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Relazione introduttiva di Massimo Bertolini

(Segretario Generale FILLEA – CGIL del Trentino)

 

 

Quale sviluppo economico per i processi produttivi

del sistema legno Trentino ?

 

 

Con l’incontro odierno, la FILLEA-CGIL intende offrire uno spazio di riflessione, di discussione, ma anche di proposta su un tema di grande importanza, Il settore del legno, settore che si integra perfettamente all’interno del settore dell’edilizia, portando un valore aggiunto all’intera economia trentina.

 

Riteniamo giusto rilanciare con forza il problema dell’utilizzo di questa importante risorsa, diffusamente presente sul nostro territorio e, fra l’altro, rinnovabile, in quanto oggi siamo in presenza di forti cambiamenti determinati dalla evoluzione dei mercati mondiali.

Siamo, infatti, in presenza di intensi processi di mondializzazione che si traducono in una forte pressione della concorrenza dei Paesi dell’Est Europeo, della Cina e, in generale,  di tutti quei Paesi emergenti che indubbiamente godono del vantaggio competitivo di un costo del lavoro inferiore al nostro.

 

Anche in Provincia di Trento si registrano gli effetti preoccupanti di questo nuovo scenario, con sempre più frequenti fenomeni di delocalizzazione di imprese del settore industriale, riguardanti in particolare lavorazioni in genere piuttosto semplici e prive di elevata qualità, che possono essere realizzate anche in Cina o altri Paesi a costi piu contenuti.

 

La FILLEA-CGIL del Trentino è preoccupata: non intendiamo alimentare allarmismi, ma è indubbio che la globalizzazione, con i suoi meccanismi di aggressiva concorrenza che calpestano regole e diritti alla ricerca dell’ossessiva riduzione dei costi, può determinare in un non lontano futuro mutamenti profondi ed anche devastanti del tessuto produttivo, con pesanti ricadute sull’occupazione complessiva nella nostra Provincia. E temiamo che questi processi possano colpire anche il settore del legno.

 

Per questa ragione e per dare continuità alle richieste già avanzate dai Segretari generali che mi hanno preceduto, nella piena consapevolezza delle profonde trasformazioni che stanno avvenendo nel mondo, riteniamo doveroso sviluppare una seria riflessione sulle realtà e sulle prospettive di questo settore, proponendo anche  una  politica di utilizzo delle risorse del tutto diversa dal passato.

Riteniamo che innanzi tutto si debba promuovere un’incisiva azione di sinergia tra Enti Pubblici e soggetti privati, all’interno di un quadro di regole e di indirizzi delineati da una coerente regia pubblica, che realizzi efficaci interventi di sostegno e di valorizzazione della qualità di prodotto e di processo. Interventi che devono essere finalizzati al riconoscimento e all’attribuzione di un marchio di qualità ai nostri prodotti.

Certo, l’indicazione generale che proponiamo deve essere approfondita e meglio articolata, ma sarebbe miope e fallimentare sperare di poter affrontare le pressioni della concorrenza internazionale, operando  sul lato della compressione dei costi. Così non  si salvaguardano né le produzioni né i livelli occupazionali del nostro territorio. Dobbiamo scegliere, piuttosto, la via alta della competizione, puntando su una strategia fondata sulla innovazione e sulla qualità. Ricerche rigorose ed esperienze reali indicano che questa è la soluzione, impegnativa, certo, ma anche più efficace per assicurare solide prospettive di stabilità e di sviluppo anche alle imprese industriali di trasformazione e alle aziende artigiane del sistema produttivo trentino.

 

Non è da oggi che il sindacato confederale con varie iniziative, convegni, tenta di richiamare l’attenzione dei pubblici poteri per una diversa gestione ed un diverso utilizzo di questo patrimonio boschivo.

