Dipartimento Politiche Attive del Lavoro

 

Circolare INPS 7 luglio 1990, n. 152

 

 

INTEGRAZIONE SALARIALE PER CIG E TRATTAMENTO ECONOMICO DI MATERNITÀ O DI MALATTIA

 

INPS

SERVIZIO PMMC

 

 

Circolare n.  152

 

Roma, 7 luglio 1990

 

OGGETTO: Prestazioni economiche di malattia e di maternità e trattamento di integrazione salariale: equiparazione dei periodi di integrazione a quelli di effettivo lavoro.

 

 

Come è noto, ai sensi degli articoli 7 e 30 del Contratto Collettivo Nazionale 3 gennaio 1939, ancora in vigore per effetto del disposto di cui all'art. 43 del DLgs 23 novembre 1944, n. 369 ed applicabile in forza dell'art. 6 della legge 11.1.1943, n. 138, il lavoratore cessato o sospeso dal lavoro conserva il diritto all'indennità di malattia, in misura ridotta, per gli eventi morbosi insorti entro due mesi (o 60 giorni, se il conteggio a giorni anziché a mesi risulta più favorevole al lavoratore) dall'inizio della cessazione o sospensione del rapporto di lavoro.

Anche la sospensione dal lavoro a zero ore con intervento ordinario o straordinario della Cassa Integrazione Guadagni  era considerata fattispecie rientrante nella ipotesi normativa anzidetta, risultando sospese le obbligazioni principali connesse al rapporto di lavoro.

Per gli eventi di maternità, ovviamente, era applicato l'art. 17, u.c., della legge n. 1204/1971 in base al quale l'indennità giornaliera di maternità compete purché l'astensione obbligatoria abbia inizio durante un periodo di trattamento di integrazione salariale; cessato quest'ultimo, peraltro, il riconoscimento del diritto avveniva alle medesime condizioni sopra descritte a proposito dell'indennità di malattia (non dovevano, cioè, essere trascorsi due mesi dalla data della sospensione dal lavoro).

Entrambe le prestazioni economiche in questione, inoltre, quando dovute, venivano commisurate al salario percepito dall'interessato con riferimento all'ultimo periodo di paga scaduto in cui lo stesso aveva concretamente svolto attività lavorativa.

Tutto ciò premesso si fa ora presente che l'impostazione seguita dall'Istituto nella materia «de qua» è stata talvolta contraddetta negli ultimi anni dalla Corte di Cassazione  la quale ha ritenuto che durante il periodo di ammissione del dipendente al trattamento di integrazione guadagni, sebbene difetti la prestazione lavorativa, lo stesso mantiene lo «status» di lavoratore occupato.

Nei relativi giudizi la Corte ha infatti affermato che la fictio juris attraverso la quale il legislatore ha equiparato i periodi di integrazione salariale a quelli di effettiva prestazione di lavoro ai fini del diritto alla assistenza sanitaria (art. 4 della legge 20.5.1975, n. 164 e art. 6 della legge 6.8.1975, n. 427) ed ai fini del conseguimento del diritto a pensione e della determinazione della misura di questa (art. 2 della legge 8.8.1972, n. 464 e art. 3 della legge n. 164/1975) costituisce un principio di ordine generale applicabile a qualsiasi istituto sul quale possono ripercuotersi gli effetti negativi della condizione in cui il lavoratore viene a trovarsi in conseguenza dell'ammissione dell'impresa al regime di integrazione guadagni, ordinario e straordinario.

Da ultimo anche la Corte Costituzionale, con sentenza n. 619 del 30.12.1987, ha confermato la legittimità costituzionale dell'art. 3, secondo comma, della legge 8 agosto 1972, n. 464 , nel presupposto che l'esatta interpretazione da dare al problema era quella di cui all'indirizzo «consolidato» della Corte di Cassazione più sopra citato.

Per l'adeguamento al principio sopra richiamato, si impartiscono, di conseguenza, le seguenti istruzioni, da ritenere applicabili anche agli interventi di integrazione dei salari degli operai dipendenti da imprese agricole di cui al già citato art. 8 della legge n. 457/1972.

I periodi ordinari e straordinari di integrazione guadagni sono da intendersi equiparati, ai fini del diritto alla indennità giornaliera di malattia e di maternità per astensione obbligatoria , ai periodi di effettivo svolgimento di attività lavorativa.

Dai criteri ora introdotti consegue che sono da ritenersi indennizzabili, ove regolarmente documentati, nei limiti temporali massimi ordinariamente previsti:

a)          in misura intera gli eventi morbosi iniziati durante il trattamento di integrazione salariale , a partire peraltro dalla cessazione del trattamento stesso, se trattasi di intervento straordinario ;

b)          in misura ridotta gli eventi morbosi iniziati entro due mesi (o 60 giorni) dalla cessazione del trattamento integrativo di cui trattasi (ovviamente, in caso di mancata ripresa del lavoro).

