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NOTA DELLA FILLEA CGIL SUL DOCUMENTO DELLA CONFINDUSTRIA RELATIVO ALLE INFRASTRUTTURE

1 LA NORMATIVA

Com’è noto, la legge 443 recava una delega a cui il Governo ha dato esecuzione con l’emanazione del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190.

Tuttavia poiché la “legge obiettivo”- le opere “strategiche” all’uopo individuate assumono la titolarità di preminente interesse nazionale - ha la finalità di dare vita ad una compiuta legislazione speciale (derogatoria e sovrapposta rispetto alla disciplina ordinaria).La piena operatività nel nuovo quadro è subordinata all’emanazione di un insieme di norme di rango secondario (regolamenti) che integrino le norme di rango primario (norme legislative). A tal fine, l’articolo 15 del già citato decreto legislativo, ha autorizzato il Governo ad emanare uno o più regolamenti che deroghino (sarebbe meglio dire: abroghino) dalla loro entrata in vigore, le norme di diverso contenuto precedentemente vigenti nella materia. L’articolo 15 ha anche indicato quali aspetti, in particolare, devono essere disciplinati dai nuovi regolamenti. Fra gli altri, si segnalano quelli più importanti:

· Modalità di compimento dell’istruttoria del progetto definitivo, a mezzo della Conferenza di servizi (di cui all’articolo 4 del decreto legislativo n. 190) allo scopo convocata, e dell’attività finalizzata alla risoluzione delle interferenze;

· Modalità di approvazione delle varianti al progetto definitivo approvato;

· Istituzione di un sistema di qualificazione dei contraenti generali e modalità di scelta del contraente generale, nonché connotati principali del rapporto contrattuale;

· Norme procedurali per la risoluzione in via bonaria o contenziosa delle vertenze, anche in deroga alle norme ordinarie (articoli 31 bis e 32 della legge 109/94 e SS. MM.);

· Procedure per il monitoraggio delle infrastrutture ed insediamenti industriali per la prevenzione e repressione di tentavi di infiltrazione mafiosa.

 

Di questi regolamenti ancora nessuno è stato emanato.

Per quanto riguarda l’istituzione del sistema di qualificazione dei contraenti generali, è necessario rammentare che il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 14 marzo 2003, ha approvato lo schema di regolamento, ora all’esame del al Consiglio di Stato e della Conferenza Unificata, successivamente, verrà trasmesso al Parlamento per il parere (non vincolante)delle competenti Commissioni.

 

Un secondo dato di completamento del quadro normativo speciale avviato dalla legge 443, è rappresentato dalla emanazione del decreto legislativo 27 dicembre 2002, n. 302 che ha provveduto ad adeguare – al fine di “garantire la massima rapidità delle relative procedure ed agevolare le procedure di immissione in possesso” - con la “legge obiettivo”, il testo unico sulle espropriazioni Questo decreto legislativo, reintroduce l’occupazione temporanea d’urgenza (articolo 22 bis). Sulla materia degli espropri, è necessario rammentare che il DPR 8 giugno 2001, n. 327 aveva introdotto una garanzia sia per la committente pubblica e sia per il privato proprietario ed aveva abrogato l’istituto dell’occupazione temporanea d’urgenza. Ora, con la reintroduzione di questo istituto, ed un ampio ricorso allo strumento dell’occupazione “d’urgenza” può apparire efficiente per le amministrazioni esproprianti - salvo i ricorsi ai livelli delle Magistrature competenti – e penalizzanti per i privati che ne subiscono gli effetti.

 

In merito al contraente generale, occorre innanzitutto chiarire che il richiamo al “GENERAL CONTRACTOR ovvero al CONTRAENTE GENERALE come figura tipica posta nelle “legge obiettivo” “ largamente diffusa nelle esperienze di altri paesi”, non ha alcun fondamento, né giuridico, né economico. La definizione letterale sta solo a significare che stiamo parlando di un soggetto economico che è “l’interlocutore unico”, responsabile e, dunque, “contraente generale” di tutte le attività ad esso affidate da un committente attraverso un “contratto” nel quale sono definite le prestazioni ed i risultati attesi. Quello che dunque “rileva” non è la definizione letterale del soggetto, bensì il contenuto delle prestazioni, delle attività dei risultati attesi che con il “contratto” il committente acquista ed affida a se stesso.