 

Negli anni non sono certo mancate affermazioni di condivisione della nostra impostazione da parte delle istituzioni del governo provinciale: ricordiamo, in questo senso, nell’ormai lontano 1983, i pronunciamenti dell’allora l’Assessore Paris, e successivamente le impegnative dichiarazioni dell’Assessore Walter Micheli che nel 1986 scriveva: “ Siamo alla vigilia di una rivoluzione, quella del legno”. Purtroppo questa rivoluzione del legno, a tutt’oggi, non si è ancora vista.

 

Modesti i progressi realizzati nel settore: infatti, la produzione annua di legname tagliato (legname da fustaia) è di poco superiore a venti anni fa, quando ammontava a 200/250.000 metri cubi; i dati del 2003 sui prodotti forestali utilizzati indicano che sono stati 334.113 i metri cubi  di legname da opera, con un valore commerciale  68 € al metro cubo.

Ed il progetto legno è ancora supportato da leggi varate in anni lontani: la L.P. n° 30, sugli incendi boschivi del 1977, la L.P. n°48, sul  potenziamento aree forestali del 1978 e la L.P. n°33 sulle utilizzazioni boschive del 1986.  Si tratta di leggi che seguono una politica di sola incentivazione economica: con questo non vogliamo sostenere che queste leggi non siano buone. Ma evidentemente in questo territorio - il più forestale della penisola Italiana - non esiste un vero “sistema” foresta – legno, a differenza ad esempio del sistema viti-vinicolo il quale prevede vari marchi: basti ricordarne uno per tutti, la Denominazione di Origine Controllata (D.O.C.)

 

Continua a mancare in pratica una programmazione collettiva delle utilizzazioni boschive che diano certezze in termini di abbattimento – segagione – commercializzazione del prodotto.

 

Questa è una costatazione oggettiva che si apprende dagli stessi operatori locali delle attività di prima  e seconda trasformazione (segherie – fabbriche di imballaggio di serramenti e mobili) che troppo spesso si rivolgono, forse è meglio dire “sono costretti” da ragioni tecnico-economiche a rivolgersi, ai mercati d’oltralpe (Austria – Germania – Cecoslovacchia – Svezia – Russia ecc.) per l’acquisto di legname delle stesse specie ampiamente diffuse sul nostro territorio, quali, soprattutto, abete rosso – pino silvestre e larice.

 

Pur essendo oltre l’80% del bosco di “proprietà pubblica“, gli sforzi della Provincia di realizzare una politica programmatoria si infrangono nella frantumazione delle dimensioni comunali e nella gestione particolaristica dei singoli Comuni. E’ evidente, nella realtà del legno, il ruolo importante svolto dai Sindaci e dalle varie comunità presenti sul territorio.

Così accade che i piani economici, anziché essere ispirati ad una visione programmata di interesse generale e collettivo, si ispirano quasi sempre alle esigenze di bilancio.

 

Una volta, per molti comuni, quella del legno era l’unica entrata; oggi prevalgono altri interessi, come, in particolare, quelli legati allo sviluppo del turismo, soprattutto invernale. Pertanto, il taglio del legname viene ad essere del tutto secondario. Per queste ragioni riteniamo essenziale l’elaborazione di un piano provinciale di interesse generale; in questo senso, come sindacato pensiamo ad un “Distretto del Legno con marchio di qualità” che stabilisca anche coercitivamente strumenti e competenze in grado di mobilitare interessi collettivi per l’efficace sfruttamento e la piena valorizzazione di questo importante segmento dell’economia provinciale, nel rispetto del territorio e dell’ambiente.

 

Dobbiamo cogliere e pienamente sfruttare le enormi potenzialità boschive del nostro territorio. Abbiamo un immenso patrimonio boschivo che si estende su 620.668 mila ettari del Territorio il 56% della superficie territoriale dei quali ben 345.293 ettari sono a bosco coltivato. Questo immenso patrimonio ci mette all’avanguardia, nel territorio nazionale, nella cura e tenuta boschiva. Inoltre, abbiamo un piano generale della forestazione, ed il territorio boschivo è servito con 5.971 Km di strade secondo parametri oggettivi di necessità e taglia fuoco.

