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Relazione di Domenico Stasi, Segretario Generale della Fillea Puglia Al Convegno "Legalità e trasparenza negli appalti per una migliore qualità del settore delle costruzioni in Puglia"

 

Care compagne, cari compagni e graditi ospiti,

         questa mattina discuteremo assieme le tematiche che riguardano la trasparenza e legalità negli appalti pubblici e privati nel settore delle costruzioni in Puglia, questioni che riguardano tutto il territorio nazionale, ma in particolar modo il Mezzogiorno, non ultimo il coinvolgimento di alcune settimane fa che ha interessato tutto il territorio pugliese.

         Prima di entrare nel merito delle questioni è doveroso salutare i nostri ospiti, tutti impegnati nel sistema della legalità. Un saluto al Sen. Cesare SALVI anche se questa mattina non è con noi per problemi istituzionali, esponente  politico di spicco, che si è distinto quando nel Governo di centro – sinistra ha avuto l’incarico con delega del Ministero del Lavoro, emanando decreti che citerò durante la relazione; altrettanto un saluto al Prefetto di Bari Dott. Tommaso BLONDA anch’esso impegnato sui temi in questione a causa dell’evolversi delle cosche malavitose che stanno mettendo in ginocchio lo sviluppo e la tranquillità dei cittadini baresi e pugliesi; un benvenuto al Dott. Rocco PALESE che rappresenta in questa iniziativa la Regione Puglia; di estrema importanza sarà il contributo da parte degli imprenditori e saluto Giovanni TONIONI Presidente Nazionale ASSOEDILI – CNA e l’Ing. Giuseppe LATINO Presidente ANCE Puglia, anch’esso non parteciperà ai nostri lavori per impegni sopraggiunti; a rappresentare l’ANCE Puglia, è presente il Vicepresidente Dott. NARDONI Fabrizio, che ricopre anche la carica di presidente dell’ ANCE di Taranto.

         Sono presenti i Presidenti, Vice Presidenti e Direttori degli Enti Bilaterali del settore della nostra Regione, compresa l’Edilcassa Puglia a cui va il nostro benvenuto.

         È doveroso altrettanto salutare, almeno per il sottoscritto la prima volta, il Dott. Federico PIRRO giornalista RAI Puglia in quanto darà anch’esso un contributo, attraverso la coordinazione dei lavori; sempre presente alle iniziative e molto attento alle problematiche di questa Categoria, mi riferisco a  Mimmo PANTALEO Segretario Gen.le della CGIL Puglia; ringrazio per la loro presenza i Segretari Gen.li Reg.li e Terr.li della Sicilia, Campania, Calabria, Molise e Basilicata anche loro aggrediti dagli stessi problemi pugliesi; per ultimo e non per importanza un ringraziamento a Franco MARTINI Segretario Gen.le Naz.le della FILLEA CGIL che concluderà i lavori, in quanto lo stesso è fortemente impegnato per le problematiche che riscontra il settore delle costruzioni.

          La data del 7 novembre per noi sembra quasi un appuntamento  per poter affrontare questioni importanti. Vi ricordo il 7 novembre del 2002 quando la FILLEA Nazionale realizzò la Conferenza Nazionale delle Costruzioni del Mezzogiorno qui a Bari.

         La FILLEA di Puglia con la CGIL Puglia lo scorso 4 giugno in questo stesso Hotel ha realizzato una iniziativa sul sistema infrastrutturale, per rilanciare lo sviluppo e l’occupazione della Regione. Furono anche oggetto di discussione le nuove normative che hanno investito il settore, e dal mio punto di vista hanno peggiorato tutto il sistema di controllo, dall’affidamento dei lavori ai subappalti. Oggetto di discussione sono le nuove normative e regole che il Governo centrale ha applicato senza verificare se le stesse fossero salutari per il settore, sia per la concorrenza, trasparenza  e legalità, al contrario, invece, ha destrutturato tutto il vecchio sistema. Ormai per tutto ciò che riguarderà le opere infrastrutturali, il Governo centrale e il Governo regionale intendono procedere attraverso i criteri stabiliti dalla legge Obiettivo, legge contestata dalle OO.SS. e  dalle associazioni imprenditoriali del settore.

         Per la Legge Obiettivo affidare a terzi i lavori diventerà la regola ordinaria.

