Commissione Parlamentare di inchiesta sugli Infortuni sul
Lavoro
Nota di
Feneal Uil – Filca Cisl – Fillea Cgil
11 ottobre 2005
PREMESSA
Gli infortuni in edilizia
per la maggior parte non sono il prodotto di una complessità
del processo produttivo, ma della mancanza delle più
elementari misure di prevenzione. Ciò è il segno di una
criticità della situazione nei cantieri che ha come prima
causa il meccanismo dell’appalto, la logica del massimo
ribasso e il ricorso alla lunga catena dei subappalti e
della sub-contrattazione di servizi, noli e forniture.
Concausa è l’estesa
presenza di lavoro nero e irregolare, che é in aumento e in
alcuni casi raggiunge anche percentuali del 50% della
manodopera; essa non risulta correlata ad un contesto
sociale caratterizzato da forte disoccupazione, come quella
di alcune realtà meridionali, perché questa incidenza così
alta del lavoro nero riguarda, p.es. una città come Milano,
che ha tassi di disoccupazione a livello europeo; ciò
significa che le cause sono interne al settore, al
meccanismo dell’appalto e della concorrenza fra imprese.
In questo contesto si
inserisce anche il fenomeno del caporalato, che riguarda
ormai piccoli e grandi cantieri ed è il terreno di
infiltrazioni malavitose.
La presenza del caporalato
incide particolarmente sulla condizione dei lavoratori
stranieri, sempre più presenti nei cantieri: tra i
lavoratori regolarmente iscritti nelle Casse Edili essi
rappresentano mediamente il 20-25% dei lavoratori, ma nelle
realtà del Centro Nord rappresentano spesso il 30-40% dei
lavoratori regolari.
Il caporalato provoca, in
particolare, lo sfruttamento esasperato degli immigrati
clandestini, i più ricattabili, arrivando a casi ai limiti
della schiavitù e al disprezzo di qualunque misura di
prevenzione degli infortuni.
Una seconda causa di
sfruttamento esasperato di lavoratori stranieri e di
condizioni di lavoro pericolose è il distacco di lavoratori
nell’ambito di una prestazione di servizi (D. Legislativo n.
72 del 15/2/2000), meccanismo che consente di importare
temporaneamente in Italia lavoratori da altri Stati.
Anziché godere delle
tutele e dei diritti degli edili italiani, come dice la
normativa, questi lavoratori vengono ricattati, sottopagati
e fatti lavorare senza tutele. Il fenomeno è in crescita,
rappresenta un meccanismo di ingresso in Italia in deroga,
senza tetti, alle quote previste dai decreti flussi,
comporta spesso consistenti risparmi previdenziali rispetto
alla manodopera italiana in virtù del pagamento dell’obbligo
contributivo nel paese di origine, ha prodotto eclatanti
fenomeni di sfruttamento (edili pagati un quinto di quelli
italiani) e infortuni gravissimi, che in alcuni casi hanno
avuto grande rilievo sulla stampa per la centralità e la
rilevanza dei cantieri. Inoltre, il distacco di manodopera
straniera comporta meccanismi di intermediazione
internazionale di manodopera nei quali sono presenti
fenomeni malavitosi italiani e stranieri.
Tutto quanto sopra
descritto penalizza nella concorrenza le aziende che
vogliono rispettare le regole e spinge al ribasso la
competizione fra imprese.
Un fenomeno che riguarda
anche i cantieri regolari è la continua e progressiva
contrazione dei tempi di esecuzione dei lavori e
l’insufficienza dei controlli pubblici: in sintesi, la
probabilità per un imprenditore edile di essere controllato
scatta ogni parecchi anni. Inoltre, appare ridotta la reale
efficacia delle attuali sanzioni pecuniarie, in quanto vi
sono imprenditori che le scontano anticipatamente fra i
possibili costi di produzione, a fronte di risparmi certi da
mancate misure di sicurezza.
PROPOSTE
Per arginare il fenomeno
degli infortuni nel settore delle costruzioni riteniamo
indispensabile operare per una politica industriale che crei
una concorrenza fra le imprese basata su fattori di qualità
e innovazione e non, come avviene oggi, su una concorrenza
“sleale” basata sui costi, sull’evasione contributiva, sul
lavoro nero e sull’elusione della normativa sulla sicurezza.
Le proposte che di seguito
presentiamo alla Vs. attenzione vanno, appunto, in questa
direzione, e partono dal presupposto che
nell’edilizia la politica
per la sicurezza non può che essere interdisciplinare e
basata su una azione sinergica di tutti i soggetti.
