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Veneto

 

Appalti truccati

Maxi operazione della Guardia di Finanza, coinvolte cinque regioni del centro nord e ottanta imprese.

 

Ottanta imprese edili coinvolte, 19 arresti, 111 avvisi di garanzia, 150 perquisizioni in oltre venti province tra Veneto, Friuli, Emilia, Lombardia e Piemonte.

Questi i numeri della maxi operazione della Guardia di Finanza di Venezia, che ha seguito la scoperta di una serie di truffe sugli appalti pubblici nel nord Italia.. Un’ indagine condotta dal Nucleo di Polizia Tributaria durata quasi un anno che ha permesso di scoprire due organizzazioni che truffavano gli appalti pubblici per poterseli aggiudicare a cifre vantaggiose. Le ditte si accordavano sulle percentuali di ribasso da praticare al fine di ottenere appalti pubblici inferiori a 5 milioni di euro, rimanendo così sotto la soglia comunitaria, poichè, secondo la normativa vigente, l'appalto viene concesso alla ditta che offre la cifra più bassa, un giro di centinaia di milioni di euro che le imprese smistavano tra loro.

Pilotando le gare si otteneva un effetto a pioggia del quale beneficiavano tutte le società. Due erano i “cartelli” costituiti per spartirsi appalti per la realizzazione di strade, sottopassi, marciapiedi, canali di irrigazione, restauro e ampliamento di scuole e ospedali, se uno dei due vinceva, faceva lavorare in subappalto le società amiche. Gli indagati sono accusati di associazione a delinquere finalizzata alla turbativa d'asta e truffa ai danni dello Stato; il coordinamento delle operazioni coinvolge cinquencento agenti delle Fiamme gialle. Le truffe riguardano appalti assegnati in cinque regioni, Lombardia, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Veneto ed Emila Romagna e coinvolgono ditte che operano in tutto il centronord.

 

 

Roma 23 maggio 2007

 

 

Comunicato stampa Cgil Veneto

 

 

EMILIO VIAFORA, SEGRETARIO GENERALE CGIL VENETO, SU TRUFFA APPALTI.

 

La scoperta da parte della Guardia di Finanza di un sistema organizzato da un’ottantina di aziende venete per alterare le gare d’appalto conferma che nell’edilizia c’è un mercato drogato, inquinato da “cartelli” che orientano le aggiudicazioni, determinano i prezzi dei lavori pubblici e distribuiscono ampie fette di torta attraverso i subappalti.

Ancora una volta siamo tutti chiamati a riflettere – a partire dalle associazioni dei costruttori – sulla violazione delle regole che, sotto forme di vario genere, si ripresenta con preoccupante frequenza in questo settore.

Questa volta il problema riguarda il regime della leale concorrenza tra imprese, da un lato, e la potestà in capo alle pubbliche amministrazioni di far valere norme e criteri di scelta adottati per la realizzazione di un’opera, dall’altro.

E’ infatti evidente che la capacità di condizionamento delle gare si traduce in un “dettame” sul prezzo di aggiudicazione, imposto da un gruppo di concorrenti anzichè essere valutato dall’ente appaltante.

Il fatto poi che una quota consistente dei lavori venisse a sua volta ripartita tra le imprese che avevano tirato la volata a quella vincitrice preoccupa ancor più, in quanto delinea un sistema in cui i criteri della qualità e dell’affidabilità degli appalti passano in secondo piano rispetto all’unico merito di “essersi prestati all’affare”  ed all’ unica regola della spartizione tra compari di cordata.

Gli inquirenti parlano di società tenute in vita solo per presentare le offerte o di ditte del tutto marginali, a volte senza la professionalità adeguata, cui venivano assegnati i subappalti!

Il problema, a nostro parere, non riguarda la revisione dei criteri di gara o l’ aumento delle possibilità di ricorso a trattative private invocate in queste ore dall’Ance, poiché anche nelle pieghe delle regole modificate sono possibili violazioni.

Una questione attiene, semmai, alla cultura della legalità e delle regole del libero mercato che tanti imprenditori dovrebbero manifestare con più convinzione, magari col sostegno e la spinta delle loro associazioni.

Un altro punto riguarda la possibilità, data dalla legge regionale sugli appalti , a dare in subaffidamento più del 50% dei lavori, creando nel Veneto una frammentazione di responsabilità che non esiste in altre parti d’Italia.  

Questa norma va modificata, come da sempre sostenuto dal sindacato, in quanto abbassa la qualità imprenditoriale e apre spazi a pratiche illegali.

 

 

Venezia 24 maggio 2007

 

 

 


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