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“Il settore delle costruzioni a Napoli tra sviluppo e qualità”

Convegno organizzato dalla Fillea Cgil di Napoli

LA FILLEA CGIL RILANCIA L’INIZIATIVA PER LA QUALIFICAZIONE DEL SETTORE, PER UNA CRESCITA CONIUGATA A DIRITTI E REGOLE, CONTRO IL LAVORO NERO ED IRREGOLARE, PER LA SICUREZZA E LA FORMAZIONE.

 

           L’area metropolitana di Napoli conoscerà nel prossimo futuro una fase di crescita fatta di corposi e consistenti interventi, con apprezzabili ricadute sul settore delle costruzioni.     Si va dai Programmi Operativi Regionali con particolare evidenza sul versante dei trasporti e la portualità, non di meno importanza sul comparto del Restauro e della valorizzazione dei beni e siti culturali ed archeologici, per il quale si è stipulato un innovativo Protocollo d’Intesa Regionale, all’intervento di recupero e riqualificazione del centro Storico di Napoli, il cui programma sarà intensificato da cospicui finanziamenti regionali per estendere gli interventi alle periferie.    Importanti progetti su nuova edilizia sanitaria decentrata, piani programmati per il recupero della sicurezza nelle scuole e programmi di recupero urbano e di riqualificazione d’interi quartieri della periferia, caratterizzeranno i prossimi mesi ed anni l’attività amministrativa e programmatoria delle Istituzioni e degli Enti di spesa.    Sullo sfondo, il dibattito politico cittadino si sta concentrando, non senza contraddizioni, sul varo del nuovo Piano Regolatore Generale, occasione per definire le linee di sviluppo e nuovi assetti urbanistici della città metropolitana.      La Fillea in questa fase e da questa iniziativa, intende confermare e rilanciare il suo impegno per l’affermazione del ”Cantiere Qualità”, della contrattazione d’anticipo, per un settore protagonista del rilancio economico, produttivo ed occupazionale della città e dell’area metropolitana, sollecitando un salto di qualità del sistema d’impresa e una piena consapevolezza delle Istituzioni volti a favorire l’innovazione e la riqualificazione del settore e a rafforzare le azioni di contrasto alle infiltrazioni malavitose e all’illegalità favorite dai processi di frantumazione e deregolamentazione che caratterizzano il declino industriale del Paese.

 

   

NAPOLI - 16 LUGLIO 2003 ORE 9.30

HOTEL PLAZA, PIAZZA PRINCIPE UMBERTO I°, 23

 

Napoli 16 luglio 2003

La Fillea Cgil di Napoli, il sindacato dei lavoratori edili, lancia la proposta di un "Patto anticiclico d'operatività" con le istituzioni e le forze imprenditoriali per creare lavoro rispettando la qualità, le regole ed i diritti"

La significativa proposta è stata espressa nel corso del convegno sul tema "Il settore delle costruzioni a Napoli tra sviluppo e qualità",  tenutosi oggi a Napoli.

L'introduzione è stata svolta dal segretario generale della Fillea cgil di Napoli, Giovanni Sannino. Hanno partecipato Giuseppe Errico segretario generale della Camera del lavoro di Napoli, Domenico De Biase Presidente della Lega delle cooperative, Bruno discepolo Presidente della Società Sirena Centro Storico, Riccardo Giustino Presidente dell'Acen, Lino Romano neo presidente della Confapi. Le conclusioni sono state affidate a Franco Martini Segretario Generale Nazionale della Fillea Cgil.

La relazione introduttiva era ricca di temi, spunti e dati interessanti. A Napoli sono aumentate le imprese edili. Nell'ultimo semestre del 2002 si sono registrate in Cassa Edile 3079 imprese: di queste 2437 con un organico da 1 a 5 dipendenti, 338 con dipendenti da 6 a 29, da 10 a 19 dipendenti 222 imprese, 73 le imprese da 20 a 49 e solo 9 imprese con un organico da 50 a 99.

Da questi dati si evince la forte polverizzazione che investe il settore e l'aumento delle piccolissime realtà aziendali. Si è verificato una trasformazione del mercato dell'edilizia che ha accelerato una competizione selvaggia, con una corsa sfrenata al massimo ribasso, al ricorso al subappalto, al lavoro nero e irregolare, rendendo il settore esposto agli appetiti della camorra. "L'illegalità rischia di trovare nuova linfa con la presenza nel settore di giovani e meno giovani immigrati - ha sostenuto Giovanni Sannino -, merce del caporalato che si incontra per le strade di Arzano, agli incroci di di S. Antimo o per le vie di Pianura".

"Il livello della professionalità dei lavoratori edili - ha continuato Sannino -  nel corso degli ultimi anni si è notevolmente impoverito. La maggiorparte degli addetti del settore sono operai comuni ed apprendisti. I dati, sono allarmanti. Gli operai specializzati sono solo il 24 %, mentre gli operai di quarto livello non raggiungono il 2% ".

"E’ opportuno lavorare insieme, imprenditori, sindacato ed istituzioni, conclude Giovanni Sannino, per un patto anticiclico che combatta la disoccupazione, rilanci la qualità delle imprese, la valorizzazione del capitale umano, per la stabilizzazione e la qualità del settore.” 

La Fillea Cgil rilancia così l'iniziativa per la qualificazione del settore per la crescita coniugata ai diritti e alle regole, per combattere il lavoro nero e irregolare, per la sicurezza e la formazione".

 

 

Relazione di Gianni Sannino al convegno 16 luglio 2003 a Napoli

 

 

Bozza non corretta

 

 

Mi corre non soltanto l’obbligo, ma il sincero piacere di salutare e di ringraziare a nome mio e dell’intera Organizzazione, gli ospiti e gli amici che hanno voluto accettare il nostro invito a quest’iniziativa.

