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Relazione del segretario provinciale della Fillea di Siena Luca Turchetti

 

 

Ringrazio nuovamente tutti e, come Segretario Provinciale della Fillea, vi do il benvenuto a questa iniziativa. L’importanza di questa giornata è dovuta sia al tema trattato “La sicurezza nei luoghi di lavoro” sia per l’ambito nel quale è stata inserita e cioè la ricorrenza dei 100 anni della Camera del Lavoro di Siena.

Le iniziative promosse dalla CGIL per il centenario sono molte e dislocate più o meno in tutto l’arco dell’anno. La Fillea come categoria segue la realizzazione di due iniziative, questa di oggi sul comparto del travertino di Rapolano Terme e quella che si terrà a settembre in Val di Chiana sui Fornaciai.

 

Sono orgoglioso di aver dato il mio contributo e aver partecipato all’organizzazione di questo momento e non solo per il ruolo che ricopro ma soprattutto quale componente di questa comunità e consapevole dell’importanza che questo settore ha avuto e ha tutt’ora per il nostro territorio; basti pensare che tutta la produzione di travertino della provincia si concentra in questo comune che comprende circa 10 aziende per un totale di 270 lavoratori impiegati.

La storia della maggioranza delle famiglie di Rapolano, e tra queste anche della mia famiglia, ha visto nel travertino e nelle cave l’unica possibilità di un lavoro stabile e quindi una sicura fonte di sussistenza dopo che la crisi della mezzadria ha costretto i contadini della zona ad abbandonare le campagne.

 

Credo opportuno un breve cenno alla storia per l’importanza che attribuisco alla memoria come valore che troppe volte viene abbandonato e lasciato al ricordo degli anziani e di coloro che in prima persona hanno vissuto e determinato molti degli eventi che hanno condizionato la nostra vita attuale.

 

La produzione e l’escavazione di questo materiale si afferma come attività stabile già sul finire dell’800 e nei primi anni del 900 con la formazione di un mercato nazionale.

Le prime aziende sono composte da una sola famiglia, composta da 15/20 persone, che lavorando insieme concorrono a creare un artigianato specializzato.

Ai mestieri tradizionali di un economia prettamente agricola si aggiungono due nuove figure, quella dello scalpellino e quella del cavatore.

Nel primo dopoguerra i lavoratori occupati nel settore erano circa 200 provenienti dai comuni di Rapolano ed Asciano.

La particolare lavorazione dello scalpellino e la conseguente produzione di alta qualità trovavano applicazione soltanto in lavori particolari come il restauro del palazzo d’epoca ed in genere nell’architettura monumentale.

 

E’ con l’introduzione di nuovi mezzi tecnici ed in particolare con l’entrata in funzione dei telai e del filo elicoidale che alla fine degli anni 20 c’e’ uno sviluppo ed una espansione ulteriore del settore. Si tratta però di una crescita di breve durata, nel 1933 il settore subisce un brusco arresto in conseguenza di una grossa crisi economica internazionale. Per gli operai delle cave inizia così un lungo periodo di disoccupazione e si verificano moli casi di emigrazione, fenomeno fino ad allora sconosciuto.

 

Solo con la ripresa post-bellica e con la ricostruzione edilizia del paese il settore ha un nuovo slancio ed insieme alla produzione aumenta il numero degli occupati che sul finire degli anni 60 si attesta intorno alle 1200 unità.

Dai cantieri non escono più i pezzi elaborati di una produzione pregiata ma grandi quantità di manufatti di uso corrente richiesti in misura sempre maggiore dal mercato nazionale ed estero.

Cambia così anche la composizione delle maestranze, lo Scalpellino perde gradatamente di importanza mentre il cavatore è sostituito dal più generico filista.

 

In contemporanea allo sviluppo del settore il nostro territorio vive la crisi della mezzadria e l’abbandono della terra da parte dei contadini che si spostano verso la città ed i grossi centri industriali. L’industria del travertino ha svolto un ruolo fondamentale permettendo agli uomini che lavorano nei campi di rimanere sul territorio offrendo ampie possibilità di impiego.