         La normativa dettata dalla Legge Obiettivo e dal successivo Dlgs di attuazione 190/2002, modifica in una maniera spaventosa i tradizionali meccanismi in materia di sub - affidamento dei lavori. La normativa ordinaria prevede infatti una serie di condizioni procedurali e di vincoli quantitativi diretti a limitare il ricorso al subappalto e, nel contempo, interviene nella disciplina del rapporto appaltatore – sub appaltatore. Di grande rilevanza è stata per il settore la legge 55/90, nominata legge Antimafia, infatti l’art. 18 della citata legge con le modifiche apportate dalle varie versioni della Legge Merloni, obbliga in primo luogo una serie di passaggi procedurali per l’affidamento dei lavori in subappalto, per cui impone, in sede di offerta delle opere che si intendono subappaltare: il deposito del contratto di subappalto presso l’Ente appaltante assieme ai documenti che attestino la qualificazione e la non MAFIOSITA’ del subappaltatore; il rilascio dell’autorizzazione a subappalto da parte dell’Ente committente. In secondo luogo è prescritto un limite quantitativo che prevede che i lavori della categoria prevalente possono essere oggetto di subappalto in misura non superiore al 30%. Infine, ci sono una serie di norme che entrano nel rapporto appaltatore – subappaltatore: l’obbligo dell’appaltatore di applicare al subappaltatore gli stessi prezzi di aggiudicazione, con un ribasso non superiore al 20%; responsabilità dell’appaltatore per il rispetto da parte dello stesso delle norme a tutela dei lavoratori.

         Purtroppo, la Legge 55/90 è stata completamente ribaltata dalla disciplina della Legge Obiettivo. La stessa si incentra sulla figura del contraente generale che, per definizione, si caratterizza non tanto per essere l’esecutore diretto dei lavori, quanto invece per essere il gestore unitario e complessivo dei lavori.

Purtroppo in questa ottica, il sub affidamento dei lavori da parte del contraente generale diventa non la deroga alla regola ordinaria, ma la modalità normale di realizzazione dell’intera opera. Le modifiche apportate dal decreto 190 hanno destabilizzato tutto il settore Edile, nonostante le sollecitazioni che le OO. SS. nazionali hanno più volte fatto.

In primo luogo viene specificato che tali rapporti  restano nell’ambito del diritto privato, con la conseguente esclusione dell’applicazione di qualsiasi normativa pubblica, per cui nessuno spazio per interventi legislativi nei rapporti tra il contraente generale e il sub contraente. Per cui viene eliminato ogni vincolo, sia di carattere procedurale che quantitativo per il ricorso al sub affidamento.

Badate quanto sia distorta questa legge, pensate il contraente generale può affidare a terzi, senza necessità di alcuna preventiva autorizzazione, anche la totalità dei lavori, l’unica condizione che gli si può essere posta è quella di indicare già in sede di offerta le imprese esecutrici, con una quota di lavori non inferiore al 30% dell’importo totale senza che ciò precostituisca un vincolo procedurale o introduca un meccanismo autorizzatorio.

         Badate quanto sia pellegrina questa normativa, pensate, le imprese che vengono individuate ad eseguire i lavori, possono a loro volta affidare i lavori sia pure nei limiti e alle condizioni stabilite per il subappalto in riferimento all’art. 18 della L. 55/90. Anche questo profilo si caratterizza in maniera peculiare il regime della L. Obiettivo rispetto alla disciplina ordinaria. Quest’ultima, infatti, vieta il subappalto cosiddetto a cascata, impedendo che il subappaltatore possa a sua volta subappaltare i lavori a esso affidati. Al contrario nella disciplina della L. Obiettivo questo terzo passaggio purtroppo è consentito, mentre il divieto del subappalto a cascata vale solo per i subappaltatori delle imprese affidatarie dei lavori (subcontractors).

