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Conferenza Nazionale Fillea-Cgil sul Lavoro Nero e Immigrazione  

 

Milano, 7 luglio 2006

Relazione di Franco Martini, Segretario Generale

 

La Conferenza Nazionale che teniamo oggi a Milano rappresenta una tappa della campagna promossa dalla Cgil contro l’economia sommersa.

Abbiamo voluto farla coincidere con l’appuntamento annuale dedicato alla nostra iniziativa sui temi dell’immigrazione perché la presenza dei lavoratori stranieri nel nostro settore  sicuramente  è fonte di una quota parte della irregolarità diffusa; ma al tempo stesso è fenomeno che in questi anni è stato oggetto di un significativo processo di regolarizzazione del quale è utile verificarne gli effetti.

 

Ma i giorni che hanno preceduto questa conferenza hanno riproposto un altro drammatico aspetto di vita del nostro settore che rappresenta una faccia della illegalità, una delle sue conseguenze più tragiche, le morti bianche in cantiere e non solo.

Non erano ancora spenti gli echi della tragedia di Siracusa, con il contorno di quelle che l’hanno preceduta e nei giorni successivi accompagnata, che in queste ore siamo ancora stati scossi dalla drammatica notizia dell’incendio che ha devastato una fabbrica di materassi a Salerno dove hanno trovato la morte due operaie, una delle quali ragazza appena quindicenne. Parlare di fabbrica in questo caso è puro eufemismo, dato che si tratta dell’ennesimo scantinato dove prestavano la loro opera manuale lavoratrici costrette a condizioni tutt’altro che regolari dal bisogno vitale di lavorare.

 

Spesso, dopo ogni tragedia sul lavoro, la nostra denuncia viene scambiata con un processo alle intenzioni, poiché andrebbe dato tempo alle indagini di verificare le responsabilità reali dell’accaduto. Ci mancherebbe che noi negassimo il diritto a fare luce sulle reali cause degli infortuni. Ma nessuno venga a dire che non sono note le condizioni che nella stragrande maggioranza dei casi generano gli infortuni mortali e gravi, negare l’evidenza significa produrre un atto di grande ipocrisia, significa minimizzare per mantenere sostanzialmente le cose così come sono, ciò che noi non accetteremo mai e contro la quale continueremo a batterci con ancora più forza.

 

Prendiamo il caso del crollo di Siracusa, dove ha perso la vita il giovane messinese Antonio Veneziano e solo lui per un puro caso, perché poteva essere una vera e propria strage di lavoratori. E’ ovvio che di quella tragedia dovrà occuparsi celermente la magistratura per definire le responsabilità. Ma c’è una verità che rimbalza come un eco da cantiere a cantiere, da infortunio ad infortunio, da tragedia a tragedia che se non rappresenta una prova agli atti dell’inchiesta ma è il racconto di come si lavora oggi nella stragrande maggioranza dei cantieri, quelli piccoli e quelli più importanti, come quello dove si sta costruendo la Catania-Siracusa, quelli che richiamano le immagini antiche del lavoro edile e quelli che trasmettono le immagini di una modernità del manufatto e, in teoria, dell’opera per realizzarlo, come nel caso del Porto Antico di Genova, dove la tragedia consumata qualche anno fa assomiglia terribilmente a quella di Siracusa. E’ il racconto della troppa fretta, della confusione dei ruoli, dell’assenza di responsabilità e dunque di una regia, è il racconto di chi da anni lavora nel settore e un po’ “se ne intende” e sa dove scavare, come scavare, come gettare il cemento, quanto attenderne il consolidamento, quando sospendere per le condizioni climatiche avverse, è il racconto di chi avvicinato in queste ore sussurra con la voce bassa di chi è costretto a subire ricatti e condizionamenti dubbi e perplessità su procedure e metodi adottati, su ordini che si possono solo attuare senza poter mai contestare.

