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Relazione Introduttiva del Segretario Generale della Fillea di Palermo Franco Tarantino al Direttivo della Fillea Provinciale.

 

INTRODUZIONE

 

Lo spirito del direttivo di oggi deve essere improntato alla costruzione di un progetto che ci permetta di guardare al breve, al medio ed al lungo periodo capaci di fornire una adeguata soluzione ai numerosissimi problemi che attanagliano la categoria degli Edili.

         Tutto questo lo facciamo in un periodo di vacche magre, di carestia, consapevoli che il trend positivo degli ultimi 5 anni sta lasciando il posto ad una pericolosissima china della quale dobbiamo preoccuparci mettendo in campo tutta la nostra capacità contrattuale affinché le istituzioni attivino politiche di accelerazione della spesa nell’ambito delle Opere Pubbliche, attivino politiche che inducono i privati ad offrire prodotti di qualità senza l’assillo di dovere competere con aziende in nero o che utilizzano lavoratori in nero, in poche parole facciano quelle cose che portino il settore dell’edilizia, la più grande industria dell’isola, a recuperare competività, quantità e qualità del lavoro perché non continui un’emorragia del lavoro che nell’ultimo anno, secondo i dati ufficiali di cassa edile, ha registrato una perdita del 5% delle ore lavorate pari a 800 posti di lavoro effettivi ed a tempo indeterminato.

         La crisi in edilizia, si accompagna ad una crisi generale dei settori produttivi siciliani; c’è il pericolo di una desertificazione industriale i cui segnali partono da lontano con la crisi del tessile, della lavorazione dei prodotti petroliferi, delle industrie di trasformazione pesante come l’IMESI  e la Keller; nelle telecomunicazioni si sta registrando il più pesante calo occupazionale da 10 anni a questa parte per non parlare, poi, della messa in discussione del modello dei patti territoriali che, laddove realizzati, ha dimostrato come attraverso politiche concertive                i soggetti istituzionali territoriali, organizzazioni di categorie, sindacati, comuni e province, abbiano potuto trarre dalle potenzialità del territorio tutte le energie per dare lavoro e prodotti di qualità.

 

LA FINANZIARIA 2004

 

         Ci si aspetterebbe, di fronte a tale fase recessiva, un intervento mirato, capace di supportare una ripresa che si intravede ma alla quale nessuno è capace di agganciarvisi. Noi abbiamo auspicato politiche specifiche per il mezzogiorno perché si indirizzino investimenti al sud e non si trova traccia, nella finanziaria Nazionale, di un benché minimo intervento in questa direzione.

Anzi! La finanziaria è costellata di condoni, con quello edilizio che provocherà nel nostro settore danni irreversibili. Non sfugge a nessuno, infatti, che il solo annuncio del condono provoca una rincorsa all’azione illegale nella consapevolezza di chi costruisce abusivamente che verrà comunque un condono, prima o poi, a sanare la situazione. E costruire senza autorizzazioni consente la  proliferazione di cantieri in nero, che senza alcuna concessione edilizia continueranno a deturpare il territorio e che perpetueranno quelle condizioni di lavoro insicuro in cui il rischio di infortuni, talvolta mortali, si fa sempre più evidente.

Noi diciamo no alla politica dei condoni, come diciamo no alla finanziaria che toglie alle fasce più deboli della popolazione, con il taglio ai contributi agli enti locali, premia i furbi ed i fuorilegge con i condoni, perpetua una politica fiscale che sgrava solo i ricchi, indirizza tutte le risorse disponibili verso il Nord dove sono concentrati tutti gli interventi infrastrutturali finanziati. Ma noi diciamo No anche alla riforma pensionistica proposta dal governo perché è caratterizzata da elementi di iniquità, è sbagliata, è immorale e serve solo a fare cassa.

 

LA RIFORMA DELLE PENSIONI

 

Il governo dichiara che a partire dal 1° gennaio 2008 per potere andare in pensione occorreranno 40 anni di contributi o 65 anni per gli uomini e 60 per le donne, nel presupposto dichiarato e mai verificato che l’attuale situazione del sistema previdenziale è al collasso e che il perdurare di questo stato provocherà l’inevitabile rottura del  patto giovani – anziani a partire dal breve periodo. A giustificazione di questo presupposto il governo sostiene che negli altri paesi europei la quantità di spesa pensionistica si attesta all’11,5% del PIL mentre il Italia tale spesa è intorno al 13,5% dello stesso.

Omettendo di dichiarare, il governo, che in nessun altro paese europeo dentro i costi della spesa pensionistica vi insistono spese per l’assistenza e per il Welfare che altri non conteggiano. Infatti tutti noi sappiamo che oggi l’INPS oltre a pagare pensioni paga disoccupazioni, mobilità, pensioni sociali, pensioni di invalidità che incidono per circa il 2% del PIL e che in tutti gli altri paese stanno a carico della fiscalità generale.

         La riforma Dini aveva previsto la separazione della previdenza dell’assistenza  ma l’impressione che cogliamo è che il governo voglia mantenere lo status quo potendosi permettere così di buggerare gli italiani raccontando le frottole dei costi altissimi e nello stesso tempo di evitare di mettere mano complessivamente al Welfare, a garanzia dei tanti giovani senza lavoro, al sostegno al reddito in caso di perdita di lavoro, alla formazione continua per consentire un facile reinserimento nel mondo del lavoro, tutte cose che costano e che dovrebbero essere pagate da chi oggi ha beneficiato di sgravi fiscali, di condoni, di quei ricchi che sono gli unici ad avere tratto vantaggio da una politica antipopolare e dissennata di questo governo, mascherata di populismo e pericolosa per il futuro nostro e dei nostri figli.

