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FILLEA-CGIL - Comitato Direttivo Nazionale, Roma 19 dicembre 2003-12-19

 Relazione introduttiva di Franco MARTINI

 

La tradizione vuole che all’ultima sessione annuale del Comitato Direttivo si assegni il compito di fare un bilancio del lavoro svolto nel corso dell’anno ed al tempo stesso indicare gli obiettivi di lavoro per la prima fase del nuovo anno.

Credo di poter dire a questo proposito che anche il 2003 si chiude con un bilancio positivo dell’iniziativa e del lavoro svolto dalla Fillea a tutti i livelli.

Non sono solo i dati organizzativi a dimostrarlo. Come ormai è noto anche quest’anno il tesseramento chiuderà con una ulteriore crescita degli iscritti e questo può essere il frutto solo di un grande lavoro che ha visto protagonisti tutti i dirigenti ed i funzionari territoriali delle nostre strutture.

Ma è il frutto anche di un contesto positivo determinato dal livello politico dell’iniziativa che la Fillea ha condotto in questi mesi, una iniziativa che ha cercato di tenere alto il livello della proposta e del confronto nel sindacato e con gli interlocutori sia di parte istituzionale che imprenditoriale.

Il prodotto più significativo di questa fase è senza dubbio il bilancio delle piattaforme presentate per il rinnovo dei Ccnl, piattaforme unitarie e di alto profilo, che già nei primi passi mossi ai tavoli negoziali hanno contribuito a rendere il confronto negoziale tutt’altro che un esercizio accademico e rituale.

Ma anche l’iniziativa sui temi del settore, a partire dal problema della qualità dei processi normativi ed istituzionali, è stata oggetto dell’impegno di tante strutture della nostra categoria, si da determinare in molte regioni risultati apprezzabili nel confronto per la messa a punto delle leggi regionali sugli appalti.

Anche la stagione degli integrativi provinciali nel corso del 2003 ha trovato una sua sostanziale conclusione positiva, con risultati difficilmente riscontrabili nelle passate stagioni.

Quarantott’ore fa è stato siglato l’avviso comune presso il Ministero del Lavoro sul tema della lotta al sommerso, con l’adesione di tutte le associazioni dell’impresa, credo anche in questo caso con pochi precedenti nel corso recente della storia di settore.

In quel accordo si ribadiscono richieste storiche a sostegno del nostro settore, sia di natura fiscale e decontributiva,ma anche relative alla trasparenza e alla messa in sicurezza dei cantieri, nel quadro della lotta contro gli infortuni e il lavoro nero e irregolare.

Ma nel corso di quest’anno abbiamo anche provato a compiere passi in avanti su nuovi fronti della rappresentanza, a partire dall’attivo nazionale di Bologna, che nel giugno di quest’anno ha gettato le basi per un lavoro organico della Fillea sul tema degli stranieri; così come, la costituzione di Fillea Restauro, con la presenza nella struttura Nazionale di un preciso punto di riferimento politico e organizzativo, esprime lo sforzo di scavare dentro una realtà in grado di offrire non solo nuove opportunità quantitative alla nostra rappresentanza, ma soprattutto terreni per un salto di qualità delle problematiche inerenti lo sviluppo del settore.

Abbiamo molto seminato ed in alcuni campi abbiamo anche avviato il raccolto. Ed è ciò che ci autorizza ad esprimere soddisfazione per il lavoro svolto da tutti noi.

Ma ancora una volta il 2003 sarà ricordato come l’anno dei morti sul lavoro in edilizia e questo non può certo soddisfarci.

Il problema non è quello di cercare attenuazioni dietro i dati di una statistica che sembrerebbe dimostrare il contrario di ciò che pervade il sentimento diffuso della gente, la morte nei cantieri…

La realtà è che la questione del lavoro nei cantieri, ed in particolare, la cruda realtà di un lavoro che resta in balia delle dinamiche più selvagge è il tratto dominante del modo come il nostro settore viene rappresentato e riconosciuto dalla gente.

Poco più di un mese fa la tragedia di Genova ha suscitato molta emozione nel Paese, riproponendo il dramma delle morti bianche nei cantieri.

Per noi che con quei drammi ci misuriamo quotidianamente non era difficile prevedere che una volta spenti i riflettori su Genova la morte nei cantieri, ma più in generale nei luoghi di lavoro non avrebbe più fatto notizia.