         Molte sono state le nostre denunce, e con molta soddisfazione qualcuno che ha in mente la legalità ci ha ascoltati attraverso l’accoglimento dei nostri suggerimenti. Infatti il 25 settembre c.a., la Corte Costituzionale ha emesso 2 sentenze, relative ai ricorsi presentati da alcune Regioni a statuto ordinario e straordinario. Infatti per quanto riguarda la sentenza 303/2003 sul giudizio di legittimità costituzionale della Legge Obiettivo, nel merito, la Corte Costituzionale ha dichiarato che:

·        È costituzionalmente illegittimo il Decreto legislativo del 4/9/2002, n. 198, in quanto prevede disposizioni volte ad accelerare la realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni strategiche per la modernizzazione del nostro Paese;

·        È costituzionalmente illegittimo il comma 3, ultimo periodo, dell’art. 1 della L. 21/12/2001, n. 443, meglio conosciuta come L. Obiettivo, in quanto la stessa, delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi. Per cui, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il successivo comma 3 bis della medesima legge.

Insomma la Corte, in esame di diritto, ha rigettato molte delle domande espresse dalle

Regioni ricorrenti, ma ha accolto la filosofia fondamentale dei ruoli tra Stato e Autonomie Locali e di supremo governo del territorio.

         Infatti, lo Stato centrale può decidere, d’intesa con la Regione, il programma per la costruzione di una opera strategica o di un insediamento industriale, al contrario, non può lo Stato centrale decidere senza l’intesa con la Regione. Da questa teoria, di cui la sentenza 303/2003, ne scaturisce che, una Regione se non d’accordo sulla realizzazione di una determinata opera sul suo territorio, può bloccare il progetto di realizzazione. Possiamo dire che questa sentenza ha ricucito lo strappo prodotto da una legge, in questo caso la L. Obiettivo, troppo centralista da una parte e senza nessuna indicazione di sviluppo possibile dall’altra.

          A seguito della sentenza appena citata, notizia apparsa sulla stampa nazionale alcuni giorni fa, il Governo, sta tentando attraverso un emendamento al disegno di legge di conversione del cosiddetto “decretone”, che richiama la legge n. 269/2003 che contiene le norme per il condono edilizio, per cui riaprirebbe la delega contenuta nella Legge Obiettivo, cosa che, invece, contrasta con la sentenza della Corte Costituzionale n. 303.

         Insomma, il Governo ancora una volta con una scelta ha sentenziato e contemporaneamente ha delegittimato la Corte Costituzionale, attraverso un emendamento che ha suscitato critiche non solo dalla parte sindacale e delle forze di opposizione ma addirittura critiche anche da Confindustria e dalla stessa maggioranza.

         Su la L. Obiettivo più volte siamo stati critici noi della FILLEA e della CGIL, con molta soddisfazione oggi possiamo dire che non è stato il solito allarmismo di atti di terrorismo psicologico, in quanto a darci ragione è stato il Presidente dell’Autorità di Vigilanza per i lavori pubblici, Dott. Francesco Garri che ha sostenuto nello scorso agosto che questo sistema farà rischiare di tornare al passato il settore dell’edilizia a seguito della scarsa trasparenza e legalità della legge stessa.

         I dubbi del Presidente riguardano soprattutto la non compatibilità né con le norme comunitarie né con il principio della concorrenza, oggi di rilevanza costituzionale. Occorrerà vigilare con grande attenzione per capire che effetti potrà avere sul mercato degli appalti, l’assegnazione al concessionario e al contraente generale, in quanto avrà una sfera di libertà circa le modalità di esecuzione dei lavori, per la scelta degli esecutori dei lavori stessi, senza obbligo di apposita gara. È del tutto evidente che queste forme assumono gli investimenti della criminalità organizzata, che non sono contrastati in modo più efficace dalle regole di diritto privato rispetto alle remore possibili con l’applicazione di quelle di diritto pubblico.

         Altro personaggio di spicco che ha contestato questo sistema è il Procuratore nazionale antimafia Dott. Pierluigi Vigna che ha dichiarato sulla stampa nazionale che questo sistema è più vulnerabile con  i privati alla regia. Secondo il procuratore antimafia, dopo aver criticato il contraente generale, per arginare il fenomeno occorre lavorare molto sui controlli preventivi, preferendo il rafforzamento degli strumenti già in campo. Oltre al servizio appalti, struttura preposta al monitoraggio dei cantieri sul territorio, Vigna ricorda il gruppo di lavoro istituito presso il Ministero dell’Interno per vigilare sulle grandi opere previste dalla L. Obiettivo. Iniziativa che si è resa quanto mai necessaria dopo l’operazione a tamburo, che ha portato all’arresto di 37 persone coinvolte nei lavori di ammodernamento della Salerno – Reggio Calabria. Il Dott. Vigna ha anche sostenuto, cosa che sosteniamo noi da tempo, che il sistema su cui si basa una serie di sub-affidamenti a cascata, rendono il sistema più ramificato e quindi più permeabile a infiltrazioni criminali.