 

Chi ci conosce sa che non è nella nostra cultura e nella nostra tradizione fare di tutta un’erba un fascio, che non ci appartiene l’atto di accusa generalizzato alla categoria degli imprenditori, tra i quali non abbiamo difficoltà a riconoscere la parte più impegnata a rappresentare una diversa immagine del settore. Ma chi ci conosce bene sa anche che da tempo abbiamo scelto di dire fino in fondo tutta la verità, anche quella più scomoda, perché di mezzo non va la referenzialità nostra o delle altre organizzazioni di categoria, ma più semplicemente la vita delle persone, la loro condizione materiale e quella immateriale, a partire dal bene più prezioso che è la dignità, spesso calpestata da condizioni di irregolarità fin troppo note e troppo colpevolmente adottate per tenere a galla un sistema che così non fa l’Italia delle costruzioni né più moderna, né più competitiva.

 

Ad esempio, non condividiamo e lo riteniamo esercizio fuorviante replicare alle nostre denunce sugli infortuni, agitando le statistiche ufficiali dell’Inail che parlano di un trend positivo, di un calo degli infortuni stessi da qualche anno a questa parte, come se noi fossimo infelici di questo dato! E’ ovvio che lo consideriamo positivo e vi leggiamo dentro anche il contributo di un gran lavoro che noi stessi svolgiamo tutti i giorni.

Ma il punto non è questo ed è per questo che andrebbe definitivamente chiuso questo contenzioso verbale e ci fa piacere che finalmente qualche autorevole Ente si sia accorto della fondatezza dei nostri argomenti: gli infortuni sono in diminuzione la il suo numero resta altissimo, troppo alto ed è certo che potrebbe diminuire ancor di più, dato che ai primi due posti delle causali di infortunio mortale e grave restano quelle di cinquant’anni fa, il che significa che poco si è intervenuti nell’organizzazione del lavoro in cantiere per prevenire la banalità delle morti.

Poi, c’è da dire che l’Inail conteggia gli infortuni denunciati, quelli regolari, ma questa conferenza discute di un fenomeno, quello del lavoro nero, che assegna al nostro settore una quota tre volte superiore a quella dell’industria manifatturiera, e anche gli irregolari si fanno male e muoiono, eccome..!

Vi è poi da aggiungere che le statistiche ufficiali parlano di un incremento degli infortuni tra gli immigrati e siccome gli immigrati rappresentano un fenomeno crescente nel nostro mercato del lavoro è ovvio e matematico che la loro crescita, ma anche la crescita degli infortuni che li riguardano rischia di vanificare ben presto il trend positivo dell’intera categoria.

Infine, il miglioramento della statistica ufficiale, pur con tutte le riserve dette, fa riferimento al periodo di massima espansione del settore in questi anni, dunque, autorizza a pensare che l’inversione del ciclo potrebbe diventare terreno fertile per alimentare comportamenti meno virtuosi, poiché potrebbe prevalere ancor più la logica della sopravvivenza e noi sappiamo in quali condizioni di lavoro si traduce questa logica in cantiere.

 

Smettiamo, quindi, di polemizzare sulle statistiche ufficiali. Bene che gli infortuni siano diminuiti, ma la notizia non è questa, la notizia purtroppo resta che oltre ad essere ancora tanti, troppi, sono ancora molto gravi, addirittura più gravi di ieri se è vero, come dicono gli istituti, che la spesa per indennizzarli è in aumento e non in diminuzione.

 

Altrimenti il sospetto legittimo è che non si voglia discutere delle cause che generano gli infortuni, che non riguardano la corretta applicazione delle norme sulla sicurezza, quanto le condizioni strutturali dell’impresa e del cantiere ove applicare quelle norme. Dire che occorre applicare correttamente la 626 e la 494 significa dire una enorme banalità. E’ più utile parlare del contesto che dovrebbe attuarla e in questo caso il nostro ragionamento si fa un po’ meno banale e ci riporta in parte al tema di questa conferenza.

 

Infatti, è nelle condizioni di irregolarità diffusa, di illegalità che viene a generarsi una quota non indifferente degli infortuni, ecco perché la nostra battaglia contro il lavoro nero, contro il sommerso, per la regolarità delle imprese e del lavoro rappresenta il punto centrale della nostra azione a tutela delle condizioni di lavoro nel settore.