 

Decine e decine di famiglie si trapiantarono nei centri di Serre e Rapolano adattandosi ad un tipo di lavoro diverso, nei cantieri si lavora ad un ritmo frenetico, alle macchine si fanno i doppi turni ed ai telai si lavora ventiquattr’ore su ventiquattro. La giornata ufficiale è di otto ore ma paghe insufficienti e pressione padronale spingono il lavoratore al ricorso alle ore straordinarie.

Gli infortuni sono molto frequenti spesso gravissimi molte volte mortali.

 

Con l’inizio degli anni 70 il boom edilizio comincia ad esaurirsi e nel giro di 6/7 anni il numero delle maestranze si riduce da 1200 a poco più di 500. Occorre attendere la metà degli anni 90 per vivere una nuova ripresa grazie all’impennata del settore edilizio ed alla forte richiesta dei mercati esteri soprattutto quello americano che ha portato molte aziende ad incentrarsi sulla produzione in serie.

 

Purtroppo ad oggi dobbiamo registrare una flessione dei mercati e del tipo di produzione fin ora eseguita, con la conseguente necessità di riscoprire nuove ma vecchie professionalità come era lo scalpellino così da non focalizzarsi su una produzione in serie ma diversificare i prodotti e crearsi nuove nicchie di mercato.

 

Puntare sulla qualità e la specialità dei prodotti anziché concorrere sul piano dei costi darebbero la possibilità a questo come ad altri settori di riscattare una posizione importante sul mercato nazionale ed internazionale.

Tale posizione è messa in crisi dall’ingresso di nuovi paesi emergenti come la Turchia che adottando un costo del lavoro nettamente inferiore al nostro riescono a stare sul mercato con prezzi notevolmente più bassi.

 

Ma il prezzo pagato è un altro e si concretizza con l’applicazione di bassi salari, scarsa se non inesistente presenza di diritti sociali ed una indifferenza ai problemi della sicurezza sul lavoro.

Ripeto: non è questo il prezzo da pagare per stare sul mercato, non è questo il prezzo che devono pagare i lavoratori. Anzi, l’attenzione su questo tema è di massima importanza e ci deve portare a scegliere un’altra strada: quella di uno sviluppo basato sulla qualità del lavoro attraverso investimenti in tecnologie e ricerca per ridare vitalità al settore, ma anche attraverso la formazione dei lavoratori, indispensabile sia in termini di sicurezza che di nuove professionalità oggi richieste dal mercato.

 

Non possiamo abituarci a leggere quotidianamente sui giornali di infortuni mortali sul lavoro, i decessi dall’inizio dell’anno, in Italia e soprattutto in Toscana, sono stati troppi e questo non può e non deve essere la normalità.

 

Oggi a questo convegno abbiamo esponenti di tutte le parti sociali, delle istituzioni e degli enti preposti ai controlli sui luoghi di lavoro, soggetti questi che cooperando e collaborando possono far si che le buone intenzioni siano seguite da fatti concreti.

 

Il filmato appena visto è stato ed è, almeno per mia conoscenza, l’unica esperienza fatta nel comparto del travertino di Rapolano. Ma la sua importanza non deriva solo da questo, avrebbe dovuto essere un punto di partenza per un monitoraggio anche successivo indispensabile in questo settore sia per la pericolosità del lavoro e di alcune mansioni in particolare, sia per la presenza di nuove lavorazione e l’utilizzo di sostanze che possono essere causa di malattie professionali.

 

Credo inoltre che l’introduzione di nuovi macchinari, nuove attrezzature e il mutamento delle tipologie di lavoro renderebbe oggi ancora più opportuna una nuova ed approfondita analisi sulla base dell’esperienza già avuta che non dovrebbe essere fine a se stessa ma anzi utile sia per le imprese che ai lavoratori per migliorare le condizioni di lavoro e i processi produttivi.

 

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