 

Così come voglio salutare e dare il benvenuto a Franco Martini Segretario Generale della Fillea nazionale che so che viene a Napoli sempre con gran piacere, e dare un augurio sincero ed affettuoso di buon lavoro a Peppe Errico nuovo Segretario Generale della Camera del Lavoro di Napoli.

 

Un grazie di cuore a tutti i delegati e i rappresentanti sindacali dei cantieri e dei luoghi di lavoro che sono presenti in sala.

 

Se posso concedermi una piccolissima parentesi personale, vorrei sottolineare il carattere non formale di questa premessa alla mia introduzione, perché chi mi conosce sa che attribuisco moltissimo rilievo ai rapporti tra le persone, indipendentemente dai ruoli e dalle funzioni che si svolgono.

 

Il tema su cui la Fillea intende avviare, e per certi aspetti continuare, a partire da quest’iniziativa, un dialogo ed un confronto, trovando poi, strada facendo, sedi e momenti più avanzati e coinvolgenti, è quello della qualità del settore delle costruzioni in una fase come quell’attuale che presenta, anche se in maniera contraddittoria, uno scenario, per i prossimi mesi ed anni, di crescita ed incremento delle attività del comparto. Governo permettendo! Ovviamente.

 

Indicatori economici e dati statistici confermano questo trend.

Nella regione e a Napoli.

 

Aumento dei bandi di gara nel corso del 2002 rispetto al l’anno precedente.

 

Un’annunciata fase di espansione di attività su segmenti legati alla manutenzione e bonifica del territorio, recupero e riqualificazione, interventi su reti e infrastrutture primarie, su settore non tradizionalmente delle costruzioni e sui quali più in avanti proverò a dettagliare. 

 

Andamento non sempre negativo dei livelli occupazionali nel settore, riscontrabile anche attraverso la lettura dei dati Cassa Edile nelle ultime semestralità, così come, analogamente per il tasso di presenza e di attività delle  imprese.

 

Vorrei sottolineare un primo dato che credo debba farci riflettere. Esso è dato dal divario esistente tra il numero dei lavoratori denunciati in Cassa Edile e il numero di iscritti all’INPS che è all’incirca di 1 a 3, cosa che si può dire anche per le imprese.

 

Credo che possiamo affermare, alla luce di questi dati, che si è in presenza di un’area d’irregolarità, che ha delle incidenze estremamente negative sull’insieme del sistema. 

 

Certo su quest’ultimo dato influisce molto il settore privato.  

 

Su questo possiamo dire con cognizione di causa, che gran parte di questo segmento sfugge agli obblighi della contrattazione, in particolare quella territoriale, e delle clausole sociali.

 

Ma questo nonostante i “luoghi comuni”, e ce ne sono fin troppi nel nostro settore e dovremmo provvedere a smantellarne alcuni, non è scritto che debba essere così.

 

L’intervento sul Centro Storico della Società Sirena, tenendo in debito conto la specificità dell’esperienza,  dimostra che si può fare diversamente anche non senza contraddizioni e problemi.

 

Ma su Sirena tornerò più in là. E coglierò l’occasione, se mi è concesso, di chiarire, in maniera più esaustiva di quanto non fatto sinora, un fronte di critica costruttiva, come si diceva una volta, aperto dalla Fillea di Napoli.

 

Abbiamo rinnovato da qualche settimana, insieme a Feneal e Filca, il Contratto Integrativo Provinciale con l’Acen e da qualche giorno abbiamo, a livello Regionale e a livello unitario riavviato relazioni sindacali più stringenti ed impegnative con la sezione edile della Confapi e della Lega delle Cooperative di cui apprezziamo la disponibilità, mai oscurata per la verità, a ragionare con noi e il cui lavoro di riposizionamento in campo rappresenta un valore aggiunto.

 

Due fatti innovativi.

 

 Il rinnovo del Contratto, non senza difficoltà e tensioni, per il quale siamo impegnati nella massima diffusione e fruizione, sappiamo che anche l’Acen è impegnata in tal senso e ci fa piacere,     una intesa positiva che ci consente di governare, per cosi dire, il settore nella fase d’oggi, e il Protocollo Regionale d’intenti con Confapi e Lega, hanno avuto come premessa proposizione di un terreno di confronto incentrato sull’obiettivo di qualificare il settore a partire dalle opportunità offerte dal quadro di riferimento locale sul versante degli investimenti e della spesa pubblica e privata.

 

Dalla Conferenza nazionale del 2001 a quella recente sul Mezzogiorno tenuta a Bari la Fillea, su proposta del suo Segretario Nazionale Martini, ha insistito e ancora lo fa nell’affermare un’idea che con uno slogan non retorico ha definito “Cantiere Qualità”.

 

Ed è su questo che s’intende procedere ed ecco perché questo titolo alla nostra iniziativa: garantire lo sviluppo in quantità d’opere necessarie e utili, e parimenti garantire qualità e dignità al lavoro.

 

Non a caso la Fillea ritiene inscindibili ed indispensabili per uno sviluppo che lasci traccia di sé, i parametri della dignità del lavoro per quanto attiene la tutela dei diritti collettivi ed individuali ma al tempo stesso ed in egual misura il ruolo e la funzione sociale dell’impresa.

 

Se pensiamo al buon cantiere come fine del nostro operato, non possiamo non ricordare che oggi si muore ancora mentre si lavora e si muore anche a 17 e 15 anni come il giovane edile di Trapani e il bambino che era alla guida di un carrello elevatore.

 

Ma è retorica dire, affermare, che a quell’età si va a scuola o ci si diverte con gli amici coetanei o si esce con la ragazzina e la fidanzatina?

 

No, non lo è!

 

Mi ha raccontato il Segretario di Milano che nel corso dello sciopero in Lombardia proclamato dal Sindacato Unitario sulla sicurezza che forti erano i sentimenti di sdegno e di rabbia, ma anche di una sorta d’impotenza verso un fenomeno di cui molto si parla e pur si continua a morire.

