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             Regolarizzazione immigrati Sentenze favorevoli, circolare dell’Inca in materia di regolarizzazione di lavoratori immigrati, che riferisce di una serie di Sentenze favorevoli alle interpretazioni sostenute dalla Cgil riguardanti il periodo di impiego minimo richiesto, il subentro di nuovo datore di lavoro e la sospensione, anziché il rigetto, della regolarizzazione per il lavoratore che ha subito una denuncia.

 

p. la Segreteria Nazionale

Mara Nardini


 

 



PATRONATO

INCA CGIL


 

Anno europeo delle
persone con disabilità
    

  
 

 

 

 



Sede Centrale

 

 

 

Area Politiche Vertenziali e Legali

 

00198  Roma  - Via Giovanni Paisiello, 43

Telefono 06-855631 – Fax 06-85352749                                                            

Internet : http: //www.inca.it

E-mail :  politiche-vertenziali-legali@inca.it

 

 

 

Roma, lì 13 novembre 2003

 

Prot. n. 136

 

                                                                                             

Ai

Coordinatori Regionali INCA

Ai

Direttori Compr.li INCA

Agli

Uffici INCA all’Estero

Al

Dip. Politiche Sociali CGIL

 

 

 

LORO SEDI

All. vari

 

N.B. Portare all'evidenza degli uffici stranieri e degli uffici vertenze presenti sul territorio

 

Oggetto: Regolarizzazione lavoratori stranieri, cittadini extracomunitari (articolo 33 legge 189/02 e decreto legge n. 195/02 convertito con modificazioni in legge 9.10.02 n. 222)

 

 

 

Care/i compagne/i,

 

con la presente circolare, attiriamo l’attenzione delle strutture in indirizzo su alcuni chiarimenti, particolarmente significativi dal punto di vista interpretativo-applicativo del dispositivo richiamato in oggetto, venuti in luce nell’ambito di procedimenti trattati dal pool di avvocati milanesi che supportano, per la parte legale, le attività di assistenza e tutela ai lavoratori immigrati.       

 

Come avrete modo di vedere, alcune delle questioni di seguito trattate, erano state individuate, nei loro contorni problematici, già nella fase di avvio del dispositivo di regolarizzazione, in seno al gruppo ad hoc istituito dalla Confederazione. E’, quindi, con soddisfazione che, punto per punto, costatiamo lo sgretolamento delle più restrittive tesi interpretative, specie di parte Ministero del Lavoro, sostenute tanto durante l’intero periodo di validità di presentazione delle dichiarazioni di emersione, che in prosieguo.   

 


 

 

1.- LA NOZIONE-CRITERIO RELATIVA AL PERIODO DI IMPIEGO RICHIESTO NEL PERIODO DAL 9 AGOSTO AL 10 SETTEMBRE 2002 (“nei tre mesi” - “da tre mesi”).

 

 

Ordinanza del Consiglio di Stato n. 3757 del 28 agosto 2003, nella causa DEV Vas (avv.ti Angiolini e Andreoni) c/ Questura di Firenze e Ministero dell’Interno.

 

 

Con l’ordinanza in questione il Consiglio di Stato accoglie l’istanza cautelare del ricorrente e sospende l’efficacia della sentenza del TAR Toscana (n. 1286/03 del 7.04.03) concernente il diniego di regolarizzazione del permesso di soggiorno.

 

Nel caso di specie (vedi nota a commento a cura dell’avv. Martinelli), si trattava di un lavoratore avvalsosi della procedura di cui alla circolare del Ministero dell’interno n. 300C/2002 del 31.10.02 e, come tale, suscettibile di vedere la propria posizione equiparata a quella dei “perdenti lavoro”[1], ciò a cui la Questura di Firenze riteneva di non dover aderire, in base alla constatazione che il rapporto di lavoro era iniziato in epoca posteriore al 9 giugno 2002 (segnatamente, 29 giugno 2002).

 

Sentenza n. 682/03 del 26 settembre 2003 del TAR del Friuli-Venezia Giulia, nella causa  IONITA George (avv.ti Angiolini e Gennari) c/ Prefettura di Udine.

 

 

La sentenza muove dall’archiviazione della domanda di emersione di lavoro irregolare, disposta dalla Prefettura di Udine, nel presupposto che il rapporto di lavoro, iniziato dopo il 9 agosto 2002, non risponde al dettato normativo di cui all’articolo l del DL 195/02 convertito in legge 222/02[2].

 

Secondo il Tribunale amministrativo regionale, la norma invocata “non consente di ritenere che il rapporto di lavoro debba essere necessariamente iniziato almeno tre mesi prima dell’entrata della (sua) entrata in vigore ed essersi protratto continuativamente per tale lasso di tempo”. In tal senso depone la lettera della norma[3] ed, ugualmente, la volontà interpretativa espressa dal legislatore nell’ordine del giorno approvato il 9.10.2002 (seduta n. 201)[4], come, tra l’altro, rilevato anche dal TAR Emilia Romagna in altro procedimento (sentenza n. 769/03). La sentenza 26.09.2003, dispone, di conseguenza, l’annullamento del provvedimento prefettizio.