La stessa decisione di potere mantenere la possibilità di andare in pensione a 57 anni di età e con 35 anni di contributi ma alla specifica condizione di andarci con il sistema contributivo non solo è immorale perché due lavoratori con le stesse condizioni vanno con trattamenti pensionistici diversi da un giorno all’altro ma crea il presupposto perché per il futuro tutte le pensioni siano calcolate col sistema contributivo, con un evidente calo di circa il 30% rispetto alla stessa pensione calcolata col sistema retributivo.

         Noi non possiamo restare indifferenti di fronte ad una offensiva di tale portata contro il lavoro, i lavoratori ed i lavoratori edili. Vi immaginate in quale situazione di sicurezza un lavoratore edile di 62 anni dovrà essere costretto ad operare su una impalcatura?

Con quale prospettiva un edile potrà crearsi una dignitosa pensione se insisterà il sistema contributivo in un contesto in cui difficilmente si raggiungeranno i 40 anni previsti? Noi giorno 6 Dicembre saremo a Roma! Ci saremo con le nostre parole d’ordine, invitando il numero più alto possibile di edili a partecipare a quella che dovremo rendere la più grande manifestazione unitaria mai vista in Italia. Dovremo, per questo, iniziare una sottoscrizione in tutti i posti di lavoro, per le strade, perché da un lato possiamo informare i lavoratori sulla iniquità della proposta governativa e poi perché si abbia la disponibilità di risorse importanti per favorire il massimo di partecipazione.

         I lavoratori hanno chiaro che la riforma pensionistica proposta serve solo a fare cassa, a trovare quelle risorse che tappino i buchi di una politica di finanza creativa che ha solo dato dei benefici alle categorie più ricche del paese e che ha vistosamente impoverito le famiglia medie, i lavoratori dipendenti, i ceti più deboli che noi rappresentiamo.

 

L’UNITA’ SINDACALE

 

         Lo scontro in atto col governo, che noi conduciamo apertamente da due anni, contro politiche antipopolari oggi può dare risultati importanti se e solo se favoriamo il processo unitario che CGIL CISL e UIL hanno messo in campo.

         Noi edili siamo stati il battistrada per il recupero dei rapporti unitari saldi e duraturi. Mentre fuori del nostro mondo montavano le divisioni e le polemiche, ricordo per tutti i fatti accaduti col contratto dei metalmeccanici che ha visto UIL e CISL apporre un firma ad un contratto contro l’opinione della CGIL, noi maturavamo al nostro interno la consapevolezza che solo l’Unità avrebbe consentito di salvaguardare gli interessi dei lavoratori firmando  importanti accordi contrattuali ed integrativi, impegni unitari sulla sicurezza e sul lavoro nero, ed infine procedendo a mettere a punto diverse importanti piattaforme contrattuali unitarie che oggi ci vedono sullo stesso fronte difendere dignità e diritti, qualità e bisogni, di edili, lavoratori di impianti fissi, lavoratori del legno, etc.

         L’unità sindacale è un bene, quindi, da salvaguardare. Ma allo stesso tempo non può essere una trappola dentro la quale non può esprimersi liberamente il pensiero e le opinioni se queste non sono condivise dagli altri nostri partner. Su molte questioni non c’è accordo e su quelle questioni bisogna insistere per verificare se almeno i lavoratori trovano intesa comune. Io non posso tacere il fatto che spesso si raggiunge una intesa che non risponde alle condizioni di partenza e che CISL e UIL, per questo evitino il confronto in assemblea o in comunicati unitari, come se lo sfuggire al confronto con i lavoratori rendesse meno oneroso il compito di fare digerire gli accordi raggiunti non sempre all’altezza di quanto preventivato. Noi dobbiamo contare, per tale motivo, su uno strumento di informazione autonomo che raggiunga i lavoratori a prescindere dalla volontà di CISL e UIL, molto spesso piegata dopo defaticanti trattative,ma che interferiscono negativamente anche per l’utilizzo del semplice volantino informativo.

 

INTERNET E GIORNALINO

 

Dobbiamo, perciò, dotarci di un sito INTERNET che costituisca il luogo dove la nostra elaborazione politica abbia sede, il luogo dove si possono sviluppare forum        con tutti i lavoratori, il luogo che possa offrire agli iscritti ed ai simpatizzanti la possibilità di conoscere in tempo reale tutte le quantità di informazioni di cui disponiamo. Dobbiamo curare una rubrica rivolta ai disoccupati, tantissimi nel nostro settore per offrire loro quel bagaglio di conoscenze in grado di mettere in rete tutte le disponibilità occupazionali offerte dai cantieri aperti, dei quali abbiamo notizie dalla Cassa Edile o dalle stazioni appaltanti.

         Internet è, per molti versi, uno strumento di informazione moderno, rapido e selettivo, alla portata di ciascuno e democratico. Il sito è utile per bypassare i vincoli imposti dai necessari rapporti unitari che peccano proprio sul versante delle informazioni. Allo stesso modo il giornalino del settore, al quale proveremo a far lavorare la parte più volenterosa del nostro Comitato Direttivo, dovrà fornire periodicamente informazioni da consultazione, opinioni e perché no, la elaborazione sul versante dell’assistenza e dei contratti. Dovremo iniziare, in modo sperimentale, lavorando su un periodico che riguardi i lavoratori del COIME, ormai stabilizzati e con un basso tasso di sindacalizzazione. Io sono convinto che se con CISL e UIL concordiamo politiche unitarie per raggiungere il vasto mondo dei non iscritti, oggi intorno al 60% della forza edile censita, potremo evitare quelle guerre che inducono gli uni a discreditare gli altri nell’inutile scopo di rubacchiare qualche delega sindacale, come se quello fosse lo scopo per il quale si snoda la nostra azione.