Credo che le norme del subappalto, nel nostro ordinamento, hanno sempre avuto come obiettivo il contrasto a queste forme di criminalità, ma purtroppo l’inserimento del contraente generale ne vanifica la già scarsa efficacia, poiché rende il processo meno controllabile. Lo Stato ha quasi modificato negativamente la L. 109, meglio conosciuta come legge Quadro negli appalti pubblici, non ultimo con l’abolizione della 1369 legge che nacque per contrastare il caporalato in agricoltura e che ha consentito al settore dell’ edilizia di controllare con molta efficienza i fenomeni legati all’affidamento di lavori a terzi.

         Badate questo fenomeno frena fortemente lo sviluppo e l’occupazione del nostro territorio meridionale in quanto la perdita annuale è di 7mld e 500mil di € per cui senza la criminalità il PIL meridionale sarebbe eguale a quello settentrionale. I dati ci dicono che in Italia ci sono 3.500.000 lavoratori utilizzati a nero.

Questo fenomeno è in costante crescita in  quanto le sue attività valgono oltre 200mld di €, oltre il 15% del PIL, il sommerso fa il pieno in Calabria che assorbe il 30% della produzione, non sono da meno altre Regioni a noi vicine: il Molise con il 18%, la Campania con il 25%, la Puglia con il 21%, la Basilicata con il 22,5%, la Sicilia con il 24% e la Sardegna con il 18,5%.

Ora mi chiedo rispetto a quanto già detto, il Governo dovrebbe ricorrere quanto prima ai ripari, creare le condizioni per ripristinare la legalità, ma invece inventa delle misure al contrario che sponsorizzano tutte le forme illegali, mi riferisco soprattutto ad una serie di condoni, in particolar modo al condono edilizio su cui si discute molto in questi giorni; questo strumento, oltre che procurare un danno permanente alla qualità del territorio nazionale, con evidenti danni sull’attività turistica, contemporaneamente incentiva significativamente e duraturamente irregolarità e sommerso.

Nel settore edile, in cui sono già irregolari addirittura il 40% della attività di lavoro in Calabria e circa il 30% nel Lazio mentre in Campania e in Sicilia il 15% della media nazionale, in Puglia ci aggiriamo intorno al 13%, puntare sul condono significa incentivare imprese e lavoratori illegali e irregolari, con danno in primo luogo per le imprese edili oneste e sane, che dimostrano con il loro fatturato le assunzioni regolari. Sta a significare premiare chi le regole le infrange e non chi le esegue, in questo paese dove poco si rispettano le regole, difficilmente il sommerso scenderà. Inoltre assistiamo quotidianamente da parte del Governo Nazionale, ad ingiuriosi attacchi alla Magistratura, attacchi che vanno non solo a delegittimare il ruolo, ma che ritengo non utili al fine del rispetto della legalità. Penso, invece, che questi insulti vanno quasi a coprire parzialmente quei clan malavitosi che sempre più mettono in ginocchio l’economia nazionale, introducendo manodopera illegale, basti pensare alla legge Fini – Bossi che sicuramente agevola questo terreno insidioso, senza aver nemmeno rispetto quando si utilizzano nei lavori anche i minorenni.

         La nostra preoccupazione è che ci si possa riassaporare quella crisi che ha colpito nei primi degli anni ’90 il settore, con ulteriore ripercussioni sull’economia e sullo sviluppo. Se è vero che per la prossima finanziaria, a seguito di un accordo sottoscritto tra Regione Puglia e Governo centrale, sembrerebbe che dovrebbero arrivare 7mld 500mil di € per quanto riguarda le opere infrastrutturali della nostra Regione, tali opere purtroppo rientrano tutte nella L. 443/2001 L. Obiettivo.

