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Sicurezza. Sciopero di otto ore

Pienamente riuscita e partecipata la mobilitazione per la sicurezza in Umbria

 

 

Larghissima adesione allo sciopero di otto ore proclamato in Umbria dai sindacati delle costruzioni per la sicurezza e grandissima partecipazione alla manifestazione che si è tenuta questa mattina nella Sala dei Notari di Perugia.

Oltre ai lavoratori, ai sindacati di categoria, ai sindacati confederali provinciali e regionali, a rappresentanti delle istituzioni provinciali e regionali,  ai Gonfaloni delle città di Terni e di Perugia, ai cittadini, ai rappresentanti di imprese e di altri settori privati e pubblici, ha partecipato all’ iniziativa il Presidente della Commissione Lavoro della Camera.

Per la Fillea Cgil era presente a Perugia il Segretarario nazionale Andrea Righi, che ha ribadito la priorità del problema sicurezza per l’intera categoria e il continuo riferimento al “Cantiere Qualità”, che vuol dire per la Fillea innanzitutto qualità di lavoro e di vita per i lavoratori.

 

Nel corso della manifestazione è stata letta dal Segretario della Fillea di Perugia, Massimiliano Prosciutti, una lettera inviata dalla moglie di uno dei  lavoratori morti negli ultimi giorni.

 

 

 

Lettera della moglie di Nicola Coniglio, lavoratore morto a Perugia il 3 settembre, inviata alla manifestazione del15 settembre

 

Ringrazio le autorità qui presenti in modo particolare il sindaco e Vice Sindaco di Perugia, la comunità calabrese e gli umbri tutti per la solidarietà dimostrata all’indomani della tragedia di via dei Filosofi.

E’ doloroso pensare che ancora oggi si possa perdere la vita soltanto svolgendo il proprio lavoro al centro di Perugia.

Ribadisco piena fiducia nell’operato della magistratura sperando che tutte le autorità competenti, le imprese e i sindacati facciano quanto in loro potere al fine di garantire la sicurezza e l’incolumità sia degli addetti ai lavori, sia dei cittadini tutti.

Nel ringraziare ancora tutti per la vicinanza spero che questa tragedia non venga dimenticata e si faccia qualcosa di concreto affinché tali eventi non si verifichino più.

 

Grazie

 

Rita Curcio Coniglio

 

Perugia 15 settembre 2005

 

 

 

Dichiarazione congiunta della Fillea Cgil, Filca Cisl e Fenea Uil regionali

 

Vorremmo iniziare  la manifestazione di questa mattina con un doveroso ricordo di queste tre vite umane sacrificate sul lavoro in questi giorni e rinnovare ancora una volta il  ricordo di quanti sono morti in precedenza.

In questi momenti il primo, più significativo pensiero, non può andare che ai loro familiari (le vedove, i figli, i genitori) che stanno vivendo questi drammatici momenti sapendo che non rivedranno più i loro cari, ma con la certezza che anche loro ci saranno vicini quando il mondo del lavoro griderà “mai più morti nei cantieri”.

Le otto ore di sciopero di oggi vengono a conclusione di decine e decina di assemblee in tanti luoghi di lavoro che hanno visto una partecipazione più attenta, numerosa, propositiva rispetto al passato. Noi oggi chiediamo che si fermi questa scia di sangue di fronte alla quale ciascuno di noi deve assumersi le proprie responsabilità. A cominciare dalle imprese che oramai non possono più nascondersi dietro l’alibi della concorrenza sleale per giustificare troppo spesso la mancata applicazione delle norme.

Si è superato il limite e non è più possibile in una società che vuole definirsi civile, assistere al perpetrarsi di tali gravissimi episodi che mettono a repentaglio quotidianamente la vita dei lavoratori.

L’assoluta tragicità dell’accaduto è aggravata dal fatto  che il sabato di norma dovrebbe essere giorno di riposo, soprattutto per chi svolge lavori usuranti e faticosi.

Da qui la necessità di dare una risposta ferma e decisa. Non possiamo più tollerare che i morti e gli infortuni gravi, legati spesso a fenomeni di sfruttamento, prosegua senza che si vada oltre le retoriche frasi di circostanza .Occorre una riflessione attenta sugli orari e sui carichi di lavoro, spesso cause primarie di tali luttuosi eventi.

