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Intervento conclusivo di Franco MARTINI, Segretario Nazionale Fillea, alla manifestazione di Caserta del 24 ottobre 2003

 

Credo che l’immagine di questa piazza e della manifestazione che l’ha preceduta, le notizie che giungono da tutte le piazze del Paese siano la risposta più forte, più consapevole a tutti coloro che hanno voluto spegnere i riflettori e le telecamere su questa grande giornata di lotta.

Il sindacato confederale italiano, il mondo del lavoro i cittadini, giovani, pensionati con questa imponente giornata di lotta danno una grande lezione di democrazia a chi pensava e pensa ancora che il bavaglio e l’oscuramento della realtà siano il modo migliore per governare il Paese.

Questa lezione è quella che insegna il valore della partecipazione popolare, la partecipazione delle donne e degli uomini che rifiutano di essere emarginati, che non hanno paura di dire la loro e che combattono con gli strumenti della democrazia contro lo strapotere di chi sta piegando il sistema dell’informazione ad un uso strettamente legato ad interessi privati.

Aver negato ai cittadini italiani il diritto di vivere in diretta un grande evento come lo sciopero generale di oggi è un grave atto di arroganza verso coloro che sono i principali azionisti dell’azienda televisiva di Stato perché pagano il canone.

E allora noi grideremo ancora più forte questa nostra protesta per farla entrare in tutte le case, in quelle case dove sembra ci verrà fatta recapitare una lettera –anche questa forse a spese nostre- che spiegherà la bontà dei motivi che hanno portato il Governo a decidere che in questo Paese tra qualche anno si potrà andare in pensione solo a 65/60 anni (uomini/donne) o con 40 anni di contributi.

E qui sta il secondo motivo di gravità della censura che questo sciopero ha dovuto sopportare: non si vuole che le nostre ragioni siano ascoltate! E lo sapete perché? Perché la verità fa male!

Se il Governo fosse così sicuro di avere ragione, fosse così sicuro che gli italiani comprendano le sue ragioni che paura avrebbe della nostra protesta? Che paura avrebbe di confrontarsi con noi in quella televisione che ha voluto spegnere?

La verità è che il Governo sa bene che le bugie hanno le gambe corte e siccome tutta la manovra sulle pensioni è costruita su un inganno, allora la paura di essere scoperto con le mani nella marmellata è tanta. Si, nella marmellata, perché nel completo fallimento in cui si dibatte la politica del Governo la cassa previdenziale, cioè, i fondi delle nostre pensioni è una delle ultime diligenze che si tenta di assalire.

Per questa ragione il nostro sciopero non è un urlo di protesta al quale ne seguiranno altri. Noi rispondiamo con molta serenità ma con molta determinazione agli argomenti del Governo.

In ognuna delle piazze di questo Paese iniziamo una grande operazione-verità, che proseguiremo in tanti altri modi, per smascherare le bugie del Governo, una dopo l’altra, affinché ogni cittadino possa riflettere non sulla base delle reti televisive unificate, ma del proprio cervello, libero di pensare e di giudicare.

E allora vediamole queste bugie, una per uno.

Dicono che il sistema previdenziale andrà in fallimento e per questo bisogna intervenire subito per ridurne la spesa.

Ma se fosse vero, perché i provvedimenti del Governo entreranno in vigore solo nel 2008 e non subito? Tanto più che le misure preannunciate porteranno la maggior parte di coloro che in questi anni matureranno i requisiti pensionistici a fare domanda di pensione, con l’effetto di aumentare la spesa previdenziale che invece si vorrebbe disincentivare.

Se il malato è grave la cura va presa subito! Ma non è così, come mai? Sicuramente perché dentro quella maggioranza di Governo ci sono troppe spinte da accontentare, troppi dottori che pensano alla propria parcella più che alla salute del paziente.

Ma soprattutto perché non è vero che il malato è grave. La riforma pensionistica fatta in Italia negli anni ’90 ha prodotto un risparmio di 100 miliardi di euro.

Come mai questo non si dice mai?