E questo non è un buon segnale.

E’ da respingere perché da ragione a chi ritiene che le morti sono un tributo da pagare frutto dell’infame destino o della fatalità.

 

Niente affatto.

 

Non c’ è nulla di fatale quando si muore o si resta mutilati su un cantiere o in una fabbrica.

Ci sono precise responsabilità, come i fatti che sono successi in questi mesi e la loro dinamica lo dimostra. 

 

La Sicurezza è un tassello prioritario, irrinunciabile del Cantiere Qualità.

 

Un assillo per tutti noi, se Franco mi permette di usare una sua frase felice.

 

Sono inquietanti le statistiche sul tema. Siamo a 114 incidenti mortali dall’inizio dell’anno 2003. Senza contare i tanti infortuni avvenuti in un ambito d’irregolarità e quindi fuori dalle statistiche.

Ci sono più infortuni rispetto al 2002.

Sbaglia chi ritiene che su questo tema non è più necessario tenere alta l’attenzione e fa alchimie algebriche, un po’ ciniche per la verità, sui dati statistici.

 

Occorre, al contrario, intensificare l’azione di controllo, potenziare il coordinamento degli Enti, e lo dico ai nostri autorevoli ospiti attivare i Protocolli firmati, potenziare i centri di prevenzione e qualificare e valorizzare la spesa regionale in materia, garantire e imporre l’obbligo alla formazione e all’informazione sui luoghi di lavoro, esaminare il problema della non assoggettibità al ribasso dei costi per la sicurezza, che la Delega in mano al Governo vuole eliminare.  

 

Ma io credo di non incontrare una avversione dagli amici imprenditori convenuti qui, se affermo che dopo i fatti ultimi e l’escalation dei decessi e non per emotività, sia forse il caso di inasprire le pene per chi non rispetta gli obblighi di legge e di contratto in materia di sicurezza fino alla perdita dell’appalto.

 

Perché chi viola contribuisce all’inquinamento del mercato e delle sue regole.

Il settore edile rimane il più esposto ai rischi di mortalità sul lavoro.

 

Questi rischi aumentano in maniera esponenziale a causa della concezione che il Governo ha di questo settore.

 

Come non vedere nel furore liberista e nella rincorsa alla precarizzazione e alla deregolamentazione, teorizzata e portata avanti dal Governo e non contrastata dagli imprenditori, per la verità, lo sconquassamento di un settore come quello delle costruzioni dove il sommerso e l’irregolarità la fanno da padroni, con drammatiche ricadute sull’incolumità dei lavoratori.

 

Perché non vi è alcun dubbio che esiste un’interrelazione tra la mancanza di sicurezza e frammentazione produttiva dell’opera, evasione, lavoro nero, sommerso.

 

Un sommerso che ha quasi raggiunto un incidenza sul settore del 27%, come ha già tempestivamente denunciato la Fillea a livello Nazionale, nel corso del Convegno sul DURC a Perugia direttamente da Martini, che ha anche aggiunto che la precarizzazione è un danno, certo, per i diritti dei lavoratori, ma lo è anche per il mercato e per le imprese, per l’effetto induttivo alla concorrenza sleale e alla rincorsa al risparmio sui costi.

 

E che il D.U.R.C. può essere un antidoto importante.

 

Ebbene io credo che sia necessaria una nostra iniziativa anche locale insieme alle Istituzioni per avviare la fase sperimentale dello sportello documentale anche nell’interesse di tante aziende sane.

 

E allora se ciò e vero, il combinato disposto di precarizzazione, flessibilità selvaggia, destrutturazione e deregolamentazione, rappresenta un fattore di grave destabilizzazione del settore.

 

E’ possibile che questo sia un problema solo del Sindacato e dei lavoratori?

 

So che sul tema della flessibilità le nostre idee divergono, ma io chiedo com’è possibile coniugare l’idea, espressa in alcune dichiarazioni autorevoli, di parte imprenditoriale, che ritiene il patrimonio umano e quindi il lavoro, la ricchezza fondamentale dell’Impresa e la necessità di avviare per questo processi di fidelizzazione, con l’afasia fino ad oggi avuta sulla legge 30 che nel nostro settore avrà un effetto devastante.

 

Può essere questo un terreno comune d’intenti e d’azione per scoraggiare e frenare questo disegno?

 

Da qui, da Napoli, dove probabilmente più agevolate possono essere le convergenze, su questi temi, anche con le Istituzioni con le quali è consolidata una buona pratica protocollare, anche se va necessariamente inverata e resa più operativa. Penso ad esempio ai temi degli orari e della flessibilità in occasione del periodo estivo sui lavori di pubblica utilità, contenuti negli accordi sociali ed istituzionali e mai attivati. Vedi Funicolare di Chiaia.

 

Noi, e lo dico intendendo il sistema, vogliamo investire la nostra bilateralità, questa esperienza positiva e consolidata, oggetto non molto nascosto di un desiderio un pò blasfemo, per contribuire ai processi di qualità.

 

Come si sta facendo sulla sicurezza con il CPT.

 

Interessante ed innovativo, per certi aspetti, è stato il lavoro svolto sul Cantiere Palazzo di Giustizia dove, forse per la prima volta, si è svolta formazione ed informazione in cantiere in stretto rapporto con le fasi di lavoro in atto, producendo incoraggianti risultati anche sulla riduzione del tasso d’esposizione al rischio.

Esperienze da estendere, e che si stanno effettuando, ai sensi di un Protocollo stipulato con Condotte sui cantieri della penetrazione urbana dell’Alta Velocità.

 

Sono fatti significativi, ma che rischiano di vanificarsi davanti alla politica iniqua portata avanti dal Governo, che marginalizza la sicurezza e che con la delega in materia amplificherà le cause che determinano gli infortuni, mettendo in forse addirittura l’esclusione dei costi della sicurezza dai ribassi di gara, e teorizzare la depenalizzazione delle omissioni, ed è facile  immaginare  i danni che ciò provocherebbe anche dal punto di vista culturale.