         Dobbiamo, invece, sforzarci di attivare politiche mirate che provino a ridare interesse ai non iscritti nell’azione rivendicativa del sindacato, fatta di vertenzialità concreta sia sui temi di ordine generale che su quelli particolari di cantiere. Se siamo chiamati a risolvere il tema della mensa, piuttosto che della sicurezza dobbiamo elaborare una piattaforma specifica col contributo di tutti i lavoratori ed evitare l’arrocco su posizioni di comodo, come spesso avviene. Ecco perché credo che bisogna intensificare le occasioni di incontro con CISL e UIL in segreterie unitarie da svolgersi almeno con cadenza mensile se non intervengono fatti imprevisti in cui possa essere necessario anche una frequentazione  più intensa. Ma se questi sono gli obblighi che interessano la segreteria provinciale dovremmo provare ad intensificare le occasioni di incontro dei rispettivi direttivi provinciali, organismi politici che sappiano deliberare orientamenti unitari su questioni di interesse comune. Penso alle questioni legate alla formazione, al lavoro nero, ed alla sicurezza che meritano una attenta ed urgente riflessione non solo del nostro gruppo dirigente ma anche di CISL e UIL. Attraverso questo strumento possiamo essere in grado di parlare una sola lingua  nei cantieri nella consapevolezza che il nostro ruolo dentro una elaborazione unitaria possa produrre risultati concreti per i lavoratori.

         I fatti di Genova, il crollo che ha provocato la morte di un operaio immigrato, hanno messo in evidenza e come fatto prioritario le questioni della sicurezza e del lavoro nero. Noi non abbiamo saputo utilizzare, nel nostro territorio, l’onda emozionale che ci avrebbe potuto consentire di rivendicare utilmente le questioni centrali sulle quali abbiamo il dovere di dare soluzioni. Il Durc, previsto dalla normativa Regionale sugli appalti come strumento necessario per dare una preventiva scossa al lavoro nero, attenuandone gli effetti, da diversi mesi attende i regolamenti attuativi per formalizzarne la compilazione. Piuttosto che lambiccarci sulle questioni di secondaria importanza (il festeggiamento del ventennale di Panormedil sembra il tema centrale d’interesse per CISL e UIL) avremmo potuto dedicare altrettanto sforzo e lavoro per iniziative concertate con le segreterie Regionali nei confronti del governo regionale perché definisse i contenuti normativi della legge Regionale sugli appalti. Ma è del tutto evidente che perso un treno abbiamo il dovere di percorrere un cammino anche più faticoso per non mollare all’ignavia degli altri le questioni che interessano il corpo vivo dei lavoratori Edili.

 

LA LOTTA AL LAVORO NERO

 

Il lavoro nero è una piaga, non ci sono attributi più idonei per definirlo, mina alle fondamenta l’economia e la democrazia punendo oltre misura i lavoratori coinvolti spesso costretti a soccombere a stipendi di fame da condizioni di lavoro penosi. A Palermo in edilizia il fenomeno è sicuramente attestato al di sopra del 40% secondo i dati forniti dall’Istituto Tagliacarne e per lo più coinvolge i privati ma non lasciando indenni gli appalti pubblici ove vigono regole di sub-appalto che sfuggono ad ogni controllo di merito. Manca una vigilanza nel territorio che possa definirsi efficace, solo qualche spurio intervento per lo più dietro specifica denuncia anche del sindacato, con evidente assenza di strategia che dovrebbe coinvolgere tutti gli organi di polizia (Carabinieri, Guardia di finanza, Vigili urbani) unitamente alle istituzioni di vigilanza quali l’INPS, l’INAIL, l’Ispettorato del lavoro, con una regia da dovere affidare al Prefetto e che ad oggi ha mostrato tutti i suoi limiti.

         Noi dobbiamo incalzare il Prefetto perché nella sua agenda ponga al primo punto la lotta al lavoro nero nei cantieri edili perché senza di essa si correrà il rischio di alterare la soglia economica entro cui le offerte debbono attestarsi trasferendo il peso dei ribassi tutto sulle spalle dei poveri lavoratori che dovranno operare senza contribuzione e con una intensità di lavoro pericolosa per sé e per i propri compagni.

Dobbiamo, già da adesso, fare un ragionamento sulla congruità economica degli appalti per verificare se esiste corrispondenza fra le risorse economiche impegnate ed il numero dei lavoratori utilizzati; impedire di offrire lavoro ad aziende che non abbiano la regolarità nei versamenti dei contributi a tutti gli effetti versati; sottoporre a screening di attendibilità sul versante della sicurezza le aziende che dovessero aggiudicarsi gli appalti. Sarà sufficiente questa azione per dare una svolta alla lotta al lavoro nero? Certamente su alcune questioni possiamo avviare la riflessione al nostro interno ma su altri è necessario un intervento corale degli organismi unitari Regionali perché è anche dimostrato che senza una strategia di ordine più generale è difficile imporre un cambio di marcia nella sola provincia. Ai nostri lavoratori dobbiamo essere capaci di infondere sicurezza.