E poi c’è un’altra cosa che non si continua a nascondere e che vedrebbe il Governo bocciato a matematica, perché il Governo continua a on saper fare le somme, né le sottrazioni, continua a sommare le noci con i fichi secchi!

Il Governo parla genericamente di spesa previdenziale ma non dice che sul Fondo Pensioni vengono scaricati costi che non c’entrano niente con le nostre pensioni, perché con i contributi che noi versiamo ai fini pensionistici si continuano a   assistenziali che non c’entrano con le pensioni, si continuano a finanziare i deficit dei fondi speciali, come quello dei dirigenti di azienda, senza realizzare l’armonizzazione contributiva tra le diverse categorie.

E’ ovvio che se il fondo previdenziale continua ad essere la mucca dalla quale si spreme il latte per tutti e tutte le esigenze, prima o poi il latte finirà, ma anche questo non si dice!

E allora si inventa un’altra storia. Si dice che è l’Europa ad averci imposto questa riforma drastica delle pensioni.

Anche questa è una grande bugia, perché è vero esattamente il contrario. E’ la stessa UE ad aver riconosciuto che l’Italia è il paese europeo che più di ogni altro ha condotto una riforma strutturale delle pensioni, tant’è che la nostra spesa previdenziale è tra le più sostenibili ed è sotto la media europea.

L’UE ha detto un’altra cosa al Governo italiano, che chiaramente fa finta di non sentire e voi capirete perché: ha detto che il problema principale è quello dell’evasione contributiva e dell’emersione del lavoro nero. Capite bene che per un Governo che ha fallito l’operazione emersione e che ha fatto del condono fiscale la sua pietra filosofale è dura sentire da queste orecchie.

E allora, il Governo che è colto in fallo per queste sue furbizie non trova di megliocce sbatterci in faccia il caso della Germania, dove qualche giorno fa il cancelliere ha fatto approvare una riforma delle pensioni porse più pesante, oppure, il caso della Francia dove sulle pensioni si sono divisi anche i sindacati.

Ma il problema è proprio che in questi paesi una riforma delle pensioni come quella che abbiamo fatto noi nel ’95 non l’hanno mai fatta e oggi sono costretti a rincorrere il tempo perduto.

Forse anche noi oggi saremmo stati in quelle stesse condizioni se non fossimo intervenuti strutturalmente a metà degli anni ’90. Ma il sindacato italiano è stato lungimirante ed ha avuto coraggio, pagando anche il prezzo di una momentanea impopolarità.


E comunque, anche in questo caso i conti vanno fatti fino in fondo: la Germania ha aumentato del 3% la spesa per lo stato sociale. Provate ad indovinare il Governo Italiano sullo Stato Sociale che scelta ha fatto nell’ultima finanziaria!

Ma se non è l’Europa che ce lo chiede e se non è vero che il sistema previdenziale non regge, perché il Governo interviene?

E qui c’è forse la più grossa delle bugie che si sono sentite: dicono che lo fanno per i giovani, per le loro future pensioni!

Questa è innanzitutto una offesa all’intelligenza dei giovani italiani, quei giovani per assumere i quali le imprese potranno ridurre la contribuzione di 3 punti, ma fosse per la Confindustria anche di 5!

Voi sapete che i giovani andranno in pensione col metodo contributivo, cioè con un valore della pensione calcolato sulla base dei contributi versati durante la vita lavorativa. Ma se oggi io riduco la contribuzione è chiaro che riduco il valore futuro della mia pensione!

E non saranno in pericolo solo le pensioni future dei giovani, ma anche quelle in essere dato che la decontribuzione mina alla base l’equilibrio del sistema, quindi, mette a rischio le stesse pensioni dei padri.

Ma poi, quei giovani assunti come? Con una gamma infinita di contratti di lavoro che renderanno sempre più precaria e discontinua la carriera lavorativa e qui non si capisce proprio come potrebbero mai raggiungere i 40 anni di contributi lavoratori che con il lavoro avranno un rapporto molto intermittente e discontinuo.