 

A tal proposito, è importante verificare la definizione data dal Codice Civile

 

Nel nostro ordinamento la figura tipica di contraente generale, unico e autonomo, responsabile della esecuzione del contratto ad esso affidato, è l’”appaltatore”, del quale il nostro codice civile ne da una definizione inequivocabile attraverso la definizione del contratto di appalto.

 

Articolo 1655 del Codice Civile

“L’appalto è il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro”

 

Ora, come è ovvio, il contenuto della prestazione definita dal contratto di appalto muta di volta in volta e l’efficacia a la qualità del risultato dell’affidamento, dal punto di vista del “committente”, dipende esclusivamente:

A)  dalla chiarezza e precisione della definizione e descrizione della prestazione     richiesta all’appaltatore”;

B)   dagli strumenti, a disposizione del committente, e contrattualmente definiti, atti a  verifica la conformità delle attività realizzate con quelle pattuite e descritte nel contratto.

 

E’ del tutto evidente che tanto più questi due oggetti sono definiti, tanto più il “committente” è garantito sul risultato. Al contrario, tanto più questi sono generici tanto più “l’appaltatore” (contraente generale, responsabile “unico” ed “autonomo”) ad avere condizioni migliori per sfruttare a suo favore (legittimamente) l’indeterminatezza dell’oggetto del contratto.

E’ dunque il “contenuto del contratto” a definire non solo l’efficacia e qualità del risultato, ma anche le caratteristiche del soggetto economico contraente e le condizioni di interesse oggettivo e soggettivo con le quali questi sarà chiamato ad operare.

 

Riguardo la nostra appartenenza all’Unione Europea, anche qui è necessario verificarne le norme.

Le direttive europee, con riferimento agli appalti pubblici, propongono una definizione del tutto analoga. Occorre inoltre precisare che, non a caso, sia il codice civile, che nelle direttive, le definizioni attengono non ai “soggetti” contraenti, bensì si riferiscono agli oggetti della contrattazione. In altri termini le definizioni attengono al “contratto” e non al contraente dello stesso.

 

LA DEFINIZIONE NELLA DIRETTIVA EUROPEA

 

Nel settore dei “lavori pubblici la direttiva europea di riferimento è la 93/37/CEE. Il “contratto di appalto di lavori pubblici” è definito in modo puntuale nei seguenti termini:

ARTICOLO 1, COMMA  A  DIRETTIVA 93/37/CEE

 

A)    “Gli appalti pubblici di lavori sono contratti a titolo oneroso, conclusi in forma scritta tra un imprenditore e un’amministrazione aggiudicatrice, aventi per oggetto l’esecuzione o, congiuntamente, l’esecuzione e la progettazione di lavori, oppure l’esecuzione, con qualsiasi mezzo, di un’opera rispondente alle esigenze specificate dalla amministrazione aggiudicatrice”.

Nella “legge obiettivo” viene fatto esplicito riferimento proprio a questa definizione per motivare l’introduzione della figura del “contraente generale”.

Nella stessa relazione di presentazione del decreto legislativo che da attuazione alla delega al governo, sul punto, è pure richiamata in modo ancora più esplicito.

DALLA RELAZIONE, DEL MINISTRO PIETRO LUNARDI, DI PRESENTAZIONE

DEL 1° DECRETO DELEGATO IN ATTUAZIONE DELLA LEGGE 21.12.2001, N. 443

“.... la riforma introduce la nuova figura del contraente-generale. Il contraente generale pur essendo previsto espressamente dalla Direttiva Europea 93/37 costituisce nel nostro ordinamento, un novità sul piano legislativo””.

“.... La norma chiarisce, in armonia con la disciplina europea, che il contraente generale è un costruttore di opere (civilisticamente, un appaltatore di opere) che peraltro, a differenza dell’appaltatore di lavori pubblici regolato dalle leggi attuali, può realizzare l’opera ad esso affidata con qualsiasi mezzo, cioè anche subaffidandola in tutto o in parte a terzi dallo stesso prescelti o coordinati e che, inoltre, deve rendere al proprio committente i servizi collaterali (progettazione, acquisizione arre, rapporti con terzi ed indennità agli stessi) necessari alla realizzazione integrante dell’opera a partire dal progetto, anche preliminare, redatto dal committente.”

Orbene, il contraente generale, come precisato dal Ministro Lunardi e definito nella “legge obiettivo”, si differenzia dal concessionario di lavori pubblici per la gestione dell’opera costruita.

IL CONTRATTO DI CONCESSIONE

I contratti previsti e definiti dalla direttiva europea sono solo due: il contratto di “appalto” e quello della “concessione”.

