8 MARZO 2006
OGGI LA DONNA E’ ANCORA LIBERA DI SCEGLIERE?
Riflessioni di Sainato Manuela Segretaria FILLEA-CGIL Reggio
Calabria - Locri
Tutti noi siamo soliti considerare l’8 marzo come una giornata molto
piacevole, durante la quale la donna ne approfitta per trascorrere con
le amiche una serata all’insegna dello svago, dell’allegria , del
divertimento e per alcune della trasgressione, mentre per i commercianti
e per i fiorai è diventata una festa con scopi puramente commerciali.
Si è perso dunque negli anni il vero significato di questa ricorrenza,
frutto delle lotte di tante donne, che non deve essere vissuta solo come
una festa, ma come un giorno per riflettere sulla condizione femminile,
per riflettere sul significato e sul valore delle lotte di tante donne
che si sono sacrificate per conquistare l’emancipazione e la libertà.
Il percorso che ha portato a festeggiare la donna l’8 marzo si articola
in un secolo di storia che ha visto nascere movimenti politici, guerre,
ideologie e ricostruzioni.
L’8 marzo ha radici molto lontane: nasce dal movimento internazionale
socialista delle donne nel 1907, in occasione della 1° Conferenza
Internazionale della Donna.
Ma la data legata al simbolo, nasce nel 1908 quando in un cotonificio di
Chicago un incendio bruciò vive 129 operaie che stavano occupando lo
stabilimento durante uno sciopero.
Da questo momento in poi la festa delle donne comincia ad essere
festeggiata in ogni parte del mondo; ma la prima grande manifestazione
si ebbe negli anni ’70, anno in cui movimenti femminili e femministi
collaborano per ottenere la legge di parità, il diritto al divorzio e
all’aborto.
Ho ritenuto utile ricordare il valore dell’8 marzo, oggi dove non c’è
più spazio per la storia delle persone, per i loro problemi, per
ricordare a me stessa e alle altre donne il significato ed il valore
delle lotte di tante donne che hanno permesso oggi di disporre di
condizioni migliori di vita e di lavoro.
Oggi il mondo del lavoro è sempre più maschile , nei tempi, nelle
modalità e negli obiettivi.
Un mondo che considera tutto alla stregua di una merce con relativo
valore economico fissato dal mercato che regola tutto e che contiene la
riduzione degli spazi di democrazia sostanziale e risulta avverso ai
diritti concreti dei lavoratori e delle donne anche quando siano
fruibili libertà.
L’attuale Governo ha approvato numerosi provvedimenti che pongono meno
vincoli e più libertà per tutti, ma per le donne chiede più controllo
sociale e meno libertà di scelta.
L’attacco del Governo nei confronti delle donne è evidente anche nel
Libro Bianco sul mercato del lavoro, che offre alle donne ed ai giovani
solo lavoro atipico e flessibile, privo di regole e tutele, ed aumenta
la precarietà.
Propone un modello di stato sociale di tipo familistico che offre alle
donne solo il lavoro di cura e riconosce solo la famiglia fondata sul
matrimonio:introduce così, in modo sleale e pericoloso, l’antica cultura
che affida alle donne il ruolo subalterno all’interno della famiglia,
cercando di cancellare tutte le lotte affrontate dalle donne per
ottenere la libertà e l’emancipazione.
Io come donna credo che sia necessario mettere in campo delle politiche
mirate ad un cambiamento culturale di riorganizzazione sociale, in modo
che la gestione familiare venga condivisa mentre oggi è a totale carico
della donna, è necessario cercare di ridurre l’emarginazione della
donna.
Le donne oggi, oltre a partecipare al mercato del lavoro in misura
minore rispetto agli altri paesi industrializzati, sono penalizzate nei
salari e nelle carriere e poco rappresentate nelle istituzioni e nelle
sedi decisionali.
