EDILI: CHE FARE?

 

Nuova edizione

Aggiornata al 1 febbraio 2004

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CAPITOLO 1

 

Per tentare di evitare il licenziamento                   pag.        2

 

CAPITOLO 2

 

Per rendere meno pesante il licenziamento           pag.      20

 

CAPITOLO 3

 

Nuove forme di ingresso nel lavoro                     pag.     30

 

APPENDICE                                                       pag      48

 

 

 

 

A cura di Franco Piersanti e Riccardo Varanini

 

 

 

 

 

CAPITOLO 1

 

Per tentare di evitare il licenziamento

 

SOMMARIO

 

§ 1. Casi di fine lavoro                                         pag.   3

 

§ 2. Tempo parziale                                             pag.   3

 

Nota tecnica                                                            pag.    6

 

§ 3. Contratti di solidarietà                                     pag.    7

 

§ 4. Programma di ristrutturazione,

       riorganizzazione, conversione aziendale          pag.   11     

 

§ 5. Crisi aziendale                                               pag.   14

 

§ 6. Procedure concorsuali                                   pag.   15

 

§ 7. Interruzione di grande opera pubblica             pag.   15

 

§ 8. Altri casi di sospensione del lavoro                pag.   18


 

CAPITOLO 1

 

Per tentare di evitare il licenziamento

 

Di fronte all’intenzione del datore di lavoro di effettuare licenziamenti, ci si può comportare nei modi seguenti:

 

§1. Casi di fine lavoro

 

È necessario precisare che quando ci si trova di fronte a licenziamenti intimati nei casi di ''fine lavoro e graduale esaurirsi di singole fasi di lavoro che comportano la utilizzazione successiva di lavoratori di differente qualifica'' [1], ed ovviamente quando i lavori non sono all’interno di una grande opera pubblica [2], a questi licenziamenti non si può opporre altro che un confronto sindacale e la attenta verifica della loro regolarità. E questo va fatto controllando che siano rispettati sia i principi dello Statuto dei diritti dei lavoratori (L.300/70), sia quelli dello stesso protocollo interconfederale, specialmente quando si tratta di ''graduale esaurirsi di fasi di lavoro''.

È necessario infatti controllare che per il proseguire del lavoro vengano effettivamente utilizzati ''lavoratori di differente qualifica''. In caso contrario si può opporre all’imprenditore la violazione del protocollo interconfederale, impugnando i licenziamenti, se necessario, di fronte al magistrato competente [3]. Se, invece, il confronto sindacale non dà esito positivo, ed i licenziamenti rispettano quanto scritto nel protocollo, si rientra nel caso del paragrafo 3 del capitolo successivo (disoccupazione speciale edili nei casi di fine lavoro).

 

§ 2. Lavoro a tempo parziale (part-time)

 

Il DLgs. 10 settembre 2003, n.276 corregge, abroga e sostituisce parti del DLgs. 25 febbraio 2000, n.61 così come modificato dal DLgs. 26 febbraio 2001, n.100.

Ciò implica che (con la nuova disciplina) il “tempo parziale” (part-time) è l’orario di lavoro (fissato per contratto “individuale”) comunque inferiore al “tempo pieno”[4]; anche le assunzioni a termine[5] possono essere effettuate con rapporto a tempo parziale.

Il rapporto di lavoro a tempo parziale può essere di tipo: orizzontale, verticale o misto;

 

> Il contratto di lavoro a tempo parziale deve (tassativamente) avere forma scritta (ha valore di prova)[6] e deve indicare in modo preciso la durata e la collocazione temporale dello stesso (giorno, settimana, mese e anno):

-         qualora la scrittura risulti mancante è ammessa la prova per testimoni nei limiti di cui all’art.2725 C.C.;

-         in difetto di prova (e su richiesta del lavoratore che, però, deve ricorre in giudizio) può essere dichiarata la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla data in cui sia stata accertata la mancanza della scrittura;

-         resta fermo il diritto alle retribuzioni dovute per le prestazioni effettivamente rese antecedentemente a tale data.

 

> Qualora nel contratto di lavoro a tempo parziale (ancorché stipulato in forma scritta) manchi o sia indeterminata:

-         la durata della prestazione lavorativa: il lavoratore può chiedere la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo pieno a partire dalla data del relativo accertamento giudiziale;

-         la collocazione temporale dell’orario: il giudice provvederà a determinare le modalità temporali di svolgimento della prestazione lavorativa part-time con riferimento ai contratti collettivi o, in mancanza, attraverso una “valutazione equitativa” tra le esigenze del lavoratore (responsabilità familiari, eventuale necessità di integrazione del proprio reddito attraverso lo svolgimento di altra attività lavorativa) e quelle del datore di lavoro;

-         in entrambi i casi: in aggiunta alla retribuzione dovuta, il lavoratore ha diritto alla corresponsione di un ulteriore emolumento (risarcimento del danno) da liquidarsi con valutazione equitativa;

 

> In alternativa al ricorso in giudizio, le controversie (derivanti da mancanza o indeterminatezza della durata della prestazione lavorativa o della collocazione temporale dell’orario) possono essere risolte mediante le procedure di conciliazione/arbitrato previste dai contratti collettivi;

 

> Le parti contraenti il contratto di lavoro a tempo parziale[7] possono (ma vanno concordate) inserire clausole flessibili relative alla collocazione temporale del lavoro stesso;

Mentre compete ai contratti collettivi stabilire:

-         condizioni e modalità in relazione alle quali il datore di lavoro può modificare la collocazione temporale della prestazione lavorativa;

-         il limite massimo, le condizioni e modalità con cui il datore di lavoro può aumentare la durata della prestazione lavorativa;

 

> È ammessa la trasformazione di un rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale se c’è accordo (scritto) tra le parti; tale accordo deve essere convalidato dalla direzione provinciale del lavoro competente per territorio.

Il rifiuto da parte del lavoratore di trasformare un rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale (o il contrario) non costituisce giustificato motivo di licenziamento.

 

> All’atto della definizione e sottoscrizione delle eventuali clausole “flessibili” o “elastiche” il lavoratore ha il diritto di chiedere l’assistenza della struttura sindacale di posto di lavoro o, in sua assenza, di quella territoriale.

 

> È abolito il diritto al ripensamento (comma 10 dell’art.3 del DLgs. 61/2000).

Viene meno la possibilità del lavoratore di “denunciare” il patto di flessibilità (commi 11, 12 e 13 dellart.3 del DLgs. 61/2000).

 

> In caso di assunzione di personale a tempo pieno in unità produttive site nello stesso ambito comunale e per mansioni identiche o equivalenti a quelle svolte dal lavoratore part-time, il contratto individuale può prevedere che quest’ultimo possa esercitare un diritto di prelazione all’assunzione stessa.

 

> In caso di assunzione di personale a tempo parziale:

 

-         il datore di lavoro è tenuto a darne tempestiva informazione (anche mediante avviso in bacheca) al personale dipendente con rapporto di lavoro a tempo pieno occupato in unità produttive site nello stesso ambito comunale;

-         il datore di lavoro è tenuto a prendere in considerazione le eventuali domande di trasformazione a tempo parziale del rapporto dei dipendenti a tempo pieno;

-         i contratti collettivi possono provvedere ad individuare i criteri applicativi relativi;

Il computo proporzionale delle ore effettivamente svolte dal lavoratore a tempo parziale ha valenza generale (quindi anche ai fini del conteggio delle ore di permessi sindacali); in tal caso l’arrotondamento opera per frazioni di orario eccedenti la somma degli orari individuati a tempo parziale corrispondente a unità intere di orario a tempo pieno[8].

Laddove intenda avvalersi del diritto di aumentare la durata della prestazione lavorativa o di modificare la collocazione temporale della stessa, il datore di lavoro (fatte salve diverse intese intercorse tra le parti) deve dare al lavoratore un preavviso di almeno due giorni;[9] in tal caso il lavoratore ha diritto alle “specifiche compensazioni”, la cui misura e forma è stabilita dai contratti collettivi.

I contratti collettivi nazionali possono altresì stabilire, per specifiche figure o livelli professionali, “modalità particolari” di attuazione delle “discipline rimesse alla contrattazione collettiva”.

Il datore di lavoro non ha più l’onere di comunicare l’assunzione a tempo parziale alla Direzione provinciale del lavoro.

Permane l’obbligo di informare (annualmente) le rappresentanze sindacali aziendali circa l’andamento delle assunzioni a tempo parziale, la loro tipologia e il ricorso al lavoro supplementare.

Gli incentivi economici all’utilizzo del lavoro a tempo parziale (anche a tempo determinato) saranno definiti nell’ambito della riforma del sistema degli incentivi all’occupazione.

I lavoratori affetti da patologie oncologiche (comprovate dalla ASL competente per territorio) hanno diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale orizzontale o verticale. Fermo restando che “in ogni caso” si applicano le disposizioni più favorevoli al lavoratore, su richiesta dello stesso il rapporto di lavoro a tempo parziale “deve” essere trasformato nuovamente in tempo pieno.

In particolare:

> il rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale è quello in cui è prevista una riduzione d’orario rispetto all’orario normale giornaliero di lavoro.

Nel rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo orizzontale:

 

 

-         il datore di lavoro ha facoltà di richiedere (non è più volontario) prestazioni di lavoro supplementare[10] nei modi e nei tempi indicati dai contratti collettivi;

-         laddove tale materia non sia contrattualmente regolamentata occorre il consenso del lavoratore;

-         il rifiuto da parte del lavoratore di aderire alle “clausole flessibili” non costituisce giustificato motivo di licenziamento né infrazione disciplinare;

-         è cancellato il diritto alla maggiorazione del 50% sostituito dalla facoltà (da esercitarsi in via contrattuale) di stabilire le “conseguenze del superamento delle ore di lavoro supplementare consentite dai contratti stessi” [11];

-         è abrogato il diritto per il lavoratore part-time di chiedere il consolidamento nel proprio orario di lavoro (in tutto o in parte) del lavoro supplementare “ non meramente occasionale” svolto.

-         è abrogata la norma[12] che consentiva la possibilità di retribuire con una maggiorazione forfetaria (ai fini dell’incidenza sugli istituti retributivi indiretti differiti) l’ora di lavoro differito;

-         non è ammesso il lavoro straordinario;

 

> il rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale è quello in cui è previsto che l’attività sia svolta a tempo pieno ma limitatamente a periodi (settimanalmente, mensilmente o annualmente) predeterminati.

 

> il rapporto di lavoro a tempo parziale di tipo misto è quello in cui il lavoro si svolge secondo una combinazione (da stabilirsi).

 

> Sia nel contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale che in quello di tipo misto:

-         possono essere introdotte “clausole elastiche” relative un aumento della durata della prestazione lavorativa;

-         è ammesso svolgimento di lavoro straordinario, applicando la disciplina legale e contrattuale vigente in materia di lavoro straordinario nei rapporti di lavoro a tempo pieno;

-         il rifiuto da parte del lavoratore di aderire alle “clausole elastiche” non può costituire “giustificato motivo di licenziamento”; viene però eliminato il divieto per il datore di lavoro di assumere un provvedimento disciplinare;

 

 

 

Nota tecnica

 

 Elementi comuni a tutti i casi di richiesta di cigo, cigs, ds, do :

-          in tutti i casi di attivazione della Cigs, per ogni unità produttiva non si possono avere più di 36 mesi di trattamento in un quinquennio fisso, indipendentemente dalle diverse causali di richiesta Fanno eccezione la cigs ex art.3 L. 223/91 e le proroghe per ristrutturazione.

-           Il requisito soggettivo per poter usufruire del trattamento è quello di aver lavorato almeno 90 giorni nell'azienda

-          Il Ministro del Lavoro può far avere ai lavoratori il pagamento diretto della cigs da parte dell'Inps, comprensivo degli assegni familiari, quando siano accertate da parte dell'ispettorato provinciale del lavoro, su richiesta dell'azienda, reali difficoltà finanziarie da parte dell'impresa.

-          Una nuova erogazione per la stessa causale non può essere richiesta prima che sia trascorso un periodo di 2/3 di quello già concesso.

-         Il quinquennio è rigido ed è ricominciato dall'11/8/00 (v. comma 35 art. 4 L. 608/96). Ai fini del quinquennio e dei 36 mesi, la CIGS ex L. 56/94 non conta. Il tetto può essere superato, nei casi di procedure concorsuali, se: l’attività produttiva è iniziata almeno 24 mesi prima degli interventi della cigs calcolabili ai fini del tetto stesso; l’attività deve essere proseguita fino ad almeno 12 mesi prima dell’ammissione alla proceduta concorsuale; la deroga deve essere esplicitamente richiesta dal curatore, liquidatore o commissario ( dmlav 20/8/02 in GU 19/11/02).

 

-    i lavoratori in cigs possono interrompere la prestazione se avvisano preventivamente l'Inps che sono stati assunti, a tempo determinato, per un altro lavoro. In caso di comando, sempre a tempo determinato, è l'azienda che deve preventivamente avvisare l'Inps. Alla fine del lavoro la prestazione cigs ricomincia a decorrere (v. L 160/88 art.8 cc 4e5).

-    La cigs concessa è sottoposta ad un  tetto che è indicizzato ogni anno all'80% dell'indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai ed impiegati. L'indennità di mobilità e la DS ex art.11L.223/91 hanno lo stesso tetto, ma dal tredicesimo mese non hanno più la ritenuta previdenziale del 5,54% (v. circ. Inps n.48 del 17/2/95). I valori per l'anno 2004 sono: 762,08 euro/netti/mese elevati a 915,94 per retribuzioni lorde mensili mediamente superiori a 1745,40 euro, comprensive dei ratei di mensilità aggiuntive.

-     Il tetto per la cigo è lo stesso che per la cigs. La cigo per maltempo ha un suo tetto, anch'esso indicizzato annualmente. Questi i valori per il 2004 : 914,51 euro/netti/mese elevati a 1099,13 per retribuzioni mensili lorde superiori a 1745,40 euro, comprensive anche della tredicesima mensilità.

-          La DS corrisposta ai sensi degli artt. 11 L.223/91 e 3 c.3 L. 451/94 ha lo stesso importo della cigs. La Ds corrisposta ai sensi della L.427/75 ( tre mesi per licenziamento per fine lavoro) ha, per l'anno 2004, il, valore di 547,39 euro/netti/mese.

-          Gli importi massimi mensili per l'anno 2004 della Disoccupazione ordinaria non agricola con requisiti normali ( art. 26 L. 41/86) sono  : 806,78 e 969,66 euro/mese.

-    L'assegno per i lavori socialmente utili è nel 2004 di 481,66 euro/mese. Quello per i lavori di pubblica utilità, eventualmente ancora in corso è di 413,16 euro/mese.

 

Il lavoratore decade dal trattamento di cigs:  se rifiuta di essere impiegato in opere o servizi di pubblica utilità; se rifiuta di essere avviato ad un corso di F/P o non lo frequenta regolarmente. Il lavoratore decaduto perde il diritto a qualsiasi erogazione a carattere retributivo o previdenziale da parte del datore di lavoro, salvo i diritti maturati.

Il lavoratore decade dal trattamento di disoccupazione ordinaria o speciale se rifiuta: di essere impiegato in opere o servizi di pubblica utilità; di essere avviato ad un progetto individuale di reinserimento nel mercato del lavoro; di essere avviato ad un corso di F/P autorizzato dalla regione o non lo frequenti regolarmente; l’offerta di un lavoro inquadrato in un livello retributivo non inferiore del 20% rispetto a quello delle mansioni di provenienza.

Le attività lavorative o di formazione si debbono svolgere in un luogo distante non più di 50 km dalla residenza del lavoratore o comunque raggiungibile in 80 minuti con mezzi pubblici(v. DL 328 del 24/11/03 in GU n. 274 del 25/11/03).

 

 

 

 

§ 3. Contratti di solidarietà [13]

 

Quando un’azienda, con più di 15 dipendenti [14], intende ridurre il proprio organico, il primo e miglior modo di opporsi ai licenziamenti è quello di proporre un contratto collettivo di solidarietà.

Con l’assenso di ciascun lavoratore interessato, si può proporre all’azienda un accordo che prevede una riduzione dell’orario di lavoro con uguale riduzione del salario, al fine di evitare, in tutto o in parte, i licenziamenti.

La riduzione di orario comporta un conseguente riproporzionamento di tutti gli istituti contrattuali e di tutte le voci retributive, comprese APE e APES.

Per il TFR e la pensione la copertura è del 100%, se interviene la CIGS e quindi l'INPS.

Sono escluse le aziende in CIGS con procedure concorsuali. È anche esclusa l’applicazione del contratto di solidarietà a dirigenti, apprendisti, lavoratori a domicilio, lavoratori assunti con contratto di formazione lavoro.

Il contratto di solidarietà non si può applicare ai lavoratori edili in esubero per fine lavoro e fine fase lavorativa (v. circolare Ministero del Lavoro n. 33 del 14/3/94).

Nella richiesta di cigs in seguito a contratto di solidarietà è necessario specificare l’andamento produttivo negativo dell’attività aziendale nel biennio precedente la richiesta. Non sarà accolta la domanda di CS in cui il numero degli esuberi coincide con quello dei lavoratori per cui si chiede la solidarietà. Non sarà accolta la domanda in cui la riduzione di orario sia superiore al 50% dell’orario complessivo e sia ripartita su più della metà dei dipendenti (v. Dmlav ottobre 2003). La riduzione di orario complessiva, calcolata sulla base dell’orario settimanale, può essere inferiore o superiore del 30% alla riduzione “congrua”, ovvero tale che il numero delle ore non lavorate da tutti sia pari al numero delle ore che sarebbero state lavorate dagli eccedenti. In corso di contratto si può derogare solo spiegando le motivazioni e, in caso di aumento della riduzione è necessario stipulare un nuovo contratto. In via generale è proibito il lavoro straordinario per i lavoratori in CS. Può essere superato il tetto di cigs di 3 anni nel quinquennio mobile solo se sarà mantenuto in azienda almeno il 50% degli esuberi dichiarati.

 

a) Contenuti dell’accordo e procedure

 

La riduzione di orario può essere giornaliera, settimanale, mensile. Il progetto deve spiegare l’esatta riduzione d’orario, eventualmente articolata per gruppi diversi di lavoratori e per diversi periodi temporali.

Non è prevedibile l'aggiunta del part-time ad un contratto di solidarietà. Si può chiedere un C.S. per un part-time già esistente, solo se il part-time è strutturale.

Può essere richiesto l’intervento della Cassa Integrazione guadagni straordinaria, che non è sottoposta al ''tetto'', per i lavoratori interessati alla riduzione di orario. In questo caso l’azienda deve presentare il progetto e la richiesta di CIGS alla Divisione XI della Direzione Generale Previdenza ed Assistenza del Ministero del lavoro, che ha 30 giorni per definire la pratica.

La domanda deve essere fatta usando i moduli predisposti dal Ministero del Lavoro. Bisogna allegare l’elenco nominativo, con qualifica e data di assunzione, dei lavoratori sottoposti a solidarietà, sottoscritto dall’azienda e dal sindacato.

Nel progetto deve essere anche previsto esplicitamente il caso in cui si possa aumentare l’orario di lavoro (ed il salario) per soddisfare esigenze temporanee e limitate nel tempo di maggior lavoro, con la conseguente pari riduzione della CIGS richiesta.

In caso di richiesta di ulteriore diminuzione dell’orario di lavoro, bisogna presentare una nuova domanda.

Di norma è meglio formulare un contratto di solidarietà per almeno 12 mesi, dato che quelli di durata inferiore rischiano di essere respinti in quanto ritenuti congiunturali. Sono considerate con diffidenza: richieste di riduzione di orario superiore al 50%; riduzioni di orario di tutto l’organico aziendale; sospensioni a zero ore plurimensili nell’ambito di una riduzione annua.

Ai lavoratori sottoposti a contratto di solidarietà è concesso fare lavoro straordinario solo individualmente ed in casi eccezionali.

Non è concesso il pagamento diretto della CIGS da parte dell’INPS. Vedi circ. Ministero del Lavoro n. 8/96 (2/2/96), salvo che sia intervenuta una procedura concorsuale o una cessazione di attività, imprevedibile, testimoniata da relazione dell'ispettorato del lavoro.

Il Ministero del Lavoro decide con proprio decreto di durata annuale. Nel caso di richiesta di 24 mesi, l’azienda deve rifare la domanda dopo i primi 12 mesi di concessione della CIGS. I periodi concessi ed a cavallo tra un anno e l’altro sono prorogati automaticamente dal Ministero del Lavoro.