 

Ma la precarizzazione, la polverizzazione  produttiva, la mancanza di formazione e prevenzione, il lavoro nero e l’illegalità sono le questioni d’oggi, che caratterizzano la fase attuale, i punti sui quali occorre registrare il massimo d’analisi e definire politiche tese al loro superamento. 

 

Sono temi cari solo al Sindacato? Non credo.

 

Ho partecipato recentemente al Forum, presso l’Amministrazione Comunale, sull’abusivismo promosso anche dalla Lega Ambiente e dall’ACEN, non credo che sfugga la novità, e vorrei confermare qui l’apprezzamento della posizione assunta dall’Acen di netta contrarietà alla pratica dei condoni che, come noi, la ritiene incompatibile con l’esigenza di assicurare la tutela e la manutenzione dei territori e del patrimonio abitativo delle comunità.

 

Così come partecipiamo a pieno titolo insieme all’Acen e ad altre formazioni imprenditoriali, la stessa Confapi e la Lega, al Protocollo di Legalità e  al Coordinamento anti racket guidato dal Comune di Napoli con la consulenza di Tano Grasso (che a mio avviso dovrebbe essere esteso ad altri livelli istituzionali come la Provincia ad esempio).

Quindi so bene il grado di sensibilità che caratterizza non solo l’Acen ma anche altre compagini su questi temi.

 

E allora ragioniamo su di noi.

 

Senza rischiare il facile ottimismo auto rassicurante. Anzi tutt’altro.

 

Ma non c’è dubbio, e non siamo i soli a dirlo, che i prossimi mesi saranno connotati da una considerevole e non trascurabile crescita sul piano degli investimenti sul settore. 

 

Tante opere infrastrutturali, dai trasporti alla portualità, i fondi POR sul versante del Restauro e della valorizzazione dei beni e dei siti culturali ed archeologici per i quali si è stipulato un innovativo Protocollo d’Intesa con la Regione che però sta registrando qualche battuta d’arresto da noi opportunamente segnalato, i Piani Territoriali, i P.I.T. e i Piani d’Inserimento Produttivi diffusi sul territorio provinciale

 

I Piani Parcheggi pubblici e privati, i P.R.U. Piani di Recupero Urbano d’importanti e popolosi quartieri della periferia di Napoli, il completamento del Centro Direzionale in Project Financing la viabilità provinciale e il piano scuole, progetti annunciati sul piano del risanamento ambientale, il dissesto idrogeologico.

 

Una fitta agenda di progetti e di lavori, sui quali però,  occorre attivare la massima vigilanza perché sia garantita la loro effettiva realizzazione con certezza dei tempi e garanzie di ricadute occupazionali.

 

Le vicende di gravi ritardi accumulati   come sui P.R.U. ad esempio, anche se qualcosa si muove, o le incertezze preoccupanti registrate sulle opere di trasporto, impongono di non abbassare la guardia.

 

Napoli rimane una città con gravi problemi occupazionali e il settore può contribuire ad alleviare il peso della disoccupazione della in occupazione. Non come qualcuno voleva fare utilizzando lavagna e gessetto.

 

Io non voglio azzardare cifre, so che ogni lavoro ha una sua tipologia una incidenza sull’occupazione, ma non c’è alcun dubbio che grande potrebbe il saldo con soddisfazione per la categoria per il settore e per la stessa città e il suo reddito complessivo.

 

E’ possibile pensare ad una grande e rigorosa ricognizione di tutte le opere e i lavori da fare sul territorio provinciale e farne oggetto di un vero e proprio <Patto Anticiclico d’Operatività> che coinvolga parti sociali e Istituzioni per creare lavoro, non uno qualsiasi e a qualunque costo ma   in qualità, regole e diritti? 

 

Non è, e non vuole essere questa una sfida propagandistica, ma la proposizione e la ricerca di un terreno praticabile  e condiviso, nella piena  chiarezza delle funzioni e delle rappresentanze, per tentare di far vivere al settore un salto di qualità nel rapporto con il territorio e le  sue contraddizioni   

 

Nell’intanto la Fillea,  non da sola, non ha esitato, quando occorreva far sentire la voce dei lavoratori, quelli con la fortuna di avere un lavoro e quelli che lo attendono dopo averlo perso o che non lo hanno mai avuto, a criticare un ricorso all’effetto annuncio praticato dalle Istituzioni, non sempre seguito da un’effettiva cantierizzazione o denunciare ritardi e rallentamenti d’opere che rischiavano e rischiano tuttora di pregiudicare il mantenimento dell’occupazione e l’incremento della stessa.           

 

Così per l’intervento corposo in atto  sul Centro Storico sul quale  è impegnata la Società Sirena costituita da Comune di Napoli e Acen, sul ripristino e recupero delle facciate degli edifici e interventi sulle parti comuni, che sarà cospicuamente intensificato da fondi regionali per estendere l’intervento anche alle periferie.

 

Un intervento, forse unico nel suo genere, che vede impegnate tante piccole e piccolissime imprese e tanti lavoratori in maniera diffusa sul territorio.

Un intervento sul quale stiamo sperimentando un Protocollo d’Intesa con il nostro CPT sui temi della sicurezza e l’applicazione di una clausola unica nel genere per quanto attiene all’azione di contrasto alla malavita che prevede l’obbligo di denuncia da parte dell’impresa sottoposta al pizzo pena la perdita della commessa.

 

Ma su questo c’è chi meglio di me dirà.

 

E per riprendere l’inizio della mia relazione, quest’intervento dimostra che anche sul privato, qui siamo è vero in una sorta di confine, è possibile intervenire affermando una cultura del contratto e delle regole.