 E siccome abbiamo definito il problema della sicurezza il nostro assillo quotidiano, come peraltro dimostrano i nuovi e gravi infortuni mortali di questi ultimi giorni, a partire da quelli che riguardano proprio la Capitale, dentro un bilancio sostanzialmente positivo quale quello di quest’anno non possiamo non avvertire un sentimento di rabbia e di insoddisfazione per la difficoltà a contrastare con efficacia quello che sembra essere un male incurabile del nostro settore.

Ma nel bilancio e nelle valutazioni che siamo chiamati a compiere a fine anno non possiamo decontestualizzare la Fillea ed il suo lavoro da ciò che accade fuori di noi. Anche perché molte di quelle cose hanno una incidenza sulla vita dei lavoratori e sulle dinamiche del settore che rappresentiamo.

Naturalmente non è mia intenzione proporvi un lungo ragionamento sui temi di ordine generale. Credo utile a questo proposito rimandare le analisi e le valutazioni alle considerazioni che il Direttivo Nazionale della Cgil, a partire dalla relazione di Epifani, ha svolto in questi due gioni.

Vi sono alcune parole-chiavi attorno alle quali può essere ricostruito lo scenario generale e purtroppo uno scenario assolutamente gravido di preoccupazioni: EUROPA – IRAK – FINANZIARIA – PENSIONI – Legge GASPARRI – Vertenza TRASPORTI ed altre ancora che disegnano il livello della crisi non solo economico-finanziaria del Paese ma soprattutto quella politica e sociale e che disegnano le inquietudini che attraversano la politica internazionale sollecitata da tensioni che rischiano di generare nuovi squilibri piuttosto che cercare un nuovo equilibrio.

Credo che il gruppo dirigente della Fillea debba partecipare alla riflessione che dentro la Cgil è presente su questi temi, in parte lo è già ma deve esserlo più di quanto già non lo sia.

Non possiamo e non dobbiamo chiuderci dentro il nostro mondo e così come portiamo nelle mobilitazioni generali tutto il peso di una categoria che non rinuncia ad essere reparto attivo e consapevole di questa mobilitazione, altrettanto dobbiamo farlo per contribuire a far vivere la posizione che la Cgil assume di fronte a queste grandi questioni. Anche perché questo è l’unico terreno vero e serio per rispondere a che si interroga quotidianamente, dentro e fuori di noi, sulle nuove rotte che dovremmo seguire.

Se un bilancio positivo possiamo trarre anche dell’iniziativa e dei risultati conseguiti dalla Cgil in questi mesi è grazie al fatto che il merito delle questioni ha sempre rappresentato la bussola con la quale ci siamo orientati ed è sempre tenendo al centro e con coerenza il merito delle questioni che abbiamo aperto contraddizioni negli altri, senza con ciò rinunciare ad una capacità evolutiva delle nostre stesse posizioni.

La parola EUROPA richiama il recente fallimento della Conferenza intergovernativa che aveva come obiettivo quello di dare una Costituzione all’Europa futura, e quel fallimento trascina con sé anche quello della presidenza italiana. Sarà difficile se non impossibile che la Conferenza IG possa riprendere i suoi lavori prima delle prossime elezioni europee, previste per giugno.

Non è difficile valutare le conseguenze di questo fallimento, a partire dal livello di fiducia verso il futuro dell’Europa. Secondo un recente sondaggio, per la prima volta gli euroscettici hanno superato gli ottimisti.

La crisi interviene nel momento in cui l’Europa avrebbe la necessità di costruire unitariamente una risposta in termini di politica economica e di sviluppo in grado di competere con le altre economie che hanno già riagganciato la ripresa, in particolarmodo gli USA, il cui motore sembra essere ripartito alla grande.

Al posto della coesione necessaria tendono a prevalere logiche e risposte “nazionali”, sia dei grandi Paesi ma non solo. La vicenda che ha visto Francia e Germania beneficiati di uno “sconto” sui parametri definiti nel Patto di Stabilità alimenta la preoccupazione che di fronte alla crisi economica ed occupazionale che sta ancora colpendo il vecchio continente ognuno cerchi di fare da sé e per sé.

Mentre una azione europea a favore della crescita è qualcosa che va oltre i consistenti investimenti per le infrastrutture delle reti transeuropee e per l’innovazione che pure sono indispensabili e che il Consiglio Europeo è riuscito a deliberare, approvando le grandi opere del “programma di avvio rapido”. Ricordo che si tratta di una trentina di progetti per circa 220 miliardi di Euro da realizzare da qui al 2020.

E’ del tutto evidente che il fallimento del futuro costituzionale dell’europa non aiuta la battaglia dei sindacati per affermare l’Europa sociale e l’ancoraggio alla strategia di Lisbona.