 

b) Integrazione salariale per i lavoratori

 

La richiesta di CIGS, da parte dell’azienda, per i lavoratori interessati alla riduzione di orario, non può essere fatta per un periodo superiore a 24 mesi e viene concessa nella misura del 60%

del salario ridotto.  Durante un contratto di solidarietà può essere richiesta la CIG ordinaria edile per i motivi dell’art.1 L. 427/75. Possono essere richieste proroghe fino ad altri 24 mesi nel centro-nord e 36 nel mezzogiorno (v. art.7 L.48/88).

Con decreto ministeriale del 23/12/94, registrato dalla Corte dei Conti il 9/2/95 e pubblicato in G.U. n. 42 del 20/2/95 a pag. 12, il Ministero del Lavoro ha chiarito le condizioni in base alle quali si possa avere in una stessa azienda la presenza di CIGS e di un contratto di solidarietà:

1. il programma di CIGS approvato deve essere relativo a crisi, ristrutturazione, riorganizzazione, conversione aziendale. Sono quindi escluse le procedure concorsuali. Dubbio rimane il caso dell'amministrazione controllata. Nel caso di CIGS concessa per crisi, deve essere operante un piano di risanamento e di recupero occupazionale, con esclusione assoluta dei casi di cessazione di attività produttiva.

2. Nella stessa azienda, i lavoratori interessati alla CIGS, ed al contratto di solidarietà devono essere diversi e precisamente individuati con appositi elenchi nominativi. Questa diversità deve esistere dell'inizio e per l'intero periodo in cui coesistano CIGS e contratto di solidarietà.

3. Non possono coesistere CIGS e contratto di solidarietà durante una proroga concessa ai sensi della L. 56/94.''

È bene ricordare sin da ora che la L. 160/88, al comma 3 dell’art. 8, richiede il requisito soggettivo di 90 giorni di anzianità lavorativa per poter ammettere il lavoratore alla concessione della CIGS, per qualunque motivazione questa venga richiesta.

Ricordiamo inoltre che il comma 2 bis dell’art. 2 della Legge n. 56 del 26 gennaio 1994 costituisce, presso le sedi centrali e periferiche dell’INPS e presso gli uffici regionali del lavoro, uffici informativi sullo stato di avanzamento delle domande di concessione di tutti i trattamenti di cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, ivi comprese quelle per i contratti di solidarietà.

 

 

 

c) Incentivi per l’azienda

 

All’azienda è concessa la riduzione della contribuzione previdenziale ed assistenziale dovuta per i lavoratori interessati alla riduzione di orario, nelle misure di: 25% se la riduzione d’orario è globalmente e mediamente superiore al 20%; 35% se la riduzione è globalmente e mediamente superiore al 30%. Questo sgravio sale rispettivamente al 30 e 40% se l’impresa opera nel mezzogiorno o nelle aree di declino industriale, individuate dall’obbiettivo 2 del regolamento CEE 2081/93 .

 

 

d) Imprese artigiane anche con meno di 16 dipendenti

 

Queste imprese (a cui non spetta la CIGS), se stipulano un contratto di solidarietà, possono richiedere al Ministero del lavoro, tramite l’Ufficio regionale del lavoro, per massimo 2 anni, soltanto un contributo pari alla metà del monte retributivo non dovuto in seguito a riduzione d’orario. Questo contributo, erogato in rate trimestrali, deve essere diviso in parti uguali tra

impresa e lavoratori interessati. Questo contributo, che non ha natura di retribuzione, sarà concesso solo a condizione che a questi lavoratori venga data, da fondi bilaterali istituiti dalle parti sociali, una prestazione uguale alla metà del contributo pubblico destinato ai lavoratori (ovvero equivalente al 12,5% del salario non percepito in seguito a riduzione d’orario). Il Ministero del lavoro deciderà entro 45 giorni dalla richiesta pervenutagli. Questa norma vale fino al 31/12/01 (art.81 c.4 L.448/98).

 

e) contratti di solidarietà con incremento occupazionale

 

Se in un’azienda viene concordato un contratto collettivo di solidarietà con la contestuale assunzione a tempo indeterminato di nuovi lavoratori, per ognuno di questi lavoratori assunti in aumento dell’organico è concesso al datore di lavoro un contributo, a carico della gestione dell’assicurazione per la disoccupazione involontaria, del 15% per 12 mesi, del 10% per il secondo anno, del 5% per il terzo anno. Per nuovi assunti che hanno un’età compresa tra i 15 e 29 anni, al datore di lavoro è concesso, in sostituzione del predetto contributo, di pagare per tre anni la contribuzione in misura uguale a quella degli apprendisti. Questi lavoratori sono esclusi dall’organico ai fini del calcolo numerico di questo, quando richiesto dalla legge.

 

Sono escluse le aziende che nei dodici mesi precedenti le assunzioni hanno ridotto l’organico o sospeso lavoratori.

 

Il contratto collettivo aziendale deve essere depositato presso l’Ispettorato provinciale del lavoro, che deve vigilare sulla sua corretta esecuzione e sulle assunzioni.

 

Anticipazione della pensione di vecchiaia.

Ai lavoratori che hanno concordato un contratto di solidarietà con incrementi occupazionali e che hanno un’età inferiore di non più di 2 anni a quella utile per la pensione di vecchiaia ed hanno maturato i requisiti minimi di contribuzione per la pensione di vecchiaia, viene concessa, su domanda e dal mese successivo a quello della domanda, la pensione di vecchiaia, se la riduzione d’orario non è superiore alla metà dell’orario prima praticato. Questa pensione è cumulata con il salario ridotto, fino al limite del salario perso per riduzione d’orario.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

§4.Programma di ristrutturazione, riorganizzazione, conversione aziendale. [15]

 

Un altro tentativo che si può fare per evitare, limitare o comunque ritardare i licenziamenti è quello di verificare se l’azienda ha la possibilità e la volontà di impegnarsi in un programma di ristrutturazione o riorganizzazione o si trova in una situazione di possibile conversione tecnico-produttiva.

Condizione preliminare perché questi programmi e la collegata richiesta di CIGS vengano accolte è che l’azienda abbia più di 15 dipendenti, ma, nei fatti, l’esperienza ci insegna che in maniera particolare nel caso di aziende edili, sono necessarie sia una certa rilevanza di organico occupazionale aziendale, difficilmente quantificabile, sia il fatto che siano dimostrabili grandi effetti negativi sul territorio, in conseguenza degli eventuali licenziamenti.

 

E' necessario attuare un esame congiunto, tra le parti sociali, della situazione aziendale, in sede regionale se le unità produttive si trovano in una sola regione, oppure al Minlav, ma è sempre obbligatorio il parere della Regione/i.

 

Se c’è accordo, l’azienda deve elaborare il suo programma (ristrutturazione o riorganizzazione o conversione) usando la modulistica prevista dalla legge e richiedere al Ministero del lavoro, Divisione XI della Direzione generale Previdenza,  la concessione di Cassa Integrazione guadagni straordinaria per un determinato numero di lavoratori, che può essere variato in aumento per non più del 10% (v. lettera Ministero del lavoro ad INPS del 16/5/95 protocollo 105428). La domanda deve essere presentata anche all'ispettorato provinciale del lavoro competente, per rendere possibili le necessarie visite ispettive (non prima di tre mesi dall'inizio dell'intervento cigs).

La domanda deve essere presentata entro 25 giorni dal termine del periodo di paga nel corso del quale ha avuto inizio la sospensione. In caso di non rispetto dei termini, la CIGS non sarà concessa per periodi anteriori ad una settimana rispetto alla data di presentazione ed il datore di lavoro dovrà pagare i periodi scoperti, in caso di omessa o tardiva presentazione (v. art. 7 L. 164/75). Tutto questo vale anche per la richiesta di CIGS per crisi aziendale.

 

Recenti decreti 20 agosto 2002, pubblicati in GU del 18 novembre 2002 hanno aggiunto condizioni per la richiesta e le proroghe di cigs nel casi di riorganizzazione e ristrutturazione :

 

Riorganizzazione

Deve essere presentato un programma per fronteggiare squilibri dell’organizzazione aziendale, indicando gli investimenti previsti e le attività di formazione e riqualificazione del personale. Il valore degli investimenti complessivi deve essere superiore alla media annua di quelli effettuati nel biennio precedente la richiesta. Le sospensioni devono essere correlate al programma. I lavoratori che usufruiranno di f/p non devono essere inferiori del 30% di quelli sospesi. In caso di programma superiore a12 mesi va esplicitato il piano di gestione degli esuberi. Deve essere chiara la copertura finanziaria degli investimenti. Valore e copertura degli investimenti sono condizioni obbligatorie per l’accoglimento della domanda.

 

 

Proroghe

L’ammissibilità della richiesta di proroga, in relazione alla complessità produttiva del programma, è data da: realizzazione di almeno l’85% degli interventi previsti nel biennio ottenuto (condizione obbligatoria); specificazione di quant’altro resta da fare; sospensioni correlate al programma; f/p non inferiore al 30% dei sospesi (condizione obbligatoria).

L’ammissibilità della richiesta di proroga, in relazione alle ricadute occupazionali, è data da: realizzazione di almeno l’85% degli interventi previsti nel biennio ottenuto (condizione obbligatoria); esuberi non inferiori al 25% dell’organico; ricorso alla cigs per almeno il 50% degli esuberi alla fine del biennio del programma; esplicitazione delle azioni di f/p svolte e delle sospensioni; sospensioni collegate al programma e azioni di f/p svolte per non meno del 30% delle sospensioni nel biennio (condizione obbligatoria).

 

Ristrutturazione

Nel programma deve essere esplicitata la prevalenza degli investimenti per impianti fissi ed attrezzature rispetto al complesso degli investimenti previsti. Devono essere esplicitate le azioni di f/p per riqualificazione del personale (condizione obbligatoria); il valore complessivo degli investimenti deve essere superiore alla media annua degli investimenti del biennio precedente la richiesta; le sospensioni devono essere ricollegabili al programma e la f/p non deve essere inferiore al 30% dei sospesi, in caso di programma superiore a 12 mesi deve essere esplicitato il piano di gestione degli esuberi; deve essere chiara la copertura finanziaria degli investimenti (condizione obbligatoria).

Proroghe

L’ammissibilità della richiesta di proroga, in relazione alla complessità produttiva del programma, è data da: realizzazione di almeno l’85% degli interventi previsti nel biennio ottenuto (condizione obbligatoria); modificazioni tecniche necessarie emerse alla fine del programma con investimenti di almeno il 20% di quelli previsti ed esplicitazione delle azioni necessarie; le unità aziendali interessate devono avere almeno 50 addetti, 100 nel caso di una sola unità; sospensioni collegate al programma e f/p non inferiore al 30% dei sospesi (condizione obbligatoria).

L’ammissibilità della richiesta di proroga, in relazione alle ricadute occupazionali, è data da: realizzazione di almeno l’85% degli interventi previsti nel biennio ottenuto (condizione obbligatoria); l’impresa deve avere almeno 200 addetti con unità aziendali nel territorio nazionale; gli esuberi devono essere non inferiori al 25% dell’organico delle unità aziendali interessate dal programma; il ricorso alla cigs non deve essere inferiore almeno al 50% degli esuberi previsti; devono essere esplicitate le azioni di f/p; le sospensioni devono collegate al programma e la f/p non deve essere inferiore al 30% dei sospesi (condizione obbligatoria).

 

a) integrazione salariale per i lavoratori

 

L’azienda può chiedere CIGS fino a 24 mesi. Potranno anche essere richieste due successive proroghe, di 12 mesi ciascuna, ma solo per programmi che presentino particolari complessità dei processi produttivi dell’impresa e/o in caso di rilevanti conseguenze occupazionali relative alla dimensione dell’impresa e/o al territorio dove sono localizzate le sue unità produttive. [16]

La CIGS non può essere richiesta per unità produttive in cui sia stato chiesto, per gli stessi periodi, l’intervento della cassa integrazione ordinaria. Durante la CIGS non matura il diritto

alle ferie. Il TFR è pagato dall'azienda se il lavoratore è reintegrato, altrimenti è pagato dall'INPS su conteggi fatti dall'azienda. Nei casi di CIGS, per il lavoratore continua a valere una contribuzione per  pensione di vecchiaia, di anzianità e di reversibilità riferita allo stipendio che avrebbe se continuasse a lavorare (comprensivo quindi anche degli scatti contrattuale e delle indennità territoriali). A questo stesso salario pieno ci si riferisce per il calcolo del TFR.

 

b) procedure di richiesta

 

È obbligatorio [17] un esame congiunto tra azienda e sindacato per definire il programma, la quantità di CIGS ed il numero dei lavoratori interessati, la eventuale rotazione della stessa CIGS. Questo confronto deve avvenire presso l’Ufficio provinciale del lavoro, presso quello regionale o presso la Direzione generale dei rapporti di lavoro del Ministero del lavoro se, rispettivamente, l’azienda ha unità produttive nella provincia, oppure in diverse province della stessa regione, oppure in diverse regioni.

Raggiunto l’accordo ed acquisito il parere obbligatorio della Regione, l’azienda presenta al Ministero il programma di ristrutturazione o di riorganizzazione o di conversione, formulato sui moduli appositamente predisposti in cui, tra l’altro, devono chiaramente emergere gli obiettivi del programma aziendale e le motivazioni di richiesta della CIGS (difesa dell’occupazione), nonché i bilanci e gli organici degli ultimi 3 anni. Se vi è richiesta sindacale di rotazione della CIGS a zero ore ed il rifiuto dell’azienda non sia ritenuto motivato dal Ministero del lavoro, l’azienda dovrà pagare per ogni lavoratore posto in cassa integrazione il doppio del contributo addizionale per la CIGS, previsto dall’art. 8 c. 1 L. 160/88. Tale contributo aumenterà ancora del 150% dopo 25 giorni di concessione della CIGS. [18]

 

Il Ministero del lavoro, sentito l'apposito Comitato tecnico interministeriale nei soli casi di proroghe interessanti aziende o gruppi di particolare interesse nazionale, nei limiti quantitativi delle risorse disponibili e secondo i criteri generali di gestione della CIGS indicati dal Comitato interministeriale per la programmazione economica, può concedere la CIGS al programma presentato dall’azienda, con proprio decreto, entro 30 giorni dal ricevimento della domanda perfettamente istruita, 60 se è necessario il parere del Comitato, 90 nei casi di proroghe particolarmente complesse.. I decreti di concessione hanno validità semestrale per i primi due semestri, annuale in seguito. Alla scadenza l'azienda deve inoltrare  una richiesta di un nuovo decreto per altri 6 mesi, e così via fino al raggiungimento dell'intero periodo richiesto. Durante il programma di CIGS concessa, l’azienda può anche chiederne una modifica, con l’accordo delle organizzazioni sindacali aziendali.

 

c) Aziende Artigiane

 

Nei casi di concessione di CIGS per ristrutturazione/riorganizzazione/ conversione ed anche per crisi aziendale (v. § seguente), tale CIGS può essere richiesta e concessa anche ad

un’azienda artigiana con più di 15 dipendenti, che sospende lavoratori a causa di sospensioni o contrazioni dell’attività dell’azienda non artigiana a cui è stata concessa la CIGS e che ha influsso gestionale prevalente nei confronti della sunnominata azienda artigiana. L’influsso gestionale prevalente si ha quando l’azienda artigiana ha avuto nel biennio precedente più del 50% del proprio fatturato collegato con l’azienda non artigiana.

 

§ 5. Crisi aziendale [19]

 

Altro modo per tentare di evitare o limitare o rinviare il licenziamento è quello di concordare con l’azienda, che comunque abbia più di 15 dipendenti (v.nota 5) e intenda licenziare per esuberi strutturali, che questa richieda al Ministero del lavoro la cassa integrazione straordinaria per ''crisi aziendale'', presentando un programma idoneo a gestire la crisi.

Sono necessarie le seguenti condizioni: relazione tecnica che descriva un andamento economico/finanziario negativo nel biennio precedente la richiesta; ridimensionamento dell’organico o sua stabilità e nessuna nuova assunzione, in particolare agevolata, nel biennio precedente salvo dimostrazione della necessità di assunzioni compatibili con la cigs; piano di risanamento; piano di gestione degli eventuali esuberi in corso o al termine della cigs. Solo in caso di improvviso ed imprevedibile evento esterno, da dimostrare, saranno necessarie solo le ultime due condizioni.

Non è possibile richiedere la cigs se : l’attività produttiva è stata iniziata nel biennio precedente; non è stata iniziata l’attività; si siano avute significative trasformazioni societarie nel biennio precedente, salvo che siano avvenute tra imprese che presentano assetti societari sostanzialmente coincidenti con la finalità del contenimento dei costi di gestione; l’attività produttiva, anche di un solo settore di attività dell’impresa,  sia cessata, salvo che l’impresa presenti piani di gestione degli esuberi che riducano in tutto o in parte il ricorso alla mobilità, a meno che tale ricorso porti con certezza a ricollocare i lavoratori in esubero anche parzialmente, alla fine della cigs o nei 12 mesi successivi.

 

a) Integrazione salariale per i lavoratori

L’azienda può chiedere CIGS fino a 12 mesi. Un’altra richiesta per gli stessi motivi non può essere fatta prima che siano trascorsi due terzi del periodo concesso.

La CIGS non può essere richiesta per unità produttive in cui sia stato chiesto, per gli stessi periodi, l’intervento della cassa integrazione ordinaria.

Per le piccole e medie aziende che lavorano nel settore della subfornitura la perdita di una commessa che rappresenta l'unica opportunità di lavoro è condizione sufficiente per richiedere la cigs per crisi, anche accompagnando la richiesta con la sola predisposizione del piano di risanamento e di gestione degli esuberi.

E' abolita la norma che prevedeva l'esistenza di non meno di 100 dipendenti in organico per la concessione della cigs per crisi alle aziende che cessano l'attività. Non è più causa di esclusione dalla richiesta la modificazione dell'assetto societario in caso di proprietà coincidente. Non è più obbligatoria la visita ispettiva.

 

b) Procedure di richiesta

 

È obbligatorio [20] un esame congiunto tra azienda e sindacato per definire il programma, la quantità di CIGS ed il numero dei lavoratori interessati, la eventuale rotazione della stessa CIGS. Questo confronto deve avvenire presso l’Ufficio provinciale del lavoro, presso quello regionale o presso la Direzione generale dei rapporti di lavoro del Ministero del lavoro se, rispettivamente, l’azienda ha unità produttive nella provincia, oppure in diverse province della stessa regione, oppure in diverse regioni.

 

Raggiunto l’accordo ed acquisito obbligatoriamente il parere della regione, l’azienda richiede al Ministero del lavoro, Divisione XI della Direzione generale previdenza  la CIGS, presentando un programma formulato sui moduli appositamente predisposti in cui, tra l’altro, devono chiaramente emergere gli obiettivi del programma aziendale e le motivazioni di richiesta della CIGS (difesa dell’occupazione), nonché l'evidenziazione dell'andamento negativo dell'azienda. Se vi è richiesta sindacale di rotazione della CIGS a zero ore ed il rifiuto dell’azienda non sia ritenuto motivato dal Ministero del lavoro, l’azienda dovrà pagare per ogni lavoratore posto in cassa integrazione il doppio del contributo addizionale per la CIGS, previsto dall’art. 8 c. 1 L. 160/88. Tale contributo aumenterà ancora del 150% dopo 25 giorni di concessione della CIGS. [21]

Il Ministero del lavoro, con proprio decreto, entro 30 giorni dalla presentazione della richiesta, decide se concedere la CIGS al programma presentato dall’azienda. I decreti di concessione hanno durata annuale.

 

§ 6. Procedure concorsuali. [22]

 

Un’ azienda con più di 15 dipendenti (v.nota 5), può evitare, limitare o ritardare i licenziamenti, richiedendo fino a 12 mesi di cassa integrazione guadagni straordinaria, anche nei casi di: dichiarazione di fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria, ammissione al concordato preventivo consistente nella cessione dei beni. In quest’ultimo caso la mancata omologazione del concordato fa sì che la CIGS eventualmente concessa venga detratta da quella prevista per il fallimento.

Il curatore, liquidatore o commissario deve fare la domanda al Ministero del lavoro, Divisione XI della Direzione generale previdenza, senza aver licenziato (o avendo revocato gli eventuali licenziamenti) i lavoratori interessati.

 

Può essere anche richiesta, secondo la stessa procedura, una proroga di 6 mesi di CIGS, durante il periodo di godimento del trattamento già concesso, a condizione che siano documentate reali prospettive di continuazione o ripresa dell’attività e di salvaguardia, anche parziale, dell’occupazione.

Per le aziende in amministrazione controllata, la durata del trattamento di CIGS è equiparata al termine previsto per l’attività del commissario.

Su queste domande di CIGS (e sulle eventuali proroghe) il Ministro del lavoro decide con proprio decreto entro 30 giorni dal ricevimento della domanda perfettamente istruita..