 

La Fillea su questo alcuni mesi fa ha sollevato, forse il metodo non è stato gradito, ma guardiamo alla sostanza, un problema che riguardava, nonostante lo sforzo di tutti, sacche d’evasione e di disattenzione alla sicurezza che rischiavano di pregiudicare un buon lavoro e un buon intendimento.

 

Così come ha sollevato un problema che riguardava la mancata apertura dei cantieri nonostante la dichiarazione DIA effettuata, la contemporaneità di più cantieri ad una stessa azienda con evidente difficoltà a garantire i lavori data la connotazione dimensionale dell’Impresa e le stesse previsioni occupazionali.

 

E in più,  ed è un problema da affrontare e risolvere,  cominciano ad affiorare nicchie di presenza  di lavoro irregolare. E qui mi sia consentito un passaggio polemico non si può rispondere a questo dicendo che ci deve pensare il CPT ai sensi del protocollo. Non credo che rientri nelle sue funzioni.

 

Parimenti, la Fillea ha posto un problema che riguardava e riguarda la necessità di verificare su quest’intervento possibili percorsi di sinergia tra formazione, necessaria, viste le figure professionali occorrenti e il  fabbisogno occupazionale.

 

Non è questo che abbiamo deciso nell’integrativo? Non è questo che sta alla base del Protocollo con le PMI e Lega?

 

Tra l’altro il tema della formazione rappresenta sicuramente un altro tassello irrinunciabile  del Cantiere Qualità.

 

Sulla questione un dato illuminante.

 

Sempre da fonte Cassa Edile e con riferimento temporale all’anno 2002, ma la situazione è pressoché uguale oggi, sull’intera platea dei lavoratori il 53% ha una qualifica di primo livello cioè operaio comune, con il secondo livello, operaio qualificato il 22%, i lavoratori muniti di una specializzazione, al terzo livello 24%,  mentre il quarto livello non raggiunge il 2%.

L’andamento di questi dati è nel corso degli ultimi 5 anni crescente nel caso dell’operaio comune e decrescente negli altri casi.

 

Viene fuori, quindi,  un settore impoverito nel suo capitale tecnologico  e professionale.

 

E questo non è solo un diritto negato ma rappresenta un danno per l’impresa.

 

Se non conoscessi l’interesse che sui temi della qualità,  le Associazioni Imprenditoriali locali hanno dimostrato nel corso dell’integrativo e del Protocollo Regionale, ci sarebbe da preoccuparsi del possibile ricorso, per far fronte alle esigenze del mercato, al lavoro irregolare o lavoro temporaneo ed occasionale.

 

Occorre e pure urgentemente  definire e attuare  politiche adeguate per l’innalzamento della qualificazione della mano d’opera nostrana sul versante della formazione professionale sia d’ingresso (l’Apprendistato) sia continua. Legata anche a specifici progetti mirati.

 

Io mi sento di proporre qui oggi, tra le parti qui convenute, la opportunità di sperimentare possibili  Intese, da costruire a sistema,  finalizzate a favorire e promuovere, in rapporto alla realizzazione di determinate opere significative, penso al Centro Storico,  ma penso anche a Bagnoli perché no, e ad altre ancora, l’edilizia ospedaliera aggiuntiva, come l’ospedale del mare a Ponticelli con il suo Project Financing,  i progetti di recupero e di riqualificazione d’interi quartieri periferici e dei centri storici dell’interland metropolitano, manutenzione e ripristino della sicurezza nelle scuole,  di tante opere insomma che coinvolgono il territorio della Provincia di Napoli, percorsi che favoriscono l’incontro tra domanda di lavoro e offerta di mano d’opera qualificata e professionalizzata.

 

Praticare quella contrattazione d’anticipo, recepita nell’integrativo rinnovato, che appare lo strumento più adeguato dopo il fallimento delle politiche legislative per l’emersione, per rispondere alle esigenze non soltanto di tutela per i lavoratori e dei loro diritti sindacali e contrattuali, sicurezza in primis, ma anche alla domanda di qualificazione del settore e delle stesse imprese e garantire la qualità dell’opera realizzata.

 

 Questo è il modo migliore per abbattere un altro luogo comune che vuole che il settore edile debba essere, chissà perché più degli altri, un mondo senza regole,  senza “soverchi” diritti e senza quella progressione di carriera che è uno degli elementi che valorizzano” il patrimonio umano”.

 

Non sono forse queste le ragioni e le cause che determinano uno scarso interesse dei giovani in cerca di un futuro, ove mai questo fosse possibile stando a quanto sta facendo il Governo sulle politiche del lavoro, nei confronti del nostro settore?

 

Su questo, io credo, che possa essere di grande aiuto l’Esperienza consolidata della Bilatelarità del nostro settore, senza  snaturare, evidentemente, in alcun modo le funzioni derivanti dall’essere Enti d’emanazione contrattuale, ma  penso al ruolo che può svolgere la Cassa Edile, in stretto rapporto con le strutture pubbliche,  sull’Osservatorio e sullo studio del settore, mantenendo, evidentemente le funzioni di  erogazione di servizi  irrinunciabili, che però possono conciliarsi con l’essere soggetti attivi  dei processi di qualità.

 

Non a caso l’integrativo da poco rinnovato, ha evidenziato, come gli Enti siano una   risorsa principale ed indispensabile,  da inverare certo, magari  proprio in questo senso e che lo stesso Protocollo con Confapi e Lega, ha sottolineato anche  come livello di ricomposizione della rappresentanza di tutte le Associazioni nel sistema degli Enti,  io credo che la formazione possa sicuramente  essere  una significativa opportunità.

 

Come certamente lo è,  un’opportunità,  per la città e per il settore, l’adozione del Nuovo Piano regolatore Generale.

 

E’ un punto di svolta.