Per quanto riguarda il contratto di appalto, crediamo, che esaurientemente è stata analizzata la sua conformazione e definizione;

per quanto riguarda, invece, la concessione, dobbiamo ritornare alla direttiva 93/37/CEE.

ARTICOLO 1, COMMA  D  DIRETTIVA 93/37/CEE

D)  “La concessione di lavori pubblici è un contratto che presenta le stesse caratteristiche di cui alla lettera A), ad eccezione del fatto che la controprestazione dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire l’opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo”.

Secondo la direttiva, dunque, la differenza fondamentale è data dalla controprestazione offerta al contraente concessionario dal committente. Nel caso dell’appalto questa è un prezzo, che copre in toto il costo necessario alla realizzazione dell’opera. Nel caso della concessione la controprestazione consiste “nel diritto di gestire l’opera”.

ARTICOLO 9, COMMA 2 D.L. 190/2002

“Il contraente generale provvede:

·  allo sviluppo del progetto definitivo ed alle attività tecnico-amministrative occorrente al soggetto aggiudicatore per pervenire alla approvazione dello stesso da parte del CIPE, ove detto progetto non sia stato posto a base di gara;

·                     alla acquisizione delle aree di sedime; la delega di cui all’art. 6 comma 8 del DPR 8 giugno 2001 n. 237, in assenza di un concessionario, può essere accordata al contraente generale;

·  alla progettazione esecutiva;

·  alla esecuzione con qualsiasi mezzo dei lavori ed alla loro direzione;

·  al prefinanziamento, in tutto o in parte, dell’opera da realizzare”.

Stante dunque la definizione dei compiti del contraente generale, e la  possibilità di affidare a questi tutti i poteri del concessionario accompagnati dalla copertura, totalmente pubblica del finanziamento, si realizza una situazione ibrida e, con tutta evidenza, particolarmente conveniente solo dal lato del contraente generale.

Infatti, stiamo parlando di un soggetto economico al quale il committente garantisce il 100% del corrispettivo necessario alla progettazione e realizzazione, dunque un appaltatore, ma al quale sono affidati anche compiti e poteri tipici del concessionario.

In altre parole, il Ministro Pietro Lunardi, è stato molto chiaro nell’esporre la figura del contraente generale e dal “modello” dal quale ne discende.

RELAZIONE DEL MINISTRO PIETRO LUNARDI DI PRESENTAZIONE DEL D.L. 190/2002

“......... l’affidamento a general-contractor ha consentito a FS di dimezzare i tempi di realizzazione delle tratte Alta Velocità avviate, con una spesa finale non dissimile.........”

Essendo dunque il “modello” TAV (così definito dal Ministro), quello assunto per la realizzazione delle opere strategiche, occorre precisare subito che proprio sui tempi contrattuali e sui costi programmati quel modello registra, al contrario delle fantasiose affermazioni del Ministro, il fallimento più clamoroso. Solo per inciso, le tratte avviate registrano, oggi, situazioni incredibili:

TRATTA                                  COSTI AL PRIMO             SITUAZIONE AL

                                               CONTRATTO (1991)          MARZO 2003

                                                 (in miliardi di lire)         (in miliardi di lire)

NAPOLI–ROMA                             3.900                                 10.184

FIRENZE – BOLOGNA                   2.100                                   9.495

BOLOGNA – MILANO                    2.900                                 12.390

MILANO – TORINO                       2.100                                 13.452

I dati indicati, sono quelli ufficiali e sono relativi solo al costo delle infrastrutture a terra delle tratte e non comprendono i costi relativi alle infrastrutture aeree e quelli per i nodi di testa.

Se sui costi si registra, ad oggi, un aumento medio di oltre il 400%, sui tempi di completamento e fruibilità del “prodotto”, siamo già a circa 12 anni dalla firma dell’affidamento delle attività ai general-contractor, che prevedevano una durata media di circa 6 anni, e nessuna tratta cantierata è stata ancora terminata.

Oggi, troviamo estremamente interessante rileggere la nota che l’ANCE consegnò al Ministro dei Trasporti il 24 ottobre 1996 sul “piano degli investimenti delle Ferrovie dello Stato:

Si deve innanzi tutto prendere atto che il modello del general-contractor, così come sperimentato nel programma Alta Velocità, non ha prodotto gli effetti sperati ..................

Ne consegue che tale modello, almeno relativamente alle tratte ancora da iniziare, debba e possa essere modificato. In particolare, la Soc. TAV potrebbe acquistare dai concessionari la progettazione affidando successivamente in gara la realizzazione delle opere restanti.