 

 

§ 7. Interruzione di grande opera pubblica. [23]

 

Un altro modo di contrastare il licenziamento, può essere quello di concordare con l’azienda una particolare richiesta di cassa integrazione guadagni ordinaria [24], in situazioni di interruzione di una grande opera pubblica.

 

a) Condizioni per la richiesta

 

È necessario che si verifichi un’interruzione dei lavori di una opera pubblica, ovvero un’opera finanziata in tutto o in parte con fondi pubblici; che quest’opera pubblica abbia un progetto generale approvato di durata non inferiore a 30 mesi, al cui interno ci sia una durata di esecuzione dei lavori edili non inferiore a 18 mesi. [25]

Cause dell’interruzione: variante di carattere necessario; eventi non imputabili all’azienda o ai lavoratori e derivati da comportamenti delle pubbliche autorità che abbiano determinato il mancato rispetto dei termini previsti per l’esecuzione delle opere (ad esempio, ritardi nei pagamenti e nelle procedure amministrative, interruzione dei finanziamenti, mancati o ritardati espletamenti di procedure tecniche etc.); provvedimenti dell’autorità giudiziaria emessi ai sensi della normativa antimafia (L. 575/65 e successive modificazioni). Questo solo caso si applica a tutte le opere pubbliche, indipendentemente dalla loro durata.

Ai lavoratori, per usufruire della CIGO, debbono essere stati versati o debbono essere dovuti almeno 6 contributi mensili o 26 settimanali per il lavoro edile, nel biennio precedente la decorrenza del trattamento di CIGO che si intende richiedere.

 

b) Procedure di richiesta

 

Una volta accertato che ricorrono le condizioni ora esposte, l’azienda deve chiedere alla sede locale dell’INPS i primi 3 mesi di CIGO, che non saranno computati nel limite massimo di 3 mesi a zero ore o 52 settimane ad orario ridotto che gli edili possono normalmente avere per intemperie o altre cause, come previsto dall'art. 1 L. 427/75 (v. § 8 di questo capitolo).

L’azienda deve riempire un modulo informativo con cui vengono confermate le caratteristiche di grande opera pubblica, le cause dell’interruzione, la prevedibile durata dell’interruzione, le prospettive di ripresa dei lavori. La sede locale dell’INPS decide la concessione di questi primi tre mesi di CIGO.

 

c) Proroghe ed anticipazione

 

L’azienda può chiedere anche una proroga della CIGO, lunga al massimo fino ad un quarto del periodo residuo necessario ad ultimare i lavori, previsto dal progetto dell’opera o del lotto funzionale appaltato, esclusi quindi i primi tre mesi concessi dall'INPS provinciale.

 

Questa proroga deve essere presentata, unitamente al modulo di cui sopra, al Provveditorato regionale delle opere pubbliche competente per territorio.

 

Il Provveditorato, entro 45 giorni, deve trasmettere la richiesta di proroga al Ministero dei Lavori Pubblici, insieme ad una relazione sui motivi che continuano ad impedire la ripresa dei lavori. Il Ministero dei Lavori Pubblici trasmette a sua volta la richiesta al Ministero del lavoro che decide la concessione della proroga con decreti trimestrali. [26]

 

L’azienda, nella richiesta di proroga, può chiedere anche il pagamento diretto della CIGO, compresi gli eventuali assegni familiari, da parte dell’INPS. Anche su questa richiesta decide il Ministro del lavoro nell’emettere il decreto di proroga.

 

d) Responsabilità

All’Ente appaltante e/o all’azienda sarà chiesto dall’INPS il rimborso della CIGO concessa ai lavoratori, nel caso avessero potuto prevedere l’evento che ha causato l’interruzione, con la diligenza prevista dall’art. 1176 c.1 del codice civile.

 

e) Situazioni problematiche particolari

 

Alcune ipotesi di situazioni particolari di incerta o complicata soluzione, relative all’interruzione di grande opera pubblica:

 

Una grande opera pubblica interrotta non viene più portata avanti

Se il committente di una grande opera pubblica interrotta decide di non portarla più avanti, cosa accade ai lavoratori impegnati in essa? Si può ipotizzare che tale decisione determini il licenziamento dei lavoratori, con la conseguente possibilità di ricorso alla disoccupazione speciale prolungata prevista dall’art. 11 L. 223/91, se ne esistono le condizioni oggettive e soggettive (v. § 2 cap. 2), oppure il semplice ricorso alla disoccupazione speciale (v. § 3 cap. 2).

Nel caso in cui la decisione di non far proseguire l’opera interviene durante o alla fine di un periodo di CIGO richiesta ai sensi dell’art. 10 L. 223/91, ed i lavoratori vengono licenziati senza neanche la ripresa necessaria a convalidare il periodo di CIGO concessa ( ad esempio, il lavoro di chiusura del cantiere), si può ipotizzare che l’INPS chieda di trasformare tale periodo di CIGO in disoccupazione speciale o che annulli la concessione della CIGO.

 

L’interruzione della grande opera pubblica è più lunga del periodo di CIGO concedibile e concesso

In questo caso è prevedibile che i lavoratori, ultimato il periodo di CIGO concedibile e concesso (un quarto del tempo residuo previsto per la fine dei lavori, a partire dalla data dell’interruzione), per non essere licenziati, fruiscano di tutti gli istituti contrattuali utilizzabili (ferie etc.) ed infine vengano sospesi a zero ore senza retribuzione, in attesa della ripresa dei lavori.

 

Sarà necessario, in questa situazione, il massimo impegno affinché le cause dell’interruzione vengano rimosse e/o si accertino e si denuncino eventuali responsabilità.

 

Interruzione della grande opera pubblica causata da intervento della magistratura per motivi diversi dall’applicazione della normativa antimafia

 

In questi casi non previsti dall’art. 10 L. 223/91 e che possono verificarsi, ad esempio, per difesa dell’ambiente o per corruzione o truffa od altro, è necessario tentare di verificare se questo intervento ha avuto come effetto, diretto o indiretto, anche l’attivazione di una delle cause di interruzione previste dall’art. 10 L. 223/91, così da potersi riferire a queste per far chiedere la CIGO per i lavoratori. In caso contrario non restano che gli strumenti ordinari di sostegno al reddito.

 

 

 

 

§ 8. Altri casi di sospensione del lavoro. [27]

 

Nel caso di normale lavoro edile, quando si verifica una sospensione del lavoro per effetto delle intemperie stagionali o per altre cause non imputabili al datore di lavoro o ai lavoratori, I’azienda (anche artigiana) può chiedere alla sede provinciale dell’INPS, la concessione di cassa integrazione guadagni ordinaria per l'unità produttiva interessata, ovvero "il complesso organizzato di personale e di mezzi atto a conseguire un risultato produttivo" [28], fino a tre mesi continuativi in caso di sospensione a zero ore, prorogabili fino a 12 mesi solo in caso di riduzione dell’orario di lavoro. La CIGO non è richiedibile quando la sospensione è dovuta ad inosservanza di obblighi contrattuali o disposizioni di legge da parte del committente (causali per cui si rientra nei casi dell'art. 10 L. 223/91).

 

Requisito soggettivo affinchè il lavoratore possa usufruire della cigo è l'avvenuto o dovuto pagamento di almeno 6 contributi mensili o 26 settimanali per lavoro edile, nel biennio mobile precedente.

 

L'azienda può chiedere anche il pagamento diretto della CIGO da parte dell'INPS.

 

In ogni caso non si possono avere più di 12 mesi in un biennio mobile, quindi anche più periodi di 13 settimane fino a 12 mesi nel biennio, per motivazioni diverse.

 

Le soste di breve durata per forza maggiore che non superino nel complesso i 30 minuti non sospendono il salario e non sono integrabili.

 

Nella richiesta devono essere indicati chiaramente le cause e l’entità della sospensione, il numero dei lavoratori interessati, la presumibile durata della sospensione. Se ne deduce che l’INPS non concederà la CIGO se non ci sarà una ripresa del lavoro [29]. Questa richiesta deve essere presentata entro 25 giorni dalla fine del periodo di paga in corso. L’azienda deve pagare ai lavoratori l’equivalente della CIGO non ottenuta, se è responsabile della omessa o tardiva presentazione della domanda. Su questa richiesta decide la commissione provinciale INPS, composta anche da tre rappresentanti dei sindacati di categoria. Contro le decisioni di questa commissione si può ricorrere, entro 30 giorni, alla commissione centrale INPS, (ricostituita con art. 8 del DPR 366 del 24/9/97 in G.U. n. 253 del 29/10/97), poi entro 60 gg. al TAR ed entro 1 anno al giudice ordinario per questioni di diritto.

 

I periodi di CIGO sono utili d’ufficio per il diritto alla pensione e per la quantità di questa.  Durante la CIGO non matura il diritto alle ferie.

Durante i mesi di dicembre e gennaio l'ammontare della CIGO è limitato a 35 ore settimanali (v. circ.INPS n. 50 del 20/1/82 e n. 72 del 2/4/96).

Sono esclusi dalla CIGO gli apprendisti non ancora assunti a tempo indeterminato.

 

Il lavoratore che si dimette durante la CIGO, perché assunto in altra azienda edile, non perde il diritto alla CIGO fino al momento delle dimissioni.

 

Nel caso in cui la richiesta di CIGO venga respinta dall’INPS, per motivi diversi dalla ritardata presentazione e si sia verificato il licenziamento entro 3 mesi dall’inizio della sospensione, a questi lavoratori verrà riconosciuto il trattamento speciale di disoccupazione edile previsto dalla L. 427/75 (v. §3 cap. 2), se in possesso dei requisiti soggettivi.

 

La CIGO è sottoposta ad un tetto, anche quella per maltempo (v. nota tecnica di pagina 6).

 

È bene anche ricordare che una recente circolare INPS ha chiarito che nei casi di maltempo la sede INPS competente è quella dove si trova il cantiere interessato alla CIGO; nei casi di fine lavoro la sede INPS competente è quella dove si trova l’azienda.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO 2

 

 

Per rendere meno pesante il licenziamento inevitabile

 

SOMMARIO

 

§ 1. Disoccupazione speciale

       collegata alla CIGS                                       pag.   21

 

§ 2. Disoccupazione speciale per

       completamento di grande opera pubblica

       o impianto industriale                                    pag.   22

 

§ 3. Disoccupazione speciale per fine lavoro         pag.   26

 

§ 4. Disoccupazione ordinaria                               pag.  27

 

§ 5.  Lavori usuranti                                                 pag.   28

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per rendere meno pesante il licenziamento inevitabile

 

Se non si è riusciti a contrastare il licenziamento o si è giunti alla fine dei tentativi che lo hanno spostato nel tempo e questo è diventato inevitabile, bisogna fare attenzione alle possibilità che le leggi contengono, di ottenere almeno un sostegno al reddito per un certo periodo e l’iscrizione nelle liste di mobilità. Si deve anche tenere presente che con accordo sindacale aziendale si può evitare un licenziamento trasformandolo in comando o distacco presso altra impresa, per un periodo di tempo limitato (v.c.3 art.8 L.236/93).

 

§ 1. Disoccupazione speciale collegata alla Cassa Integrazione guadagni straordinaria. [30]

 

I lavoratori che si trovano in CIGS in seguito all’accoglimento della domanda dell’azienda per crisi o per ristrutturazione / riorganizzazione / conversione [31] e che vengono licenziati durante o alla fine della CIGS con le procedure dell’art. 4 L. 223/91, hanno diritto, a certe condizioni, al trattamento di disoccupazione speciale previsto dall’art. 11 L. 223/91, ovvero 18 mesi elevati a 27 se l’azienda si trova nel Mezzogiorno [32]. Per l’ammontare di questo trattamento vedi pag. 5. La sua figuratività contributiva è regolata dalla L. 427/75 (v.§ 3 di questo capitolo). Il lavoratore può optare tra questo trattamento e l’eventuale assegno o pensione di invalidità di cui sia titolare. Questi ultimi saranno, in caso, sospesi fino alla fine del trattamento di disoccupazione speciale. sempreché, in fase interpretativa, questa disoccupazione speciale prolungata sia ritenuta equiparabile all’indennità di mobilità, alla quale si riferisce esplicitamente la legge. Altrimenti non c’è possibilità di opzione.

 

a) condizioni soggettive

 

I lavoratori debbono avere una anzianità aziendale di 3 anni, di cui almeno 2 di lavoro effettivo, comprendente solo le sospensioni per ferie, festività ed infortuni.

 

b) procedure di licenziamento

 

L’art. 4 della L. 223/91 prevede delle procedure obbligatorie nel caso di intenzione dell’azienda di mettere in mobilità, ovvero di licenziare, lavoratori che stanno usufruendo o hanno ultimato il periodo di CIGS. Tali procedure, che non costano niente alle aziende edili in quanto la legge 223/91 esclude la possibilità per gli edili di usufruire dell’indennità di mobilità, sono comunque obbligatorie per le aziende con più di 15 dipendenti e determinano anche la possibilità per il lavoratore di iscriversi alle liste di mobilità ( v. §1 cap.3). Queste procedure, ovviamente non si applicano ai licenziamenti per fine lavoro.

 

Percorso delle procedure:

 

- Comunicazione preventiva scritta alle rappresentanze sindacali aziendali contenente: motivi delle eccedenze; numero, collocazione aziendale e profili professionali dei lavoratori che si intende licenziare; tempi previsti dei licenziamenti; eventuali misure programmate per fronteggiare i licenziamenti.

 

- Copia di questa comunicazione deve essere inviata all’ufficio provinciale del lavoro.

 

- Esame congiunto della situazione e delle possibili alternative, su richiesta del sindacato, entro 7 giorni dal ricevimento della comunicazione dell’intenzione di licenziare, da concludere entro 45 giorni dalla stessa data (23 giorni se i lavoratori da licenziare sono meno di 10).

 

- In caso di non accordo, il confronto prosegue davanti al direttore dell’Ufficio provinciale del lavoro per un massimo di altri 30 giorni (15 se i lavoratori da licenziare sono meno di 10).

 

- Esauriti questi confronti, anche in caso di non accordo, I’azienda può licenziare comunicando all’ufficio regionale del lavoro, alla Commissione regionale per l’impiego ed al sindacato, l’elenco nominativo dei lavoratori ed i criteri seguiti per la scelta.

 

- Confronti e comunicazioni riguarderanno gli uffici regionali del lavoro o il Ministero del Lavoro, nel caso in cui le unità produttive siano localizzate in più province di una stessa regione o in più regioni.

 

- L’individuazione dei lavoratori che si intende licenziare in un limite massimo di tempo di 120 giorni dalla fine delle procedure, deve fare riferimento ad esigenze tecnico-produttive aziendali ed al rispetto dei contratti collettivi; oppure, in mancanza di tali contratti, ai carichi di famiglia, all’anzianità dei lavoratori ed alle esigenze tecnico-produttive ed organizzative, in concorso tra loro.

 

- Le comunicazioni devono avvenire per scritto e le procedure debbono essere rispettate, altrimenti il licenziamento sarà nullo. Sarà invece annullabile, su richiesta del lavoratore, se non saranno stati rispettati i criteri di scelta prima elencati. Il licenziamento può comunque essere impugnato dal lavoratore entro 60 giorni dal ricevimento della comunicazione.

 

Questa procedura di licenziamento dà diritto all’iscrizione nelle liste di mobilità (v.§ 1 cap.3) ed è condizione per poter richiedere all'INPS, con le procedure della DS edile, senza bisogno di alcuna decretazione ministeriale (circ. Inps n.178 del 9/6/94, punto n.7), il trattamento previsto dal c. 3, art. 3, L. 451/94. I lavoratori, anche non interessati alla CIGS, in possesso del requisito soggettivo di 3 anni di anzianità aziendale (di cui 2 anni di lavoro effettivamente prestato, comprensivo delle interruzioni derivanti da ferie, festività, infortuni) dovranno richiedere alla loro sede locale INPS, il pagamento del trattamento di DS corrispondente a quello previsto dall'art. 11 L. 223/91, ovvero uguale alla CIGS per il primo anno ridotto all'80% della CIGS per i mesi successivi. Alla richiesta di pagamento, da inoltrare attraverso il modello DS 21, i lavoratori dovranno allegare copia della procedura di licenziamento convalidata dall'UPLMO, comprensiva della dichiarazione dell'azienda attestante la necessaria anzianità aziendale prima richiamata.

 

 

§ 2. Disoccupazione speciale per completamento di grande opera pubblica o impianto industriale. [33]

 

Nel caso in cui il licenziamento avvenga per completamento di una grande opera pubblica o di un impianto industriale, il lavoratore ha diritto, a certe condizioni, al trattamento di disoccupazione speciale previsto dalla L. 427/75 (v. § 3 di questo capitolo), prolungato fino a 18 mesi, elevabili a 27 mesi se il lavoro si svolge nelle aree del mezzogiorno. Nel caso in un lavoratore risieda in una circoscrizione diversa da quella dell’opera e con un tasso di disoccupazione uguale od inferiore alla media nazionale, non avrà diritto al trattamento (c. 3 art. 11 L.223/91).  L’ammontare di questo trattamento è uguale al 100% della CIGS (con il tetto) per i primi 12 mesi, all’80% della CIGS per i mesi successivi ( v. pag. 5 ). Il lavoratore può optare tra questo trattamento e l’eventuale assegno o pensione di invalidità di cui sia titolare. Questi ultimi saranno, in caso, sospesi fino alla fine del trattamento di disoccupazione, sempreché, in fase interpretativa, questa disoccupazione speciale prolungata sia ritenuta equiparabile all’indennità di mobilità, alla quale si riferisce esplicitamente la legge. Altrimenti non c’è possibilità di opzione.

 

a) Caratteristiche dell’opera

 

- Per grande opera pubblica si intende un’opera, finanziata in tutto o in parte con fondi pubblici, che abbia un progetto generale approvato della durata di almeno 30 mesi ed al suo interno una durata delle opere edili di almeno 18 mesi.

 

- Per impianto industriale si intende qualunque opera, anche privata, che abbia come finalità la costruzione di un impianto o stabilimento idoneo alla produzione o commercializzazione industriale o ipotesi similari. Non è previsto che l’impianto industriale abbia i requisiti di durata del progetto generale della grande opera pubblica (30 mesi).

 

- I licenziamenti debbono avvenire dopo che l’avanzamento dei lavori edili abbia superato il 70%. Questa percentuale deve essere confermata dall’ultimo SAL (stato di avanzamento lavori) approvato o dalle annotazioni del registro di contabilità edile dell’opera, e da una dichiarazione del direttore dei lavori. La dichiarazione del direttore dei lavori circa il superamento del 70% del SAL, da allegare alla domanda di DS ex art. 11 L. 223/91, deve fare riferimento esplicito ed esclusivo alle opere edili della grande opera pubblica in questione, senza aggiungere o citare alcun altro tipo di opere (tecnologiche o quant’altro), come espressamente previsto sia dal comma 2 dell’articolo 11 che dalla delibera interpretativa del Cipi dell’ottobre 1993.

 

- La durata del progetto generale e delle opere edili deve essere confermata dall’Ente appaltante, che è obbligatoriamente in possesso di tale progetto generale.

 

- Per grande opera pubblica si intende anche un lotto funzionale appaltato, ovvero una parte di una più grande opera. In questo caso vale la durata del progetto generale dell’insieme dell’opera, e non quella del singolo lotto appaltato, che può anche essere più corta. Ad esempio: in caso di appalto di un tratto autostradale, ciò può avvenire per lotti contemporanei o susseguenti nel tempo. Nel primo caso è ovvio che in ciascun lotto le opere edili dovranno avere una durata di almeno 18 mesi, altrimenti i lavoratori non potrebbero raggiungere la condizione soggettiva di 18 mesi di lavoro effettivo nell’opera.

Nel secondo caso, i lavori dei lotti successivi al primo potranno anche avere una durata inferiore a 18 mesi, in quanto la condizione soggettiva può essere raggiunta anche con periodi di lavoro in lotti precedenti, a condizione che il rapporto di lavoro con l’azienda o le aziende non abbia avuto interruzione.

 

In entrambi i casi la durata dell’opera (almeno 30 mesi) è riferita al progetto generale dell’intera opera e non del singolo lotto appaltato.

 

 

 

 

b) requisiti soggettivi dei lavoratori

 

- Essere residenti nell’area in cui sono completati i lavori o in circoscrizioni con disoccupazione superiore alla media nazionale.

 

- Avere 18 mesi di rapporto effettivo di lavoro nell’opera in questione, anche alle dipendenze di aziende diverse, anche con soluzione di continuità nei passaggi eventuali tra aziende ( v.lettera Minlav ad Inps del 4/10/00 prot. n. 105567), a condizione che il lavoro si riferisca alla stessa opera. Per rapporto effettivo di lavoro si intende quello che comprende le sole sospensioni per ferie, festività, infortuni.