 

La ricerca che abbiamo presentato a questa Conferenza, curata dalla Dott. Alessandra Graziani, conferma, arrotondandoli verso l’alto, i dati ufficiali sul sommerso prodotti dalle fonti statistiche ufficiali. Anche nel caso del lavoro sommerso si evidenziano dinamiche simili ai dati sull’infortunistica, con un trend in calo rispetto alla dinamiche degli ultimi venti anni, ed in questo un contributo importante è venuto dal processo di regolarizzazione degli immigrati e dai provvedimenti di agevolazione fiscale adottati per il settore in questi anni.

 

Ma il fatto rilevante è che nel settore delle costruzioni l’indice del sommerso è tre volte quello dell’industria, il 15,9% contro il 5,8%, confermando il nostro quale uno dei settori più esposti al fenomeno di cui discutiamo. E la cosa non riguarda solo l’edilizia, nell’immaginario comune territorio diffuso del lavoro nero, quanto lo stesso settore del legno che registra un 14,1% di irregolarità totale dei dipendenti, effetto sicuramente della diffusissima piccola dimensione di impresa.

 

Come già detto gli interventi contro il lavoro nero (agevolazioni fiscali sulle ristrutturazioni, certificazione della regolarità anche nel settore privato) hanno contribuito ad abbassare l’indice di irregolarità del lavoro dipendente a partire dal 2001, ma è soprattutto la regolarizzazione dei lavoratori stranieri del 2003-2004 quella che più ha contribuito ad abbassare la curva, confermando che una delle priorità per la lotta al lavoro nero e sommerso passa per una inversione di tendenza nelle politiche nei confronti dell’immigrazione.

 

E’ interessante, inoltre, osservare come dalla  comparazione fra i dati Istat e quelli delle Casse Edili emergono zone di lavoro grigio tendenzialmente in crescita, rappresentata dalla diminuzione delle ore lavorate pro capite e dal crescere innaturale del part-time in edilizia.

Anche a fronte di tali fenomeni, come la crescita innaturale del lavoro autonomo solo da poco arrestata, si avverte la necessità di adottare strumenti di indagine più accurati, perché resta in noi la convinzione di un sensibile scarto tra la lettura ufficiale della situazione e di quella reale, con la quale i nostri quadri vivono l’impatto quotidiano.

 

Ma tutte le indicazioni fornite dalla ricerca sono la conferma che la strada che abbiamo intrapreso è quella giusta, quella che connette tra loro gli obiettivi che ci siamo dati sul terreno dell’immigrazione, della regolarità, dell’innalzamento del profilo industriale delle imprese e della legislazione sugli appalti.

 

Sono obiettivi pienamente inseriti nella piattaforma che sta alla base della campagna promossa dalla Cgil e che, per quanto ci riguarda, fanno riferimento in particolar modo ad alcune delle proposte presentate dalla Confederazione: indici di congruità, legge quadro di riforma dei servizi ispettivi, nuove norme per gli appalti, solidarietà fiscale nei rapporti di fornitura e sub fornitura, clausola sociale nel contratto di franchising, nuove norme sul distacco dei lavoratori stranieri, norma contro il ricatto dei lavoratori stranieri.

 

Una parte di questa proposte appartengono ad un percorso comune che da tempo ci vede impegnati con le associazioni di categoria e che lo scorso anno ha portato alla firma dell’Avviso Comune con il passato Governo, ma che in parte è rimasto lettera morta.

 

Di queste misure, sarebbe già utile ed importante adottarne alcune, anche semplici sul piano amministrativo, oltre alla riconferma dei provvedimenti fiscali a favore dell’emersione, come nel caso delle ristrutturazioni.

Di particolare importanza è per noi quello relativo alla comunicazione dell’avvenuta assunzione del lavoratori, poiché, come è noto, la coincidenza di una parte delle morti con il primo giorno di assunzione confermava il ricorso diffuso a forme di irregolarità, superate solo nel caso estremo dell’infortunio grave o mortale. Siamo al paradosso che il provvedimento adottato –che prevede la comunicazione il giorno precedente all’inizio del lavoro- non può essere reso efficace per la mancanza di una circolare attuativa. Questa è dunque la prima richiesta urgente che avanziamo al Governo e non costa assolutamente nulla, se non il prezzo di una decisa volontà politica.