Sul versante del rispetto dei diritti è certamente cosa buona e giusta vertenzializzare le anomalie ma è altrettanto cosa buona e giusta prendere le parti di quelle migliaia di lavoratori invisibili che, per lo più, non esistendo come lavoratori contribuiscono alla ricchezza dei molti imprenditori senza scrupoli, i quali incidono all’impoverimento del paese. Su queste priorità chiameremo CISL e UIL a costruire una specifica iniziativa.

 

 

 

 

LA SICUREZZA NEI CANTIERI

 

Chiameremo Cisl e Uil ad attivare, anche, un’adeguata azione per un attento, puntuale e complessivo intervento nei cantieri a garanzia della sicurezza dei lavoratori. Il CPT svolge una importante azione sul territorio, molto piccola nei mesi scorsi accelerata in questi ultimi tempi grazie a nuove metodologie di lavoro. La stessa azione degli RLST, fino ad ora di mera rappresentanza, gode oggi di potenziale in grado di garantire l’osservazione di tutti i cantieri ed il relativo intervento. Ci sono risorse economiche, nel fondo RLST, sufficienti a garantire ai 3 responsabili territoriali per la sicurezza di potere essere impegnati anche giornalmente. Tuttavia siamo convinti che la parte datoriale non veda di buon occhio un impegno così serrato. La sicurezza è un costo, al quale tutti vorrebbero sottrarsi. Il nostro impegno consiste nell’affermare una cultura sulla sicurezza perché non si frappongano ostacoli verso coloro che hanno il compito di verificare e perché non abbiano patria quelle discussioni sulla necessità di abolire il fondo. Una iniziativa unitaria con l’impegno a confrontare le nostre proposte con gli imprenditori dovrà essere messa in agenda.

 

LE INFILTRAZIONI MAFIOSE NEL SETTORE DELLE COSTRUZIONI

 

Il lavoro nero e le carenti condizioni di sicurezza sono il primo sintomo di una economia che basa il suo presupposto sull’illegalità. Il settore delle costruzioni è quello fra più permeabili all’illegalità ed all’infiltrazione della mafia.

Le ripetute denuncie dei giudici di Palermo o di alcuni amministratori comunali (esponenti d’avanguardia il procuratore Grasso e il sindaco di Gela) hanno evidenziato quale livello sofisticato di controllo del sistema delle aggiudicazioni degli appalti pubblici abbiano raggiunto cordate di imprenditori che non necessariamente rispondono direttamente alla mafia ma che ne sono il brodo di coltura che alimenta le sue necessità economiche ed imprenditoriali.

La media dei ribassi registrati in Sicilia pari allo 0,3 %  dimostra che si ha la necessità di dare una svolta nell’applicazione puntuale delle norme sugli appalti, dal DURC alla congruità, perché altrimenti si corre il rischio di alimentare un sistema di diffusa illegalità che diventa riferimento obbligatorio anche per le imprese sane che di illegalità non intendono vivere.

Noi temiamo che un sistema, che si alimenta da un lato con i condoni e dall’altro con il ruolo attivo della mafia,  rischia di imporre condizioni di controllo nel sistema degli appalti non solo nella fase dell’aggiudicazione dell’opera ma anche nella fase di decisione della realizzazione della stessa. In poche parole un’opera pubblica nasce, spesso, non perché la stessa sia di per sé utile alla comunità che ne è destinataria ma perché il sistema mafia ne impone la realizzazione per sue motivazioni particolari. In tal senso i fatti legati alla zona artigianale di Partinico piuttosto che al Carrefour di Brancaccio ne sono la più evidente testimonianza. Infatti su queste aree la politica collusa con la mafia ha tentato di realizzare insediamenti commerciali su aree a preesistente destinazione industriale andando a calpestare sicuramente l’interesse generale delle comunità di riferimento.

Noi dobbiamo, per questo, provare a chiedere a tutte le stazioni appaltanti un’oculatezza maggiore nella gestione delle gare e dobbiamo fare uno sforzo ulteriore per arrivare all’introduzione di una specie di certificato di attendibilità dell’impresa che deve dimostrare, pena l’esclusione preventiva della stessa dagli appalti, che essa ha avuto sempre alle proprie dipendenze lavoratori messi in regola, che la sua certificazione antimafia è sempre stata idonea e che i suoi amministratori non abbiano avuti particolari condanne riconducibili a reati per mafia, etc.

 

LA FORMAZIONE

 

Un terreno mai pienamente esplorato è quello della formazione e, in senso più lato, del ruolo degli enti bilaterali. Noi oggi ci troviamo in una situazione in cui l’ente bilaterale per la formazione propone processi formativi per i disoccupati su materie e professioni cosiddette “standard” con un evidente iato fra la necessità realmente manifestate dal mercato e le condizioni da noi oggi proposte. Nei primi mesi di esperienza da componente il Comitato di direzione della Cassa Edile ho verificato una predisposizione dell’ente ad un ruolo puramente assistenziale, cosa di per sé molto pregevole, ma non esaustiva dalle reali esigenze del lavoratore. Un ente Bilaterale deve dotarsi di un programma che  provi a risolvere i problemi del lavoratore quando questi sorgono, e paradossalmente sorgono quando il lavoro finisce ed inizia il lungo calvario della disoccupazione. Verifico che i nostri strumenti sono inadeguati per curare gli elementi di difficoltà cui è sottoposto il lavoratore sia perché non si attivano azioni positive per una adeguata formazione che aiuti il reinserimento nel lavoro sia perché le logiche che sovrintendono all’Ente bilaterale sono quelle di una amministrazione che parla a se stessa e non rappresenta in modo adeguato chi vi aderisce. Occorre, perciò, che la CGIL esprima una propria personale politica di indirizzo nella gestione degli Enti bilaterali e lo faccia in una attività concertata sia con il CPT perché assuma un ruolo fortemente rappresentativo degli interessi del lavoratore in cantiere per renderne sicura l’attività sia con PANORMEDIL perché possa lanciarsi con maggiore spregiudicatezza nella predisposizione di corsi formativi utili al mercato che verrà. Ad esempio sappiamo che il Comune di Palermo sta definendo il percorso della messa in gara del TRAM e del passante ferroviario il quale, per gran parte, attraverserà Palermo in sotterranea.