 

c) numero dei licenziamenti

 

Altra condizione necessaria è che il numero dei licenziamenti sia ritenuto tale da rappresentare in quel momento, in quel territorio, una grave crisi dell’occupazione in rapporto al completamento della grande opera pubblica o dell’impianto industriale. Le delibere

attuative del CIPI hanno stabilito che per poter usufruire dell’art. 11 L. 223/91 si realizza una grave crisi occupazionale quando sono licenziati almeno:

 

- 40 lavoratori se ci si trova nelle aree del mezzogiorno e nelle circoscrizioni con disoccupazione superiore alla media  nazionale [34];

 

- 30 lavoratori se ci si trova in una circoscrizione con disoccupazione superiore del 30% alla media nazionale;

 

- 80 lavoratori nelle altre aree del paese.

 

Il numero minimo di licenziamenti deve essere raggiunto in un semestre a partire dal primo licenziato. La tutela concessa ai lavoratori licenziati in quel primo semestre (con i numeri minimi raggiunti) è concessa anche a lavoratori licenziati nel semestre successivo, ovviamente nella stessa opera, anche se sono in numero inferiore ai minimi richiesti. Ne consegue che per una stessa opera non si possono fare richieste del trattamento previsto dall’art. 11 L. 223/91 con periodicità inferiore a 12 mesi.

 

Questi numeri minimi di lavoratori licenziati, necessari per poter avviare la richiesta di disoccupazione speciale prolungata, possono anche comprendere lavoratori che non sono in possesso delle condizioni soggettive per avere il trattamento. Questo sarà pagato dall’INPS solo a chi sarà in possesso di tutti i requisiti soggettivi.

 

d) procedure di richiesta

 

Accertata la presenza delle caratteristiche dell’opera, dello stato di avanzamento dei lavori e del numero minimo previsto di licenziamenti, il sindacato presenta all’ufficio regionale del lavoro la domanda dei lavoratori interessati ad usufruire della disoccupazione speciale prevista dall’art. 11 della L. 223/91, facendo attenzione a che sia riempito correttamente in quella sede il modulo informativo allegato alla delibera CIPI attuativa dell’art. 11 L. 223/91 in cui vengono descritte tutte le caratteristiche dell’opera, avanzamento lavori, il numero di licenziati. Se ci sono più imprese che licenziano, si compilano più moduli. Per quanto riguarda la voce n. 10 del modulo, si deve intendere riferita all’incidenza del costo della manodopera nel progetto generale approvato dell’opera. Questo dato deve essere fornito dall’Ente appaltante.

 

L’Ufficio regionale del lavoro esprime un parere sulla richiesta. Allega la relazione dell’Ispettorato del lavoro in merito alla verifica di quanto affermato nella richiesta. Invia la pratica al Ministero del lavoro, Divisione XI della Direzione generale previdenza, che decide con propri decreti ( di riconoscimento dello stato di crisi e di concessione della DS), entro due mesi dalla presentazione di una domanda perfettamente istruita, sulla concessione della disoccupazione speciale prolungata.

 

Se ci si trova nelle aree del Mezzogiorno è opportuno richiedere subito l’elevazione fino a 27 mesi del trattamento di disoccupazione speciale, così che il Ministero del lavoro possa concederla nel decreto di approvazione della richiesta.

 

Il Ministero del Lavoro ha finalmente chiarito la procedura per la richiesta di riesame di un provvedimento di reiezione di una domanda di Ds ai sensi dell’art. 11 L.223/91: la domanda deve essere inoltrata dalle organizzazioni sindacali richiedenti all’Ufficio regionale del lavoro e deve contenere le motivazioni documentate della non accettazione del provvedimento negativo e la dichiarazione esplicita di rinuncia al ricorso giudiziale al Tar. L’ufficio regionale deve inoltrare la domanda alla Divisione V della Direzione generale Ammortizzatori sociali del Minlav (nuova sede : via Fornovo 8 Roma, tel per informazioni su tutte le pratiche 0636755099), corredandola di parere e di verifica ispettiva. Contro una eventuale nuova decisione negativa del Minlav si potrà ricorrere al Presidente della Repubblica.

 

e) tempi e modalità di pagamento

 

Dati i tempi non brevissimi di raggiungimento di una decisione, collegati quasi sempre o con la lentezza degli uffici regionali o con l'incompletezza delle pratiche, è opportuno che i lavoratori licenziati presentino alla sede locale dell’INPS la domanda di disoccupazione speciale prevista dall’art. 9 L. 427/75 (v.§ 3 di questo capitolo), per poter usufruire intanto di quel trattamento.

 

Il trattamento decorre dalla data del primo licenziamento a cui si fa riferimento nella domanda. Il che significa che ai lavoratori che hanno una data di licenziamento successiva a quella, il trattamento verrà diminuito, dall'Inps, di tanti giorni quanti ne sono passati dal primo licenziamento.

 

La concessione di questo trattamento dà diritto all’iscrizione nelle liste di mobilità (v. c.1 art. 6 L. 223/91) di cui al § 1 del capitolo 3 di questo volume.

 

Questo trattamento di disoccupazione speciale prolungata, come anche i casi del c. 3 art. 3 DL 185 (v. § 1 di questo capitolo) viene interrotto, insieme all’iscrizione nelle liste di mobilità, in caso di lavoro a tempo parziale o a tempo determinato. Se il lavoro cessa prima dello scadere del termine dei mesi concessi di DS, al lavoratore spetta il residuo del trattamento.

 

Questo trattamento di DS prolungata è pagato nella misura equivalente all’indennità di mobilità prevista dall’art. 7 L. 223/91. Si tratta, cioè, di un ammontare uguale alla CIGS (sottoposta al tetto) per i primi 12 mesi, ridotto all’80% per i mesi successivi (v. pag. 5).

 

Questo trattamento di DS prolungata dà diritto alla contribuzione pensionistica figurativa valida per il diritto alla pensione di anzianità e per il diritto e la misura della pensione di vecchiaia. Il che significa che per la pensione di anzianità sono necessari 35 anni di contribuzione non figurativa per poter poi calcolare la misura della pensione anche su quella figurativa eventuale. Per il meccanismo di calcolo delle stesse ci si riferisce alla retribuzione del momento del licenziamento. Per i periodi di DS successivi al 31/12/00 i contributi figurativi sono validi anche per la misura della pensione di anzianità (art.78 c.22 L.388/00).

 

Il trattamento può essere richiesto anticipatamente per intero, per intraprendere una attività autonoma o cooperativa ai senso dell'articolo 7 c.5 L.223/91 ( v. art.78 c.15 L. 388/00). 

 

 

§. 3 Disoccupazione speciale per fine lavoro. [35]

 

Nei casi di licenziamenti per: cessazione dell’attività aziendale (anche in aziende artigiane), ultimazione di cantiere o di singola fase lavorativa, riduzione di personale, i lavoratori edili, a certe condizioni, hanno diritto ad un trattamento di disoccupazione speciale di 90 giorni in un anno mobile. Nel caso di crisi economiche settoriali o locali dichiarate con decreto del Ministro del lavoro e dei Ministri del Bilancio ed Industria, il trattamento può essere concesso per 180 gg. La richiesta di questo secondo caso si fà pervenire al Ministero del lavoro tramite l’ufficio regionale del lavoro. Il lavoratore in possesso di assegno speciale d’invalidità non può purtroppo avere la disoccupazione speciale, in quanto è stata dichiarata l’incompatibilità tra questi trattamenti dalla L. 236 del luglio ’93.

 

a) requisiti soggettivi

 

I lavoratori, al momento del licenziamento, devono avere, versati o dovuti all’assicurazione obbligatoria per la disoccupazione involontaria, almeno 10 contributi mensili o 43 settimanali pagati o dovuti all'assicurazione obbligatoria per disoccupazione involontaria, per lavoro prestato nel settore dell’edilizia, anche all’estero purché il licenziamento avvenga in seguito a rioccupazione in Italia in un’azienda edile. Nell’anno precedente il licenziamento il lavoratore non deve avere avuto altro trattamento di disoccupazione speciale. Il trattamento non viene concesso dall'Inps se il licenziamento è conseguenza della scadenza del termine di un contratto di lavoro a tempo determinato. I periodi di malattia non sono validi ai fini del calcolo della contribuzione in quanto considerati "neutri".

 

b) procedure di richiesta

 

Il lavoratore deve presentare alla sede territoriale dell’INPS la domanda per ottenere il trattamento di disoccupazione speciale (modello DS 21), che decorre dal giorno dell’iscrizione al collocamento o dal primo giorno di disoccupazione se la iscrizione nel collocamento è fatta entro 7 giorni dal licenziamento. Il diritto al trattamento si perde se non viene richiesto entro 2 anni dal licenziamento. Se il lavoratore ha diritto alla disoccupazione speciale, anche il diritto alla disoccupazione ordinaria si prescrive in due anni.

 

c) collegamento con la disoccupazione ordinaria

 

Nel caso in cui il lavoratore abbia anche i requisiti necessari per avere il trattamento di disoccupazione ordinaria (v. § 4 di questo capitolo), questa gli sarà concessa alla fine del trattamento speciale, solo per 90 giorni. Gli altri 90 giorni sono assorbiti dalla disoccupazione speciale concessa.

 

d) contribuzione figurativa

 

I periodi di godimento della disoccupazione speciale sono utili per il conseguimento del diritto alla pensione e per la determinazione della sua quantità. Questa contribuzione figurativa rientra nel calcolo del tetto massimo previsto dall'art.15 DL n. 503/92), che vale solo per chi, alla data del 31/12/92, non poteva far valere alcuna contribuzione figurativa.

 

e)  Importo del trattamento

 

Il trattamento è pari all'80% della retribuzione media giornaliera determinata nella misura di 1/7 della retribuzione media settimanale rapportata a 40 ore, percepita, dal lavoratore interessato nelle ultime 4 settimane nelle quali aveva svolto attività lavorativa.

 

Recentemente, l'INPS ha emanato la Circolare n. 47 del 2 aprile 1996 nella quale, al punto B), si specifica che l'ammontare massimo lordo della  D.S.  per  fine cantiere rimane inalterato e che con l'applicazione della nuova aliquota del 5.54%, l'importo netto è ridotto a lire 1.050.229 (v.pag.5).

 

A chiarimento delle possibili perplessità circa il fatto che, nei fatti, la D.S. per fine cantiere risulti inferiore alla Disoccupazione Ordinaria, si fa presente che l'INPS, con Circolare n. 48 del 17 febbraio 1995, lettera b), punto 2), precisa che ''essendo gli aumenti  basati sull'ormai abolito meccanismo dell'indennità di contingenza, non possono più operare''. Il valore della D.S. è fermo all'anno 1993.

 

Di conseguenza per ogni giornata di prestazione saranno liquidate al lavoratore lire 35.217 (esempio di calcolo 1.054.268: 30 = 35.142). Al quale, per chi ne possiede i requisiti, si aggiunge l'equivalente dell'assegno al nucleo familiare.

 

 

§. 4 Disoccupazione ordinaria [36]

 

Anche gli edili, come tutti gli altri lavoratori, quando sono licenziati hanno diritto, a certe condizioni, al trattamento ordinario di disoccupazione (34) per 180 giornate in un anno mobile (solo 90 se si è goduto di 90 giorni di disoccupazione speciale, v. § 3 di questo capitolo). Questo trattamento è stato purtroppo dichiarato (L. 236 del luglio '93) incompatibile con l’assegno o pensione di invalidità. La durata è di nove mesi per chi ha più di 50 anni di età ( v. art.78 L. 388/00).

L'ammontare del trattamento (v.pag.5), sottoposto al tetto CIGS, è del 40% della retribuzione media del numero delle giornate effettivamente lavorate nei, tre mesi precedenti il licenziamento. Al lavoratore spettano anche gli assegni familiari. L'azienda deve comunicare alla sede territoriale INPS, con modello DS 22, i dati utili alla determinazione della retribuzione media.

Ha diritto alla DO anche il lavoratore che si dimette “per giusta causa” (v. circ. INPS 97/03), ovvero in seguito a : mancato pagamento della retribuzione; aver subito molestie sessuali nel luogo di lavoro; modificazioni peggiorative delle mansioni lavorative; mobbing; spostamento ad altra sede senza comprovate ragioni tecniche,organizzative e produttive; comportamento ingiurioso di un superiore. Il lavoratore presenterà domanda di DO all’Inps, corredata dalla dimostrazione della sua volontà di adire vie giudiziali per difendersi e dall’esito favorevole del processo dipende la conferma della DO concessa.

a) requisiti soggettivi

- iscrizione nelle liste del collocamento;

- due anni di anzianità assicurativa obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, versati o dovuti;

- un anno di contribuzione versata o dovuta (52 contributi settimanali o 12 mensili) nei due anni precedenti la disoccupazione.

se il lavoratore si dimette perde il diritto alla prestazione.

 

b) procedure di richiesta

Il lavoratore deve presentare la domanda di disoccupazione ordinaria alla sede territoriale INPS entro 67 giorni dalla cessazione del lavoro.

 

c) contribuzione figurativa

I periodi di godimento della disoccupazione ordinaria sono utili per il conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia e per la determinazione della sua quantità.

 

§ 5 Lavori usuranti

 

A.  Novità

 

La legge 388/00, finanziaria 2001, all'articolo 78 commi 8-13, anticipa in via straordinaria la disciplina prevista per i lavori particolarmente usuranti prevista dal Dmlav 208 del 4/9/99, ovvero assume a carico dello Stato, una tantum, i benefici relativi alle mansioni particolarmente usuranti, così definite in ragione delle caratteristiche di maggiore gravità dell'usura che esse presentano, anche sotto il profilo della loro incidenza sulle aspettative di vita, della particolare intensità dell'esposizione al rischio professionale, delle peculiari caratteristiche socio-economico-ambientali.

      I destinatari sono solo le categorie di lavoratori previste dal decreto suddetto : lavori in galleria, cava o miniera; lavori nelle cave di pietra o ornamentale; lavori nelle gallerie (fronte di avanzamento); lavori in cassoni ad aria compressa; palombari; lavori ad alte temperature; lavorazione del vetro cavo; cantieristica navale in ambienti ristretti; lavori di asportazione dell'amianto.

      Il periodo in cui deve essere stato svolto  prevalentemente il lavoro in tali settori è quello dal 30 ottobre 1993 al 31 dicembre 2001.      

      Il beneficio previsto è la riduzione di 1 anno e 2 mesi dell'età anagrafica pensionabile nonché la riduzione fino ad 1 anno dei requisiti contributivi, ai fini sia della pensione di vecchiaia che di anzianità, ma solo per coloro, tra questi lavoratori, che entro il 31/12/01 raggiungano, avvalendosi anche di tali riduzioni, il requisito per il diritto ad una pensione (vecchiaia o anzianità, nei regimi retributivo o misto o contributivo).

      Sarà necessario un nuovo decreto del Minlav, da emanarsi entro il 30 giugno 2001, per stabilire le modalità di attestazione dello svolgimento delle attività indicate, nonché i criteri per il riconoscimento del beneficio. Entro 90 giorni dalla pubblicazione di tale decreto dovrà essere presentata domanda per il riconoscimento del beneficio, all'ente previdenziale di appartenenza del lavoratore.

       Le risorse destinate a tale norma sono limitate. Si tratta al massimo prevedibile di 750 mld, che dovranno comunque essere confermati dal Minlav. I lavoratori dei nostri settori che potranno usufruire di tale norma sono assai pochi rispetto alle nostre richieste ed alle nostre necessità; ed è anche per questo che,  pur apprezzando quanto fatto nella legge finanziaria, sollecitiamo ancora un intervento più consono alla realtà particolare del settore edile.

 

B. Situazione normativa generale

 

Secondo il combinato congiunto del DLGS n.374 , 11/8/93 e dei commi 34, 35, 36 art.1  l.335, 8/8/95, in sintesi la normativa dice che : "sono lavori particolarmente usuranti quelli per il cui svolgimento è richiesto un impegno psico-fisico particolarmente intenso e continuativo, condizionato da fattori che non possono essere prevenuti con misure idonee" : ciò significa

anche che, in particolare per gli operai edili,  si potrebbero mettere in atto ricerche finalizzate a verificare se la tradizionale organizzazione del lavoro del cantiere possa essere modificata in modo tale da migliorare l'usura particolare del lavoro operaio, alleviare gli infortuni, diminuire la mortalità.

                                                                                                                                                                   B -  la tabella allegata al Dlgs 374/93 prevede che siano considerate particolarmente usuranti le seguenti attività : lavoro notturno continuativo; lavori in galleria, cava o miniera; lavori espletati in spazi ristretti: all'interno di condotti,  di cunicoli di servizio, pozzi, fognature, serbatoi, caldaie; lavori in altezza : su scale aeree, con funi a tecchia o a parete, su ponti a sbalzo, su ponti a castello installati su natanti, su ponti mobili a sospensione, gruisti, addetti alla costruzione di camini, copritetti ; lavori in cassoni ad aria compressa ; lavori svolti dai palombari ; lavori in celle frigorifere o all'interno di ambienti con temperatura uguale o inferiore a 5 gradi centigradi ; lavori ad alte temperature: addetti a forni e fonditori nell'industria metallurgica e soffiatori nella lavorazione del vetro cavo ; autisti di mezzi rotabili di superficie ; marittimi imbarcati a bordo ; personale addetto ai reparti di pronto soccorso, rianimazione, chirurgia d'urgenza; trattoristi ; addetti alle serre e fungaie ; lavori di asportazione di amianto da impianti industriali, da carrozze ferroviarie e da edifici industriali e civili.

 

C -  ai lavoratori compresi nelle attività esposte nella tabella , continuativamente occupati in tali attività per almeno un anno a partire dall'entrata in vigore del Dlgs ed in seguito prevalentemente occupati in tali attività, il limite di età pensionabile è anticipato di due mesi per ogni anno di attività particolarmente usurante, fino al max di 60 mesi ; nel caso di lavori particolarmente usuranti "con un'usura di maggior gravità derivante dalle aspettative di vita e dall'esposizione al rischio professionale di particolare intensità",in aggiunta a quanto detto, il limite di anzianità contributiva viene ridotto di un anno ogni 10 di occupazione in tali attività, fino al max di 24 mesi.

 

D -    per tutti questi lavoratori, con DM lavoro e tesoro, su proposta congiunta delle org. padronali e sindacali,  sono individuate le mansioni particolarmente usuranti e le modalità di copertura degli oneri, ovviamente non a carico dello Stato. Ciò presuppone che, in ogni caso ci sia un accordo tra le parti sociali di un settore che individui i lavoratori in questione, nel quadro delle griglie sopradette, e chiarisca come pagare gli oneri dei benefici previsti dalle norme. In caso di mancanza di tale accordo Minlav e Mintes, sentita una commissione istituita di concerto con il Minsanità, stabiliscono autonomamente le modalità di copertura.

 

E -     altra importante iniziativa intrapresa è la richiesta al Minlav di modificare la normativa e la prassi amministrativa relative alla inabilità al lavoro specifico, chiarendo la possibilità di applicazione a queste fattispecie dei criteri di attribuzione dell'invalidità all'80%, con gli annessi benefici previdenziali.

 

 

 

 

 

CAPITOLO 3

 

Nuove forme di ingresso nel lavoro

 

SOMMARIO

 

§  1. Somministrazione di lavoro                           pag         31 

 

§ 2.  Lavoro intermittente                                     pag.       36

 

§ 3.  Lavoro ripartito                                            pag.       38

 

§ 4.  Apprendistato                                              pag.       42

 

§ 5.   Contratto di inserimento                               pag.       45

 

§ 6.   Lavoro a progetto                                           pag.             47

 

 


§ 1  Somministrazione di lavoro (sostituisce il lavoro interinale)

 

> Col contratto di somministrazione di lavoro, il lavoratore è dipendente di una agenzia di somministrazione (somministratore) ma, durante la somministrazione, svolge la propria attività nell’interesse, sotto la direzione e il controllo dell’impresa utilizzatrice (utilizzatore).

 

> Il contratto di somministrazione di lavoro può essere:

-                     a tempo indeterminato;

-                     a termine.

