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CONSIGLIO
DI STATO
(Parere preliminare sul Tes=
to
unico su Salute e Sicurezza sul lavoro)
CONSIGLIO DI STATO
Sezione Consultiva per gli Atti Normativi
Adunanza del 31 gennaio 2005
N. della Sezione: 11996/04
OGGETTO:
Schema di decreto legislativo per il riassetto delle disposizioni vigent=
i in
materia di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori, a norma
dell’art. 3 della legge 29 luglio 2003, n. 229.
La Sezione
Vista la relazione prot. n.
98711/ 26/1/2 in data 1° dicembre 2005 pervenuta il 16 dicembre success=
ivo,
con la quale il Ministero del lavoro e delle politiche sociali chiede il pa=
rere
in merito allo schema di regolamento in oggetto;
Esaminati gli atti e uditi i relatori ed estensori Consiglieri Alessandro
Pajno, Carmine Volpe, Luigi Carbone, Roberto Chieppa, Roberto Garofoli e Ca=
rlo
Deodato;
PREMESSO E CONSIDERATO:
1. Lo schema di decreto legislativo in esame sottopone al parere del Consig=
lio
di Stato il testo di decreto legislativo per il riassetto delle disposizioni
vigenti in materia di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori, in
attuazione della delega contenuta nell’art. 3 della legge 29 luglio 2=
003,
n. 229 e in recepimento di alcune direttive
comunitarie in materia.
Tale schema costituisce uno dei primi provvedimenti della nuova fase di
codificazione finalizzata alla semplificazione e al riordino (ora denominato
“riassetto”) normativo.
La prima anticipazione di tale processo si è avuta con lo schema di
decreto legislativo concernente il “Codice dei diritti di
proprietà industriale”, oggetto del parere n. 2/2004 del 25
ottobre 2004 dell’Adunanza generale del Consiglio di Stato.
Con parere n. 11602/2004, reso nell’adunanza del 20 dicembre 2004, la Sezione consultiva=
per gli
atti normativi ha poi espresso il parere sullo schema di decreto legislativo
recante il “Riassetto delle disposizioni vigenti in materia di
consumatori – Codice del consumo”.
cui è stato anche rilevato che unica eccezione a tale regola pu&ogra=
ve;
essere costituita dai pareri delle Commissioni parlamentari, laddove previs=
ti,
poiché tali avvisi costituiscono il frutto di una valutazione di nat=
ura
ontologicamente differente da quella propria del parere del Consiglio di
Stato).
Rispetto ai due citati precedenti la peculiarità dello schema in esa=
me
è costituita dalla circostanza che il riassetto delle disposizioni
vigenti riguarda una delle materie espressamente nominate dall’art. 1=
17,
comma 3, della Costituzione fra quelle di legislazione concorrente Stato
– Regioni (“tutela e sicurezza del lavoro”, compresa nel
citato comma 3 al pari della “tutela della salute”) , in cui la
potestà legislativa spetta alle Regioni, salvo che per la determinaz=
ione
dei principî fondamentali, riservati alla legislazione dello Stato.
Trattandosi del primo “Codice” concernente la disciplina di una
materia di legislazione concorrente, assume particolare rilievo il parere d=
ella
Conferenza unificata di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 281 del 1997, che
allo stato non risulta ancora essere stato acqui=
sito.
Al riguardo va ricordato che costituisce orientamento pacifico, espresso dal
Consiglio di Stato in sede consultiva, quello secondo cui il ruolo neutrale=
e
di garanzia svolto dal Consiglio nell’esercizio della funzione consul=
tiva
rende necessario che il parere sia reso al termine del processo di redazione
degli atti normativi, subito prima della determinazione finale del Consiglio
dei Ministri o del Ministro, su uno schema definitivo, che abbia tenuto con=
to
di tutti gli apporti endoprocedimentali interni al processo di formazione d=
ella
decisione normativa (cfr. Cons. Stato, Sez. atti normat=
ivi,
n. 106, 107, 108, 110, 117 e 145 del 1997; n. 3075 del 2004; princip=
io
confermato da ultimo dall’Adunanza generale nel citato parere del 25
ottobre
Tale orientamento non può essere derogato in un caso, quale quello di
specie, in cui il parere della Conferenza unificata è di particolare
importanza perché attinente ad una materia che - come si è de=
tto
- rientra fra quelle di competenza concorrente Stato – Regioni.