Dieci giorni fa la Fillea ha partecipato al Congresso della Federazione Europea di categoria e in quella occasione abbiamo potuto registrare la difficoltà e la distanza che separa il nostro sindacato dalle tematiche che segnano la vita e il futuro dell’Europa.

E’ chiaro che tali difficoltà rischiano di essere ancor più gravi a fronte di una crisi che indebolisce ulteriormente l’interlocuzione con le istituzioni europee.

La crisi europea non aiuta il processo di pace nel mondo.

E’ del tutto evidente che la cattura di Saddam non sposta le nostre ragioni di contrarietà alla guerra in Irak e conseguentemente il giudizio sull’invio dei militari italiani e la loro permanenza.

Così come non modifichiamo l’opinione contraria alla guerra preventiva come leva per ridefinire un nuovo ordine mondiale.

Purtroppo la ripresa del terrorismo in quella area, così come il permanere delle tensioni nel conflitto israelo-palestinese confermano che non vi sono alternative al ruolo e alla funzione della comunità internazionale, rappresentata innanzitutto dall’Onu, che deve agire subito per avviare il processo di ricostruzione dello stato iracheno e delle sue istituzioni, un processo di ricostruzione che non può alimentare il sospetto più che fondato del bussnes dei Paesi che hanno condotto il conflitto.

L’Europa si è divisa su questi problemi e l’Italia ha sempre scelto una posizione subalterna all’amministrazione americana e tutto ciò pesa negativamente sul contributo che è mancato alla politica di Pace di cui il nostro Paese e l’Europa potevano essere protagonisti.

Per queste ragioni la Cgil ha scelto di rinnovare il proprio impegno sul versante dell’iniziativa e della mobilitazione sui temi internazionali, anche perché siamo di fronte a problemi che incidono sulle condizioni delle persone che noi rappresentiamo.

Credo giusto che la nostra Segreteria dedichi una delle sue prossime riunioni ad un incontro con il dipartimento internazionale della Cgil per discutere del proprio impegno sulle questioni internazionali e sul versante anche della cooperazione (con Prosvil).

Sulla terza parola-chiave, la FINANZIARIA, abbiamo già detto tutto quello che potevamo dire avendo in queste settimane preparato l’importante manifestazione del 6 Dicembre a Roma.

Abbiamo chiarito come non si tratti solo della vicenda Pensioni. La Finanziaria è il fallimento totale della politica economica e sociale del Governo e fotografa il rischio ed in alcuni casi già la certezza del peggioramento delle condizioni materiali delle persone che studiano, lavorano o sono in pensione.

La scuola pubblica è stata massacrata, così come abbandonato del tutto sono stati settori strategici come la formazione e la ricerca. Le politiche del lavoro hanno prodotto nuova precarietà e pochi nuovi posti di lavoro strutturati (e quelli prodotti, come nel nostro settore sono frutto del mercato che tira non certo dei provvedimenti del governo). Le politiche di sostegno allo sviluppo non esistono mentre lo Stato Sociale anch’esso ridimensionato subisce anche le conseguenze dei pesanti tagli alla finanza locale, che peraltro metteranno molte amministrazioni locali, provinciali e regionali nella condizione di non poter rinnovare facilmente gli stessi contratti di lavoro nei settori dei servizi.

La vicenda del trasporto locale, al netto degli aspetti che più hanno fatto notizia, contiene anche questo significato.

Per queste ragioni il Direttivo Nazionale della Cgil, che ieri ha precisato la sua proposta sulle pensioni, lo ha fatto collocando questa annosa questione dentro una proposta generale sullo Stato Sociale.

Se il Governo, reo-confesso, dato che Tremonti almeno questa bugia non ha potuto dirla, affida alla manovra pensionistica il compito di fare cassa è del tutto evidente che per noi questa logica è inaccettabile sia per le conseguenze che sulla riforma verrebbero a determinarsi, sia per il fatto che verrebbe a determinarsi un ulteriore abbassamento del livello della spesa sociale nel nostro Paese.

Come abbiamo detto in più di una occasione il problema che ha questo Paese non è tanto quello di una spesa pensionistica più alta degli altri Paesi quanto quello di una spesa sociale molto più bassa. E’ di Stato Sociale che si deve parlare –dunque- ed in primo luogo.

Dopodiché, sulle pensioni, la nostra proposta si muove sostanzialmente nell’impianto della riforma alla cui verifica, prevista nel 2005, si rischia di arrivare senza una piena attuazione in punti sostanziali.