Poiché sappiamo che fra le nostre maestranze esistono pochi elementi in grado di fornire professionalità adeguate allo scopo, qui ed ora sarebbe utile attivare dei corsi specifici in quella direzione da far frequentare non solo ai disoccupati giovani, ma anche a quelli che sono stati licenziati per mancanza di lavoro e sono molti.

V’è perfino la possibilità di utilizzo di fondi nazionali ed europei che non vengono opportunamente richiesti proprio per una scarsa conoscenza  del ruolo politico degli enti bilaterali. Vi è anche la tentazione, dalla quale dobbiamo rifuggire, di trasformare gli enti bilaterali in uffici di collocamento. Non deve essere così! Guai se così fosse perché rischieremmo di sovrapporli ad un sistema consolidato che ha un ruolo di orientamento democratico e selettivo; l’ente bilaterale si trasformerebbe in ente economico interessato a produrre utili piuttosto che essere strumento di servizio. Per questo motivo è necessario sostenere con forza le prospettive della piattaforma contrattuale che in merito sono molto chiare.

         Queste tesi le sosterrò anche al convegno che Panormedil sta già organizzando per il prossimo 5 Dicembre a festeggiare il proprio ventennale per rimarcare che le occasioni celebrative debbono servire a lanciare messaggi precisi in termini programmatori. Ma sarebbe da stupidi individuare la sola carenza nell’ente bilaterale della formazione. La Cassa Edile, di per sé, rischia di arroccarsi in una posizione di retroguardia rispetto a quanto potrebbe fare e non fa a favore del lavoratore edile. Noi dobbiamo pretendere che il lavoratore possa avere il meglio in termini strumentali, possa essere garantito nell’accrescimento culturale per se e la propria famiglia, possa contare su un sostegno nei momenti di maggiore difficoltà. Ecco perché dobbiamo guardare all’evoluzione della Bilateralità con maggiore riguardo all’intera attività lavorativa del singolo; quando il soggetto entra nel lavoro verificando che il datore di lavoro versi regolarmente i contributi, quando possono verificarsi spiacevoli fatti che ne compromettono l’attività lavorativa ipotizzando percorsi e condizioni che eliminino le difficoltà e riaprano al lavoratore la speranza di migliorare la propria condizione. Fino alla pensione provando ad essere soggetto collante fra gli enti pensionistici (INPS e PREVEDI) affinché vengano esaudite tutte le sue necessità.

Dobbiamo, perciò, provare a far sentire il lavoratore meno solo, in un’opera di affiancamento e solidarietà che parta dalla prima occupazione e termini con il pensionamento. Sapendo che in mezzo dovrà esserci una formazione continua, anche a garanzia del cantiere qualità.

Questi tracciati sono i temi politici più rilevanti che interessano nel suo complesso il mondo che rappresentiamo; degli edili come della lavorazione del legno,degli impianti fissi come dei lapidei. Ora proveremo ad affrontare nello specifico le questioni che interessano singoli settori di particolare rilevanza dentro i quali dovremo provare ad assumere nuovo ed incisivo protagonismo. Cominciamo dal COIME.

 

IL COIME

 

Quando affrontammo per la prima volta assieme al gruppo dirigente del COIME l’argomento su quale potesse essere la missione che avrebbe dovuto avere questo importante settore operante dentro il Comune di Palermo ebbi modo di affermare          che intuivo una sorta di cambio di passo in negativo allorché fu cambiata la denominazione societaria da DL 24 a COIME.

         Il DL 24 caratterizzava l’azione  come un braccio operativo del Comune che intervenisse sulle molteplici necessità che l’Amministrazione stessa manifestava, la costruzione di nuove ville, la manutenzione di immobili di proprietà comunale, piccoli interventi di manutenzione ordinaria del vasto patrimonio Comunale. Via via con l’evoluzione del sistema dei bracci operativi, con la creazione di nuove società miste, con l’accorpamento di società dentro il sistema delle municipalizzate (vedi manutenzione strade), la quantità del lavoro del COIME, la stessa qualità è via via diminuita con una distribuzione di funzioni a diverse società che finiscono oggi col sovrapporsi alle funzioni originariamente affidate al DL 24. Lo stesso fatto che nel settore non si operino assunzioni anche quando il Turn-over lo richiederebbe caratterizza una precarietà per la vita stessa del COIME che ci deve portare ad una riflessione circa il ruolo che lo stesso deve assumere.