Nel sospendere l’emissione del richiesto parere in attesa della
trasmissione di quello della Conferenza unificata e delle eventuali success=
ive
modifiche allo schema di regolamento in oggetto, si formulano fin da ora le
seguenti osservazioni sullo schema in esame, al fine di facilitare il compi=
to di
valutazione di alcuni degli aspetti in cui assume rilievo il riparto di
competenze normative tra Stato e Regioni e di accelerare l’iter di
redazione dello schema di decreto legislativo con riferimento ad altre
questioni di centrale importanza nel delineato riassetto della disciplina in
materia di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori.
2.1. La menzionata nuova fase di “codificazione” si caratterizz=
a,
rispetto ai “testi unici misti” di cui all’abrogato art. 7
della legge n. 50 del 1999, dall’abbandono dell’inclusione nei
testi di disposizioni di rango regolamentare e dalla capacità innova=
tiva
attribuita al legislatore delegato.
Soprattutto con riferimento a tale ultimo aspetto, appare fondamentale
individuare l’esatto limite della potestà legislativa statale =
in
una materia di legislazione concorrente, tenendo conto nel contempo dei
principî fissati dal legislatore delegante e della necessità di
attuare le direttive comunitarie.
In primo luogo deve ritenersi che i criteri di delega fissati dall’ar=
t. 3
della legge n. 229 del 2003 debbano necessariamente essere letti alla luce =
del
nuovo quadro costituzionale, introdotto a seguito della legge costituzional=
e n.
3 del 2001 e dei principî derivanti dalla giurisprudenza della Corte
costituzionale.
Tale lettura “costituzionalmente orientata” è imposta non
solo dall’espresso richiamo al “rispetto delle competenze previ=
ste
dall'articolo 117 della Costituzione”, contenuto nel criterio di dele=
ga
di cui alla lettera i) del comma 1 del citato art. 3, ma soprattutto in
considerazione del principio di gerarchia delle fonti, che impone una
interpretazione delle norme di rango primario compatibile con quelle
costituzionali sovraordinate.
Va anche sottolineato come in presenza di una legge delega, in ipotesi rite=
nuta
in contrasto con il quadro costituzionale, la valutazione del Consiglio di
Stato, nella sede consultiva sugli atti normativi, non può estendersi
alle scelte operate dal Parlamento in sede di delega, ma va limitata allo
schema di decreto legislativo in oggetto, rappresentando al Governo gli
eventuali punti di criticità e segnalando quelli direttamente
risolvibili attraverso il testo in esame ed una attuazione secundum
constitutionem della delega, e demandando ovviamente ogni ulteriore e decis=
iva
valutazione alla Corte costituzionale (cfr. Cons. Stato, Sez. norm., n. 1354/2002 del 1° luglio
Ciò premesso, si ritiene che i criteri di delega contenuti nel citato
art. 3 della legge n. 229 del 2003 non si pongano in contrasto con l’=
art.
117 della Costituzione, che affida al legislatore statale il compito di
determinare i principî fondamentali nella materia in esame.
Si è infatti in presenza di criteri di delega che per lo più
attengono ai principî fondamentali della materia, ad ambiti di
legislazione esclusiva dello Stato (ad esempio, per le sanzioni penali) o a=
lla
ricognizione con mero riordino delle disposizioni di dettaglio vigenti, olt=
re
che al necessario adeguamento alla normativa comunitaria.
Anche il criterio di cui alla lett. b) del citato art. 3, relativo alla
determinazione delle misure tecniche ed amministrative, può essere
ritenuto rientrante fra i principî fondamentali, se inteso quale
attribuzione allo Stato del potere di determinare standards di tutela da ga=
rantire
sull’intero territorio nazionale e non derogabili in peius dalle Regi=
oni
e di stabilire, in via generale, le modalità di tale determinazione.=
2.2. All’indicato fine di agevolare la valutazione degli aspetti dello
schema in esame che riguardano il rapporto di competenze normative tra Stat=
o e
Regioni, devono a questo punto essere precisati i limiti cui il legislatore
(delegato) statale deve attenersi nell’attività di codificazio=
ne
di una disciplina inerente ad una materia di legislazione concorrente.
