Agenda Contrattazione

Dipartimenti

Documenti

Uff.Stampa

Dove siamo

Chi siamo

Mappa sito

   

  

 

La resistenza degli edili: il Quadraro di Roma

Intervento conclusivo di Franco Martini

 

Vorrei dire con molta semplicità, ma certo di interpretare il sentimento di tutto il gruppo dirigente della Fillea, che questa è una giornata importante per la vita della nostra organizzazione poiché contribuisce a rinsaldare e rinnovare in tutti noi la consapevolezza del rapporto stretto e necessario che esiste tra passato e futuro ed in particolare tra il nostro passato, quello di questa categoria e il futuro per il quale ci battiamo dentro il settore che rappresentiamo.

 

Anche per questo vorrei nuovamente ringraziare tutti coloro che con la loro partecipazione hanno contribuito a rendere possibile questo importante e qualificato appuntamento: gli storici, i ricercatori, i docenti che hanno scavato nel nostro vissuto; i rappresentanti dell’Anpi romana; i dirigenti anziani della Fillea la cui funzione in questa organizzazione come avete visto non si è ancora esaurita e coloro che hanno portato le testimonianze dirette, la compagna Truffi (uso un solo cognome importante per noi, per poter sintetizzare il ruolo della staffetta partigiana ed il suo legame con un indimenticato dirigente della Fillea) ed il compagno Sisto Quaranta, ma anche chi non è intervenuto ma è stato presente a questa iniziativa, tra tutti il compagno Bottazzi; la Fondazione Di Vittorio ed il suo Presidente Carlo Grezzi la cui sollecitazione è stata fondamentale per promuovere questo appuntamento, ed infine la Fillea di Roma e Sandro Grugnetti per il contributo dato alla ricostruzione dell’evento su cui si è concentrata l’iniziativa.

 

Partecipando a questa discussione abbiamo avuto la conferma di quanto ricca sia la storia di questa categoria ed essendo ricca la loro storia è anche ricco l’intreccio con la storia del nostro Paese.

Come sapete gli edili sono persone umili, è una categoria umile e questo spesso li porta a non valorizzare tante ricchezze che possiedono, compresa la loro storia, a molti non del tutto conosciuta. E’ poi un lavoro massacrante quello del sindacalista degli edili, sicuramente tra i più impegnativi e tutto ciò ci porta spesso a mettere in secondo piano quello che avremmo da dire, da far sapere che ci riguarda direttamente, ma che riguarda poi la vita di tutto il Paese.

 

Per questo dobbiamo concludere questa iniziativa assumendo l’impegno di superare per quanto possibile questo limite, di riportare la nostra storia al centro dell’attenzione, offrendo così il nostro contributo alle riflessioni e alle iniziative che il sessantesimo della liberazione ed il centenario della Cgil sollecitano.

Dobbiamo farlo perché –come è stato detto- è in atto una pericolosa revisione della storia, a partire dalla storia della Liberazione, ma anche perché nel Paese è in atto una brutta crisi, una crisi grave e pericolosa, dove il declino non rappresenta solo la caduta di parametri quantitativi dello sviluppo, ma un ripiegamento dei valori positivi che dalla Liberazione e dalla nascita della Repubblica ha ispirato lo sviluppo della democrazia nel nostro Paese. Il declino è soprattutto una seria crisi della democrazia in questo Paese.

 

Per questo vogliamo offrire il massimo contributo alla ricostruzione della nostra memoria, consapevoli dell’importanza che la memoria assume nella battaglia a difesa dei valori democratici e di libertà ed è un impegno che assumiamo oltre l’ultimo sopravvissuto, in questo caso ai fatti del Quadraro di Roma.

Vorrei dirlo al compagno Sisto, innanzitutto: per noi questa iniziativa è un ideale passaggio di testimone tra chi di quella memoria è stato attore e protagonista, purtroppo vivendone pienamente il lato tragico e noi che quel testimone dobbiamo raccoglierlo per farlo vivere nella missione sociale e sindacale di cui abbiamo assunto la responsabilità.

 

Un forte investimento della Fillea, dunque, nella ricerca storica, consapevoli che non possiamo farlo da soli. Noi possiamo mettere a disposizione sensibilità, mezzi, risorse, poi abbiamo bisogno di chi la ricerca storica la fa di mestiere.