Esiste, infine, tutta una serie di strumenti legislativi finalizzati a migliorare l’efficienza e la produttività del patrimonio forestale e la sua migliore utilizzazione.

 

Dobbiamo, allora, intraprendere e sviluppare le azione necessarie per rendere più competitivo il nostro legname, superando gli ostacoli che rallentano il meccanismo trasportatore dalla produzione alla commercializzazione e nella trasformazione del prodotto forestale.

 

Oggi, ogni anno non sono tagliate interamente le cubature previste; la stragrande maggioranza del legname tagliato, poi, viene venduto dai Comuni in lotti ancora da abbattere (lotti in piedi) ad intermediari extraprovinciali a prezzi stracciati: vere e proprie svendite, senza nessun vantaggio economico per la comunità.

Esistono, inoltre, problemi di microconflittualità tra comuni nella predisposizione dei piani di utilizzo e nelle opere di assestamento; e mancano piazzali di dimensioni ottime per l’assemblaggio di qualità rilevanti a livello di zona intermedia e di fondovalle.

 

Per questione di tempo vado velocemente a concludere il mio intervento introduttivo di questo Convegno del Legno, lasciando alla relazione piu dettagliata che seguirà l’approfondimento dei temi ampi di questo comparto.

 

Desidero solo aggiungere che la FILLEA-CGIL intende chiedere alle Istituzioni del governo provinciale, in primo luogo, ed alle Associazioni Industriali ed Artigianali, oltre che alle Organizzazioni Confederali, di attivare un confronto sull’opportunità di creare anche in provincia di Trento un “Distretto del legno con certificazione”.

È giusto sottolineare che importanti iniziative, in questa direzione, sono nate attraverso l’impegno di aziende lungimiranti, supportate da Comuni e P.A.T., come ad esempio la “Casa Fiemme”: riteniamo che esperienze produttive significative come questa debbano essere valorizzate e sviluppate, perché è importane che  le varie iniziative fatte con ricerca  ed abnegazione non restino isolate in una valle. Lasciarle sole sarebbe come piantare un albero da frutto  in un vaso da fiori, su un comune  poggiolo di un qualsiasi condominio di Trento: saremmo ben presto costretti  a cambiare vaso con un vaso piu grande  o a spostare l’albero in un terrapieno, altrimenti non avremo nessun risultato per quanto investito.

 

Chiediamo, infine, la presenza delle categorie impegnate sindacalmente sul territorio ai tavoli e sottotavoli attivati laddove non  sono presenti le organizzazioni sindacali: siamo convinti di poter dare un contributo utile ed incisivo.

 

Crediamo soprattutto che solo con un sistema integrato che coinvolga una pluralità di attori - Provincia, Comuni e Comunità,  Associazioni  datoriali e sindacali - che, nel rispetto dei protocolli di indirizzo economico, operino congiuntamente per la salvaguardia e per il rilancio delle filiere produttive, in modo da garantire condizioni di elevata competitività delle imprese ed il mantenimento dei livelli occupazionali dei lavoratori.

In questa azione integrata  la Ricerca e la Formazione, con un’organica interazione fra Scuole professionali, Università e C.N.R., devono svolgere un ruolo strategico per orientare decisamente la produzione verso quei prodotti di alta qualità certificata che possono dare un alto valore aggiunto con ricadute positive sull’intera economia della nostra Provincia di Trento.

 

         Nella certezza che le relazioni e gli interventi forniranno utili contributi alla riflessione ed alla elaborazione di proposte, ringrazio tutti i partecipanti per la loro autorevole presenza.    

 

 

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Quali strumenti e politiche per il rilancio della competitività del settore Legno in Trentino

 

 

 

di Renato Beber

Segretario Fillea-Cgil del Trentino

 

 

 

  

Abbiamo inteso organizzare questo convegno per offrire una opportunità a noi e alle parti coinvolte per affrontare alcune delle principali questioni che investono oggi il settore Legno nei suoi diversi aspetti.

