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Intervento di  Cristian Dalla Pozza, delegato della Fillea Cgil di Venezia, all’Assemblea dei quadri e delegati Cgil  a Cianciano.

 

“Riflettendo su cosa dire in un’occasione come questa, si rischia di pensare cose più grandi di noi.

Poi ho deciso che sia bene partire nel raccontare i fatti, le impressioni, le mie preoccupazioni e quelle dei lavoratori colleghi di fabbrica.

La fabbrica nella quale lavoro è del nord-est, quindi si potrebbe pensare che vada peggio di altre zone, invece non è così poiché la Cassa Integrazione è rispuntata sia nel mio settore del legno che in molti altri.

Dicono che siamo in piena crisi da crescita e pertanto ad un bivio. Se devo dire una parola significativa di questo stato la parola è incertezza, con le vertenze contrattuali di categoria aperte, con l’evidente difficoltà sul versante economico produttivo nella tutela dei redditi e dei salari, del Welfare e delle pensioni riguardo alla quale  tra l’altro ieri è stata varata la riforma ma anche, da persona che vive in un piccolo centro del veneto, riscontrando i limiti di una informazione obiettiva che descriva questa nostra situazione.

Non credo che sia solo una impressione, io vedo ( e con me molti altri) un paese destabilizzato, con una classe imprenditoriale e di governo che sembra non all’altezza delle sfide. La sfiducia è un sentimento brutto per un popolo, ma non trovo tra i miei colleghi nessuno che abbia fiducia sul proprio futuro. In effetti il gioco mediatico è quello di parlare sempre d’altro, innescando tensioni che spostano continuamente il tiro altrove, senza affrontare i temi dello sviluppo, della crescita e delle condizioni delle persone, con un’ottica di prospettiva a medio termine.

Mi sono convinto che forse è  proprio una strategia e non ce ne eravamo accorti.

Ora se questo è il quadro della stagione che stiamo vivendo, il richiamo che sento pervenire dalle discussioni tra i lavoratori è quello di avere una proposta incisiva per contrastare questa deriva che sta facendo pagare alti prezzi alle famiglie, ai lavoratori, al mondo che rappresentiamo. Non una strategia su cento punti ma su pochi e fondamentali. Tantè che anche i venditori della mia azienda dicono che la gente non ha più soldi da spendere. Altri però stanno ancora aspettando il rinnovo del CCNL  ma ci tornerò dopo.

La prima cosa da fare è consolidare la piattaforma unitaria sull’emergenza dei redditi, sul sistema industriale, sulla ricerca e formazione, sul risparmio, sul welfare e sulle politiche occupazionali.

Quando parlo di pensioni e Welfare non dimentico la preoccupazione per la mia generazione che sarà in un regime contributivo precario, con una previdenza integrativa che va a rilento. Rischio di essere più precario nel lavoro oggi e più povero di mio padre domani. Questa credo sia una materia prioritaria che un sindacato generale come il nostro debba affrontare con  grande lungimiranza e senso di responsabilità.

La seconda questione riguarda i rinnovi contrattuali in corso e quelli scaduti. In questi mesi ci sono stati approcci diversi nei rinnovi dei contratti nazionali. Credo sia il tempo delle decisioni, che la CGIL debba discutere, ma poi assumere una sua proposta sulle dinamiche della contrattazione.

La Fillea ha sviluppato cinque piattaforme unitarie del comparto. Chiuso bene come dicono i compagni, il contratto del cemento e dei servizi, dico bene sia quantitativamente che qualitativamente, abbiamo ancora aperti l’edilizia e il legno. Posso dire quindi che i buoni contratti si possano fare e si debbano fare sia per le aspettative che i lavoratori hanno, a partire dal recupero del potere di acquisto, ma anche il sistema della legalità e della regolarità, nonché dell’estensione dei diritti contrattuali. Certo che oggi, per tante ragioni, noi dobbiamo scegliere una scelta salarialista, ma non è così.

Lo dico poiché nelle nostre piattaforme c’è  la giusta ambizione di rivede la classificazione ferma da venti anni e dico venti ma dovremmo tenere sulle materie in cui influisca la Legge 30, la Legge 66 sugli orari, sull’apprendistato, e sulle flessibilità di ingresso e, sull’edilizia, per quanto riguarda le regole e la qualità.