         Dicevo preoccupato perché attraverso l’allarme lanciato dalla DIA in quanto le infiltrazioni mafiose hanno preso nel mirino tutto ciò che riguarda la costruzione di opere pubbliche e private, infatti secondo il Dossier, la criminalità pugliese gestisce una serie di attività illecite, che citerò nella mia relazione ma, in questo momento tutto il territorio pugliese è fortemente colpito da un sistema d’appalto perverso che garantisce poco la legalità e trasparenza in tutti i settori. Abbiamo assistito nei mesi scorsi a quello che è accaduto a Taranto nella Sanità Pubblica, a tutt’oggi ci sono personaggi di spicco in carcere e le indagini sono ancora in corso; per quanto riguarda Lecce alcuni mesi fa ci sono state denunce da parte del Sottosegretario all’Interno Dott. Alfredo Mantovano, denunce espresse esclusivamente agli organi di stampa e no nelle aule preposte. La denuncia era in riferimento agli appalti edili, in quanto nel territorio leccese si è creato un sistema di cartello per cui ruotavano le solite imprese ad aggiudicarsi le commesse, la curiosità emerge dal fatto dell’utilizzo diffuso del lavoro nero; appalti pubblici ottenuti anche con evidenti turbative d’asta e con ribassi scandalosi.

Le Amministrazioni Pubbliche, per quanto mi riguarda, sono colpevoli in quanto con molta leggerezza non applicavano quelle norme esistenti e pochi di loro hanno avuto il coraggio di denunciare che alcune imprese facevano sistema attraverso il massimo e il minimo ribasso al fine di trovare la media giusta e aggiudicarsi l’appalto.

Badate spesso non si è avuto nemmeno il pudore di variare i centesimi, presentavano le offerte con lo stesso colore di busta, stessa calligrafia, partivano tutti alla stessa ora e dallo stesso ufficio postale, bene ha fatto il Presidente dell’ANCE Regionale Ing. Latino, a denunciare il sistema e chiedere con forza soluzioni di trasparenza e sicurezza al fine di tutelare le imprese sane, che con questo sistema sono tutte fuori mercato.

         In questi ultimi giorni abbiamo assistito a quanto è accaduto anche nel territorio di Brindisi dove sono stati arrestati imprenditori, sindaco e assessori che governano il territorio a seguito di un sistema di tangenti e aggiudicazione di commesse finalizzate ad un intreccio di carattere politico – mafioso, mettendo in ginocchio un territorio fortemente danneggiato dalla criminalità organizzata, sempre più organizzata ed attiva negli appalti pubblici, privati, estorsioni e riciclaggio di denaro sporco, questo fenomeno si è accentuato di molto dopo il duro colpo che il Governo di centro sinistra dette quando eliminò totalmente il sistema di contrabbando.

         Ancora più scandaloso quello che è accaduto nel territorio di Foggia in quanto in un binomio mafia – impresa per lucrare sul grande affare dell’edilizia e non solo dell’edilizia, imprenditori e personaggi di spicco dei clan malavitosi si sono uniti in un patto criminale, al fine di creare terra bruciata degli appalti e garantirsi l’affidamento di mega – opere da realizzarsi in una città su cui da tempo gravava lo spettro di una lobby criminale – imprenditoriale. Questo è quanto è emerso dall’indagine dei carabinieri. Badate le persone incriminate sono imprenditori edili facenti parte della Associazione  imprenditoriale territoriale, con alte cariche, inoltre ricoprivano la più alta carica negli Enti bilaterali del settore. E’ doveroso comunicarvi che le stesse sono state scarcerate alcuni giorni fa, e le indagini condotte dalla Magistratura  sono ancora in corso nei loro confronti, per i fatti appena citati.