E’ noto che il nuovo art. 117 della Costituzione ha configurato un
modello di distribuzione delle competenze legislative fra Stato e Regioni
diametralmente opposto rispetto a quello previsto anteriormente alla revisi=
one
del titolo V della Costituzione: il legislatore statale non vanta più
una competenza generale, compressa solo nelle materie attribuite alla
potestà piena o concorrente delle Regioni, ma è titolare del
potere legislativo esclusivo nelle sole materie enumerate nel secondo comma
dell’art. 117, mentre, nelle ulteriori materie indicate nel terzo com=
ma,
è riservata ad esso solo la determinazione dei principî
fondamentali, restando affidata alle Regioni la disciplina di dettaglio.
Con le sentenze n. 282 del 2002 e n. 1 del 2004
Nelle materie di legislazione concorrente l’art. 117 della Costituzio=
ne
consente al legislatore statale e a quelli regionali di intervenire in una
stessa materia, ponendo un vincolo negativo di contenuto alla legge statale,
che deve prevedere solo norme di principio e un vincolo positivo di conform=
ità
alla legge regionale, che non può disattendere le norme statali di
principio.
Nel previgente quadro costituzionale, la giurisprudenza costituzionale aveva
ritenuto possibile che il legislatore statale dettasse disposizioni di
dettaglio anche in materie di legislazione ripartita, sia pur riconoscendon=
e,
sulla base del principio di continuità, il carattere suppletivo e
“cedevole” al sopraggiungere della legislazione regionale
competente (Corte cost. n. 373 del 1995, n. 214 del 1985, n. 13 del 1974).<=
br>
La stessa giurisprudenza affermava che le leggi regionali potevano essere
abrogate, oltre che da leggi regionali sopravvenute, anche per effetto del
sopravvenire di nuove leggi statali recanti norme di principio, con le qual=
i la
legge regionale (di dettaglio) preesistente fosse incompatibile secondo il
meccanismo previsto dall’art. 10 della legge n. 62 del 1953; veniva a=
nche
ammesso che la legge statale, allorquando interveniva a modificare i
principî di disciplina di una materia di competenza regionale (con ef=
fetto
eventualmente abrogativo delle leggi regionali preesistenti divenute
incompatibili, ai sensi del citato art. 10 della legge n. 62 del 1953), pot=
esse
altresì, al fine di garantire l’attuazione immediata dei nuovi
principî, recare una normativa di dettaglio, immediatamente operativa,
idonea a disciplinare la materia fino a quando n=
on
venisse sostituita da una legislazione regionale conforme ai nuovi
principî (v. Corte cost., a partire dalla sentenza n. 214/1985: sente=
nze
n. 226 del 1986, n. 165 del 1989, n. 378 del 1995, n. 425 del 1999, n. 507 =
del
2000, ordinanza n. 106 del 2001; entrambi i principî ribaditi, con
riferimento al sistema precedente, da Corte cost. n. 376/2002).
Si è così verificato che in molte materie, pur attribuite alla
competenza regionale, la mancanza di una compiuta disciplina dettata da leg=
gi
regionali ha fatto sì che continuassero a spiegare efficacia leggi
statali previgenti, non solo come fonti da cui si desumevano i princip&icir=
c;
fondamentali vincolanti per le Regioni (secondo la previsione dell’ar=
t.
9, primo comma, della legge n. 62 del 1953, come modificato dall’art.=
17
della legge n. 281 del 1970), ma anche come disciplina di dettaglio efficac=
e in
assenza dell’intervento del legislatore regionale.