A nostro giudizio è
necessario:
·
completare la
normativa di settore (Dlgs. 494/96 e Dpr. 222/03). Essa nel
suo insieme è adeguata, offre un importante strumento per la
programmazione e la pianificazione della sicurezza e per la
responsabilizzazione di tutti coloro che partecipano al
processo produttivo. Va completata con l’emanazione del
Decreto sulla formazione dei coordinatori per la sicurezza,
previsto dall’art. 23 del Dlgs. 528/99 (decreto che ha
modificato il Dlgs. 494) .Attualmente la formazione dei
coordinatori, anche per lavori complessi, avviene attraverso
corsi di sole 120 ore, svolti senza garanzie di qualità e
senza una verifica finale;
·
disciplinare
l’accesso alla professione imprenditoriale nel settore edile
( oggi legato solo all’iscrizione alla Camera del Commercio)
con la definizione di un Sistema di requisiti di qualità
delle imprese
·
( basato su
capacità tecnologiche, organizzative, conoscenze legali e di
gestione di impresa, formazione..);
·
Individuare
soluzioni che consentano l’assegnazione degli appalti
pubblici attraverso il meccanismo dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, superando quello del massimo
ribasso che comporta una estrema compressione dei costi che
penalizza qualità dell’intervento e delle condizioni di
lavoro e favorisce lavori scadenti, infortuni, lavoro nero e
infiltrazioni malavitose;
·
negli appalti
pubblici correlare strettamente l’indicazione dei costi per
la sicurezza ( non sottoposti a ribasso d’asta) alla
tipologia dell’opera e alle caratteristiche del cantiere;
·
accelerare
l’entrata in funzione, a tutti i livelli, del D.U.R.C;
·
incentivare
la regolarità delle imprese favorendo meccanismi di
contrasto di interessi, come avvenuto con gli sgravi del 41%
e del 36% che vanno resi stabili;
·
defiscalizzare o ridurre gli oneri sociali a carico di
quelle imprese edili che hanno una forte incidenza di
manodopera;
·
rendere al
più presto operativo l’obbligo di comunicare agli uffici
circoscrizionali per l’impiego l’instaurazione del rapporto
di lavoro il giorno antecedente all’assunzione in cantiere,
così come previsto dall’Avviso Comune contro il lavoro nero
del 16/12/2003 e dall’art.86, comma 10 bis del Dlgs.
276/2003;
·
rafforzare la
presenza e le funzioni di rappresentanza dei lavoratori
individuate con i Dlgs. 626 e 494, soprattutto in relazione
al rappresentante territoriale per la sicurezza;
·
aumentare
adeguatamente la formazione per la sicurezza sia dei
lavoratori che dei loro rappresentanti, correlando incentivi
alle imprese all’adempimento di una formazione adeguata e
qualitativamente certificata;
·
introdurre la
materia della sicurezza sul lavoro nella formazione
professionale, nelle scuole e nelle facoltà universitarie
che preparano figure professionali inerenti il ciclo delle
costruzioni ;
·
assicurare
interventi correlati alla presenza di lavoratori immigrati,
attraverso una
politica dei meccanismi d’ingresso, che offra una risposta
reale alla pressione migratoria e ai fabbisogni delle
imprese, coniugata con un’analisi delle professionalità
necessarie e un forte ruolo della formazione per qualificare
professionalmente questi lavoratori e assicurare loro una
adeguata formazione per la sicurezza;
·
riconsiderare
tutto il meccanismo del distacco di manodopera straniera, al
fine di ripristinare parità di condizioni fra lavoratori
immigrati e italiani e, come interventi urgenti, prevedere
misure sul piano dei controlli, dei requisiti
imprenditoriali dei distaccanti, della verifica e della
cooperazione con le autorità dei paesi di provenienza;
·
prevedere
meccanismi che estendano l’esperienza della concertazione
d’anticipo ad un numero sempre maggiore di opere, in modo da
riprodurre un modello che, la dove è nato ed è stato
applicato (i cantieri dell’Alta Velocità Fi-Bo) ha prodotto
risultati largamente positivi, in particolare sul terreno
della sicurezza;
·
sul piano
delle politiche pubbliche, assicurare il coordinamento a
livello regionale e territoriale di tutti i soggetti della
prevenzione e lo sviluppo di strategie integrate, nonché il
potenziamento delle funzioni di vigilanza in materia di
salute e sicurezza, garantendo un adeguato finanziamento e
il funzionamento dei servizi di prevenzione di salute e
sicurezza del lavoro, in particolare nelle Regioni
meridionali, dove sono spesso più carenti.
|