         Forse in passato è stato commesso un errore macroscopico  nell’affidamento ad operatori del COIME di ruoli e funzioni specifiche di personale amministrativo e comunale. Penso ai tanti portieri-custodi che svolgono una funzione specifica che nulla ha a che vedere col lavoro edile o ai tanti validi tecnici che ormai operano in modo indistinto con i colleghi degli uffici tecnici comunali. Se, infine, guardiamo a quale stia diventando la struttura organizzativa e burocratica ci accorgiamo che c’è un progressivo depauperamento delle funzioni di direzione per essere via via fagocitate dalla struttura organizzativa e burocratica del Comune di Palermo. Con queste premesse ed a queste condizioni il COIME rischia, nel tempo, di perdere la sua funzione originaria e di diventare un settore marginale del Comune di Palermo.

         Dobbiamo, allora, batterci per dare una missione al COIME, e da essa fare discendere un ruolo chiaro a tutti gli operatori. Noi possiamo puntare su tre versanti di interventi che se sviluppati con convinzione riconsegnerebbero un ruolo chiaro a tutti i soggetti e consentirebbero a ciascuno di operare secondo le logiche previste dal contratto degli Edili.

 

1) Manutenzione immobili di proprietà comunali; sull’esempio dei Crociferi, si può pensare al recupero ed ammodernamento del vasto patrimonio senza dovere ricorrere ad appalti con ditte esterne. Abbiamo edifici meravigliosi che si perdono per incuria; è necessario che si intervenga per programmare con l’apporto di queste maestranze il recupero alle antiche bellezze di questo enorme patrimonio.                     .

 

2) Manutenzione e gestione di ville comunali. Palermo è una città a basso tasso di verde. Tutti sentiamo la necessità di appropriarci di nuovi spazi ad uso parco e tuttavia manca una strategia che trasformi  vasti territori inutilizzati in parchi da far fruire alla popolazione. Ciò è tanto più vero nelle periferie, ed io sono convinto che se avviamo una campagna per recuperare ad uso verde questi territori potremo contribuire a rendere più bella la nostra città. Lo stesso parco del fiume Oreto, di cui tanto si parla e che è perfino inserito nella richiesta di finanziamento di Agenda 2000 potrebbe costituire la cartina di tornasole di un rinnovato e specifico impegno di un nutrito gruppo di lavoratori del COIME.

 

3) Manutenzione e gestione dei Beni culturali. Quando questa estate scoppiò la diatriba sulla fruizione di quel bene prezioso che è la grotta dell’Addaura, una delle poche testimonianze palermitane di vita preistorica, la difesa della Regione Siciliana si basava sul fatto che il luogo è poco agibile ed in parte insicuro per il rischio crolli Monte Pellegrino. Io sono convinto che attraverso una conferenza di servizi il Comune di Palermo con la strumentazione del COIME potrebbe non solo bonificare la zona ma anche gestire il bene per farlo fruire ai turisti. In questo senso diventa logico un servizio di custodia e vigilanza che può stare in capo al COIME. Allo stesso modo si può pensare al recupero di quei tanti monumenti di proprietà della Regione Siciliana ed ad una fruizione più adeguata. Vi sono opere Pie che posseggono immobili diventati quasi dei ruderi. Eppure sono degli immobili storici di una rilevante importanza che la Regione proprietaria trascura l’ente Opera Pia non se ne occupa per mancanza di fondi.

        

         Queste tre missioni consentirebbero agli edili di fornire quelle prestazioni di cui la città di Palermo ha bisogno e nella consapevolezza che il COIME non è società a perdere, che si estingue cioè, con il processo di pensionamento dei suoi operatori – sarebbe un gravissimo errore se ciò avvenisse; occorre per questa via rimodulare gli organici, prevedere se del caso il transito di alcune categorie di lavoratori presso il Comune di Palermo, ma fortificare e consolidare l’organico di quanti opererebbero dentro l’ex D.L.24 allo scopo di raggiungere gli obiettivi precedentemente programmati. Certo, poi, potrebbero essere assegnati altri compiti ma noi dobbiamo partire da una base che ne costituisca ossatura e struttura. Noi a poco a poco sistemeremo tutte le questioni contrattuali quali il buono mensa, nuove strutture di appoggio al lavoro, mezzi e sicurezza. Tuttavia occorre uscire da questa fase di stallo in cui la più importante struttura operativa del Comune permane senza strategia, senza progetto, senza obiettivi, con una logica del tirare a campare che ne prefigura una fine sicura.

         Chiameremo CISL e UIL a riflettere su questa impostazione per verificare se unitariamente vi sono condizioni per lavorare al progetto delineato che, eventualmente, non dovremo disperare di portare avanti da soli.

        

IMPIANTI FISSI

 

Nel rappresentare gli impianti fissi mostriamo il passo. Non essendo stati mai capaci di dotarci di un’azione politica adeguata abbiamo solo saputo creare gli aspetti sindacali di un numero minoritario di aziende laddove per fortuna riuscivamo nell’opera di sindacalizzazione grazie alla tenacia di compagni interni ai rispettivi luoghi di lavoro. Mentre in Edilizia rappresentiamo il 21% dei lavoratori censiti in Cassa Edile negli impianti fissi probabilmente rappresentiamo appena il 2% della forza lavoro complessiva.

Siamo quasi del tutto assenti nel settore legno, ridotti al lumicino  nei lapidei contiamo qualcosina nelle cementerie e poco altro.