Veniva infine ammesso che, anche in assenza di u=
na
specifica legge statale “cornice”, i principî potessero
essere desunti dalla legislazione vigente e ciò al fine di non
precludere, per effetto dell’inerzia statale, le competenze legislati=
ve
delle Regioni; tale principio è stato ribadito dalla Corte anche con
riferimento al quadro vigente, in cui “specie nella fase della
transizione dal vecchio al nuovo sistema di riparto delle competenze, la
legislazione regionale concorrente dovrà svolgersi nel rispetto dei
principî fondamentali comunque risultanti dalla legislazione statale
già in vigore” (Corte cost. n. 282/2002).
La Corte ha anche precisato che a seguito dell’entrata in vigore del
nuovo Titolo V, parte II, della Costituzione, in base al principio di
continuità, restano in vigore le norme preesistenti, stabilite in
conformità al passato quadro costituzionale, fino a
quando esse non vengano sostituite da nuove norme dettate
dall’autorità dotata di competenza nel nuovo sistema, fermo
rimanendo che le Regioni possono sollevare questione di legittimità
costituzionale delle norme che siano ritenute in contrasto con le attribuzi=
oni
ora ad esse spettanti (Corte cost. n. 376/2002).
Al fine di adeguare l’ordinamento al mutato quadro costituzionale,
l’art. 1 della legge n. 131 del
La legittimità di tale delega è stata vagliata dalla Corte
costituzionale con la sentenza n. 280/2004, con cui è stata data una lettura “minimale” – ritenu=
ta
l’unica conforme a Costituzione – dell’oggetto della dele=
ga,
in termini di “mera ricognizione” e non di
innovazione-determinazione dei principî fondamentali vigenti. L’=
;art.
1, comma 4, della legge n. 131 del 2003 è stato così ritenuto=
una
norma dichiaratamente di “prima applicazione”, finalizzata a
predisporre un meccanismo di ricognizione dei principî fondamentali, =
allo
scopo esclusivo di “orientare” l’iniziativa legislativa
statale e regionale, utilizzabile transitoriamente fino a quando il nuovo assetto delle competenze legislative regional=
i,
determinato dal mutamento del Titolo V della Costituzione, andrà a
regime, e cioè fino al momento della “entrata in vigore delle
apposite leggi con le quali il Parlamento definirà i nuovi
principî fondamentali”.
Date le reciproche implicazioni tra attività ricognitiva e
attività di coordinamento normativo,
Con la stessa sentenza è stata dichiarata l’illegittimit&agrav=
e;
costituzionale dell’art. 1, commi 5 e 6, della legge 5 giugno 2003, n.
131, perché con tali disposizioni il Governo era stato autorizzato,
nella sostanza, ad operare una ricognizione dei principî di disciplina
delle funzioni legislative statali di tipo “trasversale” attrav=
erso
un’attività ricognitiva che – secondo
Per completezza si ricorda che l’art. 3 della stessa legge n. 131 del=
2.3. Il descritto quadro costituzionale pone un rilevante problema di carat=
tere
interpretativo: l’ammissibilità di una normativa statale di
dettaglio in materie di legislazione concorrente, nei limiti e secondo i
principî, descritti in precedenza ed affermati dalla Corte costituzio=
nale
con riferimento al sistema previgente.
La dottrina maggioritaria ritiene che l’art. 117, terzo comma, della
Costituzione, nel disporre che nelle materie di legislazione concorrente
«spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la
determinazione dei principî fondamentali, riservata alla legislazione
dello Stato», pone una riserva di competenza che non può essere
derogata senza incidere sul regime di validità della legge statale.<=
br>
Rispetto al regime precedente andrebbe, infatti, considerato che lo Stato n=
on
dispone più, come già detto, della competenza legislativa
generale e, di conseguenza, è privo di “titolo di
legittimazione” (termine utilizzato da Corte cost. n. 1/2004) ad adottare una normativa di dettaglio in materia
concorrente, anche qualificando la stessa come cedevole rispetto alla
sopravveniente disciplina regionale.
Con la citata sentenza n. 282 del 2002
E’ vero che con successive pronunce
Né appare invocabile a fondamento dell’opposta tesi, tendente a
ritenere ancora ammissibile l’intervento statale con disposizioni
cedevoli di dettaglio in materia di legislazione concorrente, la sentenza n.
