________
________________________________________________________________________________n.°
_______________________________ data rilascio
__________________________________data scadenza
______________________se titolare di permesso di soggiorno indicare: n.°
______________________________________
per motivi di
____________________________________________________________________
data scadenza
________________________ data ingresso in Italia ________________________
frontiera
____________________________ visto: n.° ___________________________________
tipo
____________________________________________________________________________
Rilasciato da
____________________________________________________________________
Data scadenza _________________________________
STIPULANO
Regolare contratto di
soggiorno per lavoro subordinato (secondo le modalità
previste dall’art. 5 bis del D. lgs
n. 28619/98 e successive modifiche), adibendo il lavoratore sopraindicato, nel
rispetto del relativo contratto collettivo di lavoro di categoria, alle
mansioni e nelle forme, come sotto specificato:
- mansioni svolte dal
lavoratore ____________________________________________________
- livello di inquadramento
_________________________________________________________
- contratto di
categoria applicato ___________________________________________________
- orario di lavoro: giornaliero ____________ settimanale
_____________________________
- durata:
-
tempo indeterminato ¨
-
tempo determinato
non inferiore ad un anno ¨ specificare la durata_______________
- luogo di lavoro:
sede _______________________ via __________________________________
INOLTRE,
IL DATORE DI LAVORO
_______________________________________ ___________________________________
Si attesta che le
firme sovrariportate sono state apposte alla presenza
del sottoscritto, previa verifica dei documenti di identità.
L’incaricato della Direzione Provinciale del Lavoro
______________________________________________
Luogo
______________________________ Data ____________________
Allegato 5
Decreto-legge 9 settembre
2002, n. 195, pubblicato nella G. U.
n. 211 del 9 settembre 2002.
Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione
del lavoro irregolare di extracomunitari
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti
gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di dare attuazione
all’impegno assunto dal Governo dinanzi al Parlamento di provvedere, contestualmente
all’entrata in vigore della nuova normativa sull’immigrazione, a legalizzare i
lavoratori extracomunitari in posizione irregolare alle medesime condizioni
stabilite dalla predetta normativa per altre categorie di lavoratori
extracomunitari;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 6 settembre 2002;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali e del Ministro dell’interno, di concerto con
il Ministro della giustizia e con il Ministro dell’economia e delle finanze;
emana il seguente decreto-legge:
Articolo 1. (Legalizzazione
di lavoro irregolare)
1.
Chiunque, nell’esercizio di un’attività di impresa sia
in forma individuale che societaria, ha occupato, nei tre mesi antecedenti la
data di entrata in vigore del presente decreto, alle proprie dipendenze
lavoratori extracomunitari in posizione irregolare, può denunciare, entro
trenta giorni dalla medesima data, la sussistenza del rapporto di lavoro alla
Prefettura-Ufficio territoriale del Governo competente per territorio, mediante
la presentazione, a proprie spese, di apposita dichiarazione attraverso gli
uffici postali. Qualora si tratti di società operanti
in Italia, la denuncia è sottoscritta e presentata dal legale rappresentante. A
tutti gli effetti, la data di presentazione è quella recata dal timbro
dell’ufficio postale accettante. La dichiarazione di emersione
è presentata dal richiedente, a proprie spese, agli uffici postali.
2.
La dichiarazione contiene, a pena di inammissibilità:
a) i dati identificativi
dell’imprenditore o della società e del suo legale rappresentante;
b) l’indicazione delle generalità e
della nazionalità del lavoratore straniero occupato al quale si riferisce la
dichiarazione;
c) l’indicazione della tipologia e delle modalità
di impiego;
d) l’indicazione della retribuzione convenuta, in misura non
inferiore a quella prevista dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento.
3.
Ai fini della ricevibilità, alla dichiarazione sono
allegati:
a) copia sottoscritta della dichiarazione di impegno
a stipulare, nei termini di cui al comma 5, il contratto di soggiorno per
lavoro subordinato a tempo indeterminato nelle forme di cui all’articolo 5-bis del testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero, di seguito denominato: «testo unico», approvato con decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286, introdotto dall’articolo 6 della legge 30
luglio 2002, n. 189, ovvero di un contratto di lavoro di durata non inferiore
ad un anno;
b) attestato di pagamento di un
contributo forfettario pari a 700 euro per ciascun lavoratore.