 

Siamo partiti dalla convinzione nostra, ma ci sembra condivisa da più parti, che questo settore produttivo possa e debba diventare strategico nel contesto produttivo provinciale al pari di altri settori e per questo governato e sostenuto con politiche e investimenti da parte del legislatore provinciale.

 

 

Il settore delle costruzioni in Italia sta marciando da anni in terreno positivo. Tuttavia a fronte di questo andamento ci sono alcune dinamiche interne ad esso che sono in netta contraddizione. Mi riferisco ad esempio alla situazione di comparti come il Lapideo e il Legno-arredamento.

Questi due ambiti produttivi segnano una forte contrazione e, in alcune zone e distretti italiani, i segnali che arrivano lasciano presagire un pericolo di vero e proprio declino industriale.

Questo conferma purtroppo la tesi del sindacato che c’è oramai in Italia e in Trentino un “problema industriale”, aggravato dall’evoluzione e dall’accelerazione della globalizzazione.

Stiamo perdendo larghe fette di produzione industriale. La competitività delle nostre imprese è attaccata dal basso da economie e sistemi produttivi emergenti o da aree a forte contenuto tecnologico e innovativo. Questo spinge molte aziende alla delocalizzazione della propria struttura produttiva verso l’una o l’altra area a seconda delle proprie esigenze, al fine di mantenere inalterati i margini di profitto.

In questi ultimi dodici mesi vi sono state 68 crisi industriali che hanno interessato circa 50.000 dipendenti.

Questo governo, nonostante i richiami delle parti sociali ha preferito investire le poche risorse disponibili verso la effimera e fantomatica riduzione delle tasse, invece che indirizzarle su politiche di ricerca, innovazione e servizi alle imprese.

 

 

In Italia

 

Il settore Legno e del mobile in Italia è rappresentato da oltre 83.000 aziende ed occupa circa 412.000 lavoratori.

 

Dal 2002, dopo 10 anni di crescita si è registrato un marcato rallentamento della produzione (- 3,3%), è calato il consumo interno (-1,6%) così come i prezzi, le esportazioni e il fatturato.

 

Pur in un quadro generale di difficoltà, determinato da un mercato interno e estero sempre più imprevedibile, dentro il settore, ci sono segnali positivi che arrivano ad esempio dal comparto delle costruzioni in legno o da aree e distretti industriale a forte specializzazione.

 

Come altri settori il Legno soffre la mancanza di un progetto, di una politica di sostegno, della indifferenza nei confronti di iniziative mirate a rilanciare produzione e domanda interna.

 

Sono venuti meno alcuni fattori che in passato avevano garantito continuità e crescita (lira debole, la possibilità di esercitare la leadership sul terreno della qualità, del designer, della storia e del know-how).

Oggi il settore richiede politiche che contrastino la fragilità strutturale determinata dalla piccolissima dimensione aziendale, l’eccessiva frammentazione dei cicli realizzativi, i costi dei componenti e della materia prima di cui siamo forti importatori.

 

Quindi la risposta dovrà essere sul piano strategico attraverso:

 

  • Investimenti pesanti in tecnologia, innovazione e qualità;
  • La crescita dimensionale delle aziende legata però ad una forte managerializzazione e processi di aggregazione, verticale e orizzontale, dei sistemi di imprese;
  • Coltivando, valorizzando, remunerando, promuovendo e favorendo competenze e professionalità;
  • Salvaguardando le peculiarità e le caratteristiche del nostro prodotto e mantenendo la leadership in importanti comparti del mercato, attraverso l’ottimizzazione delle strategie della promozione e della valorizzazione dei marchi.