 

1.  a tempo indeterminato

 

> Si può stipulare:

a)      per servizi di consulenza, assistenza, progettazione e manutenzione nel settore informatico (anche reti internet ed extranet);

b)      pulizia, custodia, portineria;

c)      servizi di trasporto persone e di trasporto e movimentazione di macchinari e merci;

d)      per la gestione di musei, parchi, archivi, magazzini; servizi di economato;

e)      attività di consulenza direzionale, assistenza alla certificazione, programmazione delle risorse, sviluppo organizzativo e cambiamento, gestione del personale, ricerca e selezione del personale;

f)        marketing e attività di mercato;

g)      avvio nuove iniziative in aree Obiettivo I (reg. CE 1260/1999);

h)      per costruzioni edilizie all’interno degli stabilimenti, istallazione e smontaggio di macchinari, per particolari attività (in edilizia e cantieristica) che richiedono più fasi successive di lavorazione e impiego di manodopera con specializzazione diversa da quella impiegata dall’utilizzatore;

i)        tutti gli altri casi previsti dai contratti nazionali o territoriali.

 

> Il contratto edili giugno 2000 fa riferimento al “lavoro temporaneo” (o interinale) e stabilisce che è consentito (anche) nelle seguenti ipotesi:

1.      punte di attività connesse ad esigenze di mercato derivanti dall’acquisizione di nuovi lavori;

2.      esecuzioni di un’opera e di lavorazioni definite e predeterminate nel tempo che non possano essere attuate ricorrendo al normale livello occupazionale;

3.      impiego di professionalità diverse o che rivestano carattere di eccezionalità rispetto a quelle normalmente occupate, in relazione alla specializzazione dell’impresa;

4.      impiego di professionalità carenti sul mercato del lavoro locale;

5.      sostituzione di lavoratori assenti, comprese le ipotesi di assenza per periodi di ferie non programmati; per lavoratori in aspettativa, congedo o temporaneamente inidonei a svolgere le mansioni assegnate o che partecipino a corsi di formazione.

 

 

2. a termine (o tempo determinato)

 

> Il rapporto tra lavoratore e somministratore è regolato dal decreto che recepisce l’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato (DLgs. 368/2001), con esclusione delle disposizioni per cui:

-                                 se il lavoratore veniva riassunto a termine entro un periodo di dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore ai sei mesi, il secondo contratto si considerava a tempo indeterminato (art.5, comma 3);

-                                 quando alla scadenza del termine si procedeva, senza interruzione del rapporto, alla sua proroga (anche di fatto), il rapporto di lavoro si considerava a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto (art.5, comma 4);

 

> È ammesso per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo anche se riferite all’ordinaria attività dell’utilizzatore.

 

CARATTERISTICHE COMUNI

 

> Il termine di scadenza del contratto di lavoro può essere prorogato nei casi consentiti e per la durata stabiliti dal contratto collettivo applicato dal somministratore; occorre sempre il consenso del lavoratore e la proroga deve, comunque, essere riportata per iscritto nel contratto.

 

> La legge non pone limiti quantitativi al numero di lavoratori somministrabili ma possono essere introdotti dalla contrattazione.

 

> Nel contratto di somministrazione non è consentito inserire clausole (sono nulle) dirette a impedire o limitare la (eventuale) volontà dell’utilizzatore di assumere il lavoratore al termine del contratto di somministrazione; tale norma non si applica nei casi in cui il contratto che lega il lavoratore al somministratore non preveda esplicitamente la corresponsione di una specifica ed ”adeguata” indennità, che viene stabilita in base a al contratto collettivo applicato dal somministratore.

 

> Il contratto di somministrazione è vietato:

a)      per sostituzione di lavoratori in sciopero;

b)      salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso:

-                     unità produttive nelle quali, nei sei mesi precedenti, si sia proceduto a licenziamenti (ai sensi degli artt.4 e 24 della legge 223/1991) di lavoratori addetti alle stesse mansioni;

-                     unità produttive nelle quali, sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione d’orario con diritto all’integrazione salariale (contratto di solidarietà), che interessino lavoratori addetti alle stesse mansioni;

c)      da parte delle imprese che non abbiano fatto la valutazione dei rischi (art.4 DLgs 626/1994).

 

> Il contratto di somministrazione di manodopera deve avere forma scritta e contenere i seguenti elementi:

a)                                                                          estremi dell’autorizzazione rilasciata al somministratore;

b)                                                                          numero dei lavoratori da somministrare;

c)                                                                          casi e ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo di cui ai commi 3 e 4 dell’art.20;

d)                                                                          indicazione della presenza di eventuali rischi per l’integrità e la salute del lavoratore e delle misure adottate;

e)                                                                          data di inizio e durata prevista del contratto;

f)                                                                            inquadramento e mansioni alle quali i lavoratori saranno adibiti;

g)                                                                          luogo, orario, trattamento economico e normativo del lavoratore;

h)                                                                          obbligo del somministratore del pagamento diretto al lavoratore del trattamento economico e dei versamenti previdenziali;

i)                                                                            obbligo dell’utilizzatore di rimborsare al somministratore gli oneri retributivi e previdenziali da questa effettivamente sostenuti in favore dei prestatori di lavoro;

j)                                                                            obbligo dell’utilizzatore di comunicare al somministratore i trattamenti retributivi applicabili ai lavoratori comparabili;

k)                                                                          indicazione dell’obbligo dell’utilizzatore, in caso di inadempimento del somministratore, di pagamento diretto al lavoratore del trattamento economico e dei contributi previdenziali.

 

> Nell’indicare i suddetti elementi le parti devono recepire quanto stabilito nei contratti collettivi.

Nel contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato dovrà altresì essere indicata la misura dell’indennità mensile di disponibilità, divisibile in quote orarie.

 

> L’indennità mensile di disponibilità è corrisposta dal somministratore al lavoratore per i periodi in cui questo rimane in attesa di designazione.

La misura di tale indennità è stabilita dal contratto collettivo applicabile al somministratore e non può essere inferiore.

Viene però ridotta in caso di assegnazione ad attività lavorativa a tempo parziale anche presso il somministratore.

L’indennità mensile di disponibilità non ha ricadute sugli istituti di legge o di contratto collettivo (assistenza, pensione, ecc. ma anche liquidazione, ecc.)

 

> Nei casi previsti dagli artt. 10 e 11 della legge 223/1991, i lavoratori somministrati non usufruiscono degli ammortizzatori sociali previsti per gli edili. A loro si applicano invece l’art.3 della legge 604/1966 (libertà di pensiero, di culto, ecc.) e le tutele del lavoratore di cui all’art.12 della stessa legge 30/2003 (Fondi per l’integrazione salariale).

All’atto della stipula del contratto, il somministratore dovrà comunicare per iscritto al prestatore di lavoro le informazioni di cui al punto precedente.

 

> In mancanza di forma scritta (ed, in particolare, degli elementi di cui ai punti da a), b), c), d), e) dell’art.21) il contratto di somministrazione è nullo e i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’utilizzatore.

 

> La somministrazione fraudolenta (posta in essere con la specifica finalità di eludere le norme di legge o contrattuali), ferme restando le sanzioni penali di cui all’art.18, è punita con una ammenda di €20 per ciascun lavoratore coinvolto e ciascun giorno di somministrazione.

 

> I lavoratori con contratto di somministrazione non concorrono alla formazione (computo) dell’organico dell’utilizzatore ai fini della applicazione di normative di legge o di contratto collettivo, ad eccezione di quelle in materia di igiene e sicurezza sul lavoro.

 

> I lavoratori con contratto di somministrazione (ad eccezione di quelli compresi nelle cosiddette “fasce deboli”) hanno diritto, a parità di mansioni svolte, ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello dei dipendenti di pari livello dell’utilizzatore.

 

> I lavoratori con contratto di somministrazione hanno diritto:

-                     alla corresponsione delle (eventuali) erogazioni economiche legate a produttività o redditività aziendale, così come stabilite dai contratti collettivi;

-                     a fruire di tutti i servizi sociali e assistenziali di cui godono i dipendenti dell’utilizzatore addetti alla stessa unità produttiva, eccetto quelli che implichino l’iscrizione ad associazioni o società cooperative e quelle legate al conseguimento di una determinata anzianità di servizio;

 

> I criteri per la determinazione e corresponsione di eventuali erogazioni economiche legate a produttività o redditività aziendale sono stabiliti dai contratti collettivi applicati dall’utilizzatore.

 

> Compete al somministratore (o all’utilizzatore, ma deve essere scritto sul contratto) informare i lavoratori sui rischi per la salute e la sicurezza connessi all’attività produttiva in generale nonché formarli ed addestrarli all’uso delle attrezzature necessarie allo svolgimento dell’attività lavorativa per la quale vengono assunti.

 

> Compete all’utilizzatore:

-                     informare il lavoratore se le mansioni a cui viene addetto richiedono una sorveglianza medica particolare o comportano rischi specifici, conformemente a quanto indicato dal DLgs 626/1994 e successive modificazioni;

-                     osservare nei confronti del medesimo lavoratore tutti gli obblighi di protezione previsti nei confronti di tutti i propri dipendenti ed è responsabile per la violazione degli obblighi di sicurezza individuati dalla legge e dai contratti collettivi;

-                     nel caso in cui adibisca il lavoratore a mansioni superiori o comunque non equivalenti a quelle indicate nel contratto, darne comunicazione al somministratore (e consegnarne copia al lavoratore interessato); in caso contrario risponderà in via esclusiva per le differenze retributive spettanti al lavoratore;

-                     preventivamente alla stipula del contratto, informare la struttura sindacale aziendale o, in mancanza, i sindacati territoriali di categoria circa il numero e i motivi del ricorso alla somministrazione; la comunicazione può avvenire entro i 5 giorni successivi la stipula del contratto in caso di “motivate ragioni di urgenza e necessità”;

-                     ogni anno solare, comunicare il numero e i motivi dei contratti di somministrazione di lavoro conclusi; la durata degli stessi; numero e qualifica dei lavoratori interessati.

 

> L’esercizio del potere disciplinare è riservato al somministratore; laddove il caso l’utilizzatore comunicherà al somministratore gli elementi che formeranno la contestazione ai sensi dell’art.7 della legge 300/1970.

 

> Ai lavoratori dipendenti di aziende di somministrazione e degli appaltatori (ferme restando le specifiche disposizioni che  riguardano la cooperazione) si applicano i diritti sindacali previsti dalla legge 300/1970, in particolare:

-                     hanno diritto ad esercitare, per tutta la durata del contratto, i diritti di libertà e attività sindacale, ivi compresa la partecipazione alle assemblee del personale dipendente dalle imprese utilizzatrici;

-                     se, pur dipendendo da uno stesso somministratore, operano presso diversi utilizzatori hanno diritto ad uno specifico diritto di riunione, secondo la normativa vigente e nel rispetto dei dettati contrattuali.

 

> Gli oneri contributivi, previdenziali, assicurativi ed assistenziali (relativi i lavoratori a contratto di somministrazione), previsti dalla normativa vigente, sono a carico del somministratore.[37]

I contributi relativi l’indennità di disponibilità sono versati per il loro effettivo ammontare (anche in deroga alla vigente normativa in materia di minimale contributivo).

 

> L’utilizzatore risponde nei confronti di terzi dei danni ad essi arrecati dal lavoratore somministrato nell’esercizio delle sue mansioni.

 

NORMA TRANSITORIA

> I contratti di fornitura di lavoro temporaneo a tempo determinato, tuttora vigenti, stipulati in base a quanto dettato dai contratti collettivi nazionali, in via transitoria e salve intese diverse, mantengono la loro efficacia fino alla scadenza dei suddetti contratti con esclusivo riferimento alla determinazione, in via contrattuale, delle esigenze di carattere temporaneo che consentono la somministrazione di lavoro a termine.

Le clausole (elementi obbligatori) dei suddetti contratti mantengono la loro efficacia fino a diversa determinazione delle parti o recesso unilaterale.

 

IL CCNL EDILI

 

> Relativamente al ricorso al lavoro temporaneo e ai contratti a termine (quindi alla somma tra i due istituti), il contratto edili giugno 2000 stabilisce che, limitatamente ai punti 1, 2, 3 e 4 (quindi, punto 5 escluso):

-                     è possibile usare fino a sette unità lavorative, purché tale numero non risulti superiore a 1/3 del numero dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato dell’impresa;

-                     mediamente nell’anno, non può superare complessivamente il 20% dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato dell’impresa.

 

> Il medesimo CCNL edili 2000/2004 stabilisce altresì che agli “operai” occupati nelle imprese elidili anche con rapporto temporaneo venga applicata la contrattazione collettiva in vigore per le imprese medesime, compresi gli obblighi di contribuzione e accantonamento nei confronti della Cassa Edile e degli altri Organismi paritetici di settore.

 

> Con gli accordi sul lavoro temporaneo del 10 settembre 2003 (tra ANCE, ANAEPA, ANSE, FIAE, CLAAI e Filca-Feneal-Fillea) e del 2 ottobre 2003 (con ANIEM) si è stabilito che:

-                     ai lavoratori temporanei è riconosciuto il diritto alle prestazioni a copertura delle sospensioni infrasettimanali di lavoro per eventi meteorologici (di cui al CCNL giugno 2000 e all’accordo 18 febbraio 2002) con le seguenti modalità operative:

1.      le imprese di fornitura di lavoro temporaneo devono versare un contributo (pari allo 0,30%) all’apposito fondo autonomo costituito presso le Casse Edili e le Edilcasse;

2.      gli eventi coperti dalla prestazione sono “esclusivamente” le interruzioni infrasettimanali per cause meteorologiche che determinano una “parziale” riduzione dell’orario settimanale e per le quali sia stata approvata la richiesta di CigO;

-                     il 4% dei salari dei lavoratori somministrati viene accantonato, al netto del 3.32%, al Fondo FORMATEMP a titolo di costi di gestione e che, quindi, anche il contributo versato alle Casse Edili e le Edilcasse (3,868% delle retribuzioni imponibili) sarà da queste versato alle Scuole Edili. Tale contributo assorbe quello stabilito territorialmente di cui agli art.92 CCNL ANCE 2000 e art.29 CCNL artigiani 2000;

-                     le aziende di somministrazione di lavoro dovranno far svolgere a questi lavoratori corsi (di almeno 8 ore) su salute e sicurezza, preventivi al loro utilizzo in cantiere, utilizzando le strutture degli enti bilaterali presenti nel territorio.

 

Inoltre, il contratto edili giugno 2000 stabilisce che il lavoro temporaneo (o interinale) è vietato anche riguardo agli addetti a:

-                                        lavori che espongono a sostanze chimiche o biologiche che comportano un’esigenza legale di sorveglianza sanitaria;

-                                        lavori con radiazioni ionizzanti che esigono la designazione di “zone controllate” o “sorvegliate”;

-                                        costruzioni di pozzi a profondità superiori a 10 metri;

-                                        lavori subacquei con respiratori,

-                                        lavori in cassoni ad aria compressa;

-                                        lavori comportanti l’impiego di esplosivi.

 

 

§ 2 - Lavoro intermittente

 

> È il contratto mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa nei tempi stabiliti dall’accordo individuale stipulato.

 

> Riguarda lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, la cui individuazione e demandata ai contratti collettivi stipulati da associazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale; se entro il 9 aprile 2004 non si raggiungono gli accordi, i casi di ricorso al lavoro intermittente verranno stabiliti mediante un decreto del Min.Lav.

 

> Il contratto di lavoro intermittente è immediatamente disponibile per i disoccupati con meno di 25 anni di età e i lavoratori espulsi dal ciclo produttivo con più di 45 anni;

 

> Il contratto di lavoro intermittente è vietato:

-         per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;

-         nelle imprese in cui, entro i sei mesi precedenti, si sia proceduto a licenziamenti collettivi ai sensi degli artt.4 e 24  della legge 223/1991 e che abbiano lavoratori adibiti alle stesse mansioni in CIGS o in contratto di solidarietà;

-         nelle imprese che non siano in regola con la valutazione dei rischi ai sensi del DLgs.626/1994.

 

> Il contratto di lavoro intermittente può essere a tempo indeterminato o a tempo determinato.

Deve essere stipulato in forma scritta e (recependo, ove previste, le indicazioni contenute nei contratti collettivi).

Deve indicare i seguenti elementi:

-         durata del contratto;

-         ipotesi oggettive o soggettive (tra quelle di cui all’art.34) che consentono la stipula del contratto;

-         indicazione del luogo, della disponibilità eventualmente garantita dal lavoratore e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore (che in ogni caso non può essere inferiore a 1 giorno);

-         trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per le prestazioni eseguita;

-         quantificazione della (eventuale) indennità di disponibilità;

-         forme e modalità di esecuzione della prestazione;

-         modalità di rilevazione della prestazione;

-         tempi e modalità di pagamento della prestazione e dell’indennità di disponibilità; eventuali misure di sicurezza specifiche (in relazione al tipo di attività dedotta dal contratto).

 

> Il lavoratore intermittente, per i periodi lavorati, ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore (a parità di mansioni) a quello di un lavoratore di pari livello.

 

> Il trattamento economico, normativo e previdenziale del lavoratore intermittente (con particolare riferimento alla retribuzione globale e alle sue singole componenti, alle ferie, alla malattia, infortunio sul lavoro, malattia professionale, maternità, congedi parentali) è riproporzionato in base alla prestazione lavorativa effettivamente eseguita.

 

> Per tutta la valenza del contratto a termine con obbligo di rispondere alla chiamata il lavoratore non è titolare di alcun diritto riconosciuto ai lavoratori subordinati né matura alcun trattamento economico e normativo (eccetto l’indennità di disponibilità).

 

> Fatte salve le condizioni di maggior favore, ogni anno il datore di lavoro è tenuto ad informare le rappresentanze aziendali[38] circa l’andamento del ricorso ai contratti di lavoro intermittente.

 

> In caso di malattia o di altro evento che impedisca, temporaneamente, di rispondere alla chiamata:

-         il lavoratore è tenuto ad informare tempestivamente il datore di lavoro (specificando la durata dell’impedimento); laddove il lavoratore non provveda a questo adempimento lo stesso perde il diritto all’indennità per un periodo pari a 15 giorni (salva diversa previsione del contratto nazionale);

-         non matura il diritto all’indennità di disponibilità;

 

> Il rifiuto immotivato di rispondere alla chiamata da parte di un lavoratore che abbia sottoscritto tale obbligo contrattuale “può” comportare:

-         la risoluzione del contratto;

-         la restituzione della quota di disponibilità riferita al periodo successivo all’ingiustificato rifiuto;

-         il risarcimento del danno nella misura fissata dai contratti collettivi o, in mancanza, dal contratto di lavoro.

 

indennità mensile di disponibilità

> Se il lavoratore si obbliga contrattualmente a rispondere alla chiamata del datore di lavoro gli spetta una Indennità (mensile) di disponibilità.

 

> L’indennità mensile di disponibilità è il risarcimento corrisposto al lavoratore, in attesa di essere utilizzato, per i periodi nei quali lo stesso garantisce la sua disponibilità.

È divisibile in quote orarie.

La sua misura è stabilita dai contratti collettivi e non può essere inferiore a quella prevista (e periodicamente aggiornata) con decreto del Min.Lav.

 

> L’indennità mensile di disponibilità è corrisposta al lavoratore solo in caso di effettiva chiamata da parte del datore di lavoro per prestazioni da rendersi:

-                     il fine settimana;

-         nelle ferie estive;

-         nelle vacanze natalizie e pasquali

-         ulteriori periodi previsti dai contratti collettivi nazionali o territoriali.

 

> I contributi relativi l’indennità mensile di disponibilità sono versati per il loro effettivo ammontare anche in deroga alla normativa vigente in materia di minimale contributivo.

È esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo.

 

> I lavoratori con contratto di lavoro intermittente per i periodi in cui abbiano percepito una retribuzione inferiore rispetto a quella convenzionale[39] (o che abbiano usufruito dell’indennità di disponibilità fino a concorrenza della medesima misura) possono (volontariamente) versare la differenza contributiva.

 

> Ai fini dell’applicazione di norme di legge il lavoratore intermittente viene computato nell’organico dell’impresa in proporzione all’orario effettivamente svolto nell’arco di ciascun semestre.

 

> Se entro il 10 marzo 2004 la determinazione dei casi di ricorso al lavoro a termine non sarà contrattualmente normata, il Min.Lav. convocherà le parti per favorire un accordo (che dovrà però essere concluso entro ulteriori 4 mesi); dopodiché è prevista l’emanazione “in via provvisoria” di un decreto dello stesso Min.Lav..

 

 

§ 3 - Lavoro ripartito

 

> Il contratto di lavoro ripartito è il contratto di lavoro con il quale due lavoratori assumono insieme (in solido) l’adempimento di una unica e identica prestazione lavorativa.

La regolamentazione del contratto di lavoro ripartito è demandata alla contrattazione; in sua assenza, fatto salvo quanto espressamente previsto dalla legge 30/2003, fa riferimento alla disciplina generale del lavoro subordinato.