Proprio per questo la riforma Dini aveva dato importanza al secondo pilastro previdenziale, quello delle pensioni complementari. Ma anche su questo la delega del governo continua ad essere troppo neutrale rispetto ad un mercato che già viene stimato sui 12 miliardi annui. Non a caso proprio ieri un quotidiano tra i più letti in Italia parlava di grande business che già vede in pole position due compagnie, Alleanza e Mediolanum.

Ancora una volta gli interessi generali sono dunque piegati ad interessi privati, come lo sono quelli legati alle grandi compagnie assicurative che hanno fiutato l’affare della previdenza complementare e non possono che sperare nel fallimento dei fondi contrattuali, che come sapete comporta un onore a carico delle imprese per l’adesione di ogni lavoratore.

Ma allora, il sistema non sta crollando, l’Europa ci chiede altro, i giovani sono un pretesto, perché queste decisioni? E’ la coperta che hanno scelto per coprire ilo fallimento della loro politica!

La storia delle pensioni, allora, caro Governo, proviamo a raccontarla noi al Paese, ma in un altro modo.

Potremmo iniziare come in tutte le storie “C’era una volta la crescita e lo sviluppo…”. Sicuramente c’è stato il risanamento finanziario che negli anni ’90 aveva consentito di rimettere in carreggiata il nostro Paese, che aveva ridato fiato e vigore all’economia e i conti pubblici ne avevano tratto beneficio.

Poi il vento è cambiato, l’economia mondiale ha cambiato direzione di marcia, la crisi del dopo 11 settembre ha convinto tutti i Paesi del mondo che occorreva attrezzarsi per tempi peggiori, tutti fuorché uno, il nostro!

L’Italia no. Da noi si è continuato a promettere mari e monti, si è continuato a dipingere  una economia che non esisteva, si sono programmati tassi di sviluppo e di inflazione che esistevano solo nella fantasia del nostro super-ministro all’economia.

E mentre si continuava a promettere opere e sviluppo faraonici al posto dei problemi veri e crescenti dell’economia e delle loro conseguenze sulla vita delle persone ci si occupava d’altro, dei problemi della giustizia, del falso in bilancio, dell’abolizione della tassa di successione,del controllo dell’impero mediatico e di altro che poco aveva a che fare con la crisi alle porte.

Il Governo per anni ha voluto mettere la testa sotto la sabbia e oggi è accecato dalla fotografia della realtà: l’economia è ferma da 32 mesi; il Mezzogiorno ha da tempo invertito un trend positivo dopo 10 anni; i conti pubblici sono nuovamente gambe all’aria; le pensioni e le retribuzioni sono schiacciate dalla crescita del carovita; il fisco non aiuta la politica dei redditi; l’occupazione diventa sempre più precaria.

Un Governo serio dovrebbe occuparsi di strategia industriale, di rigore della finanza pubblica, di sostegno ai settori anticiclici. E invece qual è la risposta del Governo nella Finanziaria: il premio ai furbi e ai disonesti (condono); un colpo duro ai diritti ed alle condizioni di vita dei cittadini.

Il condono è strumento che si commenta da sé, è una vergogna, soprattutto in un Paese che ha fatto del saccheggio dell’ambiente e del territorio una delle cause principali del dissesto, ed ora mancava solo il blitz nel decretone per il via libera a chi costruisce nelle zone oggetto di incendi.

Ma l’aspetto più grave è l’assenza, il vuoto di strategia competitiva. Di fronte a questa preoccupante situazione, che avrebbe dovuto sollecitare un minimo di autocritica, la sapete l’unica cosa che ha saputo dire il Ministro Tremonti, dimostrando con ciò di essere veramente il ministro alle politiche creative?  Ha detto che è tutta colpa dei cinesi!

 Adesso è scoppiata la sindrome cinese, ma non si capisce come il Ministro Tremonti intenda affrontare il pericolo giallo, forse eliminando un miliardo di cinesi? O non sarebbe meglio preoccuparsi di rendere più moderna l’economia italiana.

Allora bisognerebbe investire di più nell’innovazione e nella ricerca, ma nella Finanziaria sono solo briciole!