Una scelta di questo tipo potrebbe portare, al netto del 3% delle penali, ad un risparmio per il Tesoro di circa 4.000 miliardi conseguente alla eliminazione di una intermediazione (quella del general-contractor) che si è rilevata poco efficace e più onerosa.

Infine, riguardo alla necessità di ridurre il GAP infrastrutturale con gli altri Paesi europei, da sempre abbiamo espresso la nostra opinione sulla necessità di individuare un “pacchetto” di opere veramente strategiche, capaci di avviare un doppio circuito virtuoso:

1)  è l’opera, rispetto i pesi di traffico, i consumi energetici persi, l’inesistenza di altri moduli e/o vettori e la qualità del servizio dato dall’infrastruttura a movimentare contemporaneamente merci e passeggeri, a definirsi strategica;

2)  l’indispensabilità di una grande infrastruttura capace di richiamare siti ed attività economiche oggi inesistenti in una determinata area del Paese.

 

Per la costruzione di questo “pacchetto” di grandi opere strategiche, è possibile individuare forme di procedure concorrenziali e sistemi di contingentamento dei tempi per tutti gli iter approvati.

In questo quadro, “pacchetto” limitato di grandi opere veramente strategiche, è possibile, da un lato andare in deroga alle vigenti disposizioni riguardanti la Conferenza di Servizi (si può pensare al diniego con modifiche per il consenso da espletare entro un brevissimo arco di tempo), all’assenso per il passaggio sulle strade comunali dei mezzi d’opera (oggi è una causa di diniego), alle contestuali varianti dei PRG con l’approvazione del progetto preliminare ecc.; dall’altro, si può, in un percorso di regole uguali per tutti i concorrenti, di certezze nei tempi di completamento e fruibilità dell’opera, nel bando di gara inserire delle norme premiali a “doppio binario” (liberando parte delle garanzie fideiussorie con ‘anticipo dei lavori rispetto il cronoprogramma ed il riconoscimento, sotto forma di premio, all’appaltare, di una parte del ribasso offerto sull’anticipazione finale dei lavori. Premio da elargire in percentuale rispetto il tempo anticipato - mesi lavoro contrattuali 36, ribasso offerto 25%. 36:25 : 1 mese di anticipo X mesi in totale anticipo ultimazione lavori- ) o delle penalità nei ritardi degli Stati Avanzamento Lavori. Penalità, che aumenteranno sensibilmente con l’accumularsi dei ritardi.

Inoltre, sì può ipotizzare una commissione (presieduta dal Prefetto dove a luogo la Committente, oppure,  se trattasi di ministero, è lo stesso Ministro committente a presiedere detta commissione) la quale, in base al cronoprogramma dei lavori verifica gli scostamenti ed interviene per superare i ritardi o qualsivoglia problema inerente alla costruzione dell’opera (in questo caso, con un accordo sindacale,  preventivo alla installazione del cantiere, è possibile lavorare su più regimi di orario di lavoro).

Infine, con le regole sopra dette e con un rigido controllo da parte del Responsabile Unico del procedimento oltre al Direttore dei lavori che deve sempre rispondere alla Committente, avviare, limitatamente a questo “pacchetto” di grandi opere strategiche, la procedura di gara a prestazioni integrate.

2 LE RISORSE FINANZIARIE

 

Il primo programma delle opere strategiche e di preminente interesse nazionale, approvato dal CIPE con la delibera 21 dicembre 2001, n. 121, quantificava in 125,8 miliardi di EURO il fabbisogno complessivo di risorse necessarie nel decennio 2002-2011 per il completamento di tutti gli investimenti compresi nel programma stesso.

Di tale ammontare globale, risultavano disponibili – al dicembre 2001 – 11,9 miliardi di EURO.

Per la copertura del rimanente fabbisogno – pari a 113,9 miliardi di EURO – il Governo ha ipotizzato (sempre in relazione al decennio di riferimento) il seguente quadro programmatico:

·  risorse dell’Unione Europea                               25,8 miliardi di EURO

·  risorse pubbliche aggiuntive                              54,6 miliardi di EURO *(1)

·  capitali privati                                                     33,5 miliardi di EURO

Rispetto a questa situazione (fotografata al dicembre 2001), sono intervenuti i seguenti elementi di novità:

·  Nuove risorse pubbliche (legge finanziaria 2002, legge 166/2002, legge finanziaria 2003) attivabili nel prossimo triennio, quantificate dal Governo in 16 miliardi di EURO * (2);

·  Stipula da parte dell’ANAS della nuova convenzione con la Società Autostrade in cui si prevede un piano di investimenti privati per un valore globale (entro il 2038) di 24,163 miliardi di EURO, con l’attivazione (entro il 2009) di risorse pari a 8,644 miliardi EURO ed entro il prossimo triennio pari a 4 miliardi di EURO;

·  Previsioni relative a risorse provenienti dal Quadro Comunitario di sostegno, POR e PON e destinate a opere rientranti nel programma delle infrastrutture strategiche, individuate per il prossimo triennio, pari a 6 miliardi di EURO.

