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Immigrati. Cantieri a rischio

Crescono le vittime tra i lavoratori stranieri

 

Articolo di Andrea Gagliardi su  ilPassaporto.it

 

Quest’anno sono già dieci i morti sul lavoro. A Milano il record nazionale nel 2004: sette vittime tra gli immigrati, su un totale di undici decessi. Di Girolamo (Fillea-Cgil): “nei cantieri i ritmi di lavoro sono troppo alti e la metà della manodopera è al nero”

 

 

ROMA - Nei cantieri d’Italia si muore. Più che in altri posti di lavoro. E le vittime sono spesso immigrati. Secondo i dati Inail (Istituto nazionale per le assicurazioni contro gli infortuni), nel 2004 sono cresciuti gli infortuni globali denunciati da extracomunitari, con oltre 115 mila casi registrati, di cui 164 mortali. E il record delle vittime (oltre 300 l'anno), spetta proprio al settore delle costruzioni. L’osservatorio della Fillea-Cgil (sindacato degli edili), rileva che gli immigrati morti nei cantieri italiani sono stati 38 nel 2004, concentrati in Piemonte e Lombardia. Metà delle vittime avevano tra i 26 e 35 anni e la maggior parte proveniva dai paesi dell'Est (soprattutto romeni e albanesi). Quest’anno le cose rischiano di peggiorare: ad aprile sono stati già dieci i decessi di lavoratori stranieri.

Il record di incidenti a Milano
“In provincia di Milano – racconta Marco Di Girolamo, segretario generale della Fillea di Milano – abbiamo il triste primato del record nazionale di incidenti mortali sul lavoro in termini assoluti. Nel 2004 sono stati 11 e, sul totale, più della metà hanno riguardato lavoratori immigrati. Quest’anno siamo già a sei morti, di cui quattro stranieri”. Su 120 mila operai edili che lavorano in provincia di Milano, circa la metà sono irregolari, mentre gli immigrati sono il 40 per cento. “Se il trend attuale si conferma – prosegue Di Girolamo - nel 2006 ci potrebbe essere il sorpasso degli operai stranieri sugli italiani in questo settore”. Agli immigrati toccano spesso i lavori più faticosi e pericolosi, con meno prevenzione, con orari di lavoro prolungati e turni senza riposo. Il peggioramento delle condizioni di lavoro riguarda l’edilizia nel suo complesso. “Negli ultimi anni – spiega Di Girolamo – i committenti, privati e pubblici, hanno ridotto i tempi di esecuzione delle opere e, in mancanza di evoluzione tecnologica nel settore, ad aumentare è stata l’intensità del lavoro, con conseguente aumento del rischio incidenti”.

Ritmi di lavoro insostenibili
Sono molti i fattori che portano a una maggiore esposizione degli immigrati agli infortuni. “I datori di lavoro – racconta Mulay Elakkioui, marocchino, segretario generale della Fillea di La Spezia – approfittano senza troppi scrupoli del bisogno di tanti immigrati di fare straordinari per raggranellare più soldi possibile da mandare a casa. E così, con ritmi di lavoro che arrivano a 12 ore di lavoro al giorno per sei giorni di fila, non stupisce certo il fatto che qui in Liguria ormai un terzo degli incidenti, mortali e non, riguardano lavoratori stranieri”. A ciò si aggiunge un problema di ordine culturale. “In Italia si dà spesso per scontato che la parola sicurezza abbia un significato universale. Ma non è così. Per molti immigrati questa è una parola sconosciuta. In Marocco, tanto per fare un esempio, le norme sulla sicurezza non esistono, e quando esistono sono regolarmente disapplicate”.

Formazione e corsi di italiano
Il sindacato si sta muovendo per ridurre il rischio infortunistico. “Abbiamo chiesto e ottenuto una giornata di formazione per tutti i nuovi assunti – racconta Domenico Pesenti, segretario generale della Filca-Cisl (Federazione italiana lavoratori costruzioni) - e abbiamo previsto che nelle nostre scuole edili si svolgano corsi di alfabetizzazione alla lingua italiana rivolti ai lavoratori stranieri”. A preoccupare è l’elevato numero di incidenti registrati dall’Inail nei cantieri nei primi giorno di lavoro dei neoassunti. “L’impreparazione – continua Pesenti – è una chiave di lettura semplicistica del fenomeno. In realtà questo fenomeno testimonia indirettamente la diffusione del lavoro nero perché molti lavoratori irregolari sono registrati solo dopo aver subito un incidente. Ecco perché abbiamo sollecitato al governo un provvedimento che ratifichi, nel settore edile, l’obbligo da parte degli imprenditori di denunciare la presenza del lavoratore almeno il giorno prima del suo ingresso in cantiere”.

Più ispezioni contro il lavoro nero
E, ancora, si chiede a gran voce l’introduzione di requisiti minimi, tuttora assenti, per l’apertura di un’azienda. “In Italia è più facile aprire un’impresa edile che un phone center – sostiene Di Girolamo (Fillea-Cgil) - mentre in tutti gli altri paesi Ue occorre fornire garanzie precise sullo stato patrimoniale e sull’esperienza nel settore da parte del responsabile legale dell’azienda”. A seguire, si punta il dito su una maggiore assunzione di responsabilità da parte dei committenti e sulla necessità di un potenziamento delle ispezioni. “A Milano – conclude Di Girolamo - esiste un accordo con la prefettura in base al quale il contratto di lavoro viene rescisso se l’azienda committente assume lavoratori in nero. Ed è stata potenziata la task force ispettiva per controllare le 9 mila aziende attive sul territorio. Ma il compito resta impari perché con gli organici attuali ci vorrebbero 7 anni per visitarne ognuna almeno una volta”.

 

2 maggio 2005

 

  

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