Allora bisognerebbe investire di più nel Mezzogiorno, visto che non si perde occasione per attribuire al divario Nord-Sud una delle principali cause della scarsa competitività del nostro sistema.

Qui siamo allo scandalo, soprattutto dopo aver spiegato che l’Italia sarebbe diventata un grande cantiere per costruire ponti, strade, ferrovie, cioè, tutte quelle infrastrutture di cui soprattutto il Sud ha bisogno per il proprio sviluppo.

La realtà è che di queste infrastrutture non si è visto e non si vedranno tracce, dato che le risorse destinate nella Finanziaria non basterebbero neanche per attaccare i cartelli all’ingresso dei cantieri delle grandi opere promesse.

Ed inoltre, il mercato ordinario di uno dei settori che fino ad oggi era in crescita, il settore delle costruzioni,  nel Mezzogiorno sta vivendo una grave inversione di tendenza: in Campania le gare di appalto nel ’03 sono diminuite del 13,7%! 

Allora bisognerebbe investire di più nello stato sociale, per renderlo più moderno ed efficiente, in grado di accompagnare i processi di innovazione e di sviluppo!

Nulla di tutto questo! Il Governo pensa ad altro. Il Governo pensa che la soluzione alla crisi strategica del settore auto italiano –per esempio- sia ridurre le pensioni di chi vi lavora; pensa che le condizioni per sostenere un piano di sviluppo infrastrutturale sia mandare in pensione a 65 anni chi lavora nei cantieri; pensa che la riqualificazione del settore agro-industriale possa avvenire solo se chi vi lavora, in modo precario e discontinuo, vada in pensione con 40 anni di contributi?

Questa è la risposta alla crisi italiana?

E’ una risposta che non accettiamo perché –oltre ad essere inconsistente sul piano strategico- è inaccettabile sul piano morale e civile.

Si continua a colpire il Paese, che ha fatto sacrifici, si colpisce la parte più debole e indifesa per premiare i furbi, i ricchi, i disonesti, per non toccare privilegi e posizioni di rendita.

Siamo il Paese con il più alto numero di infortuni sul lavoro e di malattie professionali, eppure si pensa cinicamente che qualunque lavoro possa essere svolto fino a 65 anni, indipendentemente dalle condizioni di disagio.

Il caso dei lavoratori esposti all’amianto, che vedrebbero persi i requisiti per il pensionamento anticipato è un vero e proprio scandalo, una vergogna per un Paese civile! Un articolo di cui chiediamo la cancellazione immediata!

Siamo il Paese che si vanta di avere il lavoro più flessibile eppure si decide che l’accesso alla pensione avverrà rigidamente con 40 anni di contributi.

Siamo il Paese che necessita di un grande salto di innovazione, eppure si mortificano la scuola, la ricerca, le professioni qualificate per galleggiare e sopravvivere.

E qui vogliamo dire qualcosa anche alla Confindustria e ai nostri imprenditori: troppo comodo lamentarsi oggi della inconsistenza delle politiche governative dopo averne assecondato tutte le scelte, a partire da quelle che penalizzano il mondo del lavoro.

Per tutte queste ragioni non accettiamo la critica che ci viene fatta: “Dite solo No, ma quali sono le vostre proposte?”

La nostra proposta è una sola: attuare la riforma del ’95 in tutte le sue parti, compresa quella parte che già prevede al 2005 la verifica. Ciò significa: NO alla decontribuzione per i nuovi assunti; NO al versamento obbligatorio del TFR; armonizzazione delle aliquote contributive; pieno decollo della previdenza complementare.

Queste sono le nostre proposte e per questo non comprendiamo tutti gli inviti alla ripresa del confronto, dato che erano già note queste posizioni.

Il Governo ha fatto tutto da solo, ha cancellato la concertazione, si è infilato in questo senso unico ed ha un solo modo per discutere con noi: togliere quelle decisioni che sono contro la riforma!