         Come dire c’è né per tutti in Puglia, a Bari le mani dei clan in riferimento al rapporto degli investigatori dell’antimafia, sono concentrate in grandi lavori in Puglia. Lavori pubblici in riferimento alla realizzazione di strade, ferrovie, opere idriche, trasporto che riguarda il nodo viario di Bari e palazzi comunali. Le azioni delle maggiori cosche criminali, in genere, tendono a condizionare ed a gestire una larga fetta di tali lavori, e in alcuni casi, specie per lavori dati in appalto dai comuni, i tentativi di infiltrazione si sono già manifestati. Secondo il dossier della DIA la criminalità in oggetto sempre più tenta a gestire una serie di attività illecite a cui da maggior o minor priorità a seconda dell’ammontare dei ricavi. Dopo quello degli appalti pubblici e privati il bisness più redditizio è il gioco d’azzardo: che va dalle bische di video poker, dal toto nero alle scommesse clandestine sulle corse dei cavalli, fino alle più recenti scommesse per i combattimenti tra cani e le gare automobilistiche. Per cui questa  associazione a delinquere si sarebbe organizzata per controllare non solo il settore dei giochi illeciti ma anche di quelli leciti. Altro campo di battaglia della nostra criminalità malavitosa è la vendita di sostanze stupefacenti, estorsioni e avvio di giovani donne alla prostituzione, ed è più che evidente che il tutto dell’illecito viene reinvestito attraverso il riciclaggio del denaro sporco.

         Voglio ricordare a noi tutti che il prezzo più caro su questo territorio lo stanno pagando ragazzi minorenni che vengono ammazzati per scontri tra clan malavitosi, ed è tutto finalizzato al controllo di tutto il sistema illegale nei vari settori del territorio.

         Badate la maggior parte dei lavori del nostro settore che sono appetibili alle imprese malavitose, sono soprattutto gli affidamenti relativi ai noli, forniture e movimento terra,  settori purtroppo fortemente esposti e poco controllabili. Credo che sia preoccupante come queste organizzazioni si sono organizzate e attrezzate, in quanto negli anni passati chiedevano come assicurazione obbligatoria il pizzo, oggi non chiedono il pizzo ma bensì lavori e soprattutto a copertura di tranquillità del cantiere, indicano e obbligano l’impresa aggiudicataria, dove acquistare le forniture e i materiali per la realizzazione dell’opera. È chiaro che le loro indicazioni tendono a rafforzare le loro imprese trasformandole da illegali a legali e che con questo meccanismo la criminalità diventa sempre più potente e presente in tutti i settori.

Questo fenomeno ci deve preoccupare, il motivo è semplice, metteranno fuori mercato del lavoro le imprese che rispettano leggi e normative contrattuali in quanto non saranno competitive sul mercato del lavoro.

Deve essere chiaro che in questa economia sommersa ci sono altri aspetti che riguardano il settore: innanzitutto quello legato al lavoro nero e sommerso, sarà strano, ma è opportuno dirlo, in Italia non si parla più di lavoro nero, in quanto tutto ciò che è illegale è stato trasformato in legale per cui per tale problema il Governo Nazionale pensa di poter risolvere la questione attraverso una serie di incentivi che non solo non hanno dato risultati eccellenti, ma al contrario in quanto sono state penalizzate le solite aziende che rispettano le regole, mentre nel passato ci furono delle normative da parte del Governo di centro - sinistra, in particolar modo dal Ministero del Lavoro, responsabile il Sen. Cesare Salvi, che introdussero due questioni importanti per l’edilizia pubblica: la prima che non si può ribassare sulla sicurezza in fase di gara, l’altra che su ogni appalto, l’impresa aggiudicataria doveva indicare costi e incidenza di manodopera al fine di evitare l’utilizzo di lavoratori a nero. È del tutto chiaro che anche questa normativa è stata totalmente eliminata da parte del Governo. Il nostro settore ha subito e continua a subire un alto tasso di infortuni mortali e di malattie professionali.

Su queste questioni l’ex Min. del Lavoro, Sen. Cesare Salvi in più parti d’Italia inviò una task – force di aiuto agli organi ispettivi dei territori. Lo scopo principale era: verifica della regolarità degli appalti; verifica del fenomeno dei cosiddetti appalti a cascata; alla intermediazione ed interposizione di manodopera; ai ritmi di lavoro; alla tutela dei minori. I controlli sono stati inoltre tesi ad accertare: la corretta applicazione delle disposizioni di carattere preventivo contenute nella direttiva cantieri 494/96 e il decreto legislativo 626/94; la corretta posizione delle imprese appaltatrici sotto il profilo della propria organizzazione ai fini della sicurezza. Sono stati, altresì, effettuati controlli al fine di verificare l’esistenza di: piano di sicurezza, in ogni singola impresa subappaltatrice nonché del piano di coordinamento generale della sicurezza, facente capo all’appaltatore.