Non possiamo rimanere inermi di fronte al mancato rispetto dei diritti in materia di sicurezza, soprattutto delle persone che lavorano in edilizia.

Filca, Fillea e Feneal insieme a CGIL, CISL, UIL da tempo chiedono che la questione della sicurezza venga posta al centro del dibattito politico nel mondo del lavoro e più complessivamente nella società civile umbra.

La nostra regione, che è presa a modello per il suo elevato livello di civiltà ed integrazione, e che si caratterizza su temi importanti come quello della pace, non può non soffermarsi a riflettere sui suoi dati infortunistici che la vedono ai primi posti in Italia; dall’inizio dell’anno 19 persone hanno lasciato la vita sul proprio posto di lavoro: giovani che aspiravano a costruirsi un futuro, lavoratori di fuori regione che qui pensavano ad un futuro per sé e per i propri figli, lavoratori immigrati giunti da noi in cerca di un riscatto dalle loro drammatiche condizioni di vita. Oggi noi diciamo “che non siano morti invano”.

Questa mattina il sindacato, con forza, chiede che la questione della sicurezza vincoli tutti nel predisporre le azioni più immediate per arginare il fenomeno. Noi, a più riprese, abbiamo presentato le nostre piattaforme con richieste precise, puntuali, frutto di una conoscenza del fenomeno nata sul campo, incrementata negli anni dai confronti con tutti i soggetti protagonisti (datori di lavoro, committenze, tecnici, organi ispettivi). E’ indispensabile che la politica riconosca questo ruolo sussidiario delle parti sociali, utilizzi i nostri enti bilaterali che forse, meglio di qualsiasi altro soggetto, conoscono il settore. Noi da subito siamo pronti ad un confronto serrato perché dalle dichiarazioni di principio che abbiamo letto in questi giorni, dove tutti sono d’accordo sulla necessità di muoversi, si passi alla individuazione delle cose da fare ed alla predisposizione di atti conseguenti. Noi da tempo e spesso inascoltati chiediamo una legge regionale che riproponga il documento unico di regolarità contributiva come meccanismo indispensabile ad affrontare alla radice i nodi strutturali del settore che sono: la lotta al lavoro nero, alla illegalità ed alla sua immediata conseguenza che è il proliferare di infortuni gravi e mortali.

L’esperienza del Durc nella ricostruzione post terremoto dimostra con chiarezza quanto da noi espresso.

La task force governativa messa in campo ha constatato un abbattimento della percentuale dei lavoratori irregolari e gli uffici di prevenzione della asl una drastica diminuzione degli infortuni rispetto, sempre nello stesso periodo, a quanto accadeva nei lavori privati. Questo modello, che nasceva da un’idea del sindacato delle costruzioni, poi condivisa nella concertazione con le associazioni degli imprenditori, veniva successivamente recepito dalla Regione Umbria che ne fece una legge specifica. La lungimiranza di tale scelta fece sì che si parlasse di “modello umbro della ricostruzione”, modello poi divenuto legge nazionale i cui effetti sono estesi a tutti i lavori privati, che nel nostro settore rappresentano oltre l’80% del totale. Lo scorso anno fu emanata la legge regionale numero uno, che forse sull’onda dell’emergenza “condono edilizio”, non volle recepire la proposta che emergeva dal settore e cioè quella di prevedere una sanzione efficace in caso di mancato rilascio del Durc alla conclusione di un lavoro privato, fino ad esempio a prevedere il mancato rilascio della certificazione di abitabilità.

Si perse allora una occasione importante, che forse avrebbe contribuito a togliere alla nostra regione la maglia nera degli infortuni.

Si perse un’occasione per riconfermare l’Umbria all’avanguardia in tema di sicurezza sul lavoro.

Si consentì a regioni confinanti alla nostra di fare leggi più avanzate rispetto alla nostra.

Ma a nostro avviso ci sono tutte le condizioni perché si riprenda il filo del discorso abbandonato e si proceda speditamente alla modifica di quella legge.

Inoltre stamattina vogliamo ricordare che nel 2000 in Umbria, anche qui su pressione delle forze sindacali,ci si dotò di un comitato regionale di coordinamento per la sicurezza nei luoghi di lavoro,che vedeva riuniti ad un unico tavolo tutti i soggetti preposti alla vigilanza,previdenziali ed assicurativi,oltre alle parti sociali.