 

Stante quanto precede, le più restrittive interpretazioni di parte ministeriale (vedi Ministero dell’Interno, circolare n. 14 del 9.09.02 e Ministero del Lavoro, circolare n. 50 del 20.09.02) sono da ritenersi superate e, comunque, passibili di censura in sede di giudizio. Peraltro, di tutto ciò dovrà tenere conto ugualmente l’INPS, nell’ambito delle procedure predisposte per la denuncia del rapporto assicurativo, con particolare riferimento alle persone interessate dal dispositivo di cui all’articolo 33 della legge n. 189/02 (area del lavoro domestico e cure ai disabili)[5].

 

 

2.- SUBENTRO DI NUOVI DATORI DI LAVORO (circolare del Ministero del Lavoro n. 13 del 8.04.03).

 

Ordinanza cautelare n. 4568 del 24 settembre 2003 del TAR Lazio (sospensione della circolare, a firma Maroni, n. 13 del 8.04.03)

 

Ordinanza del Consiglio di Stato  n. 4648/03 del 28 ottobre 2003 (rigetto dell’appello interposto dal Ministero del Lavoro contro la decisione del TAR Lazio)

 

Il procedimento ha preso avvio dal ricorso presentato dalle strutture milanesi delle organizzazioni sindacali CGIL, CISL e UIL (per la Cgil: avv.ti Martinelli, Bardi, Angiolini, Vacirca) e riguarda i cittadini extracomunitari in attesa di regolarizzazione, per i quali si è interrotto il rapporto di lavoro prima della conclusione dell’iter di regolarizzazione e che hanno l’opportunità di instaurare un nuovo rapporto di lavoro con un diverso datore di lavoro.    

 

        I termini della controversia e i motivi invocati a sostegno del ricorso sono illustrati nell’allegata nota a margine redatta dall’avv. Martinelli. Sottolineiamo, in particolare, che, nell’impedire l’immediata esecuzione del nuovo rapporto di lavoro, l’impugnata circolare del Ministero del Lavoro aveva l’effetto di siglare una “differenziazione di trattamento fra quei lavoratori che, destinatari della procedura di emersione e non ancora convocati dalla Prefettura erano alle dipendenze del datore di lavoro autore dell’istanza di regolarizzazione e quelli che avevano l’unica sventura di aver perso il lavoro”, paralizzando, altresì, gli effetti dell’intesa raggiunta localmente nel marzo 03, tra sindacati, Prefettura e associazioni imprenditoriali, nel senso di ritenere possibile l’instaurazione del nuovo rapporto di lavoro previa denuncia contributiva del rapporto medesimo presso gli enti previdenziali.

 

In questo contesto, la decisione del Consiglio di Stato (n. 4648/03 del 28 ottobre 2003) di rigetto dell’appello proposto dal Ministero del Lavoro contro l’ordinanza del TAR Lazio assume particolare rilievo.

 

 

3.- LAVORATORE EXTRACOMUNITARIO DENUNCIATO: SOSPENSIONE (E NON RIGETTO) DELLA REGOLARIZZAZIONE

 

TAR Catania, sentenza del 16 ottobre 2003 n. 1604 (Shbm c/ Prefettura di Messina)

 

Sul sito internet “Diritto e Giustizia” (edizione del 31.10.03) è reperibile il testo della decisione del TAR di Catania, a parere del quale la domanda di regolarizzazione di un lavoratore extracomunitario denunciato penalmente, può essere sospesa, ma non rigettata, in attesa dell’esito del procedimento penale.

 

Questa è, in breve, la lettura del TAR, in ordine all’efficacia del disposto dell’articolo 1, comma 8 del Dl n. 195/02, convertito in legge 222/02[6] (cause ostative alla regolarizzazione del rapporto di lavoro).

 

Secondo il Tribunale, questa interpretazione si impone tanto dal punto di vista dell’aspetto logico che dal punto di vista del rispetto dettato costituzionale.

 

Circa il primo punto, osserva che, diversamente, risulterebbero sforniti di tutela tutti gli extracomunitari anche a fronte di strumentali ed infondate denunce (che, in quanto ritenute sarebbero, di per sé, sufficienti paralizzare definitivamente l’interesse alla regolarizzazione). Circa il secondo, esso (il Tribunale) non intende disconoscere la facoltà del Legislatore di “impedire effetti favorevoli a spessore amministrativo nelle ipotesi in cui vi siano procedimenti penali in corso”. Ciò tuttavia, ritiene preminente l’eccezione secondo cui “accogliendo l’interpretazione fornita dall’Amministrazione con il provvedimento impugnato, verrebbe rovesciato il principio contenuto in detta norma (articolo 27 Costituzione), secondo cui l’imputato (ed in questo caso, si ribadisce, trattandosi di mera denuncia, addirittura in assenza dell’acquisizione di detta qualifica) si presume innocente sino alla condanna definitiva”.