196 del 2004 sul condono edilizio, in cui l’affermata
applicabilità della normativa statale in assenza dell’esercizio
della potestà legislativa regionale nel termine fissato appare essere
stata dettata unicamente dall’esigenza di pronunciare una sentenza
“auto-portante”, che non lasciasse lacune nella delicata discip=
lina
del nuovo condono edilizio, inerente a materie non solo di legislazione
concorrente ma anche di legislazione esclusiva dello Stato.
2.4. Traendo le conclusioni dal descritto quadro costituzionale e fatte sal=
ve
le eventuali nuove indicazioni provenienti dalla giurisprudenza costituzion=
ale,
sembrerebbe quindi che nelle materie di legislazione concorrente:
- il legislatore statale può adottare solo norme costituenti
principî fondamentali e non anche disposizioni di dettaglio,
benché cedevoli;
- le disposizioni di dettaglio preesistenti restano in vigore con il caratt=
ere
della cedevolezza, fino a quando esse non vengono
sostituite da nuove norme dettate dall’autorità dotata di
competenza nel nuovo sistema, fermo rimanendo che le Regioni possono sollev=
are
questione di legittimità costituzionale delle norme che siano ritenu=
te
in contrasto con le attribuzioni ora ad esse spettanti;
- in relazione a tali disposizioni di dettaglio preesistenti, lo Stato non
dispone della legittimazione ad innovarle, ma può solo svolgere
un’attività meramente ricognitiva, fermo restando il carattere=
di
cedevolezza delle suddette disposizioni.
A tali principî va aggiunto che:
- nelle materie di legislazione concorrente, avendo lo Stato perduto la
potestà regolamentare, le leggi previgenti, attributive della
potestà regolamentare allo Stato, debbono ritenersi venute meno a
seguito della emanazione del nuovo titolo V della Costituzione che esclude =
che
lo Stato possa disciplinare le materie predette nella loro intera estension=
e e,
per giunta, a livello regolamentare (Cons. Stato, Ad. g=
en.,
11 aprile 2002, n. 1/2002; 17 ottobre 2002, n. 5/2002);
- in sede di attuazione delle direttive comunitarie nelle materie attribuite
alle Regioni o alle Province autonome in via esclusiva o concorrente, il po=
tere
sostitutivo attribuito allo Stato in caso di inadempimento da parte delle
Regioni presuppone la possibilità che lo Stato possa intervenire in =
via
preventiva adottando una normativa di carattere cedevole e ad efficacia
differita alla scadenza dell’obbligo comunitario di attuazione della
direttiva nei confronti delle sole Regioni inadempienti (Cons. Stato, Ad. <=
span
class=3DGramE>gen., 25 febbraio 2002, n. 2/2002).
2.5. Tornando allo schema in esame e al fine di trarre indicazioni dalle
considerazioni svolte, si osserva che il testo del decreto è stato
predisposto in assenza di una tecnica legislativa che proceda per
principî fondamentali, come imporrebbe l’oggetto della discipli=
na
inerente ad una materia di legislazione concorrente.
Come si desume dalla lettura delle singole disposizioni e delle stesse
relazioni di accompagnamento, nello schema sono comprese disposizioni che
costituiscono principî fondamentali, norme di dettaglio e disposizioni
adottate in attuazione delle direttive comunitarie.
Come rilevato in precedenza, i limiti del legislatore statale (in questo ca=
so
del legislatore delegato) parrebbero diversi a seconda della tipologia delle
norme.
Nello schema è presente una norma (art. 1, comma 5) che, da un lato,
afferma un generico carattere di cedevolezza per le disposizioni, non
individuate, afferenti a materie di competenza legislativa delle Regioni e
delle Province autonome e, dall’altro lato, prevede una specifica
clausola di cedevolezza e di efficacia differita per le disposizioni di
recepimento delle direttive comunitarie.
Sulla base delle considerazioni svolte, sembrerebbe invece necessario indic=
are
quali sono i principî fondamentali della materia (sui quali la delega
consente un intervento innovativo) e quali sono le disposizioni di dettagli=
o,
oggetto di mera attività ricognitiva.