 

In una grande città come Napoli, la definizione di regole certe, da condividere, al di là delle tante e nuove teorie urbanistiche (accordi di programma, Finanza di progetto ed altro), che costituiscono il Piano Regolatore, rappresenta un’occasione unica per lo sviluppo economico-sociale- produttivo e io aggiungo culturale, del convivere, aiuta l’affermazione e un processo di un sistema d’impresa sano, serio e strutturato, competitivo che ha solo da avvantaggiarsi dalla certezza di un mercato regolare e legale.

Le incertezze relative alla trasformazione del territorio, cioè l’assenza di regole, quindi l’assenza del Piano, allontanano i sani investimenti ed incrementano situazioni di discrezionalità relegate in genere ai poteri forti e la proliferare di abusivismi e arbitrii di ogni tipo di cui  la storia recente e meno recente di Napoli ne è purtroppo testimone.

Questo, io penso, non deve significare necessariamente concepire il Piano in un modo “retrò” come uno strumento ferreo ed ingessato che non da opportunità nel pieno rispetto delle compatibilità sostenibili.

Il dibattito si sta concentrando su tre questioni dirimenti. Esse sono lo scalo di Capodichino, il Centro Storico, e l’Area Orientale.

Occorre che ci sia per ognuna delle questioni soluzioni che rispondano agli interessi generali. Non si può ignorare per Capodichino un problema di sicurezza della gente e la riqualificazione ed il recupero del luogo che può coniugarsi con il mantenimento del “ city-airport”, o prefigurare un intervento sul Centro Storico, rispettoso ed inclusivo delle residenze e delle attività, attraverso procedure di recupero e di ripristino o rispondere all’ansia di recupero ambientale della area orientale con lo spostamento degli impianti petroliferi a rischio la creazione di parchi e ripristinare così salubrità e sicurezza.

Nel merito probabilmente il buon senso prevarrà insieme ad una capacità di ascolto della società che non deve mai mancare.

Ma nell’ambito della discussione tra le forze politiche, in particolare della maggioranza che ha la responsabilità del Governo della Città e non tanto e non solo sul Piano Regolatore Generale al di là delle tensioni su singole questioni, sta affiorando, poi il Vice Sindaco dirà se così non è, sta affiorando in maniera preoccupante per il futuro della Città e per le stesse sorti di tanti progetti da realizzare, l’immagine di una Giunta e di Partiti litigiosi, che hanno smarrito la necessaria coesione per far fronte ai tanti problemi di Napoli e dell’Area Metropolitana.

A volte si fa fatica a capire le ragioni del litigio esse sembrano distanti mille miglia dai problemi della gente e dei lavoratori.

Noto e mi posso sbagliare, una caduta di tensione. Io penso invece che ci sia bisogno oggi più che mai uno scatto in avanti, un colpo di reni trovando i giusti rimedi e rinnovate motivazioni. 

   

 

E’ un’occasione da non disperdere.

 

Troppe volte Napoli ha perso momenti importanti di rilancio e di riqualificazione.

 

Come non vedere questo rischio nella vicenda Bagnoli, così fondamentale per l’intera città fortunatamente in parte recuperata almeno fino ad oggi, nel rapporto con il Governo, ma è storia che rimane ancora tormentata  o la vicenda Napoli Est o lo stesso Centro Storico che insieme a Capodichino, come si diceva prima rappresentano tre questioni dirimenti dei futuri assetti urbanistici della città.

 

Il rilancio di Napoli e della sua area passa sicuramente attraverso  interventi infrastrutturali, i  trasporti, Metropolitana, Linea 6, Linea a Monte del Vesuvio, Raddoppio Sepsa nell’Area ad ovest, la penetrazione urbana della TAV,  la portualità, Bagnoli.

Ma molto c’è da fare sul piano della manutenzione e del governo del territorio, della riqualificazione e del recupero.

 

Penso alle periferie, alle infrastrutture primarie, ai tanti problemi che affiorano in Città ed in Provincia a seguito di piogge insistenti o di maltempo prolungato.

Cioè parlo del territorio da riorganizzare e da governare. Del sottosuolo da risanare, di cui all’Accordo tra Regione e il Comune di Napoli, del ciclo delle acque, vista anche l’emergenza di questi giorni, e dell’inadeguatezza confermata delle reti, penso   alle tante competenze in capo alla Provincia nell’ambito della definizione del Piano Territoriale di Coordinamento Urbanistico,  molto spesso e a torto messe in disparte,  e di cui in questi giorni se ne parla nel confronto aperto dal Presidente Lamberti nel rapporto  tra Napoli città e area Provinciale.

 

Ma Angela dirà di più e meglio.

 

Ma dicevo prima, quindi, tante opere cosiddette minori, ordinarie ma estremamente importanti e corpose.

 

Come necessario diventa anche un approfondimento di merito sul problema della casa e della questione abitativa più in generale, in rapporto alle compatibilità urbanistiche della città, particolarmente dopo l’approvazione del nuovo Piano Regolatore generale.

 

Tra l’altro è questa la nuova frontiera del settore dove la Fillea ritiene di dover praticare politiche per la stabilizzazione e la qualità.

 

Non c’è nessuna frattura con l’esigenza di avere grandi infrastrutture, anzi esse sono ancora oggi indispensabili per lo sviluppo del Mezzogiorno e di Napoli.

 

Ma Martini, su questo, ha ragione è antimeridionale l’equazione Mezzogiorno sviluppo eguale grandi opere.

Ad andare avanti così si destina il Sud ad un nuova e più grave marginalità.

Non possono che aumentare le nostre e non solo nostre preoccupazioni dopo le anticipazioni del prossimo DPEF che si presenta come un vero e proprio attentato alle aspirazioni di sviluppo del mezzogiorno dopo incoraggianti passi in avanti degli ultimi anni. 

 

La frattura vera sta nella crescita che ha  caratterizzato il settore negli ultimi cinque anni, e che ancora oggi tiene senza imprimere quel tasso di qualità necessario e ciò che sta determinando l’azione del Governo per l’oggi e per il futuro.