Da qui la convinzione che il rapporto con l’Università, con la Ricerca, con le associazioni e le Fondazioni, a partire dalla Di Vittorio, con il mondo della scuola, mettendo a disposizione anche borse di studio e altro è assolutamente indispensabile.

 

Per questo a tutti voi che siete intervenuti questa mattina chiederemo un contributo per progettare insieme una vera e propria sezione specifica di attività della Fillea che lavori sulla nostra storia, sull’identità di questa categoria.

 

L’identità è il terreno giusto sul quale lavorare, l’identità di una categoria che è parte integrante dello sviluppo di buona parte di questo Paese. L’identità degli edili è nella storia dello sviluppo delle grandi città, nell’abbandono delle campagne e nei processi di urbanizzazione, nei grandi flussi migratori e nella contaminazione che questi hanno prodotto tra il Sud e il Nord. La storia degli edili è un pezzo importante della storia d’Italia e l’identità di questa categoria è una risorsa importante per decodificare e per interpretare molti processi di sviluppo storico e sociale del Paese.

 

Oggi abbiamo parlato di una vicenda che non a caso si è sviluppata a Roma, essendo Roma, come alcune altre città del Nord una città la cui storia è fatta di tanta parte della stessa storia degli edili.

Della storia del Quadraro dovremo continuare ad occuparci, tentando ancora di ricostruire, di ritrovare testimonianze, documenti, episodi che possano completare la ricostruzione di una delle più tragiche pagine di storia della capitale.

Già molto è stato fatto e vorrei ringraziare gli alunni e i docenti della scuola che ha prodotto il documentario del quale vi abbiamo proiettato in apertura una sintesi.

Ma è nostra intenzione andare oltre, con il contributo di coloro che abbiamo ascoltato e di tutti coloro che ancora potremo mobilitare. Ne parleremo nei prossimi giorni con la Fillea di Roma, ma analogamente dovremo fare con le strutture territoriali dove più forte è stato lo sviluppo del settore negli anni della ricostruzione.

 

L’investimento sulla memoria non ha solo ragioni che guardano al passato. Vi è un presente e un futuro che lo rivendicano, che lo impongono come necessario.

Innanzitutto per rispondere alla domanda che molti si fanno: quella tragedia può ripetersi? Può sembrare una domanda retorica perché a tanti anni di distanza e in un mondo così tanto cambiato una tragedia come quella di cui abbiamo parlato può sembrare del tutto antistorica. Ma sappiamo che non è così. C’è un seme che può sempre germogliare e può germogliare tanto nelle spinte alla revisione storica, quanto negli scenari tragici delle guerre che ancora si combattono in tutto il mondo e che non sono solo quelle di cui molto si parla, perché tante guerre dimenticate sono scenari di immani tragedie umanitarie.

Lì stanno le prove che il seme può continuare a germogliare e di quel documentario che abbiamo visto una delle immagini che io considero più inquietanti è quella dove compaiono le scritte inneggianti ad Hitler.

 

Per questo è importante la memoria, perché di questa tragedia non bisogna mai stancarsi di parlarne, di spiegare cosa è stato, anche oltre l’ultimo dei sopravvissuti, per quanta lunga vita io auguri a chi ancora oggi è testimone diretto di quelle vicende.

Ma parlarne è fondamentale. Nelle scorse settimane la Regione Toscana ha organizzato un “treno della memoria” con il quale tanti studenti sono andati a visitare i campi di sterminio. Abbiamo avuto la conferma al loro ritorno (ma non ve n’era bisogno dato che ne siamo già convinti) di una cosa che già sapevamo e cioè che chi vede non torna mai come era partito, che queste esperienze segnano profondamente le coscienze soprattutto dei giovani. Per questo non bisogna mai stancarsi di parlarne, di offrire testimonianze e la memoria è importante proprio per questo, per mantenere dentro il futuro un diaframma netto e insuperabile con ciò che ha alimentato in quel tragico passato le atrocità che sappiamo.

 

Ma c’è un altro nesso con il presente. Se la guerra, la deportazione, se i campi di prigionia, di lavoro forzato sono la negazione della persona umana, dei suoi diritti, della sua dignità, il seme di questa negazione germoglia tutti i giorni anche nel mondo del lavoro, anche nei nostri cantieri, non ovviamente con le forme atroci e brutali che abbiamo conosciuto, ma con altrettanto disprezzo della persona.