 

                Poiché sulla materia abbiamo registrato pronunciamenti anche di segno opposto, la decisione merita, sicuramente, di essere sottolineata.

 

Con riguardo a queste questioni, è, altresì, opportuno rilevare un aspetto processuale, peraltro di non poco conto dal punto di vista dell’effettività della tutela, collegato all’espletamento delle vigenti procedure di ricorso al Tribunale ordinario (contro il provvedimento di espulsione emesso dal Prefetto), e al Tribunale amministrativo regionale (contro il provvedimento di diniego di rilascio del permesso di soggiorno). Infatti se la decisione del TAR è successiva a quella resa dal Tribunale ordinario, per il gioco delle rispettive sfere di competenza e di autonomia di giudizio, esiste un concreto rischio di non poter impedire l’espulsione dello straniero (e questo, fra l’altro, è proprio il caso in cui incorre il sig. Ionica George, nonostante la decisione, a lui favorevole, del TAR  FVG).

 

Anche per questo motivo, è, dunque, più che mai necessario agevolare lo scambio di informazioni, a partire dalle casistiche note nei territori.

 

Di conseguenza, invitiamo le strutture in indirizzo a informarci (dandocene copia) su eventuali altre decisioni dei TAR confermativi degli indirizzi qui esposti, in modo da consentirne la più ampia diffusione (ciò, che fra l’altro, potrebbe indurre i giudici ordinari anche a non convalidare i provvedimenti di espulsione prefettizi).

 

Cordiali saluti.           

 

 

p. il Collegio di Presidenza                                                                p. il settore Politiche del lavoro e cittadinanza immigrati

      Enrico Moroni                                                                                                                              Gina Turatto

 

 

 

 

fm/

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Elenco allegati:

1.                                ordinanza Consiglio di Stato n. 3757 del 28.08.03 (Dev Vas)

2.                                sentenza TAR FVG n. 682/03 del 26.09.03 (Ionica Gorge) con nota a commento dell’avv. Martinelli

3.                                Ordinanza cautelare n. 4568 TAR Lazio 24.09.03 con nota a commento dell’avv. Martinelli

4.                                Ordinanza Consiglio di Stato n. 4648/03 del 28.10.03

 

 


 

 

Allegato 1

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

Registro Ordinanze:375712003

Registro Generale:6665/2003

Sezione Quarta

composto dai Signori:

Pres. Gaetano Trotta

Cons. Livia Barberio Corsetti Cons. Giuseppe Barbagallo Cons. Antonino Anastasi Cons. Giuseppe Carinci Est.

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

nella Camera di Consiglio del 28 Agosto 2003

Visto l'art. 33, commi terzo e quarto, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come modificato dalla legge 21 luglio 2000, n. 205;

Visto l'appello proposto da:

DEV V AS rappresentato e difeso da: Avv. AMOS ANDREONI e Avv. VITTORIO ANGIOLINI con domicilio eletto in Roma: VIA BERGAMO, 3 presso: AMOS ANDREONI

contro

QUESTURA DI FIRENZE non costituitasi;

e nei confronti di MINISTERO DELL 'INTERNO rappresentato e difeso da: AVVOCATURA GEN. STATO con domicilio in Roma: VIA DEI PORTOGHESI 12 presso: A VVOCATURA GEN STATO

N.R.G. «6665/2003»

 

per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, della sentenza del TAR TOSCANA ­FIRENZE: Sezione I, n. 1286/2003 del 7/04/2003, resa tra le parti, concernente DINIEGO REGOLARIZZAZIONE PERMESSO DI SOGGIORNO.

            Visti gli atti e documenti depositati con l'appello;

            Vista la domanda di sospensione dell'efficacia della sentenza di rigetto, presentata in via

incidentale dalla parte appellante.

            Visto l'atto di costituzione in giudizio di:

MINISTERO DELL'INTERNO

            Udito il relatore Cons. Giuseppe Carinci e uditi, altresÌ, per le parti gli Avv.ti Vacirca su

delega dell'Avv. V. Angiolini e l'Avvocato dello Stato E. Pino;

Ritenuti apprezzabili i motivi sollevati dall'appellante, che possono condurre all'accoglimento del gravame, e considerata la gravità del danno conseguente all' esecuzione del provvedimento impugnato in primo grado;

   Ritenuto, pertanto,che sussistono i presupposti per l'accoglimento dell'istanza incidentale proposta:

P.Q.M.

Accoglie l'istanza cautelare (Ricorso numero: 666512003 ) e, per l'effetto, sospende l'efficacia della sentenza impugnata.

La presente ordinanza sarà eseguita dalla Amministrazione ed è depositata presso la segreteria della Sezione, che provvederà a dame comunicazione alle parti.