 

Il Governo di Centro Destra si è mostrato non conoscitore del settore per dirla in maniera soft e in certi casi miope, alla ricerca del facile consenso demagogico, che purtroppo non gli è stato fatto mancare,  rincorrendo  e alimentando gli appetiti più oltranzisti e liberisti.

 

Dalla finanziaria, al decreto taglia- spese di Tremonti anche se parzialmente corretto, dalla legge obiettivo, al titolo V che sta producendo una vera e propria giungla legislativa che non aiuta un settore che vive di  una fisiologica mobilità interterritoriale,  alla delega sulla sicurezza fino alla Legge 30 è una sequela di atti che rischiano di mettere in ginocchio il settore e sprecare quel poco che si è fatto nel passato in risposta all’ansia di regole e di trasparenza.

 

Non c’è a tutt’oggi uno straccio di politica seria di sostegno al settore, un’idea di sviluppo.

 

Basti ricordare che non si è resa strutturale, così come chiede anche il Sindacato, la detrazione sulle ristrutturazioni, che ha dato, forse in maniera non omogenea ed uniforme sul territorio un contributo all’emersione e che è stata prorogata fino a dicembre solo grazie ad un infortunio del Governo battuto al Parlamento,  o la riduzione dell’IVA.

 

Di questo passo il rischio dell’arretramento produttivo sarà più vicino. E in un momento di vera e propria recessione in atto, visto i dati sulla produzione industriale, un colpo così duro al settore metterebbe in discussione la sua tradizionale funzione anticiclica.

 

E francamente non mi convince del tutto la strada intrapresa dalle Fondazioni by Confindustria.

 

Per non parlare della brillante idea della Legge Obiettivo che inevitabilmente se non si corregge il tiro finirà per prosciugare le risorse per tante opere ordinarie indispensabili per il buon governo dei territori e delle comunità penso all’acqua, alle reti, alle opere di bonifica.

 

Credo che questo debba essere e lo è sicuramente un cruccio serio per le Pubbliche Amministrazioni alle prese con mille problemi come prima si diceva.

 

Ma lo è anche per il sistema di impresa qui da noi e non soltanto.

 

Le opere cosiddette minori, ordinarie ma indispensabili, prima in parte richiamate, rappresentano una buona fetta della spesa sociale nel settore, ed esse rappresentano il terreno di consolidamento imprenditoriale considerata la fascia dimensionale. Serve forse richiamare alcuni dati ricavati dalla Cassa Edile nostro osservatorio più ravvicinato.

 

Nell’ultimo semestre del 2002 si sono registrate 3079 imprese in Cassa di cui 254 non napoletane. Di queste ben 2437 hanno dichiarato un organico che va da 0 a 5 dipendenti; 338 aziende con dipendenti da 6 a 29; 222 da 10 a 19 dipendenti; 73 da 20 a 49; solo 9 con un organico dichiarato da 50 a 99; oltre 99 nessuno.

 

Ora senza fare alcun salto logico possiamo dedurre che gli aspetti di frammentarietà e di nanismo aziendale sono ben visibili.

 

Possiamo dire che nel quadro attuale sia riscontrabile una volontà dell’impresa a rimanere così dimensionata? Che non vi è voglia d crescere e di misurarsi con il mercato? Che ci si voglia limitarsi a gestire unicamente l’esistente?

Non c’è dubbio però che anche un consapevole mantenimento della dimensione richiamata, non esime dal misurarsi con l’esigenza di ragionare in maniera strategica sul piano dell’innovazione e della ricerca, anche perché la tendenza al cosiddetto gigantismo degli appalti impone politiche organizzative in grado di recuperare, da soli o in aggregazione, capacità di reggere al passo.

 

Da uno studio commissionato dalla Fillea Nazionale risultano che le prime 60 imprese generali in grado di acquisire più facilmente i lavori in agenda, hanno una loro allocazione nel Centro-Nord e li è concentrata la ricchezza prodotta.

Se ciò è vero, io credo che il problema prima posto sia fondato e vada affrontato per le sorti del mercato e del sistema locale, che non può ridursi unicamente alla gestione di code produttive, di singole fasi, subappalti, forniture ed altro, molte più esposte alle infiltrazioni e vessazioni malavitose.

  

 

Certo che su questo un ruolo lo devono svolgere le Amministrazioni e le Stazioni pubbliche nel garantire attraverso una programmazione certa e consentendo alle imprese di organizzarsi per rispondere alle tendenze del mercato. In questo senso occorre una gestione attenta e pianificata degli strumenti di programmazione e di qualificazione della spesa, sin dall’atto della pubblicazione dei bandi, ridurre all’osso i tempi tra la fase di progettazione e di realizzazione, favorire un sistema di qualificazione e di selezione delle aziende, magari introducendo parametri di premialità per le aziende che si distinguono sulla sicurezza, sulla formazione e sulla strutturalità, facendo assumere, questi,  come valori  integranti della crescita.

 

Su questo io credo che dobbiamo insistere sulla Regione e sul disegno di legge sugli appalti.

 

Così come credo che si debba favorire ed agevolare quel livello di concertazione, che definiamo anche contrattazione preventiva e d’anticipo, e le Istituzioni devono fare la loro parte, per affrontare i problemi prima che apra il cantiere   e non dopo o durante, quando diventano più difficili.  

 

Possiamo darci un reciproco impegno di disponibilità e di volontà? Rendendo operativo quanto abbiamo, su questo, condiviso nell’integrativo e nel Protocollo, chiedendo alle Istituzioni di farvi parte pienamente?  

 

Certo non ci aiuta il quadro generale e le tendenze normative e legislative che animano il Governo.