 

Sul terreno dei controlli, è necessario potenziare i servizi ispettivi, oggi penalizzati da una paralizzante scarsità di risorse ed elevare la loro capacità di incidere attraverso una programmazione mirata, che si avvalga anche della sinergia con le Informazioni in possesso delle Stazioni appaltanti, dei Comuni, delle banche dati INPS e INAIL connesse al DURC, degli Osservatori delle Casse Edili e dei Cpt. 

 

L’altro aspetto importante riguarda la congruità. Abbiamo avuto occasione di affermare in questi mesi l’importanza del Durc e della sua estensione al settore privato, così come non ci siamo stancati di produrre le necessarie sollecitazioni a fronte dei colpevoli ritardi burocratici che per lungo tempo ne hanno ritardato il decollo. Ancora oggi siamo nella fase in cui non si può parlare di andata a regime dello strumento in questione, tanto più che lo stesso è già fatto oggetto di fenomeni di aggiramento della norma che rischiano in molti casi di vanificarne l’efficacia.

 

Anche per questo riteniamo doveroso rilanciare con forza l’obiettivo della congruità senza del quale lo stesso Durc rischia di essere una scatola vuota. Il fatto che la stessa acquisizione contrattuale incontri non pochi ostacoli per la sua attuazione nel rapporto con le Associazioni dei Costruttori la dice lunga sull’efficacia che tale strumento verrebbe ad acquisire per misurare l’effettiva regolarità delle imprese, ed anche per questo non si capisce oltre una certa misura la resistenza dei Costruttori dato che la congruità rappresenterebbe uno degli sbarramenti alla concorrenza sleale tra imprese.

 

Ma come abbiamo spiegato in questi giorni combattere il sommerso e l’illegalità nel settore delle costruzioni significa fare i conti con la struttura delle imprese e con il sistema che regola il mercato degli appalti. Non è un caso che proprio ieri, nella Conferenza Stampa Unitaria tenuta dai Segretari Generali della categoria, a saldo di una settimana che ha visto oltre una dozzina di morti nel settore, le proposte che abbiamo avanzato si incentrano sui temi che saranno oggetto dell’incontro col Ministro Di Pietro sulle normative di settore, le uniche in grado di combattere lavoro nero e infortuni.

 

Le proposte che vogliamo qui ribadire si articolano nelle seguenti direzioni:

 

1)                         l’introduzione, nell’ambito del Codice degli appalti o nel suo regolamento attuativo,  di una norma che stabilisca l’obbligo per le amministrazioni aggiudicatrici di qualsiasi forma di affidamento, di verificare l’effettivo possesso dei requisiti attestati dalla SOA  per l’impresa vincitrice . Questo al fine di scongiurare e disincentivare le possibili attività elusive delle norme in materia di qualificazione degli operatori; (il numero delle imprese attestate supera del doppio quelle iscritte  un  tempo all’Albo Nazionale Costruttori)

2)                         l’adozione di una norma sia nel sistema di qualificazione SOA , sia in quello del contraente generale che premi le imprese con un valore del costo del personale operaio superiore al 6% del fatturato , con la ridefinizione degli importi delle attestazioni rilasciabili superiori a quello del fatturato in modo proporzionale e lineare fino al doppio per un costo del personale operaio pari al 30% dello stesso;

 

3)                         ridisegno del modello del contraente generale in coerenza con l’abrogazione dell’art. 177 comma 4 lett. f) contenuta nel D.L. n° 173/2006 restringendo la quantità possibile di affidamento a terzi e di subaffidamenti in modo tale che il general contractor, cumulando l’uno agli altri, risulti completamente o quasi completamente disimpegnato dalla fase esecutiva dei lavori;

 