Se non interviene una specifica intesa tra le parti (che deve risultare scritta nel contratto):

-         ciascuno dei due lavoratori diviene responsabile per intero dell’effettuazione “della” prestazione lavorativa;

-         i lavoratori possono autonomamente e in qualsiasi momento determinare le sostituzioni tra loro nonché la collocazione temporale dell’orario di lavoro;

-         al fine di certificare le assenze, i lavoratori sono tenuti a comunicare al datore di lavoro (settimanalmente) l’orario di lavoro di ciascuno dei soggetti;

-         solo previo consenso del datore di lavoro sono ammesse sostituzioni da parte di terzi di uno o ambedue i lavoratori coobbligati, diversamente vietate;

-         le dimissioni o il licenziamento di uno dei lavoratori coobbligati comportano l’estinzione del contratto. Se su richiesta del datore di lavoro l’altro lavoratore si rende disponibile ad adempiere l’obbligazione lavorativa (per intero o parzialmente) il contratto si trasforma in contratto di lavoro subordinato (art.2094 C.C.).

Il contratto di lavoro ripartito deve avere forma scritta che comprovi la presenza dei seguenti elementi:

-         misura percentuale e collocazione temporale del lavoro giornaliero, settimanale, mensile o annuale che si prevede venga svolto da ciascuno dei due lavoratori coobbligati (sulla base delle intese tra loro intercorse);

-         luogo di lavoro;

-         trattamento economico e normativo spettante a ciascuno dei lavoratori;

-         eventuali misure di sicurezza speciali (legate al tipo di attività lavorativa richiesta).

Il lavoratore intermittente, per i periodi lavorati, non[40] deve avere un trattamento economico e normativo inferiore (a parità di mansioni) a quello di un lavoratore di pari livello.

Ambedue i lavoratori coobbligati hanno diritto a partecipare alle assemblee (art.20 legge 300/1970) entro il limite di 10 ore annuali (il relativo trattamento economico viene ripartito proporzionalmente fra i due lavoratori coobbligati).

Per tutti gli istituti di natura previdenziale (assicurazione generale e obbligatoria per invalidità, vecchiaia, superstiti) e assistenziale (indennità di malattia) i lavoratori con contratto di lavoro ripartito sono equiparati ai lavoratori a tempo parziale; il calcolo delle rispettive prestazioni e contributi dovrà essere fatto mensilmente, salvo conguaglio a fine anno a seguito dell’effettivo svolgimento della prestazione lavorativa; non è dovuta la contribuzione per gli Assegni Familiari perché è a carico dell’INPS, sulla base dei criteri previsti per il lavoro a tempo parziale.

 

 

 § 4.  Apprendistato

 

> La legge 30/2203, che modifica fortemente lo scenario che regola l’apprendistato, entrerà effettivamente in vigore solo a seguito dell’emanazione da parte di ogni Regione di propri regolamenti attuativi e, per quanto riguarda l’obbligo formativo, solo a seguito dell’attuazione della riforma della scuola (riforma Moratti).

Vale nel frattempo la normativa vigente.

 

> Vengono istituite tre tipologie di contrattuali di apprendistato:

a)      apprendistato per l'espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione;

b)      apprendistato professionalizzante;

c)      apprendistato per l'acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione.

 

Caratteristiche comuni ai tre contratti:

-                      eliminazione dell’obbligo da parte del datore di lavoro di chiedere (alla Direzione provinciale del lavoro) l’autorizzazione preventiva per l’assunzione dell’apprendista (l’art.85 abroga il comma 2 della legge 25/1955): il rapporto si istaura direttamente tra le parti, col solo vincolo di riportare nel contratto gli elementi indicati dalla legge stessa;

-                     età e durata rimangono ancora regolamentate dal combinato disposto delle leggi 25/1955 e 196/1977;

-                     in attesa della riforma del sistema degli incentivi all’occupazione, restano fermi gli attuali sistemi (stabiliti dalla legge 25/1955) di erogazione economica dei contributi previdenziali e assistenziali (pagamento “forfetario” pari a €2.81 a settimana nel 2003) anche se saranno soggetti a verifica della formazione svolta (secondo modalità da definire);

-                     in caso di inadempimento della formazione (che sia tale da impedire la realizzazione delle finalità formative) di cui sia esclusivamente responsabile il datore di lavoro, quest’ultimo è tenuto a versare una quota di contributi agevolati maggiorati del 100%;

-                     il datore di lavoro dovrà comunque rispettare il limite numerico stabilito, che è “non superiore al 100% del numero delle maestranze qualificate/specializzate previste in organico”, eccezion fatta per l’artigianato (ai sensi della legge 443/85);

-                     il datore di lavoro dovrà altresì precisare, nella lettera di assunzione, i contenuti del contratto di apprendistato;

-                     l’inquadramento professionale non può essere inferiore di oltre 2 livelli contrattuali a quello del lavoratore di pari mansioni;

 

 

È importante notare che:

-         non è più previsto alcun obbligo per il datore di lavoro di conferma in servizio al termine del periodo di formazione;

-         resta confermata la disciplina previdenziale e assistenziale prevista dalla legge 25/1955 (e successive modificazioni);

-         in assenza di un quadro nazionale, la parte formativa sarà regolamentata da 21 provvedimenti assunti da altrettante Regioni, diversi tra loro, con ovvi problemi di trasferibilità;

-         non vi è più vincolo di formazione teorica esterna;

-         la certificazione pubblica delle competenze viene sostituita (con qualche ambiguità) dall’accreditamento delle “imprese formatrici”;

-         fatte salve esplicite previsioni di legge o di CCNL, gli apprendisti non concorrono al raggiungimento delle soglie dell’art.18 della legge 300/70 e per l’accesso agli ammortizzatori sociali.

 

> Viene utilmente prevista la certificazione (nel libretto individuale del lavoratore) di ogni esperienza formativa effettuata.

 

> La qualifica professionale conseguita attraverso un contratto di apprendistato costituisce credito formativo per il proseguimento nei percorsi di istruzione e di formazione professionale.

Allo scopo di armonizzare le diverse qualifiche viene istituito (presso il Min.Lav.) il Repertorio delle professioni.

 

Apprendistato per l'espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione.

> Trae origine dalla riforma dell’obbligo scolastico (DPR 257/2000) la quale prevede che l’obbligo  sia finalizzato all’acquisizione di una qualifica professionale.

Età prevista: c’è scritto 15 anni compiuti ma, attualmente, è 16 anni perché non è ancora operante il decreto (previsto dal DPR 257/2000) che consente ai quindicenni di assolvere al diritto-dovere alla formazione in alternanza scuola-lavoro.

Inoltre deve essere ancora regolamentata anche la parte che riguarda l’assolvimento dell’obbligo scolastico per gli apprendisti di età compresa tra i 16 e i 18 anni.

 

> Durata del contratto: è legata alla qualifica da conseguire, al titolo di studio, ai crediti professionali e formativi acquisiti. La durata minima, non essendo indicata (deve essere “congrua”), si ritiene possa essere 18 mesi (come previsto dalla legge 25/1955); non può comunque essere superiore a 3 anni.

 

> Compete alle Regioni, a Trento e Bolzano (con norme da emanare) regolamentare questi contratti nel rispetto dei seguenti criteri:

-         avere forma scritta;

-         indicare la prestazione lavorativa oggetto del contratto;

-         indicare la qualifica (ai sensi della legge 53/2003) che verrà acquisita;

-         contenere il piano formativo individuale;

-         divieto di stabilire il compenso dell’apprendista secondo tariffe di cottimo;

-         possibilità per il datore di lavoro di recedere dal rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato (art.2118 C.C.) ma divieto di recesso anticipato in assenza giusta causa o giustificato motivo;

-         previsione di un monte ore di formazione (interna o esterna all’azienda)[41] coerente con quanto stabilito dalla legge 53/2003;

-         rinvio ai contratti collettivi di lavoro (nazionali, territoriali e aziendali) per la determinazione, anche all’interno degli enti bilaterali, delle modalità di erogazione della formazione aziendale, nel rispetto dei (rispettivi) regolamenti regionali;

-         riconoscimento (sulla base dei risultati conseguiti all’interno del percorso di formazione, esterna e interna all’impresa) della qualifica professionale ai fini contrattuali;

-         registrazione della formazione effettuata nel libretto formativo;

-         presenza di un “tutore” aziendale con formazione e competenze adeguate.

 

> Non vi è un alcun richiamo alle c.d. “condizioni di miglior favore” ma solo un generico rinvio ai contratti collettivi. Attenzione: i contratti collettivi considerati utili possono essere anche aziendali e stipulati da sindacati maggiormente rappresentativi (anche solo) nel territorio o nell’azienda.

 

> Non c’è più alcun riferimento alla conferma in servizio al termine del periodo di formazione.

 

> Viene meno la subordinazione dei benefici contributivi alla partecipazione degli apprendisti alle iniziative (almeno 120 ore) di formazione esterna all’azienda previste dai CCNL (comma 2, art.16 della legge 196/97).

 

Apprendistato professionalizzante.

> È finalizzato al conseguimento di una generica qualificazione - competenze di base, trasversali e tecnico-professionali;

Età prevista: tra i 18 e i 29 anni; 17 anni se si è già in possesso di una qualifica professionale (ai sensi della legge 53/2003).

 

> Durata del contratto: viene demandata alla contrattazione nazionale o regionale; non può essere inferiore a 2 anni (prima era 18 mesi) e superiore a 6 anni.

Il contratto di apprendistato professionalizzante è disciplinato in base ai seguenti criteri:

-                     previsione di un monte ore di formazione (interna o esterna all’azienda), di almeno 120 ore l’anno, coerente con quanto stabilito dalla legge 53/2003;

-                     rinvio ai contratti collettivi di lavoro (nazionali, territoriali e aziendali) per la determinazione, anche all’interno degli enti bilaterali, delle modalità di erogazione della formazione aziendale, nel rispetto dei (rispettivi) regolamenti regionali;

-                     riconoscimento (sulla base dei risultati conseguiti all’interno del percorso di formazione, esterna e interna all’impresa) della qualifica professionale ai fini contrattuali;

-                     registrazione della formazione effettuata nel libretto formativo;

-                     presenza di un “tutore” aziendale con formazione e competenze adeguate.

 

Apprendistato per l'acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione.

Trae origine dalla riforma del sistema scolastico (lett. G dell’art.2 della legge 53/2003) e consente di acquisire un titolo di studio di livello superiore (livello secondario, universitario, di alta formazione nonché per la specializzazione tecnica superiore di cui all’art.69 della legge 144/1999) attraverso il contratto di apprendistato.[42]

Età prevista: tra i 18 e i 29 anni; 17 anni se si è già in possesso di una qualifica professionale (ai sensi della legge 53/2003).

 

> Durata e contenuti formativi saranno definiti dalle Regioni in accordo con le Università, le associazioni dei datori di lavoro e le altre strutture formative: il sindacato è stato escluso.

 

Apprendistato (vigente fino alla effettiva entrata in vigore della Legge 30/2003)[43] 

>La normativa vigente viene modificata nel modo seguente, dalla legge 196/97:

L'età prevista è da 16 a 24 anni, 26 nel mezzogiorno e nelle aree a declino industriale.

>La durata non può essere inferiore a 18 mesi e superiore a 4 anni. Per i portatori di handicap i limiti di età sono elevati di 2 anni.

>Le agevolazioni contributive saranno concesse a condizione che gli apprendisti abbiano partecipato ad almeno 120 ore medie annue di f/p esterna all'azienda, che saranno certificate dalla Regione. Il datore di lavoro deve comunicare alla Regione l'assunzione dell'apprendista in modo che gli possa venir offerta un'occasione di formazione adatta. Un numero di ore ridotto sarà previsto per i soggetti in possesso di disciplina post-obbligo o di qualifica professionale idonei all'attività da svolgere. Agevolazioni contributive sono previste anche per i “tutors” di tale f/p, i quali possono anche essere titolari di imprese artigiane.

>Il Ministero deve armonizzare le norme di CFL con quelle dell'apprendistato.

Sono fatte salve le condizioni di miglior favore previste da norme e accordi vigenti per l'artigianato. E' necessario l'avvio di un confronto con le controparti per regolare al meglio la materia.

>Tutte le scuole edili del settore sono state interessate da iniziative di informazione e formazione sulla nuova normativa dell'apprendistato e molte hanno anche partecipato ad un programma biennale sperimentale di F/P promosso dal Formedil nazionale e finanziato dal Min.Lav..

>I periodi di apprendistato presso più imprese si cumulano se non sono separati da interruzioni più lunghe di un anno e se si riferiscono alle stesse attività.

 

 

§ 5. Contratto di inserimento

 

> sostituisce il Contratto di formazione-lavoro (Cf/l) ed è destinato (mediante progetti individuali) all’inserimento nel mondo del lavoro delle così dette “fasce deboli” e cioè:

  1. soggetti di età compresa tra 18 e 29 anni;
  2. disoccupati di lunga durata da 29 fino a 32 anni di età;
  3. lavoratori privi di posto di lavoro con più di 50 anni di età;
  4. lavoratori che non abbiano lavorato per almeno due anni e che desiderano riprendere un’attività lavorativa;
  5. donne di qualsiasi età purché residenti in un’area geografica il cui tasso di occupazione femminile sia inferiore almeno del 20% di quello maschile o in cui il tasso si disoccupazione femminile superi del 10% quello maschile. I tassi verranno stabiliti con apposito decreto da emanarsi (entro il 9 novembre 2003) a cura del Min.Lav. di concerto con Min. Finanze;
  6. persone che, ai sensi della normativa vigente, siano riconosciute affette da un grave handicap fisico, mentale o psichico.

 

> Il contratto di inserimento può essere stipulato da:

a.                               enti pubblici economici, imprese e loro consorzi;

b.                              gruppi di imprese;

c.                               associazioni professionali, socio-culturali, sportive;

d.                              fondazioni;

e.                               enti di ricerca pubblici e privati;

f.                                organizzazioni e associazioni di categoria.

 

> I datori di lavoro possono accendere (nuovi) contratti di inserimento solo se hanno mantenuto in servizio[44] almeno il 60% dei lavoratori il cui contratto di inserimento sia venuto a scadere nei 18 mesi precedenti. Da questo computo sono però esclusi:

-                     i lavoratori che si sono dimessi;

-                     quelli licenziati per giusta causa;

-                     quelli che, al termine del rapporto di lavoro, abbiano rifiutato di rimanere in servizio con rapporto di lavoro a tempo indeterminato;

-                     i contratti risolti nel corso o al termine del periodo di prova;

-                     (un bonus di) 4 contratti non trasformati in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

 

> Le suddette limitazioni non si applicano qualora, nei 18 mesi precedenti all’assunzione del lavoratore, sia venuto a scadenza 1 solo contratto di inserimento.

 

> Resta applicabile (se più favorevole) quanto stabilito in materia di reinserimento dei lavoratori disoccupati dall’art.20 della legge 223/1991[45].

 

> Il contratto di inserimento deve avere forma scritta e deve indicare specificatamente il progetto individuale di inserimento: in assenza di forma scritta il contratto di inserimento è nullo e il lavoratore si intende assunto a tempo indeterminato.

Sono “condizioni” per l’assunzione con contratto di inserimento: il consenso del lavoratore e la definizione del progetto individuale di inserimento.

Il progetto individuale di inserimento è finalizzato ad adeguare le competenze professionali del lavoratore al ciclo lavorativo.

 

>Si rimandano alla contrattazione nazionale, territoriale e aziendale, anche attraverso gli Enti bilaterali:

-         le modalità per la definizione dei piani individuali di inserimento;

-         le modalità di realizzazione del progetto, anche utilizzando i fondi interprofessionali per la formazione continua (fondi dello 0.30%);

-         le modalità di definizione di definizione e sperimentazione di orientamenti, linee-guida e codici comportamentali diretti ad attuare i progetti.

 

> Le modalità per la definizione dei piani individuali di inserimento sono demandate, in prima istanza, alla libera contrattazione. Se entro il 10 febbraio 2004 la materia non sarà normata, il Min.Lav. convocherà le parti per favorire un accordo che dovrà però essere concluso entro ulteriori 4 mesi. Dopodiché è prevista l’emanazione “in via provvisoria” di un decreto del Min.Lav..

 

> È previsto il ricorso al libretto formativo nel quale dovrà essere annotata tutta la formazione eventualmente effettuata durante l’esecuzione del rapporto di lavoro.

Solo nel caso di (non meglio specificate) “gravi inadempienze” nella realizzazione del progetto individuale il datore di lavoro deve versare la quota dei contributi agevolati maggiorati del 100%.

 

> La durata minima è di 9 mesi; quella massima è di 18 mesi che però possono essere estesi a 36 in caso di assunzione di lavoratori affetti da un grave handicap fisico, mentale o psichico.

Non è rinnovabile tra le stesse parti.

Per il computo del limite massimo non si deve però tener conto dei periodi dedicati al servizio militare o civile e dei periodi di astensione per maternità.

 

> Salvo quanto stabilito dai CCNL e dagli accordi aziendali (che possono stabilire le percentuali massime), al contratto di inserimento si applicano (per quanto compatibili) le disposizioni di cui al DLgs. 368/2001[46].

 

> Durante il rapporto di inserimento l’inquadramento professionale non può essere inferiore di oltre 2 livelli contrattuali a quello del lavoratore di pari mansioni.

 

> Fatte salve esplicite previsioni di CCNL, i lavoratori assunti con contratto di inserimento non concorrono al raggiungimento delle soglie dell’art.18 della legge 300/70 e per l’accesso agli ammortizzatori sociali: si applica solo la CigO edile (artt. 1-8 della legge 427/75).

 

> A tutti i lavoratori con contratto di inserimento (eccetto quelli di età compresa tra 18 e 29 anni), in attesa della riforma del sistema degli incentivi all’occupazione, si applicano gli incentivi economici previsti dai Contratti di formazione-lavoro (Cf/l).

 

> Vengono introdotti i “Tirocini estivi di orientamento”:

-                     sono corsi di orientamento e addestramento pratico, riservati ad adolescenti o giovani (regolarmente iscritti ad un corso universitario o scolastico);

-                     si svolgono durante le vacanze estive (tra un anno accademico e l’altro);

-                     hanno durata non superiore a 3 mesi anche in caso di cumulo di più tirocini;

-                     possono esser previste “borse di studio” ma non superiori a €600,00 al mese;

-                     i contratti collettivi possono stabilire limiti percentuali massimi per l’impiego di giovani, diversamente non è previsto limite;

-                     a tali contratti si applicano (se non in contrasto con l’art.60) le disposizioni di cui all’art.18 della legge 196/1977[47] e del Decreto Min.Lav. 142/1998.

 

> Agevolazioni al datore di lavoro.

In caso di assunzione di lavoratori con Contratto di inserimento al datore di lavoro è concessa, per quei lavoratori, la contribuzione ridotta del 25% rispetto a quella normalmente dovuta.

Sgravi contributivi superiori sono riconoscibili solo per laureati fino a 29 anni.

Per i contratti stipulati in assenza delle condizioni richieste dalla normativa europea (creazione di nuovi posti di lavoro in favore di inoccupati o di persone che hanno perso il lavoro e che rientrano nel quadro degli interventi di sostegno all'occupazione; assunzione di giovani con meno di 25 anni, se laureati fino a 29 anni, disoccupati da almeno un anno) lo sgravio contributivo è riconosciuto solo per 100.000 Euro per tre anni per singola impresa.

 

 

§ 6   Lavoro a progetto

 

> I rapporti di Collaborazione coordinata e continuativa (Co.co.co)[48] “devono” essere ricondotti ad uno o più “Progetti” specifici o “Programmi” di lavoro o “Fase” di un programma” di lavoro.

 

> Le Co.co.co attualmente in essere e che non possono essere ricondotte a un progetto o a una fase di esso mantengono efficacia fino alla loro scadenza e, in ogni caso, non oltre il ottobre 2004. Con accordo sindacale stipulato a livello aziendale questo termine di un anno potrà essere superato.

 

> I rapporti di Collaborazione coordinata e continuativa istaurati senza l’individuazione di uno specifico progetto o programma o fase di programma sono considerati “rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato” sin dalla data di costituzione del rapporto. In tal caso competerà al giudice:

-         attivare il controllo giudiziale (procedura di “accertamento”) che “è limitato esclusivamente … all’accertamento della esistenza del progetto, programma di lavoro o fase di esso” e non può “sindacare nel merito le scelte e le valutazioni tecniche, organizzative o produttive che spettano al committente”;

-         (a verifica positiva) trasformare il rapporto di Collaborazione coordinata e continuativa in un rapporto di lavoro subordinato corrispondente alla tipologia negoziale di fatto realizzatasi tra le parti.

 

> I diritti e gli obblighi delle parti sono regolati dalla normativa vigente.