Abbiamo molto discusso in questi mesi di fenomeni allarmanti, come quello dell’abbandono di lavoratori caduti dalle impalcature vicino ai cassonetti della spazzatura. E’ chiaro che lì c’è tutta una storia di ricatti, di condizionamenti, di paure, di illegalità ma tutto questo ci può essere perché c’è anche profondo disprezzo per la dignità delle persone.

 

Ecco perché crediamo coerente batterci per una politica di valorizzazione delle persone che lavorano, perché qui si c’è il seme positivo della democrazia, di una democrazia fondata sui diritti delle persone, sulla loro dignità. Questa è la politica per cui si batte la Fillea e per la quale non smetterà di impegnarsi quotidianamente a fondo.

 

Infine, la lotta per la pace. Quelle tragedie si sono potute consumare perché vi è stata la guerra che ha prodotto atrocità. Dobbiamo combattere l’uso della guerra perché la guerra non rende impossibile ripetere quelle atrocità. Già in tanti teatri di guerra odierni assistiamo a manifestazioni di totale negazione dei diritti delle persone e di grandi atrocità.

Vogliamo per questo lanciare una nuova campagna, “edili, costruttori di pace”. Perché edili costruttori di pace? Perché se ci pensate bene il prodotto del nostro lavoro è tutto ciò che sorregge la civile convivenza di una comunità. Cosa costruiscono gli edili? Le case, le scuole, gli ospedali, le strade, gli acquedotti, tutti simboli della convivenza pacifica, luoghi di progresso della civiltà. Chi costruisce queste sedi della vita democratica non può che essere per la pace, non può che respingere la guerra, che distrugge questi simboli di comunità pacifica.

 

Noi possiamo essere in prima fila nel movimento per la pace, anche perché siamo ormai una categoria con una presenza sempre più massiccia di lavoratori stranieri. Siamo quindi un importantissimo laboratorio multietnico, un esempio di pacifica convivenza tra culture diverse, tra diverse religioni, dove il rispetto del diverso è una pratica quotidiana. Almeno per questo ci battiamo.

 

C’è un’identità in movimento. Questa diversità, che noi viviamo come una ricchezza, ridisegneranno nel tempo l’identità della categoria e a questo processo guardiamo con tanto entusiasmo ma non senza inquietudini per le grandi incertezze e le mille contraddizioni che abbiamo davanti.

Anche per questo ricostruire la nostra storia, far emergere l’identità che ne ha rappresentato il motore dominante è importante, poiché ci fa sentire meno fragili di fronte a queste incognite del futuro.

 

Infine dobbiamo farlo per rendere più robusto il progetto di rinnovamento del gruppo dirigente della Fillea al quale stiamo lavorando. La generazione alla quale vogliamo consegnare questa grande organizzazione, nei prossimi anni, sarà sempre più lontana dai testimoni e dalle vicende di cui abbiamo parlato.

Anche noi lo siamo stati, ma abbiamo avuto la fortuna di crescere con una grande contiguità con quel patrimonio di esperienze e di lotte, abbiamo goduto più facilmente di una trasfusione di esperienze dirette, rimanendone avvantaggiati sul piano delle sensibilità.

I trentenni a cui guardiamo oggi avranno noi come riferimento e non le compagne e i compagni che hanno fatto la resistenza e che ancora vivevano attivamente la vita delle grandi organizzazioni di massa. Anche per questo dobbiamo sentirci la responsabilità di far vivere il loro lascito politico nella costruzione dei nuovi gruppi dirigenti. Considerare, dunque, la memoria come mattone, come architrave del nostro futuro.

 

Da oggi ne siamo ancora più convinti e per questo in presenza di chi ci ha consegnato questa grande e ricca organizzazione ci assumiamo l’impegno a fare altrettanto.

Con questa promessa torneremo al nostro lavoro quotidiano, sapendo che tutto ciò di cui abbiamo discusso oggi non è altra cosa dall’impegno per difendere ed allargare i diritti dei nostri lavoratori.

 

 

Roma  4 marzo 2005

Via G.B. Morgagni 27 - 00161 ROMA - Tel: ++39 06 44.11.41  fax: ++39 06 44.23.58.49

©Grafica web michele Di lucchio