 

Roma, 28 Agosto 2003


 

 

 

Allegato 2

 

Ric. n. 403/2003 R.G.R.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL FRIULI-VENEZIA GIULIA

composto dai Signori:

Vincenzo Sammarco - Presidente

Enzo Di Sciascio – Consigliere

 Oria Settesoldi- Consigliere Relatore

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTEN Z A

 

nella Camera di Consiglio del 26 settembre 2003;

                         Visto l'art. 21 della legge 6.12.1971, n.1034, come modificato dalla legge 21.7.2000, n. 205;

                         Visto il ricorso proposto da lonita George, rappresentato e difeso dagli aw.ti Vittorio Angiolini e Giuseppe Gennari e domiciliato ex lege presso la segreteria del T.A.R.;

 

contro

 

. la Prefettura di Udine- Ministero dell'Interno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege;

per

l'annullamento - previa sospensione dell'esecuzione - del provvedimento del Prefetto di Udine prot. n. 29555/128.10 del3.6.2003 di archiviazione in relazione alla istanza di regolarizzazione del cittadino extracomunitario ricorrente;

 

Visti gli atti e documenti depositati col ricorso;

Vista la domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dal ricorrente;

 

Udito il relatore, consigliere Oria Settesoldi, ed uditi, altresì, i procuratori delle parti presenti;

Considerato che l'atto impugnato dispone l'archiviazione della domanda di emersione di lavoro irregolare concernente il ricorrente perché il rapporto di lavoro, essendo iniziato dopo il 9 agosto 2002, non risponderebbe al dettato normativo secondo il quale deve essere iniziato almeno tre mesi prima del 10 settembre 2002 ( data di entrata in vigore della lo 189/2002) ed essersi svolto con continuità in quel lasso di tempo.

Ritenuto che la censura di violazione dell'art. 1 del D.L. 195/02 convertito in legge con la legge n. 222/2002 sia fondata perché la norma non consente di ritenere che il rapporto di lavoro debba essere necessariamente iniziato almeno tre mesi prima della sua entrata in vigore ed essersi protratto continuativamente per tale lasso di tempo; infatti, il succitato disposto normativo prevede che" Chiunque, nell'esercizio di un1attività di impresa sia in forma individuale che societaria, ha occupato,. nei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore del presente decreto, alle proprie dipendenze lavoratori extracomunitari in posizione irregolare, può denunciare, entro la data deW11 novembre 2002, la sussistenza del rapporto di lavoro alla Prefettura - Ufficio territoriale del Governo competente per territorio, mediante la presentazione, a proprie spese, di apposita dichiarazione attraverso gli uffici postali.", e quindi, anteponendo alla previsione dei tre mesi la preposizione "nei" anziché "per", non richiede necessariamente che il rapporto di lavoro abbia avuto una durata minima pari a tutti e tre i mesi antecedenti la data di entrata in vigore della norma.

Considerato che tale interpretazione è, tra l'altro, conforme alla stessa volontà interpretativa espressa dal legislatore, nell'ordine del giorno del 9.10.2002 (seduta n. 201), nel senso che l'art. 33, comma 1, della legge 189/02 come pure l'art. 1, comma 1 del decreto legge n. 195/2002 , si - interpreta nel senso che sono regolarizzabili i lavoratori che abbiano comunque prestato la loro opera nel corso del trimestre indicato, anche se ,non per tutto il periodo (vedi anche TAR Emilia Romagna, Bologna n. 769/2003).

 

Considerato che l'atto impugnato  risulta aver decretato l'archiviazione dell'istanza unicamente per là ragione sopra ricordata, dal momento che la mancata presentazione del datore di lavoro alla convocazione per la definizione della richiesta viene citata unicamente come "presa d'atto".

Considerato altresì che il ricorrente, in quanto lavoratore extracomunitario riguardo alla cui posizione il datore di lavoro aveva presentato l'istanza che viene archiviata con l'atto impugnato, è sicuramente titolare di un interesse legittimo al corretto espletamento della procedura in questione ed ha quindi interesse a ricorrere avverso l'atto terminale di questa che non sia a lui favorevole, nel senso di non poter rappresentare il necessario presupposto per il successivo e conseguente rilascio del permesso di soggiorno.

Ritenuto che il ricorso vada quindi trattenuto in decisione per la definizione nel merito ai sensi del combinato disposto degli arti. 21 e 26 della I. 1034/1971 come modificati dalla I. 205/2000, ravvisandone il Collegio la manifesta fondatezza.

                   Ritenuto che sussistano giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio;

P. Q. M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, lo accoglie e per l'effetto annulla l'atto impugnato.   Spese compensate.

 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

 

Trieste, 26 settembre 2003

 

 

 

 

Seguito allegato 2

 

Breve nota a proposito dell'ordinanza del Consiglio di Stato n. 3757 del 28 agosto 2003, sul requisito temporale dei tre mesi previsto dalla procedura di emersione del lavoro irregolare extracomunitario.