Inoltre, l’attribuzione del carattere di cedevolezza e di efficacia
differita a tutte le disposizioni di recepimento delle direttive comunitarie
non appare conforme ai suddetti principî, in quanto alcune di tali
disposizioni costituiscono principî fondamentali, che non devono esse=
re
né cedevoli né ad efficacia differita, ma devono invece essere
rispettati dalle Regioni nell’esercizio della propria potestà
normativa.
Peraltro, il riassetto della disciplina, previsto nella delega, risponde
all’esigenza di una semplificazione normativa e tale semplificazione =
deve
contribuire a garantire il principio della certezza del diritto, soprattutto
nell’attuale fase di attuazione di una riforma costituzionale, gi&agr=
ave;
ricca di incertezze, in parte risolte solo ex post grazie all’interve=
nto
della Corte costituzionale.
Non sembra rispondere al suddetto principio di certezza del diritto lasciare
all’interprete l’individuazione dei principî fondamentali=
e
delle norme di dettaglio; tale modo di procedere non consente, già in
questa fase consultiva, un adeguato controllo sulle innovazioni introdotte
rispetto alla disciplina previgente e sull’attività di
ricognizione effettuata per le disposizioni di dettaglio, con il rischio di
mascherare in realtà un’attività di ridisegno di
disposizioni, oggi sottratte alla competenza statale (rischio evidenziato,
sotto altri profili, da Corte cost. n. 280/2004, cit.).
Appare quindi necessario rendere esplicita, nel testo del decreto,
l’appartenenza di ciascuna disposizione ad una delle seguenti tipolog=
ie
di norme:
1) disposizioni contenenti principî fondamentali, che possono essere
anche di recepimento delle direttive comunitarie, nelle quali è
possibile un intervento innovativo alla luce dei criteri di delega fissati
dall’art. 3 della legge n. 229 del 2003 e dall’art. 20 della le=
gge
n. 59 del 1997, come successivamente modificato =
e che
costituisce anche criterio di delega, ai fini della semplificazione normati=
va,
ai sensi dell’art. 1, comma 2, della legge n. 229 del 2003;
2) disposizioni di dettaglio di recepimento delle direttive comunitarie, pe=
r le
quali è consentito allo Stato un intervento innovativo, che abbia i
caratteri della cedevolezza e dell’efficacia differita alla scadenza =
del
termine di recepimento e per le sole Regioni inadempienti, descritti in
precedenza e già affermati dal Consiglio di Stato (Ad. gen., 25 febbraio 2002, n. 2/2002);
3) disposizioni di dettaglio previgenti, per le quali è consentita u=
na
mera attività ricognitiva e a cui deve essere attribuito il caratter=
e di
cedevolezza.
Queste costituiscono le ragioni che inducono
3. Al fine di una compiuta valutazione di alcune questioni di centrale
importanza nel delineato riassetto della disciplina in materia di sicurezza=
e
tutela della salute dei lavoratori, si formulano sin da ora le seguenti
ulteriori osservazioni sullo schema in esame, con riserva di un esame compl=
eto
dello stesso dopo l’acquisizione del parere della Conferenza unificat=
a e
dopo le eventuali modifiche apportate al testo anche alla luce di quanto
evidenziato in precedenza.
Si osserva che nel testo vi sono alcuni rinvii a decreti ministeriali, cui
viene demandato il compito di definire specifici aspetti della materia (v.,=
fra
gli altri, l’art. 20, commi 3, 4, 5 e 8; l’art. 40, commi 4 e 5=
).
Al riguardo, si chiede all’Amministrazione di voler esprimere il prop=
rio
avviso in ordine alla natura, regolamentare o meno, di tali provvedimenti,
tenendo presente che in materia di legislazione concorrente lo Stato ha orm=
ai
perso la potestà regolamentare (v. Cons. Stato, Ad. gen.
11 aprile 2002, n. 1/2002; 17 ottobre 2002, n. 5/2002, cit.).