È necessario garantire l’accesso, la permanenza delle donne nel mondo
del lavoro dopo la maternità, nonchè le prospettive di carriera e di
realizzazione professionale.
È necessario contrastare il modello di welfare portato avanti
dall’attuale Governo, che con i bonus affida alle donne la cura dei
bambini, degli anziani e dei cittadini non autosufficienti; creare una
rete di servizi che consenta alle donne di partecipare al mercato del
lavoro potendo conciliare vita lavorativa e vita familiare.
Le donne dopo anni di conquiste e lotte invece di adeguare tempi,
modalità e obiettivi alle proprie esigenze, ne sono state stravolte e
coinvolte in nome di una “uguaglianza” inesistente.
Oggi le donne che vogliono fare carriera devono dedicare tutto il tempo
al lavoro, privandosi del proprio tempo, delle proprie amicizie e della
propria famiglia; anche chi non vuole fare carriera spesso si deve
scontrare con ambienti e tempi imposti, senza avere soluzioni
alternative.
C’è l’esigenza che la flessibilità del proprio orario di lavoro non
favorisca solo il datore di lavoro, ma dia la possibilità di poter
gestire alcune ore per poter conciliare il proprio lavoro con le
esigenze familiari.
C’è anche la necessità di far conoscere a molte donne la legge sui
congedi parentali, far conoscere a chi è rivolta, chi ne può usufruire.
La maternità è però un diritto esigibile solo in condizioni lavorative
regolari, e questo è un grosso problema per la maggior parte delle donne
che sono costrette a lavorare in modo precario, spesso con contratti di
collaborazione; ma ci sono anche casi in cui in una situazione di
assunzione regolare, si impone alla dipendente, pena il licenziamento,
di non usufruire del diritto alla maternità.
Ma il governo non ha attaccato le donne solo sul piano lavorativo, ma
anche su quello della salute.
La perdita della laicità delle istituzioni si sta trasformando in un
attacco sulla pelle e sulla salute delle donne.
L’attuale Governo di centrodestra ha incarnato molto bene le
caratteristiche del neoliberismo, che considera tutto alla stregua di
una merce con valore economico.
Ed un piccolo attacco lo devo porre anche nei confronti
dell’opposizione, che per quanto riguarda le legge sulla procreazione
medicalmente assistita e sul risultato del referendum, ha scelto un
profilo molto basso per non interferire con la campagna elettorale
amministrativa e soprattutto per non interferire con i rapporti con la
Chiesa.
Mi preoccupa la grande confusione esistente tra laicità e ateismo, tra
il rispetto delle scelte spirituali-religiose di ciascuno e rispetto
delle libertà civili: tutta questa confusione da spazio sempre di più ad
interventi pesanti degli ecclesiastici sulla politica e sulla democrazia
del nostro P
aese.
Dopo la legge 40 sulla fecondazione assistita, in cui si assegnano al
feto diritti prevalenti rispetto alla madre, con l’attacco alla legge
194 si nega il diritto all’autodeterminazione della donna, si nega alla
donna il diritto di poter scegliere quando procreare.
L’attacco alla legge 194 è un attacco alla libertà e
all’autodeterminazione delle donne, è un metodo per poter attuare un
controllo sul corpo delle donne, per ricondurle alla subalternità, per
criminalizzarle su scelte di vita di carattere personale.
L’aborto è una questione delicata e personale, che non può essere
utilizzata per guerre ideologiche e religiose, visto che dietro ogni
decisione di abortire c’è sempre un carico di incertezze, dubbi e
sofferenze che vanno rispettate.
Credo che esista la necessità che noi donne ci facciamo carico del
fatto che la legge 194 deve essere salvaguardata e difesa, pena la
negazione della nostra autodeterminazione; dobbiamo difendere una
maternità libera e responsabile, perché noi donne non abbiamo nulla da
nascondere e nulla di cui scusarci, perché del nostro corpo decidiamo
noi donne.