 

 Con la legge 30 luglio 2002 n. 189 il legislatore ha previsto all'art. 33 -rubricato" Dichiarazione di emersione di lavoro irregolare" -la procedura che i datori di lavoro hanno dovuto seguire per la c.d. "regolarizzazione" del personale di origine extracomunitaria posto alle proprie dipendenze ed addetto all'assistenza di persone affette da patologie o handicap che ne limitano l'autosufficienza ovvero al lavoro domestico di sostegno familiare.

 

Con il successivo decreto legge n. 195 del 9 settembre 2002, convertito in legge n.222 del 9 ottobre 2002, la procedura di emersione è stata estesa alla generalità dei lavoratori subordinati extracomunitari.

 

La disciplina delle modalità di emersione del lavoro irregolare extracomunitario,entrata in vigore il 9 settembre 2002, ha consentito ai datori di lavoro di presentare negli uffici postali entro la data dell'll novembre 2002 la corrispondente dichiarazione, avvalendosi di un modulo apposito contenente le generalità del lavoratore emerso, nonché l'impegno delle parti a presentarsi, dietro invito della Prefettura territorialmente competente, avanti l'UTG -sportello polifunzionale –per la stipula del contratto di soggiorno ai sensi dell'art. 5 bis del decreto legislativo n. del 1998 e per il rilascio del permesso di soggiorno.

 

Circa i requisiti sostanziali richiesti dalla legge per il perfezionamento della procedura di emersione del lavoro irregolare extracomunitario, l'art. 1 del decreto legge n. 195 del 2002, come conv. con legge n. 222 -analogamente all'art 33, comma 1 della legge n. 189 del 2002 -riferisce la legalizzazione del lavoro a "chiunque (...) ha occupato " lavoratori immigrati irregolari "nei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore del presente decreto "

 

.Le parole stesse utilizzate dal legislatore suggeriscono che, ai fini della legalizzazione, l' "occupazione " non debba essere protratta e ininterrotta per l'intera durata dei "tre mesi ", bensì, più semplicemente, sia sufficiente che in quei "tre mesi " l' immigrato sia stato " occupato " con modalità tali da costituire un effettivo rapporto di lavoro dipendente: se il legislatore avesse voluto qualche cosa più di questo, e cioè di una verifica dell' effettiva ed autentica sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato "nei tre mesi ", avrebbe disposto diversamente.

 

Tuttavia sia il Ministero dell'Interno ( circ. n. 14 del 9 settembre 2002), sia il Ministero del Lavoro, a mezzo della circolare n. 50 dell'20 settembre 2002 (rubricata "dichiarazione di emersione di lavoro domestico irregolare e dichiarazione di legalizzazione di lavoro non domestico irregolare"), hanno inteso precisare che il termine dei tre mesi sarebbe da intendersi in senso restrittivo e cioè che il rapporto di lavoro deve essere iniziato almeno tre mesi prima dell' entrata in vigore della legge e deve essersi svolto con continuità.

 

Ciò ha determinato gli organi competenti (Prefetture e Questure) a respingere tutte quelle domande in cui le parti contrattuali hanno dichiarato una data di inizio del rapporto successiva allO giugno 2002.

 

Emblematico è il caso, di cui alla commentata ordinanza n. 3757 del Consiglio di Stato, di un cittadino extracomunitario il quale, non essendosi il datore di lavoro tempestivamente attivato per la richiesta di regolarizzazione, ha aperto una vertenza per chiedere il riconoscimento del proprio rapporto di lavoro a far data dal 29 giugno 2002, anche in vista appunto della legalizzazione del soggiorno, avvalendosi della procedura di cui alla circ. del Ministero dell'Interno n. 300C/2002 del 31 ottobre 2002, con la quale si è regolata la posizione di cittadini extra-comunitari, "impiegati in attività lavorative in modo irregolare i cui datori di lavoro non intendono procedere a/la loro regolarizzazione " e "nei cui confronti gli interessati hanno adito formalmente le vie legali al fine di mantenere il rapporto di lavoro o di riassumere quello interrotto o aprano una vertenza tramite associazioni sindacali o di patronato ".

 

L 'interessato ha inoltrato alla Questura tutta la documentazione necessaria a provare quanto previsto proprio dalla circ. n. 300C/2002 del Ministero dell'Interno, e cioè una posizione " assimilata, in via temporanea. a quella dei perdenti lavoro ", aventi titolo, per l'art. 22, comma Il, del dlgs.n. 286 del 1998 e succ. integr. e modif., a rimanere in Italia, per ricerca lavoro, "per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque (...) per un periodo non inferiore a sei mesi ".

 

La Questura, nel "restituire " la documentazione inviata dal cittadino extracomunitario ha respinto la domanda per una " difformità da/la normativa vigente " la quale non consisterebbe in altro se non nella circostanza che " il rapporto di lavoro non ha avuto inizio in una data antecedente il 10/06/2002 come previsto da!l'art. 33 della legge 189/02".