4)                         l’introduzione di una norma che imponga alle Amministrazioni di individuare in ogni capitolato speciale d’appalto quale sia il contratto collettivo applicabile e da includere , in accordo con le OO.SS., con eventuali condizioni derogatorie e migliorative dello stesso. Le condizioni migliorative potrebbero essere già incluse nel bando e consentire l’aggiudicazione a parità di ribasso, o entrare nell’offerta economicamente più vantaggiosa;

 

5)                         la definizione di una norma che premi chi abbia dimostrato correttezza ripetuta nell’osservanza delle norme a tutela del lavoro e sicurezza attraverso meccanismi di svincolo delle garanzie, mantenendo inalterata la responsabilità, o degli anticipi;

 

6)                         l’adozione di una norma che preveda per tutti gli appalti pubblici e privati l’ assicurazione, per la tutela della salute e la sicurezza sul lavoro nel settore, di tutti i lavoratori, indipendentemente dalla forma giuridica del rapporto di lavoro. In tal senso, occorre estendere l’applicazione del Decreto Lgs. 494/96 ai lavoratori autonomi;

 

7)                         la previsione di un sistema di garanzie efficaci che accompagni l’introduzione dell’istituto dell’avvalimento perché non sia strumentalizzato come via surrettizia  di copertura di forme illecite di intermediazione;

 

8)                         la riscrittura di tutte le norme a tutela dei lavoratori negli appalti pubblici che sono state introdotte nel tempo solo per la  fattispecie dell’appalto e che oggi  con la previsione di nuove forme di affidamento rischiano di essere difficilmente applicabili anche a queste (esempio art. 1676 C.C. – art. 18 L. 55/90; artt. 7 e 13 del capitolato generale d’appalto; DPCM 55/91) con conseguenze negative per tutto il mondo del lavoro coinvolto nel sistema degli affidamenti pubblici;

 

9)                         l’introduzione di uno strumento  innovativo che rappresenti  una condizione obbligatoria per ciascun soggetto che intende avviare un’attività imprenditoriale edile o che è già impegnato in essa, definendo un percorso formativo abilitativo,  certificato, in materia di sicurezza . Inoltre, va previsto in tale strumento, un meccanismo  di penalità che preveda l’impossibilità di esercire l’attività imprenditoriale, o di partecipare ad una gara, per un periodo certo a causa della violazione delle leggi sociali, quali  il non rispetto degli obblighi contributivi ed il verificarsi di infortuni;

 

Battere il chiodo con tenacia ha prodotto qualche primo risultato dato che nei recenti provvedimenti adottati dal Governo abbiamo incassato due primi risultati importanti:

 

1)                         il primo si riferisce al sistema di qualificazione del General contractor. Infatti, con il Decreto n° 173 riferito al Codice unico per gli appalti, ha soppresso l’art. 177 comma 4 lettera f) che stabiliva un’attribuzione di più punti al contraente generale che affida la maggiore entità di lavori e servizi all’esterno nell’ambito dei criteri per l’offerta economicamente più vantaggiosa.

 

2)                         Il secondo riguarda la responsabilità in solido che nel d.l. del 4 luglio all’Art.37, comma 26 viene stabilita in ordine ai versamenti delle ritenute fiscali e previdenziali sui redditi da lavoro.

 

Ciò evidenzia una rinnovata attenzione e sensibilità dell’Esecutivo che va colta nel prossimo incontro del 18 Luglio per estendere ulteriormente i risultati al resto della nostra piattaforma.

 

 

 

 

La rilevante presenza di lavoro straniero, soprattutto in molte realtà del centro nord, comporta che una quota di lavoro sommerso nel settore è svolto da lavoratori stranieri.

 

Non solo nel settore sono presenti un consistente numero di lavoratori stranieri senza permesso di soggiorno, ma le norme della Bossi - Fini (che lega la durata del permesso di soggiorno alla durata del contratto di lavoro) combinate con le norme della legge 30 (che ha provocato la crescita esplosiva della precarietà nel mercato del lavoro) hanno avuto in edilizia un effetto dirompente sul lavoro degli stessi immigrati regolari, rendendo loro più ricattabili da parte dei datori di lavoro. Tutto ciò rischia di indebolire tutti i lavoratori del settore.