Il risultato finale a Taranto è stato agghiacciante in quanto le aziende ispezionate in edilizia sono state 54, aziende regolari nessuna, aziende irregolari 54, ipotesi di reato 277, persone denunciate 54, cantieri sequestrati 4.

Le frequenze delle ipotesi di reato hanno riguardato:

·        Pericolo di caduta nel vuoto dei lavoratori 50%;

·        Applicazione normative Europee (626/94 – 494/96) 20%;

·        Macchine operatrici non regolamentari 27%.

Su queste questioni bisognerebbe, a mio parere, rafforzare gli uffici di

competenza (ispettivi) in quanto gli stessi in tutta la Puglia sono sotto organico e più volte lavorano con mezzi  poco efficienti, esprimiamo il nostro apprezzamento per il lavoro che svolgono quotidianamente, conoscendo le molte insidie che riscontrano nell’effettuare i  controlli, mettendo a rischio la propria persona e l’intera famiglia.

         Prima di concludere il mio intervento vorrei porre all’attenzione dei nostri ospiti, che interverranno, cosa mettiamo sul tavolo attraverso un programma per trovare un sistema o strumenti per fronteggiare le questioni citate. Partirei dal dire che per riportare trasparenza,  legalità e concorrenza negli appalti bisognerebbe:

1.     rafforzare la legge 109 (Legge Quadro sugli appalti pubblici) introducendo ulteriori strumenti che rafforzino e tutelino coloro che operano nella legalità;

2.     applicare nel modo più dettagliato e corretto la circolare n. 26/2000 a firma dell’ex Sottosegretario di Stato  Dott. Claudio Caron, tale normativa da strumenti di tutela in primo luogo per i dipendenti, inoltre disciplina regole da rispettare sia dell’appaltatore e del subappaltatore, tutto riferito agli appalti di opera pubblica; per cui disciplina un rapporto corretto tra il committente e l’appaltatore; interviene con molta forza per coloro che violano le normative previdenziale ed assistenziali; garantisce l’adempimento contrattuale ai lavoratori per la mancata corresponsione della retribuzione diretta ed indiretta; regola il rapporto tra appaltatore e subappaltatore; infine la circolare, richiama che per tutte le inadempienze che l’appaltatore viola, interviene la stazione appaltante con molta efficacia alla scissione del contratto, ma contemporaneamente salvaguarda i lavoratori da tutto ciò che gli stessi non percepiscono in riferimento all’aspetto retributivo, previdenziale ed assistenziale. Con molta onestà questa circolare non so quante stazioni appaltanti o enti pubblici l’hanno utilizzata, sono convinto che questo strumento potrebbe essere un ulteriore rafforzamento delle leggi esistenti;

3.     si potrebbe pensare anche al D.L. del 25/9/2002 n. 210 “Disposizioni urgenti in materia di emersione del lavoro sommerso e dei rapporti di lavoro a tempo parziale”. Insomma il 210 richiama il DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva). Tale documento, utile al fine di evitare forme di evasione, ma molto limitativo per i soli appalti pubblici, a seguito di sollecitazioni fatte dalle tre OO. SS. di Categoria nazionali rivolte al governo al fine di utilizzare la certificazione anche nell’edilizia privata, per poter garantire maggiore tutela per i lavoratori.  Infatti il governo ha recepito il messaggio approvando definitivamente il DURC lo scorso 31 luglio anche per i lavori privati;