Alla domanda di maggiore sindacalizzazione abbiamo mai provato a mettere in campo le nostre potenzialità per essere convincenti nel rappresentare un mondo del lavoro fortemente permeato da sistemi di ricatto ove la sindacalizzazione è bandita ed il rapporto di lavoro si tiene esclusivamente su parola d’ordine fondata sull’obbedienza cieca al datore di lavoro? Il panorama delle imprese che noi denominiamo impianti fissi è, per la stragrande maggioranza, costituito da aziende artigiane ed a conduzione familiare. Non è facile una sindacalizzazione e tuttavia ci accorgiamo che quando si verificano eventi irreversibili, che minano il rapporto di lavoro, mettono a repentaglio il sistema dei diritti, il lavoratore chiede al sindacato un sostegno, un aiuto per rendere meno pesante la situazione in cui si trova.

Noi dovremmo proporre iniziative in cui si ragiona specificamente di temi che solletichino l’interesse dei lavoratori e degli stessi datori di lavoro. Molto spesso in imprese artigiane il datore di lavoro condivide gli stessi rischi e gli stessi benefici dei propri lavoratori. Ecco allora dove puntare per solleticare un interesse che avvicini queste aziende al sindacato; offrendo una assistenza puntuale su tutte le questioni che riguardano il rapporto di lavoro e proponendo momenti di riflessione su alcune importanti questioni che riguardano i rischi e la sicurezza nel lavoro.

         Noi dobbiamo avvicinare tutti i posti di lavoro con gli strumenti di informazione che intendiamo darci. Dobbiamo imparare a visitare gli impianti fissi, provare a parlare con i lavoratori, far conoscere quanto l’impegno del sindacato possa tutelare al meglio i loro diritti. In tal senso dobbiamo prevedere un intero mese di utilizzo del camper dei diritti che avvicini i lavoratori di queste aziende in città ed in provincia.

 

IL CONFRONTO CON LE STAZIONI APPALTANTI.

 

Abbiamo iniziato dal mese di settembre un confronto con le singole stazioni appaltanti avviando un processo virtuoso che nel rispetto delle normative vigenti ci porterà a dare un compiuto e definitivo assetto al sistema delle relazioni sindacali in cui il perno fondamentale è costituito dalla informazione preventiva. Attraverso questo sistema di consultazione siamo in grado di controllare con un efficace monitoraggio le risorse che vengono stanziate per le Opere Pubbliche, quelle che saranno spese nel tempo, gli impegni occupazionali idonei a definire un’opera, il rapporto con i sub-appalti, la rete dei servizi impegnati e così via…..

Siamo, altresì, in condizioni di fornire gli elementi che consentano una qualità nei cantieri perché solo attraverso la consultazione permanente è possibile realizzarla. Fino ad ora abbiamo incontrato una decina di stazioni appaltanti fra cui il Comune di Palermo che sembra essere quello più animato da una voglia di spendere per fare e costruire. Ci è stato presentato un impegno per il Centro Storico con 150 cantieri da aprire nel prossimo triennio, le 3 linee del Tram in fase di avvio, il passante ferroviario con gara già espletata per le opere edili, una grande mole di parcheggi, nuove case popolari, etc…. A sentire l’assessore Ceraulo, Palermo sarà un cantiere aperto per i prossimi 5 anni e questo rappresenterebbe solo l’inizio delle grandi opere perché in coda ci sarebbe la metropolitana leggera, lo svincolo sotterraneo Porto-autostrada in direzione SUD e direzione NORD etc

         Ora noi siamo convinti che senza la nostra azione di stimolo questi progetti rimarranno in gran parte sulla carta e sarà utile ed opportuno che su ogni singola questione ci attrezziamo per studiare noi le condizioni di fattibilità di un progetto e spingere perché si realizzi nei tempi dichiarati. Il lavoro si crea anche con questo metodo e noi dobbiamo impegnare questo comitato direttivo ad essere partecipi dell’intero sistema di studio e di controllo. Abbiamo già iniziato con il centri storico insediando una apposita commissione formata da operatori del COIME che individui con chiarezza la qualità dei 150 appalti e ne segna il percorso di realizzazione. Allo stesso modo dobbiamo insediare altre commissioni ove chiederemo liberamente a ciascun componente del Comitato Direttivo di partecipare per affrontare con lo stesso metodo la verifica di fattibilità del progetto Tram, del progetto passante ferroviario, Case popolari e così via. Poi occorre che ciascun componente di segreteria si intesti analogo ruolo per le stazioni appaltanti dei comuni della provincia alcune delle quali, Termini, Bagheria, Partinico, Monreale, Cefalù assumono importanza per la quantità di risorse stanziate. Basti pensare all’interporto di Termini Imerese che da solo produrrebbe effetti occupazionali considerevoli per il mondo edile.

In una seconda fase affronteremo il confronto con le ASL, ANAS, Ferrovie e tutti quei soggetti che possono gestire localmente delle risorse. Questo rappresenta, forse, l’azione politica più rilevante in capo alla Fillea perché ci permetterebbe di testare il territorio per metter in campo strumenti di governo della fattibilità delle opere. A tal proposito vorrei emblematicamente sottolineare la vicenda dei PRUSST (Piani di riqualificazione urbana e territoriale). Attraverso questo strumento è possibile, col concorso di finanziamenti dei privati, apportare le varianti ai piani regolatori a patto e condizione che l’opera da realizzare consenta una bonifica ambientale ed una riqualificazione del territorio interessato. Con i 63 progetti ammessi alla variante si era in condizione di spendere la bellissima cifra di 450mil di €. I veti incrociati della politica impedivano un accordo nel consiglio comunale che consentisse lo sblocco di questi finanziamenti. Solo dopo un intervento della Fillea che minacciò una marcia dei disoccupati edili al comune si ebbero le prime 12 approvazione dei PRUSST. Che in futuro continueranno ma l’importante è avere mandato un segnale.