Quel tavolo che avrebbe dovuto rappresentare il momento di integrazione,di  definizione di indirizzi comuni,di sintesi delle attività,evitando doppioni e razionalizzando le risorse con la conseguenza di un più efficace e capillare controllo dei luoghi di lavoro, tre anni dopo fallì miseramente per la sostanziale paralisi delle attività dovuta alla preminenza degli aspetti burocratici,rispetto all’urgenza degli interventi.

Nei giorni scorsi questo tavolo si è riattivato ma,da subito, vogliamola garanzia che sia effettivamente operativo e che non risponda alla logica dell’emergenza del momento per poi impantanarsi di nuovo nella interpretazione delle circolari.

Leggiamo in questi giorni che l’assessorato alla sanità,in seguito ai tagli previsti dal governo alle regioni,ha proceduto dal 2002ad oggi alla riduzione di 85unità addetti al servizio di prevenzione e vigilanza delle asl

E’ arrivato quindi il momento di pensare ad un confronto preventivo con le forze sociali per definire le priorità nella razionalizzazione delle risorse umane ed economiche,avendo comunque come obiettivo finale quello dell’abbattimento del fenomeno infortunistico. Non si può prescindere dall’utilizzo di tecnici adeguatamente formati,con strumentazioni efficaci ed efficienti,ed avvalendosi,così come previsto in altre regioni,di collaboratoti di comprovate conoscenze tecnico-scientifiche.

A nostro avviso è giunto il momento di pensare ad una modifica della legge regionale che regola il servizio di medicina del lavoro (vecchia ormai di 25 anni) anche alla luce delle novità legislative intercorse in materia nel frattempo (v. la 626 e la 494 del 1996 che è specifica per il nostro settore).

Alle associazioni degli imprenditori che hanno condiviso la battaglia sul Durc e che con difficoltà tengono a freno la parte più miope dell’imprenditoria, quella per intenderci del “profitto subito e ad ogni costo” noi diciamo che condividiamo la necessità di eliminare il criterio del massimo ribasso nei capitolati d’appalto e di puntare ad un preziario che sia rispondente alle condizioni di mercato.

Al tempo stesso dobbiamo ricordare come si sia persa un’occasione storica, con i finanziamenti per la ricostruzione,  di trasformare le nostre imprese in aziende strutturate, capaci di garantire migliori condizioni di sicurezza, soprattutto nei processi produttivi, ai propri dipendenti.

Non si è colta l’opportunità di fare anche e soprattutto della sicurezza un fattore di competitività alta

Nei prossimi anni nella nostra regione si darà l’avvio ad una serie di grandi opere pubbliche che vedranno il concorso di tutto il settore delle costruzioni, con finanziamenti probabilmente superiori a quelli utilizzati per la ricostruzione.

Questa sarà la seconda irripetibile occasione perché in Umbria ci si doti di un sistema imprenditoriale delle costruzioni all’avanguardia, capace di garantire legalità e sicurezza, e non si scateni, al contrario, una corsa ad accaparrarsi parte dei finanziamenti, costi quel che costi

Noi come sindacato faremo di tutto affinché prevalga questa impostazione, perché si affermi una cultura della sicurezza che veda impegnati tutti i soggetti che possono determinare il cambiamento; l’obiettivo è anche quello di permeare la società civile di una nuova sensibilità nei confronti della sicurezza nei luoghi di lavoro che parta dal mondo della scuola e veda coinvolta tutta la comunità umbra.

Anche i comuni, che rivestono un ruolo fondamentale (fra l’altro attendiamo con interesse di conoscere la stesura definitiva del regolamento edilizio del Comune di Perugia) dovranno sentirsi coinvolti nell’opera di prevenzione e controllo, con i propri organi di vigilanza, adeguatamente formati che forse meglio di ogni altro soggetto hanno la conoscenza del territorio, oltre che a prevedere consulte permanenti di settore, così come avvenuto nella ricostruzione.

Noi siamo convinti che però un ruolo decisivo per puntare ad una inversione di tendenza del fenomeno infortunistico sia rappresentato dai datori di lavoro, tanto più in una regione come la nostra dove mediamente ci sono tre dipendenti per impresa e quindi il proprietario dell’azienda vive a diretto contatto con il lavoratore.