Uno di questi, tra l’altro, ci coinvolge direttamente perché riguarda i fondi contrattuali, il decollo della previdenza complementare. E’ ovvio che la mancata spinta esercitata in questa direzione non aiuta neanche noi a vincere resistenze soggettive che incontriamo tra i lavoratori.

I compagni del Direttivo sanno che il bilancio delle nostre adesioni ai fondi non è entusiasmante e su quello degli edili ci stiamo giocando una scommessa grande come una casa, dato che fra 12 giorni scade l’accordo sull’Apes che in alternativa avrebbe dovuto avere un sistema di previdenza complementare efficiente nel settore.

Su un altro punto della nostra proposta, credo che per la Fillea non sia difficile capirne le ragioni. Parlo dell’indisponibilità a modificare l’età pensionistica. Però, in questo caso, vorrei che fossimo più espliciti, perché il tema dell’allungamento della vita lavorativa, come effetto dell’allungamento delle aspettative di vita non è tema che appartiene al prossimo secolo.

Ma questo tema non può non richiamare una riflessione vera sui “lavori” che sono diversi tra loro. Voglio dire che la vita può allungarsi e forse anche il lavoro. Ma per chi lavora in cava, o sulle impalcature o nelle gallerie od altro ancora il problema resta serio, resta un problema serio di “usura” che la riforma non ha risolto adeguatamente.

Dobbiamo sapere che questo problema è dietro l’angolo e se già facciamo fatica a mantenerlo dietro l’angolo oggi, sarebbe impossibile farlo se dovessimo intervenire sull’età pensionistica.

Nel caso nostro non è solo un problema di lavoro usurante, ma anche di lavoro “discontinuo”, che in un sistema pensionistico contributivo rischia di essere fonte di abbassamento del valore della pensione. Il paradosso è che la discontinuità comporterebbe il lavorare più a lungo, ma il lavorare più a lungo comporta l’impatto negativo con la peculiarità del lavoro che in questo settore è a forte disagio.

Per questo la proposta che ha avanzato la Cgil, con la quale si collega la politica previdenziale al sistema degli ammortizzatori e alle prestazioni di uno stato sociale non residuale è quella che offre una risposta più completa ai problemi di chi oggi è al lavoro e deve costruirsi una pensione lungo una vita lavorativa non più lineare come lo era anni fa.

Ma questa è anche la ragione che rischia di incanalare il confronto con il Governo che dovrebbe riprendere dopo il 10 gennaio in un dialogo tra sordi. Il Governo ci ha chiesto una proposta per spendere meno; noi chiediamo al Governo di spendere di più, cioè di investire sullo stato sociale.

Oltre a quanto già detto occorre adeguare il Fondo sanitario nazionale alla media europea; va reso esigibile il diritto ai livelli essenziali di assistenza sociale e sanitaria in tutto il paese; è urgente la costituzione di un fondo nazionale per le persone non autosufficienti alimentato dalla fiscalità generale ed ancora uno strumento di lotta alla povertà e all’esclusione e vanno potenziate le prestazioni alle famiglie. Altro che tagli, dunque!

Come dirà meglio Epifani su queste proposte è in piedi un lavoro importante con Cisl e Uil. Nel corso di molte riunioni alle quali ho partecipato mi è capitato di incrociare una posizione, per la verità minoritaria, ma che va ugualmente combattuta: si dice che di Cisl e Uil è meglio non fidarsi, che tanto poi faranno l’accordo col Governo e c i lasceranno soli, anche sulle pensioni.

Il nostro mestiere non è quello di fare gli indovini, ma di lavorare per creare le condizioni affinché ciò non si determini. A me non pare che Cisl e Uil siano nelle stesse condizioni di quando andarono alla firma del Patto per l’Italia. Credo che anch’esse abbiano maturato la convinzione circa l’inaffidabilità di questo Governo, che è tale da mettere in crisi anche tutta la buona fede che può aver accompagnato i motivi della divisione precedente.

Non credo che la manifestazione di sabato scorso sia stata retorica. Noi stessi misuriamo tutti i giorni la volontà a consolidare i passi unitari che sono stati di nuovo compiuti. Certo che occorrerà per questo saper ascoltare le posizioni degli altri e non pensare che siano sempre sbagliate o pericolose e quando non le condivideremo, pure dopo un tenace confronto, vedremo come gestire le conseguenze.