 

Il provvedimento, tempestivamente impugnato avanti al Tar Toscana, è stato confermato dall'organo giudicante in primo grado, sicché l'interessato ha promosso appello al Consiglio di Stato, contro la sentenza che ne aveva respinto il ricorso.

 

 Il Consiglio di Stato, pronunciatosi per ora in via cautelare, ha sospeso l' efficacia della sentenza impugnata e quindi del rifiuto di regolarizzazione, riconoscendo apprezzabili i motivi avanzati dal cittadino extracomunitario.

 

L 'ordinanza di accoglimento (la n. 3757/2003 relativa al Ricorso rg. 6665/2003, consultabile sul sito www.giustizia.amministrativa.it) aiuta a fugare ogni dubbio sul fatto che l'art. 1, comma 1 del decreto legge n. 195 del 2002, come conv. con legge n. 222, là ove si riferisce all'occupazione "nei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore del presente decreto " possa e debba essere inteso alla lettera, ossia nel senso che la regolarizzazione è consentita per tutti i rapporti di lavoro i quali, preesistenti o meno, abbiano avuto effettivamente corso in tale periodo.

 

 avv .ETTORE MARTINELLI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Allegato 3

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO

ROMA

SEZIONE TERZA

RICORSO n. 06617/2003 -  Ord. n. 4568/03

composta dai signori:

Saverio CORASANITI                                                    Presidente

Linda SANDULLI                                                          Consigliere

Gaetana SANTOLERI                                                   Consigliere

Ha pronunciato la presente                   

ordinanza

nella camera di consiglio del 24/09/2003

Visto l'art. 21 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, del r.d. 17 agosto 1907 n. 642;

Visto il ricorso proposto da

CAMERA DEL LAVORO METROPOLITANA DI MILANO CGIL, CONFEDERAZIONE ITALIANA SINDACATI LAVORATORI CISL, UNIONE ITALIANA LAVORATORI UIL

Rappresentati e difesi dall’avv. SERGIO VACIRCA

domiciliato presso lo studio dell’avv. Sergio Vacirca, Via Flaminia n. 195 – 00196 Roma

 

contro

Ministero dell'Interno e il Ministero delle Politiche Sociali

rappresentati e difesi dall'avvocatura Generale dello Stato;

            per l’annullamento, previa emanazione di misure cautelari

degli atti indicati nell’epigrafe del ricorso, nonché per gli accertamenti richiesti nei limiti della domanda


Visto l'art. 21 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 come integrato dall'art. 3 della legge 21 luglio 2000 n. 205;

Visti gli atti o documenti depositati col ricorso;

Vista la domanda di provvedimento cautelare presentata in via incidentale da parte ricorrente;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'avvocatura camerale dello stato;

Uditi alla camera di consiglio del 24/09/2003 con designazione del cons. Saverio Corasaniti relatore della camera i procuratori delle parti comparsi come da verbale;

Ritenuto che sussistono le ragioni richiamate dalla legge per l'accoglimento della domanda cautelare avendo il colloquio condiviso le argomentazioni difensive dei ricorrenti sia relativamente al fumus che alla gravità del danno

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio - sezione III^ - ACCOGLIE la suindicata domanda cautelare ai fini del riesame dell'impugnata circolare n. 13 dell'8/04/2003 del Ministero del Lavoro.

La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria della sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Roma, 24 settembre 2003

Il Presidente relatore

Saverio CORASANITI

 

 

 

 

Seguito allegato 3

 

Nota a margine dell'ordinanza n. 4568 del 24 settembre 2003, Tar Lazio, di sospensione della Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 13 dell'8 aprile 2003.

 

Il Tar del Lazio, con l'ordinanza n. 4568 del 24 settembre 2003, ha sospeso la Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 13, dell'8 aprile 2003, impugnata dalle sedi milanesi di CGIL, CISL e UIL. Il ricorso di CGIL, CISL e UIL ha sostenuto l'illegittimità della circolare in questione, là ove essa perseguiva, ". ..lo scopo di evitare che si instaurino di fatto rapporti di lavoro irregolari, secondo procedure non previste dalla normativa vigente in materia di immigrazione. Ciò con particolare riguardo a/la situazione di quei cittadini extracomunitari .in attesa di regolarizzazione, per i quali si è interrotto nel frattempo il rapporto di lavoro originario prima de/la conclusione de/la procedura di regolarizzazione e che hanno 1 'opportunità di instaurare un nuovo rapporto di lavoro con un diverso datore ...Il datore di lavoro che intende assumere il cittadino extracomunitario di cui sopra deve darne comunicazione scritta a/la Prefettura secondo le modalità indicate ne/la circolare in oggetto e rimanere in attesa de/la convocazione da parte della Prefettura medesima... Nelle more della conclusione della Procedura di regolarizzazione. Il rapporto di lavoro non potrà pertanto avere corso, potendosi instaurare soltanto all’atto della  stipula del contratto di soggiorno ".