Inevitabilmente su di lui, per l’esperienza acquisita negli anni, per il potere psicologico di imporre, nel bene e nel male, le scelte che poi decideranno anche della vita dei propri dipendenti, su di lui ricadranno le responsabilità comunque morali (e spesso penali) di ciò che accade.

Noi chiediamo pertanto che vi sia una drastica selezione delle imprese, non consentendo a nessuno, se non adeguatamente formato e strutturato, di inventarsi imprenditore, non sempre infatti è possibile accostare il binomio:

più imprese uguale più sviluppo e più sicurezza anzi, la frantumazione delle stesse soprattutto nel nostro settore ha provocato l’effetto contrario.

Questo intanto si può iniziare a prevedere nei capitolati d’appalto, oltre che di una sistema premiante, quale potrebbe essere l’attribuzione di una patente a punti, per le imprese che operano correttamente sul mercato, prevedendo sanzioni efficaci quali l’esclusione temporanea dagli appalti pubblici.

Una ulteriore considerazione riguarda i coordinatori alla sicurezza. In questi giorni abbiamo ricevuto una comunicazione dell’Ordine degli ingegneri che dà disposizione ai propri iscritti di partecipare alle assemblee nei cantieri con il sindacato.

Senza voler polemizzare, qui mi limito a riscontrare il sostanziale fallimento di tale iniziativa. Inoltre, e cosa più importante, oggi ribadiamo la necessità che essi, prioritariamente, si confrontino con il direttore di cantiere e soprattutto con i lavoratori, preventivamente ad ogni fase lavorativa importante, rendendoli consapevoli delle potenziali situazioni di rischio. E’ indispensabile, in una parola, che siano più presenti nei luoghi di lavoro. Con  la  mancata definizione di tali compiti con l’art. 13 bis , si è persa una importante occasione ma confidiamo che tutto ciò si  possa recuperare attraverso una vera ripresa del confronto.

Il sindacato delle costruzioni, con una piena e totale assunzione di responsabilità, porrà al centro della propria agenda come priorità assoluta quella della lotta agli incidenti nei luoghi di lavoro.

Purtroppo spesso nel passato ci siamo trovati soli, altre volte incompresi; oggi di fronte a voi ci assumiamo l’impegno perché questa piattaforma rivendicativa diventi prioritaria anche nell’agenda politica ed istituzionale della nostra regione e perché in ogni singolo luogo di lavoro si discuta prima di tutto delle condizioni di sicurezza.

Il nostro settore è stato capace, con le proprie forze, di costruire sistemi e percorsi per garantire la sicurezza dei lavoratori  attivando  le figure dei responsabili dei lavoratori per la sicurezza territoriali, che hanno iniziato ad operare nella miriade di cantieri piccoli e piccolissimi; il loro ruolo tanto sarà più efficace quanto più riceveranno il supporto e le segnalazioni degli stessi lavoratori, chiamati in questo modo ad essere parte attiva per la soluzione di questo grave problema, e quello degli imprenditori più sensibili e lungimiranti, ancora troppo pochi a dire il vero.

Noi pensiamo che se qualche risposta positiva è stata data , questa è stata costruita all’interno del settore nel confronto tra il sindacato e le poche imprese disponibili al confronto . Spesso però ci siamo sentiti soli, non supportati da norme e politiche adeguate.

Il comitato paritetico territoriale reso operatovi recentemente si adopererà per formare ed  informare i lavoratori sui temi riferiti alla sicurezza. Con grande difficoltà il settore cerca di dare delle risposte, noi chiediamo che questo sistema di relazioni contrattuali sia sostenuto dalle istituzioni.

A nostro avviso la legge 1/2004 (testo unico sull’edilizia) a fatto un passo indietro rispetto al positivo percorso della ricostruzione che ha visto la partecipazione decisiva delle parti sociali. Oggi la politica, le istituzioni a tutti i livelli a partire da quello centrale devono scegliere tra legalità e sicurezza oppure tra inutili e ripetitivi appelli alla sicurezza non supportati poi da atti concreti.

Il   mese di settembre da tempo è stato individuato come mese per la sicurezza. In quanto si riscontra un tasso più alto di incidenti .