Però, come diceva giustamente Guglielmo al Direttivo, meglio avere oggi questo problema, in queste condizioni, che non quello che avevamo il giorno dopo la firma del Patto!

E’ un po’ il lavoro e il metodo che abbiamo seguito per fare le nostre piattaforme contrattuali, soprattutto sui punti delicati che sappiamo.

Vengo dunque alla nostra stagione contrattuale. I tavoli ormai sono tutti aperti, anche se essenzialmente in fase di impostazione. L’unico più avanzato è quello del cemento che ha già definito positivamente la parte sulle relazioni sindacali e quello sul contratto a tempo determinato.

E’ presto, quindi, per fare considerazioni di ordine generale. Allo stato mantengo l’impressione che salvo imprevisti in edilizia, ma che assumerebbero secondo me più connotati tattici che strategici da parte delle controparti, i problemi principali non vengono –ad esempio- dalla legge 30.

Sicuramente non negli impianti fissi, per quanto riguarda la costituzione di nuovi enti bilaterali con compiti impropri.

Credo che faremo fatica –a questo proposito- a portare a casa quanto scritto in piattaforma soprattutto per lo scarso interesse delle controparti.

Del resto il tavolo del cemento sembra indicarci che sulle materie sulle quali è intervenuta la legislazione, come l’orario, non c’è indisponibilità della controparte a mantenere nell’ambito del ruolo contrattuale la definizione della materia, non risultano, quindi, allo stato forzature su questo.

Però può darsi che strada facendo le cose possano complicarsi.

No, la mia opinione resta quella che ho già espresso in altre occasioni. Le difficoltà maggiori le incontreremo soprattutto nel far avanzare il terreno della qualità, credo soprattutto in edilizia, dove forse ve ne sarebbe più bisogno.

Questo essenzialmente per una visione culturale della controparte che resta ancora arretrata, come alcuni di loro onestamente riconoscono. L’imprenditore medio è ancora quello che farebbe a meno del sindacato e vive il tema della qualità del capitale umano, dell’innovazione, della formazione, della sicurezza come un insieme di complicazioni che poco hanno a che fare con la vita del cantiere (questo mi confessava un importante rappresentante dei costruttori qualche giorno fa). E’ ovvio quindi che anche quel poco di illuministica disponibilità che potrebbe albergare nella delegazione padronale non solo si troverebbe a dover fare i conti con la nota burocrazia dell’Ance che non ha mai furia di fare le cose, ma anche con questo atteggiamento di una parte importante della delegazione.

Noi, naturalmente dobbiamo tenere ferma la barra al centro delle piattaforme che abbiamo presentato. Dobbiamo farlo forti anche del fatto che il sindacato non si è mai sottratto agli impegni per sostenere le misure che aiutino le imprese ad emergere dal sommerso, come la firma dell’AVVISO COMUNE di due giorni fa dimostra.

Con quell’avviso comune ribadiamo le storiche richieste di sostegno fiscale e decontributivo al settore secondo una visione finalizzata della politica fiscale, in questo caso finalizzata al sostegno della regolarità e della trasparenza delle imprese.

Ma le imprese non possono pensare di chiedere solamente, eventualmente di prendere senza dare sul terreno della valorizzazione del lavoro, a partire dalla valorizzazione professionale. Sono ragionamenti che abbiamo fatto da tempo e che dunque non sto a ripetere.

Dobbiamo tenere la barra al centro anche perché non è ammissibile indignarsi per i morti e i feriti nei cantieri o negli impianti fissi e poi spenti i riflettori dimenticarsi che quella battaglia si combatte anche attraverso un forte investimento per aiutare la crescita culturale e professionale del lavoro, per valorizzarne anche economicamente i contenuti professionali, per erogare prestazioni che tutelino il lavoro, per creare –innanzitutto- le condizioni di sicurezza nei cantieri.

Non è per scelta strumentale che alla presentazione della piattaforma dell’edilizia (ma vi prego di credere che per me vale per tutti i settori) abbiamo detto che quel tavolo si apriva ad un mese dalla tragedia di Genova e che quella tragedia, ma non quella di Genova, quella quotidiana è una tragedia che deve rappresentare una leva per far avanzare nei contratti le politiche dell’innovazione, oltre a quelle sulla sicurezza.

E qui vengo a un punto cardine del nostro ragionamento, perché so che dopo i fatti di Genova ci si è chiesti se davvero facciamo tutto quello che è in nostro potere di fare, ed anche la famosa dichiarazione di Guglielmo ha avuto per noi questo significato di sollecitazione.