 

 La Circolare, per il periodo in cui ha avuto applicazione, ha mirato ad impedire               alI' extracomunitario che avesse interrotto il rapporto di lavoro in pendenza della conclusione della procedura di regolarizzazione, di instaurarne un altro, regolare, con un nuovo e diverso datore di lavoro.

 

Ciò ha paralizzato, tra l' altro, gli effetti delle convenzioni tra CGIL CISL e UIL milanesi e Amministrazioni periferiche dello Stato del febbraio e marzo 2003, in cui si prevedeva la possibilità per un lavoratore extracomunitario emerso, che avesse interrotto il rapporto di lavoro con il datore denunciante, di instaurare un nuovo rapporto di lavoro, anche nelle more della convocazione presso la Prefettura competente, con l' obbligo di denuncia contributiva del rapporto presso gli enti previdenziali.

 

Più precisamente si è pattuito che: “In relazione alla applicazione della normativa in materia di legalizzazione dei rapporti di lavoro di cittadini extracomunitari (...) nelle more della regolarizzazione del lavoratore extracomunitario, in caso di cessazione del rapporto di lavoro per a) licenziamento; b) decesso del datore di lavoro o dell'assistito; c) dimissioni,' d) cessazione dell'attività dell'azienda, ed in caso di nuovo datore di lavoro, la procedura di emersione sarà articolata secondo la scansione sotto indicata:

1)                               verifica dei requisiti di ammissibilità e ricevibilità delle istanze,' 2) verifica dei requisiti soggettivi ad opera della Questura,' 3) verifica degli aspetti contrattuali, del rispetto dei CCNL con predisposizione di un nuovo contratto di soggiorno, contenente i termini dell'eventuale nuovo rapporto di lavoro della durata di almeno un anno ad opera della DPL,' 4) denuncia contributiva del nuovo rapporto di lavoro presso l'INPS e l'INAIL,' 5) rilascio da parte della Questura di un permesso della durata di almeno un anno, Per la definizione delle procedure che comunque dovranno rispettare le prescrizioni della legge, verrà indetto un incontro tecnico con le componenti presenti alla riunione odierna, /I

 

 La Circolare del Ministero del Lavoro, sospesa dal Tar Lazio, siglava una differenziazione di trattamento fra quei lavoratori che, destinatari della procedura di emersione e non ancora convocati dalla Prefettura, erano alle dipendenze del datore di lavoro autore dell'istanza di regolarizzazione e quelli che avevano l'unica sventura di aver perso il lavoro.

 

In pratica, la Circolare sospesa, senza alcuna motivazione, introduceva una disparità di trattamento priva di senso tra soggetti i quali avevano tutti un'istanza di regolarizzazione pendente e che, per riprendere il linguaggio della circolare, "nelle more della conclusione della procedura di regolarizzazione " avevano tutti un " datore di lavoro " ed un ' opportunità di lavorare.

 

Il Ministero del Lavoro ha operato, con la Circolare sospesa, una distinzione assurda ed illogica: da un lato l'immigrato il quale, presentata l'istanza di legalizzazione, in pendenza della procedura poteva mantenere lo stesso datore di lavoro, sino a poter stipulare con questi il contratto di soggiorno; dall' altro lato chi, invece, in pendenza della procedura, si trovava a dover cambiare datore di lavoro, e sarebbe dovuto rimanere, medio tempore e sino alla stipula del contratto di soggiorno, in un limbo, come una sorta di reietto, senza poter lavorare con i diritti che sono propri di qualunque lavoratore, a cominciare da quelli contributivi e previdenziali.

 

 Di tale discriminazione nella circ. n. 13 del 2003 del Ministero del Lavoro non c' è alcuna giustificazione, ne si sarebbe potuto darla, semplicemente perché si tratta di una differenziazione di trattamento ingiustificabile.

 

L’'indirizzo di fondo della legislazione italiana, in ultimo fortemente accentuato dalla l. n. 189 del 2002, è quello per cui l'immigrato che soggiorna legalmente in Italia deve di norma avere un contratto di lavoro.

 

 Un' inspiegabile discriminazione, come quella che voleva il Ministero del Lavoro è poi tanto più manifestamente irrazionale ed irragionevole, in quanto, le "more della conclusione della procedura di regolarizzazione " si sono protratte, si stanno protraendo e sono fatalmente destinate a protrarsi ancora per un lungo tempo.

 

Il Tar Lazio con l'ordinanza n. 4568 del 24 settembre 2003, ha disposto in via cautelare la sospensione della Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 13 dell' 8 aprile 2003, "ritenuto che sussistono le ragioni richieste dalla legge per 1 'accoglimento della domanda cautelare avendo il collegio condiviso le argomentazioni difensive dei ricorrenti sia relativamente al fumus che alla gravità dei danni "

 

Le organizzazioni sindacali, quindi, possono tornare ad applicare accordi come quello già stipulato a Milano ed a giocare il ruolo essenziale, loro spettante, nei rapporti tra Amministrazione dello Stato da un lato, ed i datori di lavoro ed i lavoratori extracomunitari dall'altro.

