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Convegno nazionale Legno-Arredamento -  Milano, 8 aprile 2003

Introduzione di Franco Martini

 

Vorrei innanzitutto ringraziare gli ospiti che hanno accolto il nostro invito a partecipare a questa iniziativa, i rappresentanti delle Associazioni Imprenditoriali del settore, i rappresentanti delle altre organizzazioni sindacali e naturalmente quelli delle nostre strutture Confederali e di categoria.

Ringrazio anche i ricercatori del Centro Studi dello CSIL per il lavoro svolto, che ha rappresentato per noi una utile base di riferimento per la riflessione che proponiamo, e l’economista Andrea Forti che presenterà successivamente alcuni scenari e alcune proposte per lo sviluppo del settore.

Un ringraziamento particolare ed affettuoso a Carla Cantone che per la seconda volta torna nella sua amata categoria e la ringraziamo per questo, sapendola molto occupata in questi giorni su molti fronti confederali.

Sarà compito del Segretario Nazionale Luigi Aprile illustrare le proposte della nostra categoria. Io mi limito semplicemente a ribadire il carattere che vogliamo assegnare a questa iniziativa, che va oltre una valenza eminentemente settoriale.

Il titolo del convegno contiene una prima parola- chiave: Qualità. Questa parola, molti di voi lo ricorderanno, rimanda ad un’altra iniziativa della Fillea, diventata per la nostra categoria lo snodo dell’elaborazione strategica di questi ultimi anni, mi riferisco al Cantiere Qualità, l’iniziativa che tenemmo all’Eur nella primavera del 2001. In quella occasione lanciammo una sfida a noi stessi ed al nostro agire sindacale, sulla base del lavoro prezioso costruito dalla categoria nel corso degli anni ’90. Avevamo alle spalle anni di crisi profonda (dovuta anche alle note vicende giudiziarie in edilizia) ai quali seguirono anni di crescita sostenuta, quella crescita che ci ha accompagnati fino ai giorni di oggi.

Sono anni in cui ci siamo difesi bene dalle conseguenze della crisi e dove ci siamo fatti trovare pronti a cogliere le opportunità della ripresa, sapendo tuttavia che ci saremmo trovati di fronte ad un bivio: o il settore delle costruzioni, complessivamente inteso, sarebbe stato in grado di cogliere l’opportunità della ripresa per operare un profondo salto di qualità nelle sue basi strutturali, oppure la ripresa giunta all’esaurimento della sua fase non avrebbe lasciato molte tracce di sé ed il settore si sarebbe trovato nuovamente ad affrontare la competizione nei mercati globali con tutti i suoi limiti e le sue debolezze tradizionali.

Era ed è la sfida della qualità sulla quale abbiamo tentato di tracciare una nuova rotta, quella più utile per esaltare le forti potenzialità presenti in un settore dove non manca la ricchezza, quella dei mercati, quella delle professioni –e mi riferisco a quella dei lavoratori e quella delle imprese-, quella delle innovazioni tecnologiche e di prodotto.

Non è un caso che quella rotta, sancita poi al nostro ultimo congresso, ha avuto come prima tappa la Conferenza Nazionale sulle Costruzioni nel Mezzogiorno, essendo il Sud il luogo delle maggiori contraddizioni, dato il forte contrasto tra potenzialità ed arretratezze. Lo sviluppo di qualità in questo nostro settore non può avvenire se non viene aggredita una delle prime realtà dello squilibrio esistente.

E non è neanche un caso che ci siamo battuti, con Filca e Feneal, per contrastare le modifiche normative introdotte dal Governo che in materia di appalti rendevano più difficile l’obiettivo della qualità, della trasparenza e –conseguentemente- meno credibili le prospettive di sviluppo del settore.

Ma lo sviluppo di qualità significa anche valorizzare le risorse di cui disponiamo. Tra queste, tutto il patrimonio artistico, culturale, monumentale che ci ha portati a fare del restauro un settore da non sottovalutare, per la qualità del lavoro e dell’impresa che è in grado di sviluppare.

Per non parlare del nesso che queste attività hanno con il recupero e la riorganizzazione delle città, dei grandi spazi urbani, con la tutela e la salvaguardia dell’ambiente e del territorio.

Qualità è anche la sfida delle bio-tecnologie, dei bio-materiali, di un orizzonte nuovo dove lo sviluppo sostenibile può candidare le nostre imprese ed il nostro lavoro ad essere punte avanzate di un processo che non può più vedere il nostro Paese fanalino di coda.

In questo senso il nostro cantiere qualità è il cantiere della nostra iniziativa che deve investire, nella sfida di qualità, tutti i settori che noi rappresentiamo.

Il settore Legno-Arredamento rappresenta per noi uno dei settori dove questa scommessa deve essere lanciata e deve essere vinta e questo Convegno è per questo un’altra tappa di quella rotta che abbiamo tracciato.