 

L'ultimo decreto flussi, che ha previsto la concessione del permesso di soggiorno a

171.000 stranieri, ha fatto emergere l'esistenza di ulteriori 315.000 domande di assunzione rivolte a lavoratori stranieri, i quali in realtà sono gia presenti in Italia e già occupati.

Questo esercito di lavoratori, molti dei quali, presumibilmente, lavorano in edilizia, va rapidamente regolarizzato, mediante un ulteriore decreto flussi che riguardi tutti coloro che hanno presentato domanda, modificando la procedura di concessione del permesso, al fine di evitare la necessità di rientrare nel paese di origine e di condizionarla a requisiti troppo rigidi relativi alla situazione abitativa dell'immigrato.

Inoltre, ai fini di favorire l'emersione degli stranieri clandestini che lavorano per imprese in nero, caporali, imprenditori che rifiutano una regolarizzazione, va riconosciuto un automatismo fra denuncia della situazione di lavoro nero e rilascio del permesso di soggiorno (o in permesso per ricerca di lavoro, se c'è stata la risoluzione del rapporto di lavoro). Questo meccanismo consente una emersione dal nero svincolata dal potere ricattatorio del datore di lavoro e il suo carattere permanente aiuta a uscire dalla logica delle sanatorie periodiche.

 

La regolarità della presenza nel nostro paese va costruita fin dal momento dell'ingresso in Italia, rendendo conveniente per il lavoratore straniero l'ingresso legale. mediante la concessione di un permesso per ricerca di lavoro, che consenta all'immigrato di cercare "a testa alta" una occupazione senza subire i ricatti delle imprese in nero o irregolari. La Bossi Fini, legando il rinnovo del permesso di soggiorno alla continuità de1l'occupazione, condizione particolarmente difficile nell'edilizia, induce molti lavoratori stranieri a trasformarsi in false partite IVA; ciò comporta per i lavoratori una perdita di diritti e per il settore una crescita della polverizzazione della struttura produttiva. Ecco perché per contrastare questo fenomeno va modificata la regolamentazione del contratto di soggiorno, sganciando il rinnovo del permesso dalla situazione lavorativa contingente, vanno resi più stabili i permessi e va semplificato l'iter di rinnovo, consentendo altresì una flessibilità nella conversione dei titoli di soggiorno con particolare riferimento a quelli stagionali.

 

Il progetto migratorio di ogni lavoratore straniero si riflette sull'approccio al lavoro: ne deriva in una quota di lavoratori (anche con permesso di soggiorno) l'interesse alla massima quantità di salario per un numero limitato di anni, a scapito della posizione previdenziale che, con l'attuale normativa, per queste situazioni risulta infruttifera. Ne deriva una disponibilità al lavoro sommerso che va contrastata con una normativa previdenziale più equa, realizzando con i paesi di origine delle convenzioni di reciprocità che garantiscano a questi lavoratori diritti previdenziali fruibili (così come ha fatto l'Italia nei confronti dei propri migranti) e, ove questo non sia possibile, sancendo il loro diritto alla restituzione dei contributi.

 

I lavoratori stranieri risultano, anche dai dati CNCE, la componente più debole della forza lavoro in edilizia sul terreno della professionalità e dell'inquadramento professionale; nell'ambito dell'impegno per elevare la qualità delle risorse umane nel settore, particolare attenzione va rivolta a questa componente, attraverso interventi di formazione professionale e di formazione continua - finanziati dai relativi Fondi interprofessionali- che certifichino la professionalità acquisita, con l'obiettivo di arrivare ad un raccordo con l'attribuzione della qualifica e del livello di inquadramento.

