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Matera

 

 

La lunga crisi del mobile imbottito

Persi definitivamente 1.200 posti di lavoro ed altri 6 - 700 sono a rischio,

il 40% della forza lavoro impiegata.

 

 

Il dicembre del 2004 fu firmata la prima cassa integrazioni straordinaria per la New Interline, quella data ha segnato l’ inizio della lunga crisi delle imprese del Distretto murgiano del mobile imbottito.

Per la verità gia in tempi non sospetti la Natuzzi aveva provveduto prima ad esternalizzare il servizio di carico e scarico, lasciando a piedi quei lavoratori senza la possibilità di ricorso ad alcun ammortizzatore sociale; poi ad avviare un provvedimento di integrazione salariale straordinaria per 350 lavoratori indiretti alla produzione, lavoratori che difficilmente rientreranno nel processo produttivo.

Il 2005 si apriva con l’ Assemblea Generale dei lavoratori del settore: in quella occasione si poneva per la prima volta, all’ attenzione dell’ opinione pubblica, la delicata situazione che il comparto stava attraversando e si sollecitava con urgenza l’ intervento del governo nazionale affinché predisponesse provvedimenti tesi al sostegno ed al rilancio del settore stesso.

Quei provvedimenti contenuti nel c.d. Protocollo Borghini, rimarranno lettera morta fino al marzo del 2006 quando, in periodo pre – elettorale, presso la prefettura di Matera, alla presenza dell’ allora Ministro Scajola, il protocollo stesso veniva firmato; ad oggi quel protocollo è rimesto senza contenuti e, soprattutto, senza impegni finanziari.

Nel frattempo, nelle more della politica, Home Forniture, Pi Enne Salotti, Suglia Salotti,  Pronto Italia, ma più in generale tutte le realtà medio – piccole dell’ indotto chiudevano i battenti, e quel tessuto produttivo che contava intorno ai 4.000 addetti pian piano si andava sfibrando con le conseguenti ricadute sull’ occupazione e sulle condizioni materiali di vita dei lavoratori.

Nel maggio 2005 la Natuzzi richiedeva CIGS per circa 1.000 dipendenti; prima altri importanti gruppi (vedi Calia e Nicoletti) avevano fatto ricorso a forme ordinarie di ammortizzatori sociali; tutto quanto stava accadendo non poteva non tradursi in mobilitazione da parte dei lavoratori con lo sciopero generale di settore del 17 maggio (con i due imponenti cortei che partirono dalla zona industriale) e con la magnifica fiaccolata che coinvolgeva buona parte della cittadinanza materana.

Quanto succederà in seguito è cronaca di questi giorni:

·         la New Interline, dopo essersi spostata in territorio pugliese, ha definitivamente cessato l’ attività con conseguente mobilità per tutti i suoi dipendenti (-450);

·         il programma di riorganizzazione della Natuzzi continua nel suo corso con un’ aggravante: lo stabilimento della Martella, da produttivo che era, è diventato sito logistico mentre quello di Jesce 1 potrebbe chiudere del tutto (-800);

·         la Calia e la Nicoletti hanno avviato i lori programmi di riorganizzazione coinvolgendo in tutto 500 unità.

Senza tema di smentita possiamo affermare che circa 1.200 posti di lavoro sono definitivamente persi ed altri 6 - 700 sono a rischio, il 40% della forza lavoro impiegata.

Quella sino ad ora illustrata non è la fredda elencazione di date e numeri, ma il succedersi di eventi che hanno interessato un settore nato e sviluppatosi nel nostro territorio, che si sta confrontando col mercato globale e che sta attraversando una profonda crisi determinata da fattori macro – economici che si concretizzano in una sproporzione, al settore sfavorevole, sul terreno della competizione internazionale.

Essendo questa la situazione, è evidente che non è più possibile perdere altro tempo; difatti, se le misure contenute nel Protocollo d’ intesa potevano risultare adeguate ad arginare i primi segnali di cedimento, ora, ad alcuni anni di distanza, quelle stesse misure potrebbero dimostrarsi del tutto inappropriate rispetto ad un contesto nel quale profondi interventi riorganizzativi sono in atto.

Non a caso lo sciopero generale regionale dell’ industria del 7 novembre scorso poneva al centro delle rivendicazioni il riconoscimento dello stato di crisi del settore del mobile imbottito,  (in questo senso non è più procrastinabile la riforma degli ammortizzatori sociali).

Altrettanto evidente, però, è il fatto che il quadro di incertezze che abbiamo di fronte non può indurci a gettare la spugna (volendo riprendere le dichiarazioni del Presidente del Distretto), anzi bisogna accettare la sfida ed il sindacato per primo non intenderà rinunciare ad avviare un seria riflessione sul che fare.

A partire dalla ridefinizione del ruolo che il Distretto deve assumere: uno strumento, non di mera rappresentanza e virtuale, ma capace di programmare quelle azioni a sostegno di politiche che non si concretizzino in delocalizzazione, anche attraverso l’ utilizzo delle risorse che possono derivare da accordi di programma e/o legislazione di vantaggio.

Anche in questo caso, però, non si devono ripetere gli errori del passato (vedi applicazione l. 488 e accordo di programma Natuzzi); la gestione, per noi poco oculata, degli anni scorsi deve cedere il passo ad interventi che possano garantire il mantenimento delle produzioni in loco.

Questi risultati si possono raggiungere prevedendo azioni di sostegno alla marca ed al made in Italy mediante investimenti in comunicazione, pubblicità, fiere, continuando ad operare sul costo del lavoro e sulla realizzazione di effettivi percorsi formativi in grado, da un lato, di dare nuove motivazioni ai lavoratori e, dall’ altro, formare figure professionali altamente qualificate tali da garantire la possibilità di aggredire, con produzioni di più alta qualità, segmenti di mercato più alti.

Tra qualche giorno si riapre il confronto, da noi auspicato e più volte richiesto, con i soggetti che il 19 Marzo scorso avevano sottoscritto il Protocollo.

Questo appuntamento non deve trasformarsi in una passerella gia vista, vorremmo che da parte del Governo venissero presi precisi impegni nel senso da noi indicato.

Solo così, riteniamo, si possono salvaguardare le realtà produttive  che hanno caratterizzato lo sviluppo di un’ area che fino a qualche decennio fa viveva nel degrado sociale ed economico.

Tutte le iniziative finalizzate alla salvaguardia produttiva ed occupazionale, comprese forme di diversificazione delle produzioni, sono auspicabili perché, altrimenti, l’ alternativa sarebbe la chiusura non solo delle fabbriche ma di un intero territorio.

Questa è un’ eventualità che non possiamo permetterci, in attesa che da qualche parte e chissà quando arrivino altri e non meglio qualificati investimenti. 

 

 

Il Segretario Generale Fillea-CGIL Matera

                        Andriulli Michele

 

 

Matera 21 febbraio 2007

 

 


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