Troverete, allora, già nella relazione di Aprile e nei materiali che vi sono stati dati altre parole-chiave di questa nostra riflessione.

La prima è declino che, per la verità, è forse già entrata nella testa di molti, da quando il rischio paventato dalla nostra Confederazione e sul quale abbiamo anche chiamato i lavoratori a mobilitarsi, è diventato una concreta e seria realtà del nostro sistema produttivo.

Qui noi parliamo di una sofferenza già in essere del settore legno-arredamento, come i dati forniti dalla ricerca dello CSIL dimostrano. Ma come voi capite bene un conto è affrontare la difficoltà di un settore dentro una economia generale in espansione, altra cosa è curare la tosse avendo la bronco-polmonite!

Se parliamo del rischio di declino per questo settore è perché condividiamo l’analisi fatta dalla nostra Confederazione sulle conseguenze di una sbagliata ed in molti casi  assente politica industriale nel Paese.

E se parliamo di declino è per convincere tutti noi che questo rischio può essere combattuto non con misure tampone, tanto più di fronte alle conseguenze che lo stesso conflitto in Irak e le sue ripercussioni sull’economia internazionale potrà avere, ma mettendo in campo e rilanciando politiche strutturali che riguardino il complesso dell’attività produttiva, cioè qualcosa che va oltre gli stessi confini dell’impresa.

Abbiamo chiesto alla Segretaria Confederale Carla Cantone di concludere questa iniziativa per rendere ancora più chiaro il fatto che se non passiamo innanzitutto su alcuni terreni generali che attengono alle misure di politica industriale e di sviluppo, queste stesse nostre proposte settoriali stenteranno ad affermarsi, avranno vita più difficile.

 

Credo importante sottolineare che su questo terreno è in atto anche una ripresa positiva del rapporto tra le Confederazioni, un tentativo di ricostruire proposte comuni nel confronto con la Confindustria ed il Governo.

Il nostro auspicio è che questo lavoro possa avere un esito positivo ed in un certo senso anche questa nostra iniziativa, come altre che abbiamo svolto e che abbiamo in programma, vogliono rappresentare un contributo alla costruzione di una proposta di politica industriale comune.

Un’altra parola chiave, allora, è tavolo perché tra gli sbocchi “operativi” di questo nostro ragionamento vuol esserci l’apertura di una sede di confronto con il Governo sui temi che proporremo alla discussione e che i nostri interlocutori vorranno sollevare, essendo una sede che deve coinvolgere tutti noi.

Sappiamo per esperienza che un tavolo non si nega mai a nessuno (un po’ come le commissioni contrattuali). Anche in edilizia il Governo ci aveva fornito una sede analoga di confronto, ma che ha avuto vita molto breve.

Il tavolo che noi chiediamo deve essere una sede di concertazione per mettere in campo concrete disponibilità da parte di Governo, Imprese e certamente anche da parte sindacale. I tavoli non hanno senso se vengono intesi come sedi nelle quali le parti sociali devono prendere atto di volontà già definite, in particolare dall’Esecutivo. Così è stato per l’edilizia, così chiediamo non sia per il legno-arredamento.

Le proposte che tra qualche minuto illustrerà Luigi Aprile sono il nostro contributo alla costruzione di una piattaforma di sviluppo del settore e siamo ben disposti a costruire su di esse la sintesi unitaria più efficace per raggiungere gli obiettivi che credo condivisi da tutti i presenti, cioè una crescita della forza competitiva del nostro prodotto.

Siamo profondamente convinti che la sfida della qualità possa essere vinta se tutti gli attori in campo operano attraverso azioni sinergiche, quello che chiamiamo il fare sistema. Nel caso del settore legno-arredamento questo è ancor più importante data la caratteristica e la vocazione fortemente territoriale degli insediamenti produttivi.

La dimensione prevalente del settore, come analizza la ricerca dello CSIL, è quella distrettuale; il distretto è dunque un’altra delle parole-chiave del nostro ragionamento. Il distretto è forse per eccellenza la dimensione più efficace del fare sistema, come dimostra lo sviluppo che essi hanno avuto in questo settore e non solo in questo. Il distretto è il luogo dove gli attori economici e sociali sono chiamati ad interpretare un disegno comune di sviluppo, dove la forza di uno di essi può essere esaltata nella capacità di interagire con le potenzialità degli altri.

Per questo, oltre alle associazioni imprenditoriali del settore, abbiamo chiamato a discutere con noi le nostre strutture confederali, poiché la politica rivendicativa settoriale a livello distrettuale presuppone una azione di coinvolgimento delle politiche istituzionali territoriali di sostegno allo sviluppo.

Che si tratti delle azioni di sostegno alla formazione del capitale umano, o che si tratti delle politiche mirate di sostegno alle imprese, servizi, risorse finanziarie, tecnologia, ricerca, promozione, ecc. lo strumento che può dare risposte positive a tutto ciò è la programmazione locale dello sviluppo, che è materia che non riguarda solo la categoria.