Sono esclusi dal campo di applicazione di questa norma:

-         le professioni intellettuali per le quali è prevista l’iscrizione negli Albi professionali;

-         quelli relativi il perseguimento dei fini istituzionali di società sportive dilettantistiche;

-         i componenti gli organi di amministrazione e controllo delle società;

-         i partecipanti a collegi e commissioni;

-         chi percepisce la pensione di vecchiaia.

 

> Sono comunque fatte salve eventuali clausole di contratto individuale o di accordo collettivo più favorevoli per il collaboratore a progetto.

 

> Sia il “Progetto” che il “Programma” (o “Fase di un programma”) sono determinati dal committente ma gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con l’organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa.

 

> Il contratto di lavoro a Progetto o Programma o Fase di un programma deve avere forma scritta e, ai fini della prova, deve:

-         contenere la durata (determinata o determinabile) della prestazione di lavoro;

-         indicare il Progetto o Programma o Fase di un programma e relativi contenuti caratterizzanti;

-         indicare il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione, i tempi e le modalità di pagamento nonché la disciplina dei rimborsi spese; il corrispettivo deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito e tener conto dei compensi “normalmente corrisposti” per analoghe prestazioni di “lavoro autonomo” nel luogo di esecuzione del rapporto.

-         contenere le forme di coordinamento del lavoratore al committente circa l’esecuzione (anche temporale) della prestazione lavorativa che però non devono pregiudicare l’autonomia del lavoratore nell’esecuzione dell’obbligazione lavorativa;

-         le eventuali misure per la tutela della salute e della sicurezza del lavoratore a progetto.

 

> Salvo diverso accordo tra le parti, il collaboratore a progetto può svolgere la sua attività a favore di più committenti.

 

> I diritti derivanti dall’applicazione delle norme che regolano il contratto a progetto possono essere oggetto di “rinunzie” o “transazioni”  tra le parti; tali condizioni devono essere esplicitate (e registrate) al momento della “certificazione del rapporto di lavoro”.

 

> Il collaboratore a progetto non può:

-         svolgere attività in concorrenza con i committenti;

-         esprimere notizie e apprezzamenti attinenti ai programmi e all’organizzazione degli stessi;

-         compiere atti che pregiudichino l’attività dei committenti.

 

> Il lavoratore a progetto ha il diritto di essere riconosciuto autore dell’invenzione fatta anche nello svolgimento dell’attività dei committenti medesimi. Fa eccezione l’utilizzazione economica del programma informatico o della banca dati creati dal dipendente (lavoratore a progetto) nell’esecuzione delle sue mansioni o su istruzioni impartite dal committente.[49]

Malattia e infortunio sul lavoro:

-         non viene erogato il corrispettivo;

-         il contratto viene “sospeso” (non estinto) ma, se non diversamente previsto nel contratto individuale, la scadenza rimane invariata;

-         il committente può recedere dal contratto:

-         nei contratti a durata determinata se il periodo di sospensione risulti superiore a 1/6 della durata del contratto;

-         nei contratti a durata determinabile se il periodo di sospensione risulti superiore a 30 giorni.

 

> Sicurezza ed igiene del lavoro:

-         si applicano le norme previste dal DLgs. 626/1994 quando la prestazione lavorativa si svolge nei luoghi di lavoro del committente;

-         si applicano comunque le norme di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali previste dal comma 1 dell’art.51 della legge 488/1999 e dal decreto Min.Lav. 12 gennaio 2001, n.71. 

 

> Gravidanza:

-         non viene erogato il corrispettivo;

-         il contratto viene “sospeso” (non estinto) e, salva più favorevole disposizione del contratto individuale,  la durata del contratto è prorogata di 180 giorni;

-         per tutta la durata della maternità vale l’integrazione INPS prevista dal Testo Unico sulla maternità (art.64 DLgs. 151/2001).

 

> L’estinzione del contratto avviene:

-         a seguito della realizzazione dell’oggetto del contratto (progetto, programma o fase si programma);

-         per recessione per giusta causa;

-         secondo le causali e modalità (incluso il preavviso) stabilite nel contratto individuale.

 

 

§ 7.  Lavoro occasionale

 

Le prestazioni di lavoro di tipo occasionale (“prestazioni Occasionali”) sono rapporti di collaborazione la cui durata complessiva (nel corso dell’anno solare e con lo stesso committente) non può superare il limite di 30 giorni e il cui compenso complessivamente percepito non deve superare i 5.000 €/anno.

 


 

 

 

 

 

 

 

APPENDICE

 

 

§  1   Liste di mobilità                                                    pag.       49

 

§  2   Quota di assunzioni di licenziati per fine

         grande opera pubblica                                           pag.        51

 

§  3    Appalto, distacco, prestazioni occasionali           pag.        51

 

§  4    Gruppi di imprese                                                 pag.        54

 

§  5     Procedure di certificazione

           ed interposizione illecita                                      pag.         54           

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

APPENDICE

 

§1. Iscrizione nelle liste di mobilità [50]

(norme ancora in vigore, in attesa della riforma  degli ammortizzatori sociali e della legislazione regionale)

 

a) requisiti soggettivi

 

Possono iscriversi alla lista di mobilità (che è regionale, articolata per sezioni circoscrizionali) i lavoratori licenziati in seguito al completamento di grandi opere pubbliche (v.§ 2 cap.2), quelli licenziati per riduzione di personale da aziende con più di 15 dipendenti attraverso le procedure dell’art. 4 L. 223/91 (v. § 1 cap. 2) e, solo fino al 31/12/03 (v. art.41 c. 2  L.289/02) , quelli licenziati da aziende che occupano anche meno di 15 dipendenti e solo nei casi di giustificato motivo oggettivo connesso a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di lavoro, (ovvero lavoratori stabilmente in organico, v. circ. Ministero del lavoro 14/6/94 prot. n. 3358).

Tutti questi lavoratori non hanno comunque diritto alla indennità di mobilità, in quanto il settore edile ne è escluso.

 

b) procedure di richiesta

 

Il lavoratore deve chiedere l’iscrizione entro 60 giorni dal licenziamento, alla sezione circoscrizionale per l’impiego territorialmente competente. La sezione verifica le condizioni soggettive e trasmette la domanda all’Ufficio regionale del lavoro.

 

c) vantaggi per i lavoratori

 

L’iscrizione nelle liste di mobilità dà al lavoratore iscritto il diritto a:

 

- essere convocato dalla sezione circoscrizionale, che è in rapporto con l’agenzia dell’impiego, per far conoscere la propria storia professionale e le proprie disponibilità per un nuovo lavoro;

 

- partecipare ai progetti di reinserimento ed alle iniziative di riqualificazione professionale predisposte dall’agenzia regionale per l’impiego;

 

- ricevere offerte di lavoro tramite l’ufficio del lavoro, con priorità sugli altri iscritti al collocamento, nonché richieste di utilizzazione temporanea per opere e servizi di pubblica utilità da parte della commissione regionale per l’impiego;

 

- avere un diritto di precedenza nelle assunzioni da parte di aziende che hanno licenziato per riduzione di personale e che riassumano lavoratori entro un anno da quei licenziamenti  (v. art. 15 L. 29 aprile 1949 n. 264 e successive modificazioni).

 

- essere un tramite di incentivi economici per l’azienda che lo assume (v.§ 6 di questo capitolo).

 

- se è assunto in un lavoro proposto dalla sezione circoscrizionale per l’impiego in un luogo in cui ha trasferito la propria residenza, ha diritto all’assistenza concessa dal Ministero del lavoro ai lavoratori e familiari migranti per motivi di lavoro all’interno o all’esterno dello Stato, ed inoltre all’indennità di nuova sistemazione, al rimborso delle spese di viaggio per sè e la propria famiglia ed al rimborso delle spese di trasporto del mobilio (v. regolamenti CEE nn. 2396, 2397, 2398 del 1971 e successive modificazioni, di cui si può avere spiegazione presso ogni ufficio del collocamento).

Se il lavoratore non rientra nei limiti previsti da questi regolamenti CEE, ma ha lavorato nella nuova residenza almeno 6 mesi in attività subordinata e non stagionale, ha diritto al rimborso delle spese di viaggio per sè e la famiglia e ad un’indennità di nuova sistemazione.

 

d) cancellazione dalle liste di mobilità

 

Con decisione del direttore dell’Ufficio provinciale del lavoro, emessa entro 15 giorni dal verificarsi di una delle cause seguenti, il lavoratore è cancellato dalla lista di mobilità e perde anche il diritto all’eventuale trattamento di disoccupazione speciale prolungata di cui stia usufruendo (tranne che la cancellazione avvenga per scadenza temporale). Contro tale decisione il lavoratore può ricorrere, entro 30 giorni, al direttore dell’ufficio regionale del lavoro che decide entro 20 giorni.

Si resta iscritti nella lista di mobilità per un tempo equivalente a quello previsto per usufruire in base all’età, dell’indennità di mobilità, ovvero 12 mesi per un’età inferiore a 40 anni, 24 mesi compiuti i 40 anni, 36 mesi compiuti i 50 anni, nel centro-nord; 24 mesi sotto i 40 anni, 36 mesi compiuti i 40 anni, 48 mesi compiuti i 50 anni, nel mezzogiorno. Nel caso di disoccupazione edile prolungata (18 o 27 mesi) si resta iscritti nella lista di mobilità per un periodo minimo equivalente a quello del trattamento e massimo in relazione all’età che si aveva al momento dell’iscrizione. Stesse scadenze per chi è iscritto senza diritto ad alcun trattamento (art. 4 L. 236/93).

 

I periodi di astensione obbligatoria e facoltativa per maternità non sono computati nei limiti temporali di permanenza nelle liste di mobilità. La lavoratrice che in tali periodi rifiuta l’offerta di lavoro o di impiego nei servizi od opere di pubblica utilità, non viene cancellata dalla lista di mobilità.

 

I motivi di cancellazione dalle liste di mobilità sono:

 

- decorrenza dei termini;

 

- rifiuto di frequentare (o scarsa frequenza) un corso di formazione autorizzato dalla regione;

 

- rifiuto di un lavoro professionalmente equivalente od omogeneo, con inquadramento non inferiore del 10% a quello di provenienza, entro 50 km dalla residenza o raggiungibile in 60 minuti con mezzi pubblici (distanze che possono essere variate dalle CRI).

 

- rifiuto di essere impiegato in opere o servizi di pubblica utilità proposti dalla commissione regionale dell’impiego, entro 50 km della residenza o raggiungibili in 60 minuti con mezzi pubblici;

 

- non comunicazione alla sede territoriale dell’INPS del lavoro svolto a tempo determinato o a tempo parziale;

 

- rifiuto, senza giustificato motivo, della convocazione da parte della sezione circoscrizionale o dell’agenzia per l’impiego;

 

- assunzione a tempo pieno indeterminato [51]

 

- scelta di richiedere subito la corresponsione di tutto il trattamento di sostegno al reddito cui si ha diritto, per svolgere attività autonoma.

 

§2. Quota riservata di assunzioni per licenziati nel completamento di grande opera pubblica [52].

 

I lavoratori licenziati in seguito al completamento di grandi opere pubbliche ed a cui è stato riconosciuto il diritto alla disoccupazione speciale prolungata (v. § 2 cap. 2), hanno diritto ad una quota riservata di assunzioni da parte di aziende edili impegnate in opere pubbliche nella stessa regione. Questa quota, mai superiore al 25% dell'organico di queste aziende, è determinata dalle commissioni regionali del lavoro, è comprensiva del 12% di riserva [53]di assunzioni prevista dall'art. 25 c. L. 223/91 ed è da considerarsi aggiuntiva all'organico aziendale esistente nel momento dell'affidamento dei lavori.

 

 

§ 3.   Appalto, distacco, prestazioni occasionali                                               

 

1  Appalto

 

Il contratto di appalto si ha quando l’appaltatore[54] assume su di sé anche l’organizzazione dei mezzi necessari per la realizzazione dell’opera o del servizio oggetto del contratto ma, ora anche se si limita a mantenere il solo potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto[55].

In caso di appalto di servizi il committente[56] è obbligato in solido con l’appaltatore a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti ma solo entro 1 anno dalla cessazione dell’appalto.

 

Non costituisce “trasferimento d’azienda” o “trasferimento di parte d’azienda” l’acquisizione del personale già impiegato nell’appalto:

-         a seguito di subentro di un nuovo appaltatore;

-         in forza di legge;

-         per contratto collettivo nazionale di lavoro;

-         per clausola di contratto d’appalto.

 

Ai fini del DLgs. di attuazione della legge 30/2003 all’impresa appaltatrice non viene chiesta alcuna garanzia sul piano finanziario e della parità di costi.

2  Distacco

 

Si ha quando un datore di lavoro[57] (e senza specifiche motivazioni) pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro datore di lavoro [58] per l’esecuzione di un determinato lavoro.

 

Il datore di lavoro rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore.

Non è obbligatoria la forma scritta e la “comunicazione tempestiva” al lavoratore interessato.

Se il distacco comporta un mutamento di mansioni è necessario il consenso del lavoratore interessato; se comporta il trasferimento ad un’unità produttiva posta a più di 50 km da quella in cui il lavoratore è adibito, il distacco può avvenire soltanto in caso di comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive.

Resta però in vigore l’art.3 del DLgs. 152/1997 relativo all’obbligo di informazione scritta al lavoratore, nonché la normativa[59] che rimanda alla contrattazione “la possibilità di regolamentare il comando o il distacco di uno o più lavoratori dall’impresa ad un’altra per una durata temporanea”.

 

Gruppi di impresa e modifica del comma quinto dell’art.2112 del codice civile.

Il DLgs. di attuazione della legge 30/2003 modifica l’art.2112 del codice civile[60] che norma i processi di esternalizzazione di attività (il cosiddetto “outsourcing”) realizzati attraverso l’istituto del “trasferimento di ramo d’azienda”.

 

Le modifiche più rilevanti riguardano il fatto che:

-         il requisito della “autonomia funzionale e produttiva” del ramo d’azienda da trasferire si determina al “momento del trasferimento” del ramo d’azienda;

-         l’individuazione dell’autonomia funzionale del ramo d’azienda da trasferire è demandata in via esclusiva al cedente e al cessionario;

-         nel caso in cui il cedente stipuli con l’acquirente un contratto di appalto la cui esecuzione avviene utilizzando il ramo d’azienda oggetto di cessione, tra appaltante e appaltatore opera il regime di solidarietà (presente in tutti i contratti di appalto) di cui all’art.1676 C.C.

 

Poiché non è più obbligatorio che il ramo d’azienda sia “preesistente” alla sua cessione, si configura la possibilità di scorporare e cedere a terzi non solo interi settori ma anche singoli uffici o, genericamente, parti di aziende; in questo, facendo oggettivamente aumentare il rischio di un utilizzo a fini di mera riduzione di personale.

 

A tal proposito è utile rammentare che permangono in vigore tutti i diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda. In particolare:

# il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano;

# il cedente e il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento;

# il lavoratore può consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro (con le procedure di cui agli artt.410 e 411 C.P.C.);

# il cessionario è tenuto ad applicare, fino alla loro scadenza, i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi (nazionale, territoriale ed aziendale) vigenti fino alla data del trasferimento, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all’impresa del cessionario;

# l’effetto di sostituzione si produce esclusivamente tra contratti collettivi del medesimo livello;

# ferma restando la facoltà di esercitare il diritto di recesso previsto dalla normativa, il trasferimento d’azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento;

# entro i tre mesi successivi il trasferimento d’azienda, il lavoratore le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica può rassegnare le proprie dimissioni con gli effetti di cui al primo comma dell’art.2119 C.C.

 

3  Prestazioni occasionali di tipo accessorio rese da particolari soggetti

 

Prestazioni strettamente occasionali rese da “soggetti a rischio di esclusione sociale” o “comunque non ancora entrati nel mondo del lavoro” o “in procinto di uscirne”  nell’ambito (di interesse del settore delle costruzioni):

-         dell’insegnamento privato supplementare (scuole edili, ecc.);

-         dei piccoli lavori di giardinaggio o di pulizia e manutenzione di edifici e monumenti;

-         della realizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritatevoli;

-         della collaborazione con enti pubblici e associazioni di volontariato per l’effettuazione di lavori di emergenza (calamità o eventi naturali) o di solidarietà.

 

Possono svolgere lavoro accessorio:

-         disoccupati da oltre un anno;

-         pensionati, studenti, casalinghe;

-         disabili e soggetti in comunità di recupero;

-         lavoratori extracomunitari, regolarmente soggiornanti in Italia nei 6 mesi successivi alla perdita del lavoro.

 

La disponibilità a svolgere un lavoro accessorio va comunicata ai servizi per l’impiego delle rispettive province o ai soggetti accreditati (art.7 DLgs. 276/2003); a seguito di tale comunicazione i soggetti interessati ricevono “a proprie spese” una tessera magnetica dalla quale risulti la propria condizione.

La durata complessiva (anche con più committenti) non può superare il limite di 30 giorni nel corso dell’anno solare e il compenso complessivo sia inferiore a 3.000 €/anno.

Per ricorrere a prestazioni di lavoro accessorio i beneficiari[61] debbono acquistare (presso rivendite autorizzate) uno o più carnet di “buoni per prestazioni di lavoro accessorio”.

Il “buono” per prestazioni di lavoro accessorio ha valore nominale di €7,50.

Il prestatore di lavoro accessorio, all’atto della restituzione del buono (ricevuto dal beneficiario a prestazione avvenuta) a uno o più dei soggetti accreditati (art.7 DLgs. 276/2003), percepisce il proprio compenso in misura pari a €5,80. Questo compenso è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato.

All’atto del pagamento delle spettanze, i soggetti accreditati (art.7 DLgs. 276/2003) registrano i dati anagrafici e il codice fiscale del prestatore di lavoro accessorio e provvedono per suo conto al versamento di €1,00 all’INPS[62] (contributi per fini previdenziali) e €0,50 all’INAIL (assicurazione infortuni).

L’ente o la società concessionaria trattiene €0,20 a titolo di rimborso spese.

§ 4. DISPOSIZIONI IN MATERIA DI GRUPPI DI IMPRESA E TRASFERIMENTO D’AZIENDA

 

Gruppi di impresa e modifica del comma quinto dell’art.2112 del codice civile.

 

Il DLgs. di attuazione della legge 30/2003 modifica l’art.2112 del codice civile[63] che norma i processi di esternalizzazione di attività (il cosiddetto “outsourcing”) realizzati attraverso l’istituto del “trasferimento di ramo d’azienda”.

Le modifiche più rilevanti riguardano il fatto che:

-         il requisito della “autonomia funzionale e produttiva” del ramo d’azienda da trasferire si determina al “momento del trasferimento” del ramo d’azienda;

-         l’individuazione dell’autonomia funzionale del ramo d’azienda da trasferire è demandata in via esclusiva al cedente e al cessionario;

-         nel caso in cui il cedente stipuli con l’acquirente un contratto di appalto la cui esecuzione avviene utilizzando il ramo d’azienda oggetto di cessione, tra appaltante e appaltatore opera il regime di solidarietà (presente in tutti i contratti di appalto) di cui all’art.1676 C.C.

Poiché non è più obbligatorio che il ramo d’azienda sia “preesistente” alla sua cessione, si configura la possibilità di scorporare e cedere a terzi non solo interi settori ma anche singoli uffici o, genericamente, parti di aziende; in questo, facendo oggettivamente aumentare il rischio di un utilizzo a fini di mera riduzione di personale.

A tal proposito è utile rammentare che, nonostante le “aperture” introdotte, permangono in vigore tutti i diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda.[64]

 

§  5   PROCEDURE DI CERTIFICAZIONE

 

1  Certificazione dei contratti di lavoro

Obiettivo della certificazione è la riduzione, attraverso un accordo volontario tra datore di lavoro e lavoratore, del contenzioso in materia di qualificazione dei contratti di lavoro.

Possono certificare le “Commissioni di certificazione” costituite da:

a)                                                      Direzioni provinciali dell’Impiego (va emanato decreto ministeriale);

b)                                                      enti bilaterali territoriali o nazionali (se costituiscono una Commissione di certificazione nazionale). NOTA BENE: sono abilitati a certificare gli enti bilaterali il cui statuto preveda espressamente che tale funzione sia compresa tra quelle istituzionalmente previste. Si rammenta che nel caso degli enti bilaterali che operano nel comparto edile, gli statuti vigenti non prevedono la possibilità di costituire Commissioni di certificazione dei rapporti di lavoro e che le modifiche statutarie dei suddetti enti bilaterali debbono essere assunte ad unanimità;

c)                                                      Province;

d)                                                      Università pubbliche e private, limitatamente ai rapporti attivati con docenti di diritto del lavoro (va emanato decreto ministeriale).