Naturalmente sarebbe ipocrisia dire che facciamo tutto quello che possiamo fare. Sul tema della sicurezza permangono zone di forte sottovalutazione, permane un deficit culturale, che probabilmente è in tutti noi, a partire dal fatto che non ci ricordiamo di mettere le cinture quando saliamo in auto o se lo facciamo è per non perdere i punti più che la vita!

Soprattutto nelle piccolissime imprese vive un senso di impotenza, alimentato dalle quote di sommerso e lavoro irregolare non trascurabili.

Ma quello che non vogliamo stancarci di ripetere è che la battaglia per la sicurezza in una categoria come questa non nasce in “fabbrica”, nella fabbrica-cantiere, nasce prima. Se manchiamo nella fase che precede l’apertura del cantiere diventa tutto più difficile.

Allora, non dobbiamo stancarci di ripetere che la politica degli appalti –ad esempio- vale per noi quanto la 626, forse di più, che la contrattazione o la concertazione di anticipo con le stazioni appaltanti vale forse più di un controllo che gli organi ispettivi possono fare, che un bando di gara che includa le condizioni alle quali il subappalto possa venire esercitato vale quanto una denuncia, e cosi via…

Soprattutto dopo le modifiche negative introdotte alla legislazione sugli appalti, questa parte che attiene alla contrattazione territoriale sulla politica degli appalti è fondamentale per poi difendersi meglio in cantiere e battersi veramente per la piena attuazione delle norme.

Questa è la ragione per la quale, dopo aver lanciato la nostra strategia del Cantiere Qualità abbiamo costruito la nostra iniziativa sul territorio assieme alla Confederazione, alle Camere del Lavoro, perché questo è il modello che dove è stato applicato ha dato buoni frutti.

Dopodiché, io penso che dobbiamo implementare il nostro presidio sull’attività legata alla sicurezza. Penso ad esempio che una delle prime iniziative che dovremo fare nel nuovo anno è una Conferenza Nazionale dei RLS e RLST, per capire meglio come si muove questo esercito nei luoghi di lavoro, quali difficoltà ed ostacoli siamo chiamati a rimuovere e per superare i quali abbiamo anche investito nelle piattaforme contrattuali.

Per concludere il quadro dei rinnovi contrattuali dobbiamo aggiungere alle prevedibili difficoltà quelle legate a tutto il comparto dell’artigianato, poiché indotte dal tavolo confederale che è aperto da tempo. Lo stesso presidente di una delle associazioni artigiane ci ha confermato qualche giorno fa che il rinvio del tavolo confederale rischia di determinare il blocco del tavolo contrattuale, anzi dei tavoli contrattuali.

Abbiamo salutato con favore questo rinvio, dato che abbiamo così scongiurato il rischio di una pericolosa divisione in un comparto molto delicato. Resta tuttavia aperto il problema di ricercare con Cisl e Uil una sintesi unitaria.

Per quanto ci riguarda confermiamo la richiesta di mantenere l’edilizia fuori dal negoziato, posizione che a parole sembra essere condivisa da tutte le organizzazioni, compresa quella datoriale. Le ragioni sono evidenti e riferite ad un modello che ha dimostrato una sua validità, tanto da potersi ritenere punto di riferimento per l’evoluzione degli altri, ma non praticabile allo stato.

Oltre a questo problema, altri vanno affrontati. Il tema salariale, per il quale va individuata una soluzione che non annulli la funzione del contratto nazionale ripristinando in modo formale la pratica delle gabbie salariali; la difesa del potere d’acquisto deve per questo rimanere un compito del contratto nazionale.

Vi è poi il problema della bilateralità, che per noi deve mantenere funzioni distinti da quelle della rappresentanza. Però non tutti la pensano così: la Filca ad esempio sostiene che la delega possa essere mutualizzata. E’ un tabù o è semplicemente sbagliato?

Vi è inoltre il problema della previdenza complementare (Artifond) per il quale andrebbe individuata una via di uscita dallo stato comatoso in cui si trova.

Resta dunque il merito con tutta la complessità già nota, ma sulla quale possiamo forse fare uno sforzo ulteriore di approfondimento. Forse recuperando anche ritardi nella nostra discussione. So che diversi compagni si lamentano del fatto che la Cgil ancora non ha avviato la discussione sul nuovo modello contrattuale dopo quello che ha caratterizzato l’ultimo decennio. Questo in parte può essere vero, ma non dobbiamo trasferire automaticamente la vicenda dell’artigianato a quella dell’industria.