Ora io sono convinto che dobbiamo organizzare i disoccupati edili non per rivendicare un posto di lavoro ma per spingere le stazioni appaltanti a non frapporre ostacoli alla realizzazione delle opere soprattutto quando queste sono già finanziate. Senza inseguire  le chimere è possibile attraverso il movimento incalzare i responsabili delle istituzioni ad accelerare le procedure. Occorre anche produrre, accanto ai disoccupati, un consenso più grande di Associazioni, soggetti interessati nei singoli quartieri, movimenti riconosciuti per le rivendicazioni di tematiche attinenti l’edilizia, perché si senta più forte la pressione da tenere se si vogliono ottenere risultati apprezzabili. Noi ai disoccupati edili non promettiamo posti di lavoro ma promettiamo la realizzazione di opportunità di lavoro.

 

CONCLUSIONI

 

Care compagne e cari compagni,

come avete notato in questa lunga relazione ho provato a delineare un progetto di massima del settore che potrà essere implementato grazie al dibattito spero partecipato, grazie agli autorevoli interventi dei compagni della C.d.L., del Regionale e del Nazionale. Noi dobbiamo uscire da questa sede con la convinzione che il lavoro che ci aspetta sarà intenso, impegnativo ma allo stesso modo produrrà frutti che possono portare la nostra categoria a rafforzarsi ed a primeggiare in termini di rappresentatività.

Provo a riassumere in una sorte di decalogo l’intera impostazione della mia proposta:      

 

1)     Mantenere una costante attenzione all’approccio unitario con CISL e UIL.

2)     Avere un atteggiamento ed una proposta personale per gli Enti bilaterali verso i quali dobbiamo coscientemente essere ambiziosi nel farli essere rappresentativi del mondo edile.

3)     Incentivare processi per la lotta al lavoro nero con il coinvolgimento pieno del Prefetto.

4)     Porre il tema della sicurezza nel lavoro in termini di priorità assoluta.

5)     Impegnare le nostre energie per avere un sistema della formazione snello, efficace e puntuale.

6)     Puntare al confronto continuo con le stazioni appaltanti.

7)     Dotarsi di un sistema di informazione che faccia perno su un periodico e su internet.

8)     Maggiore attenzione a settori quali il legno, il cemento, i lapidei, i laterizi dove siamo sostanzialmente assenti.

9)     Incentivare la partecipazione dei compagni del direttivo anche ai temi del rapporto col territori.

10) Provare ad avere una proposta appetibile che consenta l’espansione e la crescita della nostra rappresentanza nel settore del restauro.

 

In primo luogo bisogna attivare un primo processo formativo di sindacalizzazione. Io so di potere contare su un gruppo di compagni che hanno una grande capacità nel rappresentare il proprio settore e tuttavia ritengo che se la nostra proposta politica deve affermarsi è necessario un processo formativo di vasto respiro. Una formazione dell’intero gruppo dirigente sui temi di ordine generale o sulle tematiche quali le RSU, le pensioni, e poi in particolare il contratto e la sua gestione, la partecipazione alla formazione del contratto integrativo. Noi dobbiamo provare a creare un collante anche attraverso iniziative specifiche ma già da adesso dobbiamo coinvolgere sempre più e maggiormente il gruppo dirigente.

In tal senso dobbiamo prevedere l’allargamento delle delegazioni contrattuali per consentire una maggiore partecipazione. Dobbiamo sapere utilizzare le competenze di cui disponiamo per costruire iniziative politiche. Dobbiamo incentivare l’uso di seminari formativi sui diversi e importanti temi dell’edilizia. Dobbiamo provare ad usare sapientemente la stampa che può regalarci una visibilità utile a diventare punto di riferimento del mondo edile. Allo stesso modo la segreteria comprensoriale deve avere consapevolezza di mettersi in gioco per gestire, con autorevole autonomia, iniziative che producano visibilità e rappresentanza. Deve essere consapevole di partecipare coralmente all’elaborazione politica del settore che si rappresenta e, nello stesso tempo, fornire il contributo necessario per l’elaborazione politica sui temi generali e di ordine confederale. I temi propri del settore, quali il rapporto con le stazioni appaltanti,il confronto sui piani triennali delle opere pubbliche,diventino di patrimonio più generale. Ogni segretario dovrà assumere la responsabilità di seguire un area tematica in tutte le sue implicazioni provando a valorizzare: la salute nel lavoro, la previdenza integrativa, il nostro ruolo nella gestione dei beni culturali, il restauro come fonte di nuova occupazione, e così via.

Noi dobbiamo sempre più essere consapevoli di rappresentare la più importante impresa industriale dell’isola con potenzialità occupazionali considerevoli se solo riuscissimo ad imporre politiche di sviluppo che questi governi non sanno nemmeno pensare. Il lavoratore edile è soggetto portatore di una grande professionalità, che abbiamo il dovere di tutelare, implementare ed aiutarla ad essere al servizio della società.

 

Compagne e compagni,

noi domani usciremo da questa sala con la consapevolezza di avere lavorato per un programma di lavori che sarà il nostro banco di prova. Saremo giudicati al congresso rispetto alle ambiziose proposizioni. Io da parte mia cercherò di portare a termine questo programma; mi auguro che durante il mio cammino possa sempre avere accanto un gruppo dirigente attento perché insieme potremo compiere il percorso che ci porterà alla meta e sono convinto che riusciremo ad arrivare fino in fondo.

 MILOCCA 21 – 22 NOVEMBRE 2003-11-17

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