Gli eventi di questi giorni dimostrano questo fatto; riteniamo indispensabile che si torni ad individuare questo come il  mese in cui concentrare  una mirata e capillare sensibilizzazione nelle coscienze di tutti, con assemblee in ogni luogo di lavoro coinvolgendo tutti i soggetti  ai quali vengono assegnate delle responsabilità in materia.

Questo percorso si attivò timidamente qualche anno fa ma poi fu inspiegabilmente abbandonato: perché non riprenderlo con  rinnovato impegno, pensando al 2006 come all’anno della sicurezza?

Su queste  tematiche il sindacato chiede oggi il supporto convinto di tutti i lavoratori per fare si che questa piattaforma rivendicativa diventi domani una conquista decisiva per  l’abbattimento del numero degli infortuni nei luoghi di lavoro.

Infine, ci conforta l’adesione di così  tanti soggetti politici, istituzionali , associativi, alla nostra iniziativa di mobilitazione che vuole segnare l’inizio di un percorso ragionato ma stringente su temi di così grande rilevanza.

A tutti voi, come siamo soliti fare, garantiamo che valuteremo il rispetto degli impegni assunti dai fatti e dagli atti concreti che, speriamo insieme, saremo in grado di produrre.

 

 

 

Perugia 15 settembre 2005

 

 

Sicurezza. Sciopero di otto ore

“Manca in Umbria una cultura del lavoro edile, chiunque può fare l’imprenditore

senza conoscere le norme sulla sicurezza”

 

Il venir meno di una  cultura del lavoro edile è la vera causa del degenerare del settore e dell’aumento degli infortuni sul lavoro; questa è la dura accusa dei sindacati delle costruzioni

perugini, Feneal Cisl, Filca Uil e Fillea Cgil, che hanno indetto uno sciopero regionale per la sicurezza di otto ore dell’intero settore per la giornata di venerdì 16 settembre. La mobilitazione è stata  presentata dai sindacati di categoria e dal Segretario della Camera del Lavoro di Perugia, Mario Bravi, che ha comunicato l’astensione dal lavoro proclamata anche dai  sindacati confederali provinciali, nella stessa giornata di venerdì  per le prime quattro ore di lavoro. L’iniziativa confederale coinvolgerà tutti i lavoratori di Perugia, Corciano e Forgiano. Saranno presenti anche delegazioni di imprese e di altri settori privati e pubblici.

La mobilitazione inizierà  con un corteo, partenza alle 9.30 da piazza Partigiani e proseguira' con una manifestazione nella sala dei Notari di Perugia,  alla quale sarà presente anche Gonfalone di Terni.

Il consiglio provinciale di Terni ha approvato infatti, all' unanimita', un ordine del giorno di adesione allo sciopero di venerdi', decidendo di osservare anche un minuto di silenzio.

Sollecitata dall’azione delle organizzazioni sindacali, la presidente della Regione Umbria, Maria Rita Lorenzetti ha convocato il Tavolo generale del Patto per lo sviluppo, con all' ordine del giorno proprio il tema relativo alla sicurezza nei luoghi di lavoro.

”Servono regole più rigorose”, ha dichiarato Massimiliano Presciutti, Segretario della Fillea perugina, che ha puntato l’indice contro la facilità con cui ormai è possibile costituire delle imprese edili ed iscriverle alla Camera di Commercio. “Basta avere una cucchiara e un setello”;  se dunque chiunque può fare il costruttore edile è impossibile tenere sotto controllo la situazione.

Per fare questo lavoro ”non è richiesta nessuna formazione – ha proseguito – per cui la maggior parte degli imprenditori non conosce le regole elementari sulla sicurezza”.

Lo sciopero di venerdì, oltre ad una dura protesta contro l’aumento degli infortuni nella regione, vuole essere uno stimolo per  le istituzioni e “soprattutto le associazioni imprenditoriali di artigiani e industriali” a istituire organismi in grado di regolare e monitorare il settore dell’edilizia. In questo territorio non si rispettano le norme per la sicurezza e i controlli scarseggiano. Per i circa 4mila cantieri edili attivi nella provincia infatti, sono a disposizione soltanto due ispettori del lavoro.

Una situazione al tracollo, quella descritta dai sindacati, con rischi continui e non controllabili, che ha visto in pochissimi giorni un aumento vertiginoso delle morti bianche nella regione.

 

 

 

Perugia 14 settembre 2005

 

 

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