4. Si segnala inoltre che in alcune disposizioni dello schema sono mancanti,
rispetto alle direttive comunitarie e alle disposizioni previgenti, i
riferimenti alla consultazione e partecipazione dei lavoratori
nell’ambito dell’attività del datore di lavoro di
prevenzione per la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro (vedi, =
ad
esempio, l’art. 6, comma 1, lett. k) dello schema in relazione
all’art. 6, comma 2, lett. c) e comma 3, lett. c) e all’art. 11
della direttiva 89/391/CEE e all’art. 3, comma 1, lett. s) del d.lgs.=
n.
626 del 1994).
Nel capo VI dello schema (artt. 25 – 27) sono contenute disposizioni =
in
materia di consultazione e partecipazione dei lavoratori (nel titolo &egrav=
e;
indicato per errore “dei datori di lavoro”), limitate alla figu=
ra e
alle attribuzioni del rappresentante per la sicu=
rezza
e all’attività svolta dagli Enti bilaterali.
In proposito, sembra opportuno che l’Amministrazione esponga il
fondamento e le ragioni di tali scelte, avuto riguardo al contenuto delle
direttive comunitarie e delle disposizioni previgenti.
5. Sempre nella logica, attenta al rispetto del nuovo riparto tra Stato e
Regioni delle attribuzioni legislative, pare opportuno considerare la coere=
nza
del meccanismo di deregolazione contemplato dall’art. 5, comma 1, let=
tera
l), dello schema di decreto legislativo, laddove in particolare qualifica c=
ome
“norme di buona tecnica” le “disposizioni legislative rel=
ative
ad elementi di natura tecnica o costruttiva” contenute nei decreti
presidenziali ivi elencati.
Occorre valutare, infatti, la compatibilità, con i nuovi parametri
costituzionali di riparto della potestà legislativa, di una soluzione
normativa idonea di fatto ad escludere che sulla disciplina di dettaglio, c=
erto
contenuta nei decreti presidenziali elencati nel citato articolo 5, comma 1,
lettera l), possa incidere l’intervento legislativo regionale.
A ciò si aggiunga, sotto altro profilo, che le norme di buona tecnic=
a,
al pari delle “buone prassi” di cui alla successiva lettera m)
dello stesso articolo 5, comma 1, concorrono ad integrare, per effetto del
riferimento che alle stesse opera l’articolo 32, la base precettiva d=
ella
nuova fattispecie contravvenzionale di cui all’articolo 174, comma 2,
lettera d).
A tenore dell’art. 32, infatti, “gli ispettori che effettuano
attività di vigilanza impartiscono disposizioni esecutive ai fini
dell’applicazione delle norme di buona tecnica e delle buone prassi di
cui all’articolo 5 lett. l) e m), qualora ne riscontrino la mancata
adozione e salvo che il fatto non costituisca reato”.
Il successivo art. 174, comma 2, lettera d), quindi, punisce con
l’arresto o con l’ammenda “l’inosservanza delle
disposizioni legittimamente impartite ai sensi dell’articolo
Pare necessario, sul punto, valutare la coniugabilità di siffatta
tecnica di costruzione del precetto penale - connotata dal richiamo a casca=
ta
delle norme di buona tecnica e delle buone prassi, da un lato, e delle
“disposizioni esecutive” impartite ex articolo 32 dagli ispetto=
ri
che ne riscontrino la mancata adozione, dall’altro - con i princip&ic=
irc;
costituzionali di riserva di legge e, soprattutto, di tassatività e
determinatezza della fattispecie incriminatrice; principî, come &egra=
ve;
noto, in forza dei quali la formulazione del precetto penale, oltre a dover
essere contenuta nella norma di rango legislativo, salve specificazioni di =
tipo
tecnico rimesse alla previsione subprimaria, deve anche rispondere a requis=
iti
di chiarezza e certezza.
Anche su tale punto si chiede che l’Amministrazione esprima il proprio
punto di vista.
6. In diverse disposizioni dello schema non vengono riprodotte o vengono
riprodotte solo in parte le norme contenute nel d.lgs. n. 626 del 1994.
Anche la relazione illustrativa omette alcune informazioni che sembrano,
viceversa, essere necessarie al fine di un controllo completo ed esauriente
della coerenza del provvedimento con la legge delega.
