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Treviso - Presentazione del rapporto annuale del Cresme sulle Costruzioni del Veneto. Incontro organizzato dalle Casse edili Artigiane Ceav e Ceva.
Il settore dele costruzioni deve operare scelte che, al di là del trend di crescita attuale, lo rendano più competitivo in futuro. Le ricerche devono concentrarsi sulla qualità dello sviluppo sostenibile. Contro la piaga degli infortuni sul lavoro : rete di controllo da parte delle strutture ispettive e maggiori risorse e mezzi da parte della Regione.
Intervento Michele Carpinetti, Segretario Generale regionale Fillea Cgil Veneto. “L' annuale rapporto del Cresme sollecita molte riflessioni. Dico subito che insieme alla lettura di un comparto così importante persistono degli interrogativi che necessitano delle risposte urgenti per riuscire a governare un settore come questo cresciuto in maniera vertiginosa negli ultimi anni ma, diciamo così, sfuggito di mano.
· La prima questione è la struttura del settore: negli ultimi anni la frantumazione è il principale fenomeno nel sistema delle imprese; non ci si consorzia, anzi si creano continuamente nuove imprese, che poi di impresa hanno poco, sono soggetti autonomi con limitati mezzi economici e strutturali. Chi realizzerà le grandi opere se mai si faranno? Chi ha la strutturazione necessaria per progettare e realizzare opere qualificate ? Il destino è quello di essere sempre a rimorchio delle poche grandi medio imprese che hanno queste caratteristiche? Il rischio è quello di , paradossalmente, subire lo sviluppo.
· La seconda è la qualità dello sviluppo; nel Veneto non si può più costruire "il Nuovo" si deve recuperare, ristrutturare, riqualificare. C'è un'idea di riassetto urbanistico che trova d'accordo le diverse istituzioni a partire dai Comuni alle province e Regione con le diverse forme di rappresentanza del settore? Non mi sembra e questo alla vigilia del varo della nuova legge urbanistica regionale che non è stata preceduta da un dibattito di merito con tutti i soggetti istituzionali, produttivi e sociali.
· La terza questione riguarda il lavoro: non ci sono i giovani, ma ci sono i lavoratori immigrati. Quali sono le politiche di inserimento e di formazione per questi lavoratori che oggi sono quasi il 30 %. Questo settore che non ha il problema delle rigidità del mercato del lavoro anzi ha una media molto bassa di permanenza nelle imprese con un tasso molto alto di precarietà. Oggi il problema della professionalità è rappresentato dal fatto che il bravo capocantiere apre un'impresa e i lavoratori specializzati non tramandano più il mestiere. C'è da domandarsi in questa mutazione del settore chi risolve il problema introdotto con La legge Bossi –Fini? Se un lavoratore immigrato perde il lavoro ,e questo è frequentissimo in edilizia, è considerato un clandestino ? Chi risolve il problema degli alloggi sapendo che l'integrazione non è solo il posto di lavoro?
Le dichiarazioni del Sottosegretario Sacconi sull'estensione delle procedure previste nell'appalto pubblico a quello privato con il conseguente sistema della congruità non mi può che vedere d'accordo visto che in Veneto il 90% sono lavori privati e che questa è una nostra richiesta. Non sono d'accordo invece nel stravolgere le funzioni e il ruolo delle casse Edili sopperendo a funzioni dello stato nell'applicazione delle leggi in materia di collocamento, sicurezza, certificazione dei rapporti di lavoro. Già questi enti bilaterali sono impegnati nell'azione di assistenza e mutualistica, nella formazione, quale soggetto di certificazione della regolarità contributiva delle imprese negli appalti; In questa discussione mi sembra che le stesse associazioni Artigiane nella fase di rinnovo del contratto integrativo non solo hanno escluso maggiori funzioni "pubbliche " degli Enti ma hanno espresso dubbi e perplessità anche sulla certificazione unica (DURC).
· La quarta questione riguarda la sicurezza sul lavoro. In Veneto in data odierna contiamo 12 morti bianche, quasi tutti sotto i 40 anni, la maggior parte vittime di infortuni che si potevano evitare e che denotano proprio l'assenza della cultura della sicurezza. Nel 2002 erano stati 12. Nel totale gli infortuni sono 7000 ogni anno. Come si riesce a far crescere questa cultura in un settore che ha migliaia di piccoli cantieri in ogni provincia dove quasi tutto è affidato alla buona volontà o dell'imprenditore o dei pochi dipendenti, dove i piani di sicurezza non sono una prassi , dove spesso nella piccola impresa si scaricano le incongruenze degli appalti ; tempi di realizzo, subappalti forniture che sono spesso fuori dai piani di sicurezza ?
Tali interrogativi in sé rappresentano le contraddizioni di un comparto che nessuno vuole demonizzare, anzi valorizzare come realtà che dal punto di vista quantitativo ha avuto uno sviluppo che non ha eguali anche in Europa. Il punto debole oggi è la qualità del comparto e dentro questa parola "qualità" ci stiamo tutti. L'importante è trovare le risposte a quegli interrogativi per realizzarla. Non ci si illuda per questo che tali aspetti sono risolvibili esclusivamente con l'attività bilaterale; patrimonio indiscutibile della categoria ma che in sé vive e si alimenta se da una parte quei processi economici e sociali trovano un loro assetto e secondo se la contrattazione fa un salto di qualità. |
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