Agli 11,9 miliardi di EURO già disponibili al dicembre 2001, si aggiungo 26 miliardi di EURO di nuove risorse complessivamente attivate, fino a raggiungere la cifra di 37,9 miliardi di EURO, quale VOLANO DI DISPONIBILITA’ PER IL PROSSIMO TRIENNIO.

* (1) SI RICORDA CHE IL DPEF 2002-2003 PREVEDEVA UN IMPEGNO DI RISORSE PUBBLICHE, PER     L’ATTUAZIONE DEL PROGRAMMA DELLE INFRASTRUTTURE STRATEGICHE, PARI A 25,8 MILIARDI DI EURO NELL’ARCO DELLA LEGISLATURA.

* (2) IN PARTICOLARE, IL GOVERNO HA FORNITO I SEGUENTI DATI (AUDIZIONE MINISTRO LUNARDI PRESSO L’VIII COMMISSIONE DELLA CAMERA IN DATA 9.10.2002):

·  ART. 13 DELLA LEGGE N. 166/2002                       4,5 MLD DI EURO

·  ART. 36 DELLA LEGGE 166/2002                            1,0 MLD DI EURO

·  INTERVENTI ANAS (TABELLA F e D FINANZIARIA 2002) 3,0 MLD DI EURO

·  INTERVENTI FS (TABELLA F e D FINANZIARIA 2002)      5,0 MLD DI EURO

·  NUOVI INTERVENTI FINANZIARIA 2003 (ARTICOLATO)        2,5 MLD DI EURO

LE STIME DELL’ANCE

Sull’intero assetto delle risorse finanziarie, il Presidente dell’ANCE, nell’audizione tenuta il 2 aprile 2003 presso l’VIII Commissione del Senato, ha riferito che da un’analisi effettuata risulterebbe che, a 15 mesi dall’approvazione della delibera, sono state assegnate risorse per soli 2,18 miliardi di EURO, pari ad appena il 9 per cento della spesa complessiva prevista per il triennio.

Anche considerando tutte le altre risorse attivabili dai finanziamenti disposti tramite fondi pregressi o risorse private, valutati in complessivi 1,97 miliardi di EURO, risulterebbero disponibili – per l’attuazione del programma – solo 4,15 miliardi di EURO, pari appena il 7 per cento del fabbisogno del triennio.

Preoccupazioni sull’andamento più recente degli investimenti pubblici per lo sviluppo infrastrutturale erano già state prodotte dall’ANCE nel recente Rapporto. LA MANOVRA DI FINANZA PUBBLICA PER LE INFRASTRUTTURE: LEGGE FINANZIARIA 2003, che aveva invece analizzato alcuni dati ricavabili dalla legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289 del 2002).

Nel rapporto viene in primo luogo effettuato un raffronto fra le risorse iscritte nella tabella F della finanziaria 2003 e quelle iscritte nella stessa tabella  F dell’anno precedente, ipotizzando l’invarianza delle altre poste iscritte in bilancio che non vengono modificate dalla legge finanziaria ( ipotesi da verificare con l’assestamento di bilancio dell’anno in corso). Il calcolo delle risorse presenti nella tabella  F  per il 2003 è pari a 15,6 miliardi di EURO, rispetto ai 14,8 miliardi di EURO (28.715 miliardi di vecchie lire) presenti nella tabella  F  per il 2002.

Invece la somma complessiva delle risorse destinate ad opere infrastrutturali porta a stimare per il 2003 una massa di 22,7 miliardi di EURO (pari a 44.000 miliardi di vecchie lire) contro i 22 miliardi di EURO disponibili nel 2002 (42.650 miliardi di vecchie lire), con un aumento del 3,2% in valori correnti, ed una riduzione dello 0,2% in termini reali: Si osserva che in questa stima non è stato compreso il fondo rotativo per le opere pubbliche “in considerazione delle incertezze riguardo al suo funzionamento ed alle risorse effettivamente attivabili”.