Per quanto riguarda gli eventi di maternità per astensione obbligatoria, fermo restando il diritto alle prestazioni, già previsto dalla normativa vigente, per tutti gli eventi insorti durante il godimento del trattamento di integrazione salariale, vale, come è evidente, pure il principio della copertura assicurativa di due mesi (o 60 giorni) per le interdizioni dal lavoro iniziate dopo la cessazione del medesimo trattamento.

Nessuna indennità è erogabile per gli eventi di malattia o di maternità insorti oltre il secondo mese dalla cessazione dell'intervento ordinario o straordinario di integrazione guadagni senza che sia stata ripresa l'attività lavorativa.

Altre sentenze della Corte di Cassazione , che evidentemente si ricollegano al medesimo principio di fondo, hanno stabilito che il parametro per la determinazione dell'indennità di maternità a favore della lavoratrice sospesa ed in godimento della integrazione salariale straordinaria è costituito dalla retribuzione media globale giornaliera che una lavoratrice della stessa categoria, che abbia continuato a svolgere regolarmente la prestazione lavorativa, ha percepito nel periodo di paga scaduto ed immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio l'astensione obbligatoria dal lavoro per maternità.

Il principio stesso è da ritenere applicabile anche alle prestazioni economiche di malattia ; nella considerazione, poi, che la Magistratura (anche la Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale) non distingue tra l'una e l'altra forma di integrazione salariale nell'operare l'equiparazione dei relativi periodi alla effettiva presenza di lavorò retribuito, esso appare estensibile pure ai casi in cui, al verificarsi dell'evento protetto - malattia o maternità - il lavoratore non sia in costanza di effettivo lavoro perché in trattamento ordinario di integrazione salariale.

Pertanto, in tutte le situazioni di specie, va presa a riferimento, agli effetti erogativi in questione, la retribuzione che l'interessato avrebbe percepito nel periodo di paga quadrisettimanale o mensile scaduto ed immediatamente precedente all'evento, qualora non si fosse verificato l'intervento di integrazione salariale.

Tanto vale anche per i lavoratori con trattamento di integrazione salariale ad orario ridotto , con la conseguenza che, nella circostanza, l'eventuale indennità di malattia (in misura intera) o di maternità, sarà calcolata prendendo a riferimento gli emolumenti del mese (o quattro settimane) precedente, ottenuti sommando a quanto effettivamente erogato al lavoratore a titolo di retribuzione nel mese considerato, la parte di retribuzione oggetto, nel mese stesso, di integrazione salariale.

Le presenti disposizioni sono da ritenersi applicabili agli eventi di malattia e di maternità non ancora definiti alla data della presente circolare, nonché, su richiesta degli interessati, agli eventi definiti ma per í quali non siano decorsi i termini di prescrizione annuale vigenti nella materia ovvero non siano intervenute sentenze passate in giudicato.

Quanto sopra in presenza, comunque, di idonea documentazione sanitaria inviata nei termini e secondo le modalità previste.

Ciò posto, per quanto concerne in particolare gli eventi definiti da oltre un anno, si chiarisce che, per l'indennizzabilità degli stessi da parte dei datori di lavoro ed i conseguenti conguagli con i contributi, occorrerà, oltre alla previa richiesta del lavoratore (anche se nel frattempo cessato), da conservare agli atti dell'azienda, l'esplicito benestare dell'Istituto, subordinato all'esistenza di formali atti interrottivi della prescrizione annuale, inoltrati dagli interessati (o da loro rappresentanti) all'Istituto medesimo.

In caso di benestare (nonché nell'ipotesi in cui non sia trascorso un anno da quando la prestazione era dovuta") le indennità potranno essere corrisposte, per conto dell'Istituto, a cura delle aziende, secondo le norme comuni, ferme restando le necessarie registrazioni rettificative sui documenti aziendali: contestualmente si provvederà agli adempimenti contributivi conseguenti all'eventuale corresponsione di trattamenti a carico del datore di lavoro (integrazioni delle indennità di malattia anticipate, pagamento della carenza).

Circa le modalità di conguaglio, i relativi dati dovranno essere esposti unitamente a quelli delle altre indennità di malattia corrisposte nel mese.

Per le fattispecie di pagamento diretto" per le quali non sia intervenuta prescrizione o sentenza passata in giudicato, agli adempimenti necessari provvederà, a domanda del lavoratore, l'Istituto, che avrà cura di acquisire, se necessario, le notizie dal datore di lavoro.

Anche in tale ipotesi la circostanza dovrà trovare conferma in parallele registrazioni rettificative della documentazione aziendale, se prevista.

 

Il Direttore Generale

       Prof. Billia