 

In sintesi il sostegno all’innovazione tecnologica, la promozione del sistema, la crescita dimensionale delle aziende, la riqualificazione del rapporto tra banche e imprese, la rivitalizzazione dei territori rappresentano i temi su cui ricostruire un progetto di politica industriale che sia in grado di arrestare la crisi e porre le premesse per un rilancio del sistema Legno.

 

 

 

 

 

In Trentino

 

Ma qual è l’andamento del settore nella nostra Provincia che ha dalla sua la possibilità di contare su un patrimonio boschivo esteso e di qualità che per il 70% è di proprietà dei comuni e per la restante parte del Demanio o di privati con logiche di gestione molto diverse?

 

Da questa consistente risorsa il territorio trentino ricava e vende in tutto il nord Italia un quantitativo di legname pari a 350.000 m3, per un valore commerciale di circa 28,5 milioni di euro. Una oculata gestione pubblica della risorsa forestale ha favorito l’allargamento della biomassa che oggi si può stimare in 50 milioni di m3 con una produttività annua di circa un milione di m3.

 

L’industria manifatturiera di utilizzazione forestale e della prima lavorazione si sviluppa attraverso l’iniziativa di circa 110 aziende e un numero di occupati che si avvicina ai 1200. Il fatturato si aggira intorno ai 165 milioni di euro. In alcune valli si sono concentrate le attività di segagione del legno grezzo e della produzione di imballaggi (pallet, cassette, pianali) e di serramenti in legno.

 

Accanto al comparto della prima lavorazione del legno si è sviluppata una discreta attività di aziende mobiliere (mobili pregiati, arredamento bar e alberghi, cucine ecc.). Sono circa 35 le aziende che danno lavoro a 600 addetti.

 

Anche nella nostra Provincia il settore risente delle stesse dinamiche negative che si ricordavano prima a partire dal primo anello della filiera produttiva che è quello della coltivazione del patrimonio boschivo.

 

 

 

Il Bosco

 

Abbiamo a disposizione una biomassa legnosa che deve essere utilizzata oltre che per la produzione di legname da opera, anche per quello da ardere, come fonte alternativa alle tradizionali fonti energetiche (sempre più costose), ma anche come forma di valorizzazione del paesaggio a fini turistici, come tutela dell’aria e per la sicurezza ambientale.

 

In un recente articolo i tecnici dell’Istituto Agrario di San Michele, sostengono che il bosco trentino gode di buona salute. Questo è importante, segno che le condizioni avverse (la modifica del clima, l’inquinamento ecc.) non hanno aggredito in maniera significativa le nostre foreste. Tuttavia si indica nella biodiversità e nella ricchezza ecologica del bosco lo strumento attraverso il quale dare stabilità ambientale e difendere il bosco e le aree verdi.

 

Se questa è l’indicazione occorrerà correre ai ripari e porre in essere scelte e investimenti in questa direzione, magari combinando interventi tra selvicoltura e agricoltura di montagna.

Si tratta di favorire e incentivare imprenditoria locale, valorizzare la specificità della professione forestale perché le poche imprese boschive rimaste sono alle prese con difficoltà di reperimento della manodopera, con la necessità di adeguare la propria struttura organizzativa con apporti tecnologici e innovativi, con una coltivazione che deve essere sempre più legata alla promozione e commercializzazione.

 

La Borsa del Legno non riesce ad aggredire il mercato. Attraverso di essa passa solo ¼ del totale del legname venduto. Per questo è necessario organizzare un’offerta di legname segato che sia agganciata alle dinamiche del mercato, con la caratterizzazione e qualificazione del prodotto secondo criteri e richieste del committente.

 

Questa impostazione favorirebbe l’abbattimento dei costi della materia prima e potrebbe favorire le industrie di seconda lavorazione, produttrici di mobili, falegnameria, imballaggi e costruzioni che, in questo modo, ridurrebbero gli scarti, i tempi di lavorazione e di consegna e nel contempo metterebbero sul mercato un prodotto più competitivo.