Comunque, come categoria possiamo dare un contributo importante su questo specifico settore e credo dovremo farlo subito dopo la pausa natalizia.

Per concludere le valutazioni sulla stagione contrattuale dobbiamo decidere comunemente con Filca e Feneal di dedicare i primi due mesi dell’anno al massimo sforzo di confronto sulle piattaforme per poi fare un bilancio di questa prima fase e valutare la necessità di avviare una mobilitazione della categoria.

La nostra opinione è che vi siano le condizione per procedere al rinnovo dei contratti in tempi brevi, a meno di un ostruzionismo strumentale delle controparti, ma a quel punto occorrerà “mostrare i muscoli”.

Anche per questo abbiamo detto di fare tutti gli sforzi per realizzare un rapporto permanente tra i tavoli negoziali e i luoghi di lavoro, al fine di informare tempestivamente i lavoratori sull’andamento delle trattative e coinvolgerli in ognuna delle loro fasi.

La concomitanza del Direttivo Fillea con la manifestazione unitaria di Vicenza sul tema dell’immigrazione non ci ha consentito di essere tutti lì presenti. Abbiamo mandato una delegazione per rappresentare la volontà di mantenere fede agli impegni presi a Bologna, in occasione dell’attivo di giugno. In parte questi impegni li abbiamo trasferiti nella stesura delle piattaforme contrattuali, in parte vivono nel lavoro di alcune strutture territoriali che in occasione della Bossi-Fini hanno rafforzato il loro impegno sia in termini di servizi che di sostegno sindacale.

Però stentiamo a diffondere la costituzione dei coordinamenti e l’articolazione territoriale dell’iniziativa. Questo resta uno dei primi impegni che assumiamo per il nuovo anno. Potremmo già immaginare un secondo attivo nazionale sempre nel mese di giugno che a un anno di distanza da Bologna tragga un bilancio degli impegni che ci siamo assunti e che debbono essere realizzati.

Dobbiamo poi recuperare un limite della nostra iniziativa dell’anno che si chiude e che riguarda i disabili. Come categoria siamo una delle principali fabbriche che producono disabilità e tuttavia non abbiamo costruito una iniziativa in materia, nell’anno del disabile.

Anche se l’anno (del disabile) finisce resta il problema sul quale dobbiamo sentirci impegnati a fare una iniziativa nelle prossime settimane.

Complessivamente, il 2003 ha contribuito al rafforzamento della nostra organizzazione.

Come diceva Righi ieri, il tesseramento chiuderà con un dato nuovamente positivo. Naturalmente su questo dato si riflette un andamento dei settori che rappresentiamo, ma soprattutto dell’edilizia, decisamente positivo. Ma è anche il frutto di un lavoro tenace che ha impegnato tutte le nostre strutture e che va apprezzato per lo sforzo e la passione espressa da tutti i nostri quadri.

Lo abbiamo ripetuto più di una volta, per quanto riguarda questa nostra categoria fare tesseramento significa mediamente ripartire ogni volta da meno 25% degli iscritti fatti l’anno precedente e non è cosa semplice produrre contemporaneamente due risultati: quello del recupero e quello della crescita ulteriore.

Per questo credo giusto ringraziare tutte le compagne e i compagni del lavoro fatto, confessando tuttavia che alla crescita ci abbiamo preso gusto e quindi ci aspettiamo anche per il 2004 una conferma della tendenza.

Dal canto nostro verrà confermata la politica di sostegno ai progetti di reinsediamento e di rinnovamento dei gruppi dirigenti che rappresenta di fatto la principale voce del nostro bilancio.

Così come intensificheremo lo sforzo per completare il decollo dei progetti che hanno contribuito e contribuiscono ad allargare l’immagine ed il radicamento della nostra organizzazione.

Su alcuni terreni la Fillea è diventata punto di riferimento e questo grazie anche all’efficacia del progetto-comunicazione andato a regime con l’anno che si chiude. Forse a noi sembrerà poca cosa, ma il Sito che abbiamo rinnovato ha raggiunto un numero di visitatori impressionante e non solo del nostro Paese e non a caso la pagina più visitata è quella sulla sicurezza, tema sul quale di fatto siamo interlocutori principali, a partire dalla rubrica quotidiana sui morti nei cantieri.

Così come non è poca cosa dopo la firma dell’Avviso Comune andare con le nostre dichiarazioni sul televideo della Rai assieme al Sottosegretario Sacconi, grazie al lavoro dell’Ufficio Stampa che quotidianamente ci tartassa ricordandoci che tante cose che facciamo è giusto farle sapere, è giusto farle diventare notizia perché si sappia del lavoro che conduciamo. E questo vale non solo per la struttura nazionale ma anche per quelle che stanno in trincea.

