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Ancora due morti nei cantieri di Napoli. Gianni Sannino: “A quelli che dicono che tutto va bene…”
Le due morti bianche, i due infortuni mortali accaduti a 48 ore di distanza ad Agnano e a Marano di Napoli (coincidenza agghiacciante il morire schiacciati da una pala meccanica. secondo i dati Fillea in questo modo muore il 25,11 % dei lavoratori) rappresentano un film a trama drammatica gia’ visto, purtroppo da queste parti, cambia solo il set, da Ercolano e il Vasto si passa nella zona Flegrea dell’area metropolitana di Napoli. Ma il dramma e’ lo stesso. Chiunque s’era illuso, dando credito alle statistiche ufficiali che di tanti in tanto vengono diramate per dimostrare che il fenomeno e’ in calo, si ricreda. Il tema e’ interamente riproposto e bene fa la Fillea e l’intero sindacato a non abbandonare il ruolo che s’e’ voluto dare di “eterno scontento” rispetto a quanti s’affannano, ragionando su impercettibilissime variazioni, dello zero virgola zero zero, tra l’altro senza tenere in alcun modo conto della grande area del nero, dell’irregolare e dell’abusivismo, a lanciare messaggi tranquillizzanti sul problema. Per la Fillea e per il sindacato la sicurezza sui luoghi di lavoro era e restera’ il primo “assillo quotidiano”. E allora occorre riprendere il cammino. Dopo i fatti d’Ercolano e del Vasto ci fu, sotto la mobilitazione forte dei lavoratori, uno scossone che mise in atto un’azione repressiva e di controllo. Salutammo positivamente questa iniziativa ma dicemmo gia’ allora che non bastava reprimere, certo bisogna continuare a farlo s’intende, con piu’ severita’ forse, anche se io non invoco leggi speciali bastano quelle che ci sono, ma il punto vero sono i controlli, le responsabilita’ che tutti i soggetti del processo di lavoro devono avvertire, dal sistema delle imprese, agli enti ispettivi, alle istituzioni. Oggi il cantiere edile, attraversato da un processo d’atomizzazione del lavoro con l’uso distorto e abnorme del subappalto, delle famigerate forniture con posa in opera e i tanti noli a caldo, e’ diventato un “non luogo di lavoro” dove il diritto, quello della sicurezza in primis e’ un optional da affidare unicamente alla “sensibilita”’ e alla “buona prassi” dell’azienda, assumendo fino in fondo la filosofia del testo unico della sicurezza proposto dal governo e assunto gia’ nei fatti dal contraente generale (legge obiettivo) nelle medie e grandi opere. e qui da noi ce ne’ sono, se pensiamo ai trasporti e alle infrastrutture. In questo contesto dove i controlli, proprio perche’ c’e’ questo fenomeno, dovrebbero essere piu’ puntuali e stringenti, sono completamente inadeguati. Quale cantiere viene monitorato con dovizia dal coordinatore alla sicurezza, figura importante prevista dalla l.494, che ha il compito, adeguatamente remunerato mi pare e per conto dell’ente pubblico, di far osservare il piano di sicurezza, ma soprattutto evitare che questo sia solo carta straccia magari offerto in fotocopia da tante societa’ di scopo che sono nate per la bisogna e a cui si’ rivolgono spesso imprese e stazioni appaltanti? In questo senso c’e’ da chiedersi, e lo chiediamo anche alle Asl, in quanti cantieri e’ stato aggiornato il registro delle malattie professionali e dei fattori di rischio inserite nel piano di sorveglianza sanitaria imposto dal decreto ministeriale dell’aprile 2004? E quanti cantieri ricevono la visita puntuale del direttore dei lavori che ha un compito ben preciso rispetto all’andamento dei lavori anche in merito all’osservanza delle norme sul “ex collocamento” dei rapporti di lavoro? C’e’ o non c’e’ un rapporto stretto tra lavoro nero e sicurezza e allora, se cosi’ e’, si dia avvio all’istituzione dello sportello unico (D.U.R.C.) per accertare la regolarita’ delle imprese e delle stazioni appaltanti. Certo che l’introduzione nel settore, delle flessibilita’ previste dalla legge 30 non puo’ che aggravare la situazione e ridurre ancora di piu’ le garanzie di sicurezza e di qualita’ sui cantieri, e questo impone un livello piu’ alto della contrattazione, cosi’ come previsto dai contratti di lavoro. Perche’ la sicurezza mal si concilia con l’imposizione di ritmi e condizioni sui cantieri che rispondono più alla logica del profitto che alla qualita’. Per non parlare poi dell’inadeguatezza degli enti ispettivi, Inail, Asl ed Ispettorati, sul versante delle risorse e dei mezzi a disposizione, a cui bisogna mettere mano. Siamo rammaricati che non s’e’ riusciti ad approvare la legge regionale sul riordino degli appalti pubblici e sulla sicurezza. Non poche volte abbiamo rivolto sollecitazioni, ben prima d’altri, a partire dal grande sciopero unitario del luglio 2002 e poi recentemente con l’iniziativa dell’ottobre 2004. Riteniamo indispensabile che tali questioni siano i primi atti che il nuovo governo e consiglio regionale debbano fare, per recuperare l’etica della responsabilita’ che l’azione del governo, con la legge obiettivo e il testo unico della sicurezza sta smantellando. Su questo va richiamato il ruolo che le associazioni impreditoriali intendono avere nel contrastare questa tendenza che non giova alla battaglia che pure si condivide sul massimo ribasso e la concorrenza sleale nel settore. Cosi’ come sollecitiamo l’amministrazione comunale e provinciale, con le quali ci siamo confrontati dopo gli ultimi due infortuni d’ottobre, a rinnovare con noi e le altri parti sociali il protocollo sulla legalita’ e sulla sicurezza ragionando sui fattori che hanno impedito il raggiungimento degli obiettivi li’ stabiliti. Nel 2004 i morti sul lavoro in edilizia e settori collegati sono aumentati del 7,50%, da 215 a 231. A Napoli ed in Campania quasi raddoppiati. Nel 2005 siamo gia’ a 10 morti bianche. Occorre che ci sia una ripresa della tensione e della mobilitazione dei lavoratori e delle coscienze per evitare che a fine anno 2005 ci s’interroghi su come mai l’elenco delle vittime sia aumentato.
Napoli 10 marzo 2005
Gianni Sannino Segretario Generale Fillea di Napoli
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