 

C’è l’esigenza di dare al legno trentino valore aggiunto attraverso la certificazione forestale, dei processi, dei prodotti, dei materiali, delle professioni che operano nella foresta e nel comparto produttivo, nel rispetto delle norme contrattuali e delle leggi; inoltre la valorizzazione dei marchi, anche territoriali, può essere uno strumento per contrastare le contraffazioni.

Ci sono esempi non lontano da noi, dove è stata istituita una scheda, una etichetta di prodotto, attraverso la quale il consumatore possa procedere ad un acquisto consapevole.

Certo occorre riconoscere che questa cosa può creare un appesantimento burocratico per le aziende ma anche e soprattutto una opportunità interessante per fare chiarezza sulla qualità e sull’esatta composizione del prodotto e difendersi da mercati e produzioni di bassa qualità.

 

Occorre sfruttare le sue ottime caratteristiche, la sua versatilità, il confort, la competitività con altri materiali. Cosi come sarebbe auspicabile delineare  “patti di prodotto” e sinergie con altri materiali locali come il Porfido.

 

E’ evidente che, anche in questo caso, la ricerca e la valorizzazione delle tecniche di costruzione, del design, potrà migliorare e valorizzare l’utilizzo combinato di questi materiali.

 

Da questo punto di vista possono essere di aiuto sinergie tra l’Università degli Studi di Trento e l’istituto di Ricerca di S. Michele, con gli ordini professionali.

C’è la necessità di far avanzare il processo normativo e metterlo in linea con quello che sta succedendo in Europa per quanto riguarda la disciplina che regola le costruzioni in legno.

 

Questo è ancora più urgente viste le prospettive del mercato delle costruzioni in legno e le scelte di aziende importanti come la Magnifica Comunità di Fiemme.

Su questa materia che abbiamo previsto due diverse relazioni a cura del Prof. Ceccotti  e del Presidente della Magnifica Comunità.

 

 

 

Quali strumenti

 

Ma come si potrebbe configurare il comparto Legno in Trentino?

Attraverso un sistema di valle? Patti di prodotto? O un vero e proprio Distretto Industriale?

 

Anche rispetto a questo tema, che e importante per impostare efficaci politiche di rilancio, nella giornata di oggi abbiamo previsto un contributo del Prof. Gurisatti che spero possa aiutarci a comprendere meglio quale potrebbe essere l’approdo finale.

 

La crescente tendenza verso la delocalizzazione (che in alcune situazioni abbiamo sofferto anche in Trentino) rappresenta sì un fenomeno positivo per la competitività del sistema, ma rischia di generare costi sociali molto forti.

La scommessa del futuro è quella di coniugare la delocalizzazione di fasi lavorative di minore valore aggiunto, con il potenziamento delle prospettive occupazionali sul territorio.

 

Per questo occorre invertire la tendenza verso la frammentazione del sistema produttivo locale, rimuovendo gli ostacoli che impediscano la crescita dimensionale delle aziende e che si riferiscono in primo luogo alla resistenza culturale alla crescita del tessuto imprenditoriale, alla regolamentazione del mercato del lavoro e al debole apporto di capitale di rischio.

 

Il settore foresta-legno-mobile ha più di altri caratteristiche e requisiti perché si possa configurare come sistema di aggregazione di imprese.

Nella nostra provincia purtroppo, per una serie di fattori, tra i quali la conformazione territoriale, la polverizzazione delle aziende sul territorio e in qualche caso la loro mancanza di capacità innovativa, non favorisce politiche di aggregazione.

 

Tutto questo unito ad un certo ingolfamento, sovrapposizione, mancanza di coordinamento di Enti, Istituti, Tavoli concertativi, che alla fine impediscono un dinamismo delle aziende fondamentale per mantenere e sviluppare livelli di competitività adeguati.

 

Di qui la necessità di individuare strumenti che favoriscano le aggregazioni, gli accorpamenti in forme cooperative o consortili, associazioni temporanee che permettano di sfruttare le economie di scopo.