4.
Nei sessanta giorni successivi alla ricezione della dichiarazione di cui al
comma 1, la Prefettura-Ufficio territoriale del Governo, che assicura la tenuta
di un registro informatizzato di coloro che hanno
presentato la predetta dichiarazione e dei lavoratori extracomunitari ai quali
è riferita la medesima dichiarazione, verifica l’ammissibilità e la ricevibilità della dichiarazione e la comunica al centro
regionale per l’impiego competente per territorio. La questura accerta se
sussistono motivi ostativi all’eventuale rilascio del permesso di soggiorno di validità pari ad un anno.
5.
Nei dieci giorni successivi alla comunicazione della mancanza di motivi
ostativi al rilascio del permesso di soggiorno di cui
al comma 4, la Prefettura-Ufficio territoriale del Governo invita le parti a
presentarsi per stipulare il contratto di soggiorno per lavoro subordinato e
per il contestuale rilascio del permesso di soggiorno, permanendo le condizioni
soggettive di cui al comma 4. La mancata presentazione delle parti comporta
l’improcedibilità e l’archiviazione del relativo procedimento. Il permesso di soggiorno
può essere rinnovato previo accertamento dell’esistenza di un rapporto di
lavoro a tempo indeterminato ovvero a tempo determinato di durata non inferiore
ad un anno, nonchè della regolarità della posizione
contributiva della manodopera occupata.
6. I soggetti di cui al comma
1, che inoltrano la dichiarazione di emersione del
lavoro irregolare ai sensi dei commi da 1 a 3, non sono punibili per le
violazioni delle norme relative al soggiorno, al lavoro e di carattere
finanziario, compiute antecedentemente alla data di entrata in vigore del
presente decreto, in relazione all’occupazione dei lavoratori extracomunitari
indicati nella dichiarazione di emersione presentata. Le predette cause di non
punibilità non si applicano a coloro che abbiano presentato
una dichiarazione di emersione contenente dati non rispondenti al vero, al fine
di procurare il permesso di soggiorno a stranieri.
7. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali determina, con proprio decreto, le modalità per
l’imputazione del contributo forfettario di cui al comma 3, lettera b), sia per fare fronte
all’organizzazione e allo svolgimento dei compiti di cui al presente articolo,
sia in relazione alla posizione contributiva del lavoratore interessato, al
fine di garantire l’equilibrio finanziario delle relative gestioni
previdenziali. Il Ministro, con proprio decreto, determina altresì le modalità di corresponsione delle somme e degli interessi
dovuti per i contributi previdenziali concernenti i periodi denunciati
antecedenti ai tre mesi di cui al comma 1.
8. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai
rapporti di lavoro riguardanti lavoratori extracomunitari:
a) nei confronti dei quali sia stato
emesso un provvedimento di espulsione per motivi
diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno ovvero un provvedimento
restrittivo della libertà personale;
b) che risultino
segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore in
Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato o dell’Unione
europea;
c) che risultino denunciati per uno dei
reati indicati negli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, salvo
che il procedimento penale si sia concluso con un provvedimento che abbia
dichiarato che il fatto non sussiste o non costituisce reato o che
l’interessato non lo ha commesso, ovvero risultino destinatari
dell’applicazione di una misura di prevenzione o di sicurezza, salvi, in ogni
caso, gli effetti della riabilitazione.
9.
Chiunque presenta una falsa dichiarazione di emersione
ai sensi del comma 1, al fine di eludere le disposizioni in materia di
immigrazione del presente decreto, è punito con la reclusione da due a nove
mesi, salvo che il fatto costituisca più grave reato.
Articolo 2. (Disposizioni
transitorie e finali)
1.
Fino alla data di conclusione della procedura di cui all’articolo 1, non
possono essere adottati provvedimenti di allontanamento
dal territorio nazionale nei confronti dei lavoratori compresi nella dichiarazione
di cui allo stesso articolo, salvo che risultino pericolosi per la sicurezza
dello Stato.
2.
Il rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell’articolo 1, comma 5,
comporta la contestuale revoca degli eventuali provvedimenti di
espulsione già adottati nei confronti dello straniero che ha stipulato
il contratto di soggiorno.