Sulla premessa che la maggior parte delle disposizioni =
risulta
costituita dalla riproduzione di norme già presenti
nell’ordinamento (con l’eccezione di quelle direttamente attuat=
ive
di direttive comunitarie e di quelle radicalmente nuove), sembra opportuno =
che
l’Amministrazione illustri le ragioni per le quali alcune disposizioni
previgenti non sono state riprodotte o sono state significativamente integr=
ate
e modificate.
Posto, infatti, che la delega, fra i diversi principî direttivi, impo=
neva
il riordino, il coordinamento, l’armonizzazione e la semplificazione
della normativa esistente, si rivela utile acquisire le predette informazio=
ni,
al fine di verificare il corretto esercizio della delega, con riferimento al
predetto criterio, nelle numerose ipotesi in cui la disciplina vigente risu=
lta
modificata nel provvedimento in esame.
A titolo meramente esemplificativo e senza alcuna pretesa di
esaustività, si segnalano, fra le disposizioni omesse nello schema,
l’art. 11, comma 4 del d.lgs. n. 626 del 1994; gli artt. 72 decies, c=
omma
5, 75, comma 2, 76, comma 4, 78, commi 5 e 6, e 88 quater, d.lgs. 19 settem=
bre
1994, n. 626 e 26, comma 1, ultimo periodo, e comma 2, d.lgs. 13 agosto 199=
1,
n. 277, e, fra quelle che contengono integrazioni ed innovazioni rilevanti
(rispetto alle norme attualmente vigenti e qui
riprodotte), gli artt. 81, 83, 87, 88, 89, 108, 110, 114, 119, 123 e 130 de=
llo
schema in esame.
Inoltre, al comma 3 dell’art. 44 non viene
riproposta l’ulteriore condizio-ne - prevista dall’art. 8, comm=
a 3,
del d.P.R. n. 303 del 1956, affinché l’organo di vigilanza pos=
sa
consentire l’uso dei locali sotterranei e semisotterranei anche per a=
ltre
lavorazioni per le quali non ricorrono le esigenze tecniche -
, consistente nella circostanza che le dette lavorazioni “non
espongano i lavoratori a temperature eccessive”.
Al comma 1 dell’art. 52 si prevede che “i ponteggi metallici di
altezza superiore a
All’art. 55 non viene riproposto il comma 2 dell’art. 37 del d.=
P.R.
n. 164 del 1956, secondo cui “I vari elementi metallici devono essere=
difesi
dagli agenti nocivi esterni con verniciatura, catramatura o protezioni
equivalenti”.
Al comma 1 dell’art. 75, tra gli elementi in rela=
zione
ai quali devono essere analizzati i posti di lavoro, da parte del da=
tore
di lavoro, all’atto della valutazione del rischio di cui all’ar=
t.
7, non sono previste le “condizioni ergonomiche e di igiene
ambientale”, espressamente considerate dall’art. 52, comma 1, l=
ett.
c), del d.lgs. n. 626 del 1994.
Vorrà, pertanto, il Ministero proponente precisare ed esplicitare, p=
er
ciascuna norma, le ragioni delle evidenziate modifiche.
7. Si ribadisce, infine, l’esigenza di acq=
uisire
con ogni sollecitudine il parere della Conferenza unificata di cui
all’art. 8 del d.lgs. n. 281 del 1997; ciò al fine di consenti=
re
alla Sezione la sollecita formulazione del proprio parere definitivo e la
successiva espressione del parere da parte delle competenti Commissioni
parlamentari.
8. Sulla base delle precedenti osservazioni, si sospende l’emissione =
del
presente parere in attesa della trasmissione del
parere della Conferenza unificata di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 281=
del
1997, dei chiarimenti richiesti e del testo dello schema con le eventuali
modifiche apportate, accompagnato da una aggiorn=
ata
tabella di raffronto con le disposizioni delle direttive comunitarie e del
d.lgs. n. 626 del 1994.
P.Q.M.
Sospende l’espressione del parere in attesa
dell’adempimento di cui in motivazione.
Per estratto dal Verbale
Il Segretario della Sezione
(Licia Grassucci)