Dipartimento Politiche Attive del Lavoro

 

PROCEDURE DI CERTIFICAZIONE

 

PROCEDURE DI CERTIFICAZIONE

 

Certificazione dei contratti di lavoro

Obiettivo della certificazione è la riduzione, attraverso un accordo volontario tra datore di lavoro e lavoratore, del contenzioso in materia di qualificazione dei contratti di lavoro.

Possono certificare le “Commissioni di certificazione” costituite da:

a)     Direzioni provinciali dell’Impiego (va emanato decreto ministeriale);

b)     enti bilaterali territoriali o nazionali (se costituiscono una Commissione di certificazione nazionale).

NOTA BENE: sono abilitati a certificare gli enti bilaterali il cui statuto preveda espressamente che tale funzione sia compresa tra quelle istituzionalmente previste. Si rammenta che nel caso degli enti bilaterali che operano nel comparto edile, gli statuti vigenti non prevedono la possibilità di costituire Commissioni di certificazione dei rapporti di lavoro e che le modifiche statutarie dei suddetti enti bilaterali debbono essere assunte ad unanimità;

c)     Province;

d)     Università pubbliche e private, limitatamente ai rapporti attivati con docenti di diritto del lavoro (va emanato decreto ministeriale).

 

Sono certificabili:

1.           i rapporti di lavoro:

·         intermittente;

·         ripartito;

·         a tempo parziale;

·         a progetto, programma o parte di esso;

·         di associazione in partecipazione .

2.           i regolamenti interni delle cooperative;

3.           la distinzione tra somministrazione di manodopera e appalto (Interposizione illecita);

4.                    le rinunzie e le transazioni  al momento della costituzione del rapporto di lavoro.

 

Le procedure per la certificazione prevedono:

-      la presentazione di una “istanza di avvio” che nel caso a) sarà la Direzione provinciali dell’Impiego della circoscrizione in cui si trova l’azienda o una sua dipendenza, mentre nel caso b) dovranno sono le commissioni (eventualmente!!) costituite presso gli enti bilaterali territoriali (o nazionale);

-      la comunicazione dell’avvenuta istanza (da parte della Commissione) alla Direzione provinciale del lavoro che provvede a sua volta a comunicarlo alle altre autorità pubbliche cointeressate (che possono presentare osservazioni;

-      il procedimento deve concludersi entro 30 giorni dal ricevimento dell’istanza;

-      l’atto che conclude il procedimento deve essere motivato; deve contenere i termini temporali e l’autorità cui è possibile avanzare ricorso; deve esplicitamente indicare gli effetti civili, amministrativi, previdenziali, fiscali per i quali si richiede la certificazione.

 

L’atto (il contratto) così stipulato ha pieno effetto giuridico anche verso terzi (INPS compreso); fatti salvi i provvedimenti cautelari previsti, l’accoglimento (con sentenza di merito) di uno dei “ricorsi giudiziali esperibili” interrompe da quel momento in poi gli effetti dell’accertamento.

 

È fatto “obbligo” che, prima della presentazione di un ricorso giudiziale, vengano espletate (presso la Commissione che ha certificato l’atto) le procedure di Conciliazione [1].

Le procedure per la certificazione di cui sopra debbono avvenire nel rispetto dei “Codici di buone pratiche per l’individuazione delle clausole indisponibili in sede di contrattazione” (da emanarsi, entro il marzo 2004, con decreto del Min.Lav.).

 

È prevista la predisposizione a cura del Min.Lav. di apposita modulistica per la certificazione.

 

Ricorsi giudiziali esperibili: l’art.80 del DLgs. 276/2003 stabilisce che possono essere proposti ricorsi all’autorità giudiziaria [2] solo se riguardanti:

-      Erronea qualificazione del contratto: se accertata, ha effetto sin dal momento della stipula del contratto.

-      Difformità tra il programma di lavoro accertato e la sua successiva attuazione: se accertata, ha effetto dal momento stabilito dalla sentenza.

-     Vizio del consenso.

Il giudice del lavoro “potrà” valutare il “comportamento complessivo” tenuto dalle parti in sede di certificazione del rapporto di lavoro e di definizione della controversia davanti alla commissione di certificazione ai sensi degli artt. 9, 92 e 96 del C.P.C. [3].

È ammesso ricorso al TAR competente per territorio per violazione di provvedimento o eccesso di potere.

Le Commissioni di certificazione possono assistere “le parti contrattuali” al momento della stipula del contratto in merito alla disponibilità dei diritti e alla “esatta qualificazione” dei contratti di lavoro.

 

Interposizione illecita

 

Le procedure di certificazione possono essere usate anche al fine di evitare la somministrazione illecita, con particolare riferimento alla necessità di distinguere la somministrazione di lavoro dall’appalto.

Entro il marzo 2004, il Min.Lav. adotterà un decreto deputato ad definire indici presuntivi in materia di interposizione illecita e appalto genuino.

 

ITINERARI DI UN POSSIBILE CONTENZIOSO        Certificazione

1.       Occorre contestare gli enti bilaterali che non siano comparativamente i più rappresentativi.

2.       Occorre poi  impugnare i verbali da cui risulti  la presenza di un sinda-calista diverso da quello cui aderisce il lavoratore certificato, e così anche i verbali da cui non risulti alcuna apprezzabile attività istruttoria o, nel caso di certificazione ai sensi dell’art. 2113 Cod. Civ., alcuna attività conciliativa e transattiva sulle rispettive pretese specificamente illustrate.

 

NOTE

[1] di cui all’art.410 C.P.C.

[2] di cui all’art.413 C.P.C. che recita (Giudice competente).

[3] L’art.9 C.P.C. recita (Competenza del tribunale) - L’art.92 C.P.C. recita (Condanna alle spese per singoli atti. Compensazione delle spese) - L’art.96 C.P.C. recita (Responsabilità aggravata).