In questo senso dobbiamo esprimere qualche rammarico per le assenze qualificate delle istituzioni che avevamo invitato, a partire ovviamente dalla Regione che ci ospita. La consideriamo una occasione mancata per riflettere sul futuro di questi nostri distretti, a partire da una regione dove è sorto il primo distretto legno-arredamento.

Infine, vorrei richiamare la priorità che assume per noi la qualità del lavoro. Siamo consapevoli che la rotta del Cantiere Qualità è difficile e, comunque, la meno agevole. Sappiamo che dentro una competizione sempre più agguerrita la ricerca di margini vantaggiosi può indurre suggestioni pericolose, come quella di ricercare nel continuo taglio dei costi tali vantaggi.

Naturalmente non siamo contrari a ridurre i costi, ma vorremmo che questo obiettivo venisse perseguito attraverso la strada di un forte innalzamento del valore delle nostre produzioni, aumentando i ricavi.

La sfida della qualità è dunque quella di un forte investimento sui fattori della produzione, ed il capitale umano è uno di questi fattori, come lo sono la ricerca e l’innovazione.

La nostra opinione è che il settore legno-arredamento deve essere interessato da un forte investimento in termini di formazione del capitale umano. Questo bisogno di formazione, sia delle figure operaie, che di quelle imprenditoriali è del resto una delle costanti nell’analisi dei punti di debolezza dei singoli distretti condotta dalla ricerca.

Ed è un investimento che va fatto e che va riconosciuto anche contrattualmente all’interno di un rinnovato sistema di inquadramento che sia espressione di una organizzazione del lavoro dove la flessibilità tanto invocata sia vera modalità di produzione di valore e non ultima e precaria difesa dalla concorrenza che avanza.

Investire sul capitale umano significa anche tutelare il lavoro. La sicurezza è per noi l’assillo quotidiano e se pure è vero che nell’immaginario collettivo è il cantiere edile il luogo che richiama le frequenti tragedie sul lavoro, sappiamo che anche questo settore vive condizioni e rischi non trascurabili, a partire dalle conseguenze che le polveri producono su chi lavora.

Ci sarà di grande utilità ascoltare l’esperienza svolta da una regione, l’Emilia Romagna, sui modelli di tutela e di prevenzione nel luoghi di lavoro, coscienti che anche questo problema della sicurezza non può che essere affrontato positivamente se l’azione delle parti sociali nei luoghi di lavoro, all’interno delle imprese sarà parte integrante di una azione territorialmente definita.

Per noi –in questo senso- la sicurezza non può che essere intesa come una delle politiche distrettuali.

Ci sono buone ragioni, quindi, per guardare alla prossima scadenza per il rinnovo del contratto come ad .una occasione per dare risposte positive a questi problemi, per essere coerenti con lo sforzo di innovazione che è parte della sfida della qualità che ci proponiamo per questo settore.

Ci auguriamo che l’approccio delle imprese sia analogo nello spirito e nelle intenzioni, non solo ovviamente per gli interessi di chi rappresentiamo, ma per quelli dell’intero settore.

In conclusione, vorrei ricordare che questa nostra riflessione può apparire del tutto secondaria rispetto ai grandi problemi che sono sorti sullo scenario internazionale con l’apertura del conflitto in Iraq, problemi che riguardano innanzitutto gli aspetti umanitari della guerra, l’ingiusto coinvolgimento dei civili e gli stessi pesanti lutti tra gli eserciti che si contendono il campo, ma che sono relativi anche e –forse- soprattutto alle conseguenze sull’ordine mondiale che uscirà da questa vicenda, meglio dire sicuramente il disordine mondiale.

Le posizioni della nostra organizzazione, della CGIL sono note e coincidono sostanzialmente con quella delle altre organizzazioni sindacali, essendo stata prodotta una posizione comune.

Il rischio che la guerra abbia tra le sue vittime le istituzioni internazionali è di una gravità enorme, perché le stesse regole della convivenza mondiale verrebbero trascinate verso scenari imprevedibili, salvo l’unica previsione attendibile della legge fatta dal più forte. Per questo nel chiedere la fine delle ostilità è importante riaffermare il ruolo degli organismi internazionali nella ricostruzione dell’Iraq, così come occorre ricostruire un ruolo dell’Europa.

Tutto questo vale per la pace, vale per lo sviluppo sostenibile che dobbiamo affermare.

Il legno è forse tra i materiali che più simboleggiano l’integrità della natura e la creatività dell’uomo. Anche affermare lo sviluppo di un settore che sappia valorizzare i beni ambientali e sappia esaltare la creatività di chi vi lavora può essere un contributo allo sviluppo sostenibile e all’idea di pace.

E’ solo un parallelo simbolico per dire che non deleghiamo ad altri ciò che a noi è chiesto oggi, in qualunque cosa facciamo, per affermare i diritti delle persone, delle persone che lavorano e di quelle che, come minimo, vorrebbero vivere.

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