 

Sono certificabili:

  1. i rapporti di lavoro:

o       intermittente;

o       ripartito;

o       a tempo parziale;

o       a progetto, programma o parte di esso;

o       di associazione in partecipazione[65].

  1. i regolamenti interni delle cooperative;
  2. la distinzione tra somministrazione di manodopera e appalto (Interposizione illecita);
  3. le rinunzie e le transazioni[66] al momento della costituzione del rapporto di lavoro.

 

Le procedure per la certificazione prevedono:

-         la presentazione di una “istanza di avvio” che nel caso a) sarà la Direzione provinciali dell’Impiego della circoscrizione in cui si trova l’azienda o una sua dipendenza, mentre nel caso b) dovranno sono le commissioni (eventualmente!!) costituite presso gli enti bilaterali territoriali (o nazionale);

-         la comunicazione dell’avvenuta istanza (da parte della Commissione) alla Direzione provinciale del lavoro che provvede a sua volta a comunicarlo alle altre autorità pubbliche cointeressate (che possono presentare osservazioni;

-         il procedimento deve concludersi entro 30 giorni dal ricevimento dell’istanza;

-         l’atto che conclude il procedimento deve essere motivato; deve contenere i termini temporali e l’autorità cui è possibile avanzare ricorso; deve esplicitamente indicare gli effetti civili, amministrativi, previdenziali, fiscali per i quali si richiede la certificazione.

 

L’atto (il contratto) così stipulato ha pieno effetto giuridico anche verso terzi (INPS compreso); fatti salvi i provvedimenti cautelari previsti, l’accoglimento (con sentenza di merito) di uno dei “ricorsi giudiziali esperibili” interrompe da quel momento in poi gli effetti dell’accertamento.

È fatto “obbligo” che, prima della presentazione di un ricorso giudiziale, vengano espletate (presso la Commissione che ha certificato l’atto) le procedure di Conciliazione[67].

Le procedure per la certificazione di cui sopra debbono avvenire nel rispetto dei “Codici di buone pratiche per l’individuazione delle clausole indisponibili in sede di contrattazione” (da emanarsi, entro il marzo 2004, con decreto del Min.Lav.).

È prevista la predisposizione a cura del Min.Lav. di apposita modulistica per la certificazione.

Ricorsi giudiziali esperibili: l’art.80 del DLgs. 276/2003 stabilisce che possono essere proposti ricorsi all’autorità giudiziaria[68] solo se riguardanti:

-         Erronea qualificazione del contratto: se accertata, ha effetto sin dal momento della stipula del contratto.

-         Difformità tra il programma di lavoro accertato e la sua successiva attuazione: se accertata, ha effetto dal momento stabilito dalla sentenza.

-         Vizio del consenso

 

Il giudice del lavoro “potrà” valutare il “comportamento complessivo” tenuto dalle parti in sede di certificazione del rapporto di lavoro e di definizione della controversia davanti alla commissione di certificazione ai sensi degli artt. 9, 92 e 96 del C.P.C.[69]

È ammesso ricorso al TAR competente per territorio per violazione di provvedimento o eccesso di potere.

Le Commissioni di certificazione possono assistere “le parti contrattuali” al momento della stipula del contratto in merito alla disponibilità dei diritti e alla “esatta qualificazione” dei contratti di lavoro.

 

 

2  Interposizione illecita

Le procedure di certificazione possono essere usate anche al fine di evitare la somministrazione illecita, con particolare riferimento alla necessità di distinguere la somministrazione di lavoro dall’appalto.

Entro il marzo 2004, il Min.Lav. adotterà un decreto deputato ad definire indici presuntivi in materia di interposizione illecita e ap

 

 

 



[1] v. art. 6 e chiarimento all'art. 6 dell'Accordo Interconfederale sui licenziamenti per riduzione di personale, del 5/5/65,  pubblicato in appendice al CCNL Edili.

[2] v. capitolo 2 § 2, disciplina dell'art. 11 L. 223/91 (licenziamento per fine lavoro in grandi opere pubbliche)

[3]  vedi al riguardo sentenza del Pretore di Aosta del 12/11/92, archivio della Fillea CGIL nazionale e circolare Fillea n. 150  del 12/11/92.

[4]  Il comma1, dell’art.3 del DLgs. 8 aprile 2003, n.66 stabilisce che il tempo pieno è pari a 40 ore settimanali; salvo minor orario se fissato dai contratti collettivi applicati.

[5]  Di cui a: DLgs. 368/2001, art.8 della legge 223/1991 e art.10 della legge 53/2000.

[6]  Modifiche apportate all’art.8 del DLgs. 61/2000.

[7]  Essendo un “contratto individuale” le parti sono il datore di lavoro e il lavoratore.

[8]  Modifica introdotta all’art.6 del DLgs.  61/2000.

[9]   Prima erano 10 giorni.

[10]  Il “lavoro supplementare” sono le ore lavorative effettuate oltre l’orario di lavoro concordato ed entro il limite del “tempo pieno”.

[11] L’art.3, comma 2 del DLgs. 61/2000, modificato dal decreto attuativo della legge 30/2003, ora recita “I contratti collettivi … omissis … stabiliscono il numero massimo delle ore di lavoro supplementare effettuabili e le relative casuali in relazione alle quali si consente di richiedere ad un lavoratore a tempo parziale lo svolgimento di lavoro supplementare, nonché le conseguenze del superamento delle ore di lavoro supplementare consentito dai contratti stessi.”.

[12]  comma 4 dell’art. 3 del DLgs. 61/2000.

    5  Fonti Legislative: artt. 1, 2 L. 863/84 in G.U. n. 351 del 22/12/84; art. 5 L. 236/93 in G.U. n. 203 del 30/8/93; art. 4 L. 451/94         in G.U.  n. 167 del 19/7/94; art. 13 L. 223/91 pubblicata in G.U. n. 175 del 27/7/91. Circ. INPS n. 212 del 13/7/94, art. 6 L.608/96 in s. o.16 della G.U. n. 21 del 27/1/97. Dlgs 61 del 25/2/00 in G.U. 66 del 20/3/00. Dmlav 20/8/02 in GU 19/11/02.

[14] Art. 1 c. 1 L. 223/91: ''La disciplina in materia di integrazione straordinaria trova applicazione limitatamente alle imprese che abbiano occupato mediamente più di 15 lavoratori nel semestre precedente la  richiesta di CIGS''.

[15] Fonti Legislative: artt. 1 e 2 L. 223/91 pubblicata in G.U. n. 175 del 27/7/91; dlibere CIPI; del 18/10/91 in G. U. n. 14 del 18/1/95; art. 1 cc. 1, 2, 3 L. 451/94 in G.U. n. 167 del 19/7/94; art. 1 cc. 1, 1 bis L. 56/94 pubblicata in G.U. n. 20 del 26/1/94; modello di domanda in G.U. n. 152 del 2/7/97. DPR 218 del 10/6/00 in G.U. 181 del 4/8/00 ;  Circ. Minlav n.64/00 del 20/9/00, in G.U. 258 del 4/11/00;  Dmlav 20/8/02 in GU 19/11/02.

 

[16]  La delibera CIPI del 13/7/93, pubblicata in G.U. n. 216 del 14/9/93, riporta per esteso la modulistica, le condizioni tecniche, le dimensioni di organico  (generalmente più di 100 dipendenti), la rilevanza di apporto di capitale (più di 500 milioni) e le caratteristiche delle trasformazioni proprietarie che saranno ritenute indispensabili ( in linea teorica) per la concessione delle proroghe di CIGS.

[17] L'obbligatorietà del confronto vale per richiesta di sospensione o di riduzione dell'orario superiore a 16 ore settimanali, v. art. 5 L. 164/75.

[18] Tale contributo addizionale è del 4,5% dell'integrazione salariale corrisposta al lavoratore, ridotto al 3% per le imprese fino a 50 dipendenti.

[19] Fonti Legislative: artt. 1 e 2 L. 223/91 pubblicata in G.U. n. 175 del 27/7/91; art. 7 c. 5 L. 236/93 pubblicata in G.U. n. 203 del 30/8/93; art. 1 cc. 1, 1 bis L. 56/94 pubblicata in G.U. n. 20 del 26/1/94;  art. 1 cc. 1, 2, 3 e art. 5 c. 8 L. 451/94 in G.U. n. 167 del 19/7/94 ; delibera del CIPI del 25/3/92 sui criteri di individuazione dei casi di crisi, pubblicata in G.U. n. 90 del 16/4/92; decreto del Ministero del lavoro, pubblicato in G.U. n. 152 del 2/7/97 contenente il modulo da riempire per fare la domanda di CIGS per crisi; delibere CIPI 18/10/84 in G.U. n. 14 del 18/1/95;  art. 3 bis L. 135 del 23/5/97 in G.U. n. 146 del 25/6/97; Dmlav 218 del 10/6/00 in G.U.181 del 10/6/00; Circ. Minlav 64/00 del 20/9/00 in G.U. 258 del 4/11/00; Dmlav 18/12/ 2002 in GU 8/2/03.

[20] L'obbligatorietà del confronto vale per richiesta di sospensione o riduzione dell'orario superiore a 16 ore settimanali, v. art. 5 L. 164/75.

[21] Tale contributo addizionale è del 4,5% dell'integrazione salariale corrisposta al  lavoratore, ridotto al 3% per le imprese fino a 50 dipendenti. Tale contributo è dovuto in risora doppia a partire dal 25° mese dall'inizio della integrazione ed aumenta anche in caso di mancata rotazione tra i lavoratori.

 

[22] Fonti legislative: art. 3 L. 223/91 pubblicata in G.U. n. 175 del 27/7/91; art. 1 cc. 1, 1 bis L. 56/94 pubblicata in G.U. n. 20 del 26/1/94; art. 7 c. 10 ter L. 236/93 pubblicata in G.U. n. 203 del 30/8/93.

[23] Fonti legislative: art. 10 L. 223/91, pubblicata in G.U. n. 175 del 27/7/91; art. 6 c. 2 e art. 7 c. 2 bis L. 236/93 pubblicata in G.U. n. 203 del 30/8/93; delibera attuativa CIPI del 19/10/93 pubblicata in G.U. n. 257 del 2/11/93; art. 1 L. 77/63 e art. 1 L. 427/75 pubblicata in appendice del CCNL Edili.

[24] Il tetto della CIGO è lo stesso della CIGS, tranne che per intemperie, ma interviene dopo i primi 6 mesi.

[25] La durata dei lavori edili non deve essere inferiore a 12 mesi e l'organico aziendale non deve essere inferiore a 15 unità (media annua) nel caso in cui ci sia una sola impresa che lavora nell'opera, in seguito ad uno specifico contratto di appalto o di subappalto.

[26] Anche questi decreti, come quelli di CIGS, vengono trasmessi all'INPS nazionale che, a sua volta, li trasmette alla sede territorialmente competente. Saranno poi pubblicati sulla G.U. con un ritardo di 1 o 2 mesi dall'emanazione. E' consigliabile chiedere la proroga per l'intero periodo possibile.

[27] Fonti legislative: artt. 1 - 8 L. 427/75 pubblicata in appendice al CCNL edili; art. 1 L. 77/63; c. 1 art. 5 L. 451/94 in G.U. n. 167 del 19/7/94; Circ. INPS n. 148 del 13/5/94.

[28] La CIGO per maltempo ha un tetto aggiornato annualmente dall'Inps v. pag.5.

[29] Normalmente tale ripresa deve essere di almeno 2 settimane e deve interessare la maggior parte dei lavoratori interessati.

[30] Fonti legislative: artt. 3 c. 3 e 2 c. 5 L. 451/94 in G.U. n. 167 del 19/7/94 185/94 pubblicato su G.U. n. 66 del 21/3/94; art. 6 c. 7 L. 236/93 pubblicata in G.U. n. 203 del 20/8/93.

[31] Tale norma è valida anche per i lavoratori in CIGS in seguito a procedure concorsuali (art. 3 L. 223/91), amministrazione controllata e commissariamento straordinario (v. telegramma Ministero del lavoro ad INPS del 7/12/95).

[32] I territori del mezzogiorno sono indicati nel DPR 6/3/78 n. 218.

[33] Fonti legisaltive: art. 11 L. 223/91 pubblicata in G.U. n. 175 del 27/7/91; art. 6 cc. 1, 2 e 7 L. 236/93 pubblicata in G.U. n. 203 del 30/8/93; delibera CIPI del 19/10/93 pubblicata in G.U. n. 289 del 10/12/93, art. 3 c. 4 e art. 2 c. 5 L. 451/94 in G.U. n. 167 del 19/7/94.

[34] Ogni anno il Ministero del lavoro aggiorna le medie disoccupazionali di ogni circoscrizione con un decreto pubblicato in G.U.  In esso sono anche indicate le circoscrizioni con rapporto tra iscritti alla prima classe di collocamente e popolazione residente in età di lavoro superiore alla media nazionale.

 

[35] Fonti legislative: artt. 9 - 20 L. 427/75 ; art. 11 c. 1 L. 223/ pubblicata in G.U. n. 175 del 27/7/91; art. 6 c. 7 L. 236/93 pubblicata in G.U. n. 203 del 30/8/93;art. 3 L. 33 del 29/2/80 in G.U. 59 del 29/2/80 e circolari annuali INPS.

[36]  Fonti legislative: art. 37 L. 6 aprile 1936 n. 1155; art. 19 c. 1 L. 1272 del 6/7/1939; art. 4 L. 218/52; art. 7 c. 2 L. 160/88 pubblicata in G.U. n. 118 del 21/5/88; art. 3 c. 1 L. 451/94 pubblicata in G.U. n. 167 del 19/7/94;  art. 6 c. 7 L. 236/93 pubblicata in G.U. n. 203 del 30/8/93.

[37]  La legge 88/1989, all’art.9, stabilisce che il somministratore è sempre inquadrato nel “settore terziario”.

[38]  Notare che non dice: “o, in loro assenza, le strutture territoriali dei sindacati …”.

[39]  Stabilita con decreto del Min.Lav. di concerto col Min. Finanze.

[40]  Errata corrige in G.U. 251 del 28 ottobre 2003.

[41] Nonostante le raccomandazioni europee, la formazione in aula (esterna all’azienda) viene resa facoltativa, quindi residuale; questo riduce in modo rilevante anche il ruolo di certificazione pubblica svolto dalle Regioni.

[42]  Stante il fatto che sono le Regioni a regolamentare la disciplina e la durata dell’apprendistato può essere un problema il fatto che non sia indicata una soglia minima valida per conseguire titoli di studio validi su tutto il territorio nazionale ed in Europa.

[43]    Nel settore edile sarebbero da considerare professionalità elevate quelle dei livelli 4, 5, 6, 7 del CCNL; intermedie quelle dei livelli 2, 3.

 

[44]  Si riferisce alla trasformazione del contratto di inserimento in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

[45] Legge 223/91, art 20 . Contratti di reinserimento dei lavoratori disoccupati.

1. I lavoratori che fruiscono da almeno dodici mesi del trattamento speciale di disoccupazione possono essere assunti nominativamente mediante chiamata dalle liste di cui all'art. 8, comma 9 della legge 29 dicembre 1990, n.407, con contratto di reinserimento da datori di lavoro che, al momento dell'instaurazione del rapporto di lavoro, non abbiano nell'azienda sospensioni dal lavoro in atto ai sensi dell'art.2, legge 12 agosto 1977, n.675, ovvero non abbiano proceduto a riduzione di personale nei dodici mesi precedenti, salvo che l'assunzione non avvenga ai fini di acquisire professionalità  sostanzialmente diverse da quelle dei lavoratori interessati alle predette riduzioni o sospensioni di personale.

2. Ai lavoratori assunti con contratto di reinserimento, di cui al comma 1, si applica, sulle correnti aliquote dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuti dai datori di lavoro e ferma restando la contribuzione a carico del lavoratore nelle misure previste per la generalità dei lavoratori, una riduzione nella misura del settantacinque per cento per i primi dodici mesi nell'ipotesi di effettiva disoccupazione del lavoratore per un periodo inferiore a due anni, per i primi ventiquattro mesi nell'ipotesi di effettiva disoccupazione del lavoratore per un periodo superiore a due anni e inferiore a tre anni, per i primi trentasei mesi nell'ipotesi di effettiva disoccupazione del lavoratore per un periodo superiore a tre anni.

3. Il datore di lavoro ha facoltà di optare per l'esonero dall'obbligo del versamento delle quote di contribuzione a proprio carico nei limiti del cinquanta per cento della misura di cui al comma 2 per un periodo pari al doppio di quello di effettiva disoccupazione e non superiore, in ogni caso, a settantadue mesi.

4. I lavoratori assunti con contratto di reinserimento sono esclusi dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l'applicazione di particolari normative ed istituti.

5. Il contratto di lavoro di reinserimento deve essere stipulato per iscritto. Copia del contratto deve essere inviata entro trenta giorni al competente Ispettorato provinciale del lavoro ed alla sede provinciale dell'INPS.

[46] Il DLgs 6 settembre 2001, n.368 recita: “Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES.”

[47]  L’art.18 della legge 196/1977 introduce i “Tirocini formativi e di orientamento” e il Decreto Min.Lav. 142/1998 li regolamenta.

[48]  Di cui al punto n.3  dell’art.409 del C.P.C.

[49]  Art.12bis della legge 633/1941 e successive modificazioni.

[50] Fonti legislative: art. 6, art. 8 cc. 1, 5, L. 223/91 pubblicata in G.U. n. 175 del 27/7/91; art. 4 cc. 1, 2 L. 236/93 pubblicata in G.U. n. 203 del 30/8/93; art. 2 cc. 3, 4 L. 451/94 in G.U. n. 167 del 19/7/94 ; art1 c.1 DL 4/98; art.2 DL n.108, 11 giugno 2002, in G.U. n.135 dell’11/6/02.

[51]  Il lavoratore assunto a tempo pieno ed indeterminato che non supera il periodo di prova viene reiscritto per 2 volte (eccezionalmente per 3 volte) nelle liste di mobiltà. Il lavoratore avviato al lavoro, ma giudicato non idoneo da visita medica pubblica, viene reiscritto nelle liste di mobilità.

[52] Fonti legislative: art 11 L. 223/91 pubblicata in G.U. n. 175 del 27/7/91.

[53] Le imprese con più di 10 dipendenti, in caso di assunzioni, sono tenute, oltre al collocamento obbligatorio, a riservare il 12% (il 6% nelle circoscrizioni con disoccupazione superiore alla media nazionale) a: lavoratori iscritti da più di 2 anni nella prima classe delle liste di collocamento; lavoratori iscritti nelle liste di mobilità; categorie di lavoratori determinate con delibera dalla commissione regionale dell'impiego.

[54]  L’equivalente del somministratore.

[55]  Si travalicano di fatto i limiti posti dall’art.2112 C.C. che poneva l’assunzione del rischio d’impresa come condizione

vincolante, rendendo oggettivamente più complicato distinguere se ci si trovi di fronte ad un contratto di appalto o ad

una somministrazione illecita.

[56]  L’equivalente dell’utilizzatore.

[57]  L’equivalente del somministratore.

[58]  L’equivalente dell’utilizzatore.

[59]  Decreto-legge 148/1993 (art.8, comma 3) convertito nella legge 236/1993 che recita “Interventi urgenti a sostegno

   dell’occupazione”.

[60]  Correlazione alla direttiva europea 2001/23/CE.

[61]  Utilizzatori.

[62]  Alla gestione separata di cui all’art.2, comma 26 della legge 335/1965

[63]  Correlazione alla direttiva europea 2001/23/CE.

[64] In particolare: # il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano; # il cedente e il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento; # il lavoratore può consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro (con le procedure di cui agli artt.410 e 411 C.P.C.); # il cessionario è tenuto ad applicare, fino alla loro scadenza, i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi (nazionale, territoriale ed aziendale) vigenti fino alla data del trasferimento, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all’impresa del cessionario; # l’effetto di sostituzione si produce esclusivamente tra contratti collettivi del medesimo livello; # ferma restando la facoltà di esercitare il diritto di recesso previsto dalla normativa, il trasferimento d’azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento; # entro i tre mesi successivi il trasferimento d’azienda, il lavoratore le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica può rassegnare le proprie dimissioni con gli effetti di cui al primo comma dell’art.2119 C.C.

[65]  Di cui agli artt. 2549-2554 C.C.

[66] Di cui all’art.2113 C.C.

[67]  di cui all’art.410 C.P.C.

[68]  di cui all’art.413 C.P.C. che recita (Giudice competente).

[69]  L’art.9 C.P.C. recita (Competenza del tribunale) - L’art.92 C.P.C. recita (Condanna alle spese per singoli atti. Compensazione delle spese) - L’art.96 C.P.C. recita (Responsabilità aggravata).