 

La condizione civile e sociale dei lavoratori e la condizione lavorativa sono terreni strettamente connessi, la lotta alla irregolarità delle condizione lavorativa va condotta anche attraverso un miglioramento complessivo della condizione dei lavoratori stranieri e delle loro famiglie e promuovendo efficaci processi di accoglienza, di integrazione sociale e di godimento di tutti i diritti; per questo è necessario sganciare dalla durata del permesso di soggiorno e rendere permanente l'iscrizione al Servizio Sanitario, così come l'accesso ai centri per l'impiego e l'avviamento al lavoro; superare gli ostacoli relativi al rilascio della Carta di soggiorno connessi alla discontinuità dei rinnovi dei permessi, concedere al raggiungimento della maggiore età il permesso di soggiorno ai figli di immigrati regolari e attribuire la cittadinanza italiana ai figli nati nel nostro paese, promuovere il diritto di voto amministrativo degli immigrati.

 

I lavoratori stranieri sono oggetto del distacco di manodopera previsto dalla Direttiva 96/57; è un meccanismo di ingresso in Italia di lavoratori stranieri in numero teoricamente illimitato, perché non rientra nelle quote previste dai decreti flussi, né nelle procedure burocratiche rappresentate dalle procedure lì previste;

inoltre, nei casi in cui esiste una convenzione in materia di sicurezza sociale con il paese di provenienza dei lavoratori, per le imprese vi è una convenienza economica a ricorrere al distacco, rappresentata dalla possibilità di assolvere l’obbligo assicurativo versando i contributi nel paese di origine, generalmente più bassi di quelli in vigore in Italia; (paesi comunitari, neocomunitari e una serie di paesi extraUE);

 

il meccanismo previsto e la difficoltà di assicurare preventivamente e successivamente il rispetto delle regole comporta l'aspetto più negativo, la possibilità di intermediazione illegale di manodopera straniera e, in certi casi, l'infiltrazione di organizzazioni malavitose estere o nazionali e uno sfruttamento dei lavoratori che configura nuove schiavitù.

 

 

La Commissione Europea, basandosi sulla giurisprudenza comunitaria, ha recentemente pubblicato una Comunicazione relativa alla Direttiva 96/57 sul distacco di lavoratori stranieri. la Comunicazione in pratica fa esplicito divieto agli Stati membri di frapporre ostacoli amministrativi al distacco di manodopera, considerando sotto questa veste anche gli elementi di controllo, di verifica e di sorveglianza da parte dell'Amministrazione dello Stato ospitante.

 

A questo punto è opportuno chiedere al Governo italiano un intervento al fine di ridiscutere alle radici il meccanismo del distacco.

Un ulteriore fonte di criticità è rappresentata dall'ultime versione della Direttiva Bolkenstein, che sembra essere stata condivisa dall'attuale Governo nell'ultima riunione del Consiglio Europeo.

In particolare, è caduto il principio del paese di origine per i lavoratori subordinati, ma è rimasto per i lavoratori autonomi; ciò potrebbe comportare una crescita abnorme dei falsi autonomi in edilizia.

 

 

L’insieme di queste proposte che portiamo alla Conferenza sono il frutto di una elaborazione del nostro Coordinamento Immigrati. E’ la conferma di quanto sia cresciuto in Fillea il lavoro degli e per gli stranieri nel settore, dalla prima assemblea nazionale di Bologna, poi da quella di Vicenza per trovare l’autorevole sanzione politica nel nostro ultimo congresso con l’obiettivo di fare della Fillea il primo sindacato multietnico.

 

Noi siamo dell’idea che gli obiettivi non vanno solo declamati ma soprattutto praticati, per questo non li ripetiamo troppe volte , ma vogliamo realizzarli senza troppe parole.

 

La lotta contro il sommerso è la lotta per restituire dignità al lavoro, alle persone e alla loro professione nel settore delle costruzioni; è dunque la principale delle nostre battaglie.

Ogni volta che muore un lavoratore avvertiamo quanto l’orizzonte della dignità torni ad allontanarsi, anche dopo qualche nostro successo sindacale, a volte così tanto da farlo ritenere irraggiungibile. Ma non dobbiamo arrenderci al sentimento di impotenza e rassegnazione. E’ la promessa che rinnoviamo davanti al tributo dei nostri morti sul lavoro che ancora troppo ingiustamente parlano del nostro lavoro in termini di distruzione delle risorse, a partire dalla prima delle risorse che noi invece vogliamo tutelare e valorizzare: la risorsa umana.

 

 

 

 


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