Non sono le pensioni il problema del Paese, ma quello della crescita che non c’è. Intere aree del Mezzogiorno rischiano di essere abbandonate e se non c’è sviluppo, se non c’è occupazione non possono essere assicurate le pensioni di oggi e di domani.

Quando si parla del peso che ha la spesa previdenziale sul PIL si dice sempre che è alta la spesa, non si dice mai che è basso il PIL, che è alzando la ricchezza del Paese che possono essere assicurate le pensioni!

Si dice che il motore si è fermato perché si sono fermati i consumi, le persone comprano sempre meno.

Ma come possono le persone acquistare i beni che si producono se nessuna politica dei redditi è stata messa in campo per difendere il potere degli stipendi e delle pensioni, per combattere la speculazione sui prezzi?

Allora è sempre più evidente che la scelta di colpire le pensioni è una scorciatoia che il Governo ha imboccato per pescare le risorse che non ha dove più facile è prenderle, nelle pensioni di oggi e di domani.

Ecco perché siamo qui, uniti a combattere questo disegno e non ci fermeranno.

Con lo sciopero di oggi il sindacato torna unito dopo mesi di difficoltà e questa è una buona notizia per i lavoratori e per tutto il Paese, perché uniti si vince!

Lo sa bene il Ministro Maroni che per sollecitare la ripresa del confronto con il sindacato dopo lo sciopero ha gettato il seme della divisione, sostenendo che almeno con una parte del sindacato si potrà tornare a discutere.

Caro Ministro Maroni, caro Governo questa volta il sindacato resterà unito, si tolga questa illusione!

E per dimostrare che facciamo sul serio non ci fermeremo a questo sciopero. Altre iniziative sono già state decise.

Ne faremo una sulla scuola, che è il tema del futuro dei giovani e della innovazione.

Ne faremo una sul Mezzogiorno, che nel caos delle politiche governative è stato letteralmente ingannato dalle mirabolanti promesse di opere, di sviluppo di cui non c’è alcuna traccia.

E tutto questo per arrivare ai primi di dicembre ad una nuova giornata di mobilitazione nella quale andremo tutti quanti a Roma, con il Mezzogiorno in prima fila a chiedere sviluppo, occupazione, giustizia sociale..

Altro che sindacati corporativi, altro che sciopero antiriformatore. Il Presidente della Confindustria ha detto che questo sciopero ritarda il processo riformatore.

Ma di quali riforme parla il Dottor D’Amato, forse di quelle che ha in mente lui e per le quali ha scommesso su questo Governo e ora anch’egli è un po’ deluso, certo, per motivi diversi dai nostri!

Noi non rallentiamo nessuna riforma, ma le riforme che abbiamo in mente noi, caro Presidente della Confindustria, sono quelle che entrano anche nelle aziende che Lei rappresenta, per difendere e sviluppare i diritti e la dignità del lavoro, quei diritti e quella dignità che spesso vengono considerati un impedimento allo sviluppo e che invece hanno rappresentato i valori fondanti dello sviluppo e della democrazia nel nostro Paese.

Questi valori noi oggi vogliamo continuare a rappresentare, il valore del capitale umano come principale capitale dello sviluppo economico e sociale.

Per questo combattiamo le politiche che distruggono e che impoveriscono questo capitale, che vorrebbero sostituirlo con un nuovo serbatoio di sfruttamento, come quello rappresentato dai lavoratori stranieri, buoni per essere manodopera, ma da respingere quali cittadini di un mondo multietnico come noi lo vogliamo!

Un Paese che si considera la V potenza del mondo non può offrire ai giovani un futuro fatto di precariato e neanche alle persone che con il lavoro e i sacrifici di una vita hanno contribuito a portare il Paese ad essere un Paese che veramente potrebbe essere all’avanguardia dello sviluppo mondiale.

Per questo la nostra è una lotta per il progresso e la democrazia, una battaglia di civiltà, per questo è una lotta che porteremo fino in fondo.

Se saremo uniti, se resteremo uniti è una lotta che vinceremo per noi e per il futuro del Paese.

 

Caserta, 24 ottobre 2003

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