Anche se occorre chiarire che tali scelte non rappresentano automaticamente una garanzia di difesa da crisi congiunturali, potrebbero essere sostenute sia attraverso strumenti di agevolazione di tipo fiscale, sia in forme di contributo di capitale.

 

E’ evidente che per favorire il rinnovo e l’ampliamento della gamma dei prodotti, la ricerca di nuovi mercati di sbocco, la diffusione di tecnologie e consolidare la competitività delle nostre aziende, c’è bisogno di una svolta radicale nelle politiche pubbliche, finalizzata a recuperare i ritardi e le non scelte.

Si tratta di favorire una azione sinergica che coinvolga tutti i diversi soggetti che operano lungo l’intera filiera dell’innovazione tecnologica, dai laboratori di ricerca delle Università e del CNR, ai centri di innovazione e trasferimento tecnologico fino al sistema delle imprese.

 

Il Protocollo d’intesa, convenuto nel dicembre scorso, tra le parti sociali e il governo provinciale, che indica strumenti e sistemi di valorizzazione delle politiche industriali, può rappresentare, anche per il settore Legno,  un valido e importante elemento di pianificazione degli interventi.

 

 

 

La Formazione

 

Quello della formazione professionale è un tassello fondamentale sul quale dovrà poggiare la politica di rilancio del settore.

Anche su questa questione occorre precisare che la debolezza del nostro sistema formativo dipende molto dalle scelte del legislatore ma anche e non di meno da quelle dell’impresa.

Domanda

Negli ultimi anni le imprese italiane si sono orientate su settori tradizionali perché mancavano buoni laureati o perché ad esse conveniva basarsi sulle svalutazioni competitive anziché sul passaggio a settori più di qualità?

Altra domanda

Le imprese restavano piccole e quindi con scarsa capacità di investimento perché mancavano laureati o perché gli imprenditori non volevano perdere il controllo dell’impresa?

Questo per dire che è la domanda di “intelligenze” che produce l’offerta e se la quantità e la qualità di esse manca si importano o nella peggiore delle ipotesi si delocalizza l’attività produttiva.

 

Una tra le questioni poste dalla riforma Moratti è quella del futuro degli Istituti Tecnici. L’indeterminatezza sulla sorte di essi ha generato in questi mesi lo spostamento delle iscrizioni di molti studenti verso i Licei.

Quindi se non vi saranno nel breve periodo interventi in ordine al futuro della formazione professionale, c’è il fondato rischio di creare un grave vuoto formativo.

 

E’ opportuno quindi orientare alle esigenze del sistema produttivo locale i programmi formativi e indirizzare i progetti verso i fabbisogni effettivi avvertiti dalle aziende, riqualificare gli operatori e favorire corrette dinamiche di incontro tra domanda e offerta di lavoro. In primo luogo facendo funzionare bene ciò che c’è a partire dagli enti nei quali le parti sociali sono rappresentati. Ci vuole uno sforzo ulteriore dello stesso settore al fine di elaborare progetti mirati e utilizzare le risorse a disposizione per veicolare la permanenza e qualificazione dei lavoratori.

 

La costituzione di un Polo di eccellenza a Trento può essere una risposta verso un processo di formazione continua, dalla formazione specifica di base dentro le aziende, ai diplomati, per arrivare fino a corsi di laurea per nuove professionalità. In questo contesto un ruolo importante lo devono recitare e esercitare gli Istituti territoriali di Tesero, Tione e Fiera di Primiero.

 

Queste sono alcune questioni che poniamo all’attenzione delle parti sociali artigianali e industriali e dell’Amministrazione provinciale che oggi è rappresentata dagli Assessori alle Foreste Tiziano Mellarini e all’Industria Marco Benedetti, senza la pretesa di essere stati esaustivi di tutte le questioni sia in termini di analisi che di proposta.

 

Trento 25 febbraio 2005

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