3.
In deroga a quanto previsto dall’articolo 5, comma 2-bis, del testo unico approvato con decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286, come modificato dall’articolo 5, comma 1, lettera b), della legge 30 luglio 2002, n. 189,
i lavoratori extracomunitari che stipulano il contratto di soggiorno per lavoro
subordinato ai sensi dell’articolo 1, comma 5, ovvero altro contratto di
lavoro, sono sottoposti a rilievi fotodattiloscopici
entro un anno dalla data di rilascio del permesso di soggiorno e, comunque, in sede di rinnovo dello stesso.
4.
Le disposizioni dei commi 1, 2 e 3, nonchè le modalità di presentazione della dichiarazione di
legalizzazione di cui all’articolo 1, comma 1, ultimo periodo, si osservano
anche per la presentazione delle dichiarazioni di emersione di lavoro
irregolare previste dall’articolo 33 della legge 30 luglio 2002, n. 189.
5.
Le disposizioni di cui ai commi 2-bis
e 4-bis dell’articolo 5 del testo
unico, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come
modificato dall’articolo 5, comma 1, lettere b) e g),
della legge 30 luglio 2002, n. 189, non si applicano allo straniero che
richiede il permesso di soggiorno di cui al comma 3, lettere a) ed e), del medesimo articolo, di durata non superiore a tre mesi,
ovvero per cure mediche, o che ne richiede il rinnovo.
6.
Per il trattamento dei rilievi fotodattiloscopici di
cui agli articoli 5, commi 2-bis e 4-bis, e 6, comma 4, del testo unico,
approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come modificati,
rispettivamente, dagli articoli 5 e 7 della legge 30 luglio 2002, n. 189, si
applica la disciplina in materia di tutela delle persone e di
altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali, prevista per
i dati di cui all’articolo 4, comma 1, lettera a), della legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive
modificazioni.
7.
All’atto della consegna della carta d’identità elettronica, di
cui all’articolo 36 del decreto del Presidente della Repubblica 28
dicembre 2000, n. 445, i cittadini italiani sono sottoposti a rilievi dattiloscopici, ai sensi dell’articolo 5, commi 2-bis e 4-bis, del testo unico, approvato con decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286, come modificato dall’articolo 5, comma 1, lettere b) e g),
della legge 30 luglio 2002, n. 189.
8.
Al comma 4, primo periodo, dell’articolo 1-sexies
del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni,
dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, introdotto dall’articolo 32 della legge 30
luglio 2002, n. 189, per soggetto destinatario dei servizi di
accoglienza di cui al comma 1 del medesimo articolo si intende lo
straniero con permesso umanitario di cui all’articolo 5, comma 6, del testo
unico, approvato con decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive
modificazioni.
9. I datori di lavoro che, in
esecuzione della garanzia prevista nel contratto di soggiorno per lavoro
subordinato di cui all’articolo 6 della legge 30 luglio 2002, n. 189, abbiano
sostenuto le spese per fornire un alloggio rispondente ai requisiti di legge,
possono, a titolo di rivalsa e per la durata della prestazione, trattenere
mensilmente dalla retribuzione del dipendente una somma massima pari ad un
terzo dell’importo complessivo mensile.
Articolo 3. (Copertura
finanziaria)
1.
All’onere derivante dall’attuazione dell’articolo 2, comma 3, valutato in euro
1.420.160 per l’anno 2002 ed in euro 5.955.640 per l’anno 2003, si provvede mediante
corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio
triennale 2002-2004, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione
del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2002, allo scopo
parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al
medesimo Ministero.
2.
All’onere derivante dall’attuazione dell’articolo 1,
commi 4 e 5, valutato in euro 1.267.443 per l’anno 2002 ed in euro 1.861.548
per l’anno 2003, si provvede mediante corrispondente riduzione dello
stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell’ambito
dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato
di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2002, allo
scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al
medesimo Ministero.
3.
Il Ministro dell’economia e delle finanze è
autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di
bilancio.
Articolo 4. (Entrata in vigore)
1.
Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in
legge.
Il
presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta
ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È
fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato
a Roma, addì 9 settembre 2002.