Come ovviare ad un insidia velenosa della Legge Obiettivo e della figura del Cosiddetto Contraente Generale o General Contractor, con licenza illimitata sul piano degli affidamenti,  che rischia di creare due mercati, uno di grandi progetti e di grandi imprese con agevolazioni e privilegi e l’altro di piccole e medie imprese sottomesse e marginalizzate con ricadute gravi sulla qualità del lavoro e sull’esigibilità dei diritti?

Su questo il Sindacato ha avanzato proposte di modifica, sulle responsabilità e sulle liberalità di assegnazione dei lavori, che ci auguriamo vengano valutate.

 

Questa dicotomia di mercato e di procedure inevitabilmente accelererà il processo di subalternità tra le imprese con l’accentuazione delle negatività legate al massimo ribasso, del ricorso sfrenato al subappalto, non sempre legato all’esigenza vera dell’opera, alle forniture con posa, ai noli e anche al lavoro nero ed irregolare, rendendo il settore iperesposto agli appetiti delinquenziali, anche attraverso l’uso della politica al servizio del malaffare e dell’illecito.

 

Ecco questo è il declino del settore che stiamo denunciando da qualche tempo.

 

Noi non possiamo che mantenere alte le nostre preoccupazioni e non dovremmo essere i soli.

 

Noi siamo perché al settore si dia stabilità e certezza, e questo passa necessariamente attraverso la programmazione degli investimenti nei territori privilegiando la strutturalità imprenditoriale per buoni cantieri e buona occupazione.

 

Siamo in una realtà difficile. Dove la sicurezza sul lavoro è più a rischio che in altre realtà. Dove i tassi d’illegalità e d’irregolarità sono notevolmente più alti che altrove.

 

Operiamo tutti in un contesto non agevole.

 

Negli ultimi periodi abbiamo assistito ad un attacco violentissimo della camorra e della malavita al nostro settore con fatti anche drammatici che hanno coinvolti semplici e onesti dipendenti delle imprese vessate.

La criminalità organizzata tenta di dettare nuovamente le sue regole e mettere le mani sui grandi appalti e sui grandi interventi, e lo fa utilizzando il terrore e la paura, intervenendo pesantemente sul luogo dove si svolge il lavoro: il cantiere.

 

Abbiamo nei giorni scorsi dato il benvenuto al nuovo Prefetto che è tra le altre cose una nostra vecchia conoscenza oltre ad essere napoletano, nel corso della convocazione da parte del Comune di Napoli del Coordinamento anti racket, aggiornando l’impegno a non abbassare la guardia di fronte alle recrudescenza dell’illegalità.

 

La camorra oltre ad essere nemica delle aziende e dello sviluppo è nemica dei lavoratori e impedisce l’esercizio dei diritti.

 Essa va combattuta e va fatto su questo una vera e propria scelta di campo.

 Non basta non è sufficiente un episodio come l’Operazione Alto Impatto, tra l’altro in via di trasloco, contravvenendo a solenni impegni assunti con la città e i napoletani.

 

La camorra alza il tiro rispetto alle prospettive sul terreno degli investimenti, piccoli e grandi, e sull’attività economiche, del commercio dell’artigianato.

Sacrosante sono le denunce delle Associazioni di Categoria.

 

Alta deve essere la risposta, anche sul piano sociale e civile della comunità.

Investire in trasparenza e legalità, assicurare l’impermeabilità delle gare e degli affidamenti ad aziende o cordate, colluse o emanazione delle cosche, attraverso una severa selezione e qualificazione preventiva.

 

Ma l’illegalità rischia di trovare nuova linfa nella crescente presenza, nel settore, di giovani e meno giovani immigrati ed extra comunitari di cui una parte sono riscontrabili nei dati della Cassa Edile. Ma molti sono merce del caporalato per le strade d’Arzano e gli incroci di Sant’Antimo o dietro alla Ferrovia o per le vie di Pianura in concorrenza addirittura, provocando una odiosa guerra tra poveri, con tanti lavoratori in nero delle nostre zone tutti sottomessi e soggiogati alle bande e alla camorra

 

Attenzione però, essi non vanno solo nei cantieri dell’abusivismo, ma una parte riempie buchi produttivi in cantieri legali.

 

Non è di conforto sapere, sempre a proposito di luoghi comuni, che a Milano ed in Lombardia il fenomeno del caporalato è in pericolosa ed esagerata crescita.

 

Anzi ciò impone un salto di qualità nella nostra iniziativa mettendo a confronto realtà non solo sindacali ma anche istituzionale ed imprenditoriali, sui temi dell’illegalità e della qualificazione.

 

Cominciamo da noi, a mettere in pratica quello che abbiamo definito nella contrattazione collettiva sulle politiche d’accoglienza, coinvolgendo le Istituzioni, i Comuni, la Provincia, la Regione e le Associazioni di riferimento degli immigrati.

 

Io vorrei concludere, se mi è concesso e senza rischiare la retorica, che occorre lavorare per abbattere, come dicevo in altri passaggi, luoghi comuni, credenze e detti popolari, che hanno fatto solo male al settore e da cui dobbiamo rifuggire e non sempre lo abbiamo fatto.

Noi siamo un importante settore, che contribuisce alla crescita e allo sviluppo d’intere comunità, realizza opere importanti per lo svolgimento della vita quotidiana, scuole, ospedali, strade, ferrovie, fogne e tante altre opere senza le quali le città sarebbero fantasma.

E questo grazie ad un duro lavoro sui cantieri nei luoghi delle forniture, penso alle cave e al calcestruzzo.

Un lavoro non sempre riconosciuto per il valore sociale di cui è portatore, anzi mortificato, molto spesso consegnato alla mercé d’avventurieri e d’appetiti truffaldini che ne hanno leso la dignità e la positività.

Ecco adoperiamoci per arrestare il declino che sembra incombere sul settore, facciamolo ognuno per la propria parte e offriamo ai giovani una prospettiva di lavoro e d’affermazione professionale degna di essere vissuta, per una comunità fatta d’uomini e donne e per uomini e donne. 

 

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