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Commissione d’inchiesta del Senato

 

Audizione dei sindacati delle costruzioni di Roma su TAV

 

 

I lavori della TAV e della Metro B e C nella capitale

 

I lavori della Tratta ferroviaria Alta Velocità, che a Roma e nel Lazio prevede un più veloce collegamento con la città di Napoli, stanno per essere ultimati e l’entrata in vigore della linea è prevista per i  primi mesi del 2006. Resta da concludere solo il rifacimento della Stazione Tiburtina.

Dall’inizio di quest’opera il tributo di infortuni sul lavoro pagato da operai edili è stato alto;

5 morti e molti infortuni con invalidità e postumi permanenti.

Oggi la nostra attenzione si concentra sui lavori della Metropolitana B e C;  la linea B è già iniziata e per quanto riguarda la linea  C, sono iniziate le procedure per la gara d’appalto per il Contraente Generale.

E’ dei giorni scorsi la notizia che la Capitale è la prima città italiana per capacità di investimenti in opere pubbliche; 193 gare d’appalto con un aumento del 40% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
In pochi giorni anche il numero degli infortuni mortali nel settore delle costruzioni è aumentato vertiginosamente; le morti bianche a Roma sono arrivate a 14, con un incremento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno del 100%, nel Lazio sono 18.
Nei prossimi mesi il lavoro per il nostro settore aumenterà notevolmente, chiediamo che le istituzioni e le imprese si facciano presto carico di affrontare il
“dramma sicurezza” con la dovuta responsabilità; la Regione riapra immediatamente la discussione riguardo i punti del coordinamento ex art 27/ 626 e commissione consultiva con tutti i soggetti interessati al tema, senza deroghe e senza accettare che la Capitale d’Italia sia anche la Capitale delle morti bianche.

Il grande problema per il settore delle costruzioni a Roma e nel Lazio è la selvaggia proliferazione dei subappalti; se nella tratta di 15 Km della terza corsia de G.R.A  ci sono 140 imprese che lavorano in subappalto, quante ne conteremo in 35 Km di metropolitana?

Se nei lavori del Grande Raccordo Anulare abbiamo contato già 3 infortuni mortali, quanto è alto il rischio per i lavoratori che saranno impegnati nella realizzazione delle linee metropolitane?

Lo scorso anno il Lazio era quarto nella triste classifica degli infortuni mortali nei cantieri italiani, ad  oggi il numero delle morti bianche nella Capitale è già raddoppiato, cosa accadrà nei prossimi mesi?

 

Il problema della sicurezza nei cantieri è per la nostra città un’emergenza con la quale quotidianamente il sindacato si deve confrontare, ma certo lo strumento dello sciopero o della mobilitazione a seguito di infortuni mortali non basta. Occorre mettere mano a controlli più serrati, ad ispezioni coordinate, che seguano una strategia mirata, al fine di monitorare costantemente i cantieri aperti e  quelli che si apriranno. Occorre vigilare sull’uso dei subappalti a catena per evitare, anche negli appalti pubblici, di perdere il controllo  o non conoscere le imprese che effettivamente stanno realizzando i lavori.

Gli infortuni sul lavoro non sono tragiche fatalità, incidenti. La “fatalità” non esiste, se non come alibi per non coinvolgere le coscienze e non trovare precise responsabilità, poiché ogni infortunio è sempre determinato da più cause, singolarmente prevedibili. La sicurezza comincia dall’organizzazione del lavoro e dalla qualità della stessa impresa, mentre, da diversi anni, un falso concetto di “modernità” e di “efficienza” economica sta provocando uno scadimento qualitativo delle nostre maggiori imprese, sempre più sganciate dall’attività produttiva vera e propria. E’ una efficienza senza innovazione, senza formazione ne’ valorizzazione del capitale umano, che fa crescere fatturati e utili a fronte di una caduta verticale dell’occupazione, e dell’ affidamento a terzi della realizzazione delle opere, sicurezza compresa. L’appaltatore tende sempre di più a somigliare ad un sub-committente, mentre per il committente si complica il suo ruolo di controllore, tra la miriade di imprese che contemporaneamente operano e interferiscono nei cantieri.
Tornando alla pratica di lavoro attuata nei lavori del G.R.A., su otto imprese aggiudicatrici degli appalti, tranne tre sole eccezioni (per le quali andrebbero fatte osservazioni non oggetto di questa nota), la maggioranza di queste, almeno fino ad oggi, impegna sul cantiere un numero esiguo di operai (anche due sole unità) a fronte di cinquanta-ottanta operai presenti su ciascun lotto. E’ più che evidente che chi ha vinto le gare di appalto, di fatto, non esegue l’opera e, col tempo, se questa situazione risulterà redditizia, sarà sempre meno una impresa edile e sempre più una scatola vuota.
Per spiegare quanto sopra, a parte gli interrogativi che possono permanere, non è sufficiente chiamare in causa i sub-appalti, comunque regolamentati e controllati, ma occorre tener presente che esistono altri sub-contratti, quali la “fornitura” e i “nolo”, non soggetti all’autorizzazione della stazione appaltante (se volessimo estendere di più il discorso, ma non si tratta del nostro caso, potremmo aggiungere che non sono sottoposti neppure all’obbligo della certificazione antimafia), i cui passaggi sono resi possibili da margini ricavati probabilmente anche comprimendo i costi della sicurezza, gli unici non assoggettati al ribasso fin dall’origine.
In questa situazione il Committente, che deve controllare la qualità dell’opera e contemporaneamente garantire la sicurezza dei lavoratori deve prendere atto delle mutate condizioni, cioè del fatto che il suo naturale interlocutore, l’appaltatore, si sta progressivamente deprofessionalizzando, essendo meno impegnato nella esecuzione dei lavori e, di conseguenza, anche oggettivamente meno affidabile nell’assolvere direttamente gli impegni assunti sulla sicurezza dei lavoratori, soprattutto se ne ha ceduto a terzi le risorse.

In questa battaglia per una crescita qualitativa del settore e contro gli infortuni sul lavoro, occorre coinvolgere ed impegnare tutti: istituzioni, forze sociali, imprese. Il comparto delle costruzioni è sempre vissuto in un contesto privo e disgiunto da interlocutori politici e istituzionali che potessero promuovere e gestire provvedimenti normativi finalizzati alla ristrutturazione, riconversione e innovazione tecnologica degli apparati produttivi e delle modalità lavorative. A tal fine ci sembra utile allegare a queste nostre considerazioni la proposta di Articolato normativo presentato dai sindacati delle costruzioni al Parlamento e agli operatori del settore.

 

 

Roma,  7 novembre 2005

 

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