Non vedo perché la visione della donna si debba racchiudere nella frase
:”donna devi esistere con dolore in tutto ciò che riguarda la
sessualità, per tutto ciò che riguarda la tue scelte e le tue
possibilità di essere madre”.
Difendere la 194 significa tutelare la salute delle donne, evitando di
farle scappare all’estero per un servizio sanitario che potrebbero avere
sotto casa, esponendole magari a dei truffatori che potrebbero mettere
in pericolo la propria salute, ed è anche per questo che credo sia utile
la libera vendita della pillola del giorno dopo nelle farmacie.
La 194 non va solo difesa, ma anche applicata, attraverso una corretta
informazione sulle pratiche contraccettive per evitare maternità
indesiderate; i consultori pubblici devono assumere il ruolo per cui
sono stati pensati e nati, luoghi in cui l’informazione, la prevenzione,
la tutela fisica e psichica delle donne venga garantita.
Contemporaneamente i diritti e le libertà delle donne devono essere
accompagnate e sostenute da politiche del lavoro e di welfare, che non
costringano le donne a scegliere tra maternità e lavoro.
Un colpo duro nei confronti delle donne è stato inflitto anche dalla
recente sentenza della corte di cassazione che cita che la violenza nei
confronti della donna è meno grave se la donna non è illibata.
È inconcepibile che un reato così grave contro una persona, che spezza
la vita di una donna, possa avere due pesi e due misure, a seconda se la
donna sia vergine o no; un ragionamento arretrato che vede la donna non
più vergine come una peccatrice.
Credo che sia ora di ridare significato a questa data, che non deve
essere vissuta solo come una giornata in cui le donne gioiscono solo per
il fatto di ricevere gli auguri ed un mazzo di mimose, o che
approfittano per questa giornata per uscire con le amiche: non c’è
bisogno di aspettare l’8 marzo per uscire con le amiche a divertirsi,
possiamo uscire in qualsiasi altro giorno dell’anno, abbiamo conquistato
la nostra libertà, e non vedo perché regredire.
È arrivata l’ora di ridare dignità a questa ricorrenza, non credo ci sia
molto da festeggiare visto il clima che viene prospettato a noi donne.
È necessario riappropriarci del valore e del significato originale di
questa giornata, facendo sentire la nostra voce in ogni momento della
nostra vita familiare, politica e sociale, in qualsiasi contesto noi
siamo chiamate ad operare.
Ridare valore a questa ricorrenza significa non dimenticare il
sacrificio che molte donne prima di noi hanno affrontato per dare a noi
donne di oggi tutto ciò che abbiamo: dalla possibilità di lavorare e
quella di votare.
Il ruolo di noi donne deve essere rivendicativo e propositivo fuori e
dentro i posti di lavoro.
Dobbiamo diventare protagoniste, nei posti di lavoro, della
contrattazione, per determinare una politica sindacale dove le donne
lavoratrici non siano un obiettivo raggiungibile, ma siano risultati
concreti; ma tutto ciò può avvenire solo se decidiamo di darci forza a
vicenda, di valorizzare il valore di ciascuna di noi verso obiettivi
condivisi, se decidiamo di pretendere ma anche di difenderci
reciprocamente.
È necessario difendere il principio della laicità dello Stato, in difesa
della libertà e della responsabilità pluralista, come impegno per la
salvaguardia dell’autodeterminazione e della libratà delle donne.
Dobbiamo tornare a lottare per riappropriarci del vero valore e
significato di questa ricorrenza, affinché non sia stata vana il
sacrificio delle donne che ci hanno preceduto, per non far soffocare e
svanire la nostra speranza di essere veramente alla pari: nei diritti,
nelle opportunità, nella nostra libertà individuale di vivere e di
scegliere.
Non dobbiamo aspettare l’8 marzo per essere delle grandi donne, non
dobbiamo aspettare l’8 marzo per festeggiare, già il fatto di essere
delle donne ci rende grandi.