Siamo delle formiche molto laboriose e umili e manteniamo una certa allergia ad esporci, ma è una ritrosia che dobbiamo vincere perché in effetti molte cose che facciamo non hanno un interesse che si esaurisce all’interno dei confini dei nostri associati.

Con il 2003 abbiamo reso strutturale anche il progetto Fillea Restauro sul quale da alcuni mesi opera stabilmente presso la struttura nazionale la coordinatrice nazionale: Si tratta di una esperienza che ogni struttura che ha a che fare con le attività di restauro dei beni architettonici e culturali riconosce essere importante, non solo per la quantità di lavoro e di lavoratori coinvolti ma per le condizioni nelle quali questo lavoro si svolge.

Occorre dunque, in ognuna delle province maggiormente interessate ai cantieri di restauro fare da sponda al coordinamento nazionale per costruire i punti di riferimento territoriali, in parte già individuati, ma che devono essere aiutati a raggiungere quella autonomia organizzativa che sta alla base della costituenda Associazione che abbiamo voluto promuovere.

Abbiamo portato parte della problematica nella piattaforma contrattuale e questa è una occasione di confronto con il settore. Ma vi è poi tutta l’attività sul territorio che richiede, come già è avvenuto in alcune realtà –vedi la Campania- una attività di contrattazione preventiva con le istituzioni o le stazioni appaltanti.

Per questo intendiamo promuovere con il coordinamento nazionale un giro d’Italia per fare una verifica sul lavoro impostato dalle varie strutture che vivono sul loro territorio questa problematica.

Infine, nella sessione di ieri abbiamo approvato il progetto nazionale di formazione quadri.

Voglio ripetere per chi si fosse perso la puntata che, facendo uno sgarbo alla nostra umiltà, abbiamo l’ambizione di istituire una vera e propria scuola-quadri della Fillea, considerando l’attività di formazione il veicolo obbligato e complementare del percorso di ogni dirigente della Fillea.

Come avrete visto il progetto è complesso ma pienamente fattibile, soprattutto se prima ancora di entrare nelle agende sindacali riuscirà ad entrare nelle menti nostre.

Vi proporremo nei prossimi giorni gli appuntamenti per le riunioni interregionali dalle quali deve snodarsi la fase successiva del progetto per poi delineare le scadenze iniziali dello stesso.

Per non demoralizzarvi troppo oppure per non eccitarvi troppo (dipende dai gusti) abbiamo omesso un pezzo importante del progetto relativo al fatto che la Fillea si è candidata quale una delle due strutture della Cgil che dovrebbe partecipare nel 2004 al Master gestito dall’Istituto Superiore di Formazione.

Sembra che il Consiglio di Amministrazione dell’ISF in questi giorni abbia accettato la candidatura il che significa che una ventina di voi saranno selezionati per fare anche questa esperienza, già in atto con due strutture della Fillea, la SLC e la Cgil Veneto.

Concludo quindi augurando a tutti voi un nuovo anno ricco di nuovi risultati, per noi e per la confederazione. Ciò è possibile anche perché nonostante il gran svolazzare di uccelli del malaugurio il sindacato confederale e la Cgil godono di buona salute e non perché manchino i problemi quanto perché il nostro modo di stare dentro i problemi è quasi sempre capito dalla gente che rappresentiamo e non solo.

Ne siamo una testimonianza noi, categoria abbastanza di frontiera, ma vale anche in settori molto diversi dal nostro. Credo sia giusto che il nostro direttivo rivolga un apprezzamento e che valorizzi il risultato conseguito dalla Cgil e dai sindacati confederali della scuola nella elezione dei rappresentanti sindacali, un risultato che vede le liste della Cgil nettamente in testa su tutte le altre, ma che vede anche l’avanzata ulteriore dei sindacati confederali.

Il clima intorno a noi è positivo, lo abbiamo visto anche in occasione dell’ultima manifestazione e questo ci è di conforto per le scadenze che ci attendono. Spetta a noi non rompere questo clima e l’unico modo è fare della coerenza fin qui seguita l’ingrediente base delle risposte che dobbiamo cercare ai problemi che le persone in carne ed ossa ci rappresentano.

Grazie di nuovo per il lavoro che tutti voi avete svolto e soprattutto per quello che tornerete a svolgere dopo il breve ma meritato periodo di vacanze natalizie.

 

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