Ovviamente confermando il secondo livello di contrattazione. E’ chiaro che dobbiamo chiudere questa tornata per poter ragionare di un’eventuale modifica del sistema contrattuale. I limiti di una mancata applicazione integrale del 23 luglio sono evidenti, i limiti dell’estensione della contrattazione sono evidenti, ma in ogni caso, una discussione di merito per giungere ad una proposta che tenga i due pilastri, quello del contratto nazionale e del potere d’acquisto, e quello della contrattazione articolata, non necessariamente prevede lo stralcio del 23 luglio, ma semmai una sua applicazione e definizione. Aggiungo che pure il tema della democrazia e della rappresentanza trovi dimora in quell’intesa, ma come sappiamo non è stata applicata.

Certo è conveniente dire che prima di modificare un sistema occorre sapere come costruirne un altro ed evitare di smantellare la parte buona di quella intesa, sapendo che la discussione non accessoria è la politica dei redditi ( che aveva un significato nella fase di risanamento, ma che oggi deve prendere un’altra strada che è quella della ridistribuzione della produttività e della crescita e dell’incentivo ai consumi interni), sapendo che con le controparti debba essere chiarito un punto: che non si può mirare alla riduzione del costo del lavoro e per farlo ricorrere a tutte le forme lecite e illecite nell’area dei condoni, senza pensare di intervenire nel recupero dell’evasione fiscale e contributiva.

Dico questo perché la riproposta idea di tagliare le tasse non trova molti che concordano questa prospettiva, anzi hanno visto perdere il potere d’acquisto, alzare i prezzi, risparmiare meno e pagare più ICI questo hanno visto!!

In sostanza ci stiamo misurando nei rinnovi contrattuali, con una complicata tenuta del contratto nazionale e di quello decentrato, senza indietreggiare rispetto alla struttura contrattuale e al raggiungimento di risultati  positivi e sostanziali per i lavoratori,che vorrei dire non sono scomparsi anche nel Nord Est, anzi, hanno condizioni di lavoro e retributive precarie, solo che sono distribuiti nella piccola impresa e questo è un fatto che indebolisce la tutela sindacale di rappresentanza.

Ora immagino che dobbiamo essere capaci di tenere un’azione unitaria che debba stare sui contenuti e sulla mobilitazione conseguente;

Per noi il contratto nazionale è fonte normativa di regole per contrastare i fenomeni di illegalità! Questo va difeso contro i tentativi dei costruttori di voler liberalizzare il cantiere, e a favore di noi, ormai si può dire, poveri operai per poter continuare a vivere una vita dignitosa. Perché sembra che la parola dignità qualcuno se la sia dimenticata.

Ma anche la contrattazione di secondo livello debba diventare normale per tutti; bisogna affrontare il problema della contrattazione territoriale dando a molti lavoratori una copertura salariale e di tutela che oggi non hanno.

C’è un osservatorio privilegiato rappresentato dal Veneto che ci spinge a fare i conti con il modello produttivo; e la capacità di intercettare quei lavoratori della piccola impresa, che non per questo sono estranei alla voglia di rivendicare e di ottenere risultati contrattuali e di tutela, ma occorre che un sindacato si presenti a loro in maniera seria e corretta come ho appreso in  Fillea.

Ma come fare a leggere questa realtà, come rispondere al fatto che siamo meno poveri ma moriamo di più nei cantieri e nelle fabbriche, che il 70% dei lavoratori non ha mai visto un contratto integrativo e quelli che hanno gestito poco i processi del lavoro, come parlare ai dipendenti della microimpresa svolgendo un’azione di rappresentanza, come affrontare la qualità dello sviluppo e della competitività e della saturazione della domanda?

Risposte che noi sindacato dovremmo trovare in un confronto con le controparti che vedo interessate molto sul versante finanziario e degli incentivi ma poco sul tema delle infrastrutture materiali e immateriali, sulla politica industriale, sull’innovazione dei prodotti e sulla qualificazione delle imprese.

La Sicurezza nei luoghi di lavoro è ancora emergenza con i 215 morti del 2003 e già 61 nel 2004 nelle sole costruzioni, dove la corposa presenza di lavoratori stranieri non trova una adeguata risposta di integrazione, anche di natura contrattuale.

Non è l’ elenco della spesa ma un’idea del lavoro e del miglioramento delle condizioni di lavoro che deve cambiare anche nelle zone ricche del paese coma la mia, poiché usciti dalla spinta quantitativa non sarà la costruzione dei muri contro la Cina la nostra prospettiva, ma l’investimento sulla qualità dei prodotti e sulla formazione dei lavoratori.

Non vorrei che nel futuro si ritornasse al passato.

Questo ci aspettiamo e questo è il messaggio che lanciamo alle controparti.”

 

                                                                                                    Grazie

                                                                

 

 

Chianciano, 14 maggio 2004

 

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