4.     l’altro elemento potrebbe essere quello che ha prodotto il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (CNEL) che richiama fortemente gli accordi di legalità, accordi che sono stati già realizzati con il Comune di Napoli, Prefettura di Palermo, Prefettura di Messina e sicuramente in qualche altra località del Mezzogiorno e dell’Italia. Per questo è necessario che forze sociali e istituzioni, che hanno compiti distinti, trovino un luogo di incontro, di monitoraggio e di riflessione, in grado di facilitare le politiche e le azioni di contrasto. Il protocollo di legalità può e deve essere il luogo nel quale le forze sociali e quelle preposte alla sicurezza, pur nella rigida delle separazioni di funzioni, dialogano. Tutto questo può essere utile. Ma il protocollo di legalità non può fermarsi a questo: non basta e sarebbe insufficiente. Deve avere un profilo certo, un’armatura solida, deve essere accompagnato da prescrizioni precise. In quanto deve diventare lo strumento che pianifica la politica di prevenzione, che accompagna attraverso specifiche misure, le determinazioni delle amministrazioni, per mettere in grado di riconoscere le imprese che rispettano le leggi. Per cui è necessario che il responsabile del protocollo di legalità sia il Prefetto, e questo perché è proprio in quella figura che si riassume il coordinamento delle forze dell’ordine e dei diversi  organismi istituzionali operanti nel territorio, in particolar modo per quanto attiene ai subappalti, le forniture con posa in opera, i cottimi e i noli a freddo ed a caldo e le sub forniture, strumenti particolarmente vulnerabili all’infiltrazione mafiosa. Inoltre un particolare rispetto per la legislazione antimafia vigente in tema di subappalto e cottimi, e altrettanta accuratezza per la legislazione della previdenza obbligatoria. Per cui il CNEL richiama con il protocollo il bando di gara, infatti, la stazione appaltante deve essere messa nelle condizioni di percepire la natura dell’impresa che partecipa e che, eventualmente diverrà aggiudicataria dei lavori. Sarà necessario, oltre i requisiti previsti dalla legge, chiedere copia dei modelli 770 degli ultimi tre anni, per verificare la storia contributiva dell’azienda e, in raccordo con l’INPS, l’esistenza di verbali di contestazione sulla regolarità contributiva, sempre negli ultimi tre anni, per cui le stazioni appaltanti devono acquisire i DM10, che registrano la forza lavoro denunciata ed a ogni stato di avanzamento dei lavori i modelli F24 che testimoniano i pagamenti effettuati realmente dall’impresa ai propri lavoratori. Tali richieste vanno estese, per il tramite degli appaltatori anche ai subappaltatori e similari. Il CNEL aggiunge che sarebbe utile, anche al fine di una semplificazione del lavoro e snellezza delle procedure, poter giungere alla realizzazione del DURC di cui possa rappresentare il riassunto delle certificazioni liberatorie, in materia previdenziale, assicurativa e di attestazione della regolarità delle contribuzioni presso gli organismi paritetici.

 

Penso che questo documento si dovrà realizzare in Puglia quanto prima, credo

che non ci saranno ostacoli da parte delle imprese che lavorano con la massima trasparenza, penso che quanto prima bisognerà attivare le Prefetture, che ritengo che siano le sedi adeguate per poter realizzare e utilizzare gli accordi sulla legalità. Tali accordi saranno sicuramente utili al settore, ma non so se saranno sufficienti, e lancio una provocazione, mi rivolgo al Dott. Tommaso Blonda Prefetto di Bari, credo che per evitare quel sistema di cartello che molte imprese utilizzano e per evitare la scarsa correttezza e trasparenza che viene esercitata da alcune stazioni appaltanti, enti pubblici ed enti di spesa, nel momento in cui si aprono le buste per poi aggiudicare le commesse, bisognerà, a mio modesto parere, mobilitare i tavoli della Prefettura che devono diventare sedi di centralità procedurale al fine di garantire la massima trasparenza e legalità  nel momento in cui si svolgono i lavori, e si affidano le commesse; inoltre chiedo al Dott. Rocco Palese, in rappresentanza della Regione Puglia, di avviare un tavolo con gli attori principali che sono oltre alla Prefettura, Ispettorato Regionale del Lavoro, le parti datoriali e sindacali al fine di realizzare una legge regionale che contrasti tutte le forme di violazione in riferimento a quanto accaduto in questi ultimi mesi in Puglia.

 

Questa  iniziativa non è finalizzata alla solita passerella, ci dobbiamo lasciare con impegni e date per realizzare un sistema di sicurezza, trasparenza, legalità e soprattutto di qualità al fine di migliorare e rilanciare il settore delle costruzioni in Puglia.

 

So di aver parlato tanto, ma dovevo commentare oltre le questioni che ci hanno  colpito, anche le anomalie che rappresentano per l’intero settore in riferimento alle leggi esistenti, e confrontarli con quelli appena trascorsi e tracciare nuovi percorsi in concertazione con le istituzioni regionali e  locali preposte, al fine di fronteggiare questa piaga che non da lustro a tutta la Regione Pugliese.

 

Bari, 7 novembre 2003

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