 

Avv .Ettore Martinelli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Allegato 4

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

Registro Ordinanza:/4648/03

Registro Generale:927912003

Sezione Sesta

composto dai Signori:

 

Pres. F.F. Alessandro Pajno

Cons. Luigi Maruotti

Cons. Chiarenza Millemaggi Cogliani Cons. Giuseppe Romeo

Cons. Guido Salemi Est.

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

 

nella Camera di Consiglio del 28 Ottobre 2003.

Visto l'art.21, U.c., della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, come modificato dalla legge 21 luglio 2000, n. 205;

Visto l'appello proposto da:

                                            MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI

                                            rappresentato e difeso dall' A VVOCATURA GEN. STATO

                                                     con domicilio in Roma VIA DEI PORTOGHESI 12

contro

CAMERA DEL LA VORO METROPOLITANA DI MILANO - CGIL, CISL -UNIONE DI MILANO e UIL - UNIONE DI MILANO rappresentati e difesi dagli Avv. ti ETTORE MARTINELLL LEONARDO BARDL SERGIO VACIRCA e VITTORIO ANGIOLINI con domicilio eletto in Roma VIA FLAMINIA 195 presso SERGIO VA CIRCA

per l'annullamento dell'ordinanza del TAR LAZIO - ROMA :Sezione III n. 4568/2003, resa tra le parti, concernente REGOLARIZZAZIONE DI DIPENDENTI STRANIERI CON MANSIONI DI COLF O BADANTE;

Visti gli atti e documenti depositati con l'appello;

Vista l'ordinanza di accoglimento della domanda cautelare proposta in primo grado; Visto l'atto di costituzione in giudizio di:

 

N.R.G. 9279/2003

CAMERA DEL LAVORO METROPOLITANA DI MILANO - CGIL, CISL -UNIONE DI MILANO e UIL - UNIONE DI MILANO

Udito il relatore Cons. Guido Salemi e uditi, altresì, per le parti 1'avv. dello Stato Noviello e l' avv. Vacirca.

Ritenuto, nei limiti consentiti dalla fase cautelare, che siano condivisibili le deduzioni difensive delle Confederazioni appellate.

P.Q.M.

Respinge l'appello (Ricorso numero: 9279/2003 ).

 

La presente ordinanza sarà eseguita dalla Amministrazione ed è depositata presso la segreteria della Sezione che provvederà a dame comunicazione alle parti.

 

Roma, 28 Ottobre 2003


 

[1] si tratta, in sostanza, di quei casi in cui il datore di lavoro in luogo di presentare la dichiarazione di emersione ha, tempestivamente, messo fine al rapporto di lavoro (ovvero lo ha protratto in condizione di assoluta irregolarità)

[2] “Chiunque, nell’esercizio di un’attività di impresa sia in forma individuale che societaria, ha occupato nei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore del presente decreto, alle proprie dipendenze lavoratori extra comunitari in posizione irregolare, può denunciare, entro la data dell’11.11.2002, la sussistenza del rapporto di lavoro alla Prefettura-Ufficio territoriale del governo competente per territorio, mediante la presentazione, a proprie spese, di apposita dichiarazione attraverso gli uffici postali”

[3] la quale, precisa il collegio giudicante- “anteponendo alla previsione dei tre mesi la preposizione “nei”, anziché “per”, non richiede necessariamente che il rapporto di lavoro abbia avuto una durata minima pari a tutti e tre i mesi antecedenti la data di entrata in vigore della norma”.  

[4] Nel senso che l’articolo 33, comma 1 del decreto legge n. 195/2002 si interpreta nel senso che sono regolarizzabili i lavoratori che abbiano comunque prestato la loro opera nel corso del trimestre indicato, anche se non per tutto il periodo

[5] In questi casi, infatti, il datore di lavoro “famiglia” può regolarizzare la posizione contributiva al termine della procedura di regolarizzazione (cioè dopo la firma del contratto di soggiorno-lavoro e rilascio del permesso di soggiorno), oppure nelle more della procedura. Tuttavia, in questo caso la procedura informatica all’uopo predisposta  non accetta l’inserimento, nel campo di riferimento, di date di inizio del rapporto assicurativo posteriori al 9 giugno 2002.   

[6] Questa disposizione stabilisce l’impossibilità della regolarizzazione del rapporto di lavoro ove i lavoratori extracomunitari “risultino denunciati per uno dei reati indicati negli articoli 380 e 381 del Cpp, salvo che il procedimento penale si sia concluso con un provvedimento che abbia dichiarato che il fatto non sussiste o non costituisce reato o che l’interessato non lo ha commesso, ovvero nei casi di archiviazione previsti dall’articolo 411 del Cpp”.

 

Fillea Cgil Nazionale Via G.B. Morgagni, 27 Roma