 

MILIONI DI EURO

 

 

 

 

 

2002

2003

 

 

 

Risorse ordinarie (al netto della Tabella F)

7.072,59

7.072,59

Consistenza capitoli secondo tabella  F

14.830,61

15.607,57

Altre risorse ex L. 166/02 non presenti

122,80

 

in Tabella  F del 2002

 

 

Limiti d'impegno articolato

 

52,625

 

 

 

TOTALE MANOVRA

22.026,00

22.732,78

 

 

3 L’AFFLUSSO DI CAPITALI PRIVATI

 

Una delle principali finalità della legislazione speciale sulle infrastrutture strategiche consiste nel favorire l’afflusso di capitali privati.

Nell’impostazione programmatica dell’impegno   finanziario complessivo richiesto dalla realizzazione del programma (125,80 miliardi di EURO nel decennio) è  prevista una partecipazione, abbastanza consistente (33,5 miliardi di EURO), da parte dei privati.

A parte l’effetto combinato di questo istituto, definito dalla legge quadro sui lavori

pubblici “il promotore” (figura diversa dal project-financing che è sempre esistita), con l’affidamento di tutte le attività al “general-contractor” non può non alimentare lo scarto fra i prestiti di oggi ed i debiti di domani, perché i costi, oggi presi in considerazione, saranno sicuramente maggiori alla fine dei lavori stante gli interessi del contraente generale; il raggiungimento di tale obiettivo (l’afflusso di capitali privati) presuppone un cambiamento del quadro delle attuali norme, con altre, che devono essere uguali per tutti e, contestualmente, di certezze in cui si programmano e si realizzano le opere pubbliche e di convenienze per l’investitore, tale da attrarre l’investimento privato in questo settore.

Oggi, il problema delle risorse iscritte nelle leggi finanziarie e spendibili rispetto i programmi triennali dei lavori, viene eluso attraverso la copertura delle due Società pubbliche: PATRIMONIO SPA e INFRASTRUTTURE SPA le quali, nell’immediato pagano gli interessi sul capitale e, a fine lavori, il Governo dovrà portare negli esercizi finanziari la restituzione dell’ammontare del finanziamento. E’ chiaro, che una siffatta operazione, oltre ad occultare la reale corrispondenza della spesa corrente, determinerà, nel costo finale delle opere, una spesa maggiore per gli interessi.

Inoltre, come sottolineato nelle due relazioni dell’Unità Tecnica Finanza di Progetto finora pubblicate, il decollo della finanza di progetto presuppone un generale adeguamento di strumenti conoscitivi e di competenze tecniche da parte sia delle amministrazioni pubbliche che degli enti creditizi. Infine, un fattore che può contribuire all’afflusso di capitali privati nel mercato delle opere pubbliche è rappresentato dagli strumenti finanziari a disposizione dei potenziali investitori. A questo fine, devono considerarsi, complementari e paralleli (rispetto la “legge obiettivo”) tutti quegli interventi normativi volti alla creazione di un nuovo intermediario finanziario specializzato nel supporto alla realizzazione di grandi infrastrutture.

Ritornando al capitolo in esame, L’AFFLUSSO DI CAPITALI PRIVATI, preliminarmente, si ricorda che l’articolo 47 della legge n. 448 del 2001 (finanziaria 2002) disponeva, ancora in termini generali, che – per il finanziamento del piano straordinario delle infrastrutture e delle opre strategiche – la Cassa Depositi e Prestiti potesse, anche in deroga alle vigenti disposizioni, intervenire a favore dei soggetti pubblici o privati ai quali fanno carico gli studi, la progettazione, la realizzazione e la gestione delle opere, mediante operazioni di finanziamento sotto qualsiasi forma, di prestazione di servizi e di assunzione di partecipazioni.

Successivamente, l’articolo 8 del decreto legge n. 63 del 2002, ha provveduto ad istituire la società INFRASTRUTTURE SpA, autorizzando la Cassa Depositi e Prestiti a costituire, per il finanziamento sotto qualsiasi forma delle infrastrutture e delle grandi opere pubbliche, una società finanziaria per azioni quale soggetto pubblico che – in via sussidiaria rispetto ai finanziamenti concessi da banche e da altri intermediari finanziari – finanzia le infrastrutture e le grandi opere pubbliche, purché suscettibili di utilizzazione economica e concede finanziamenti a medio e lungo termine finalizzati ad investimenti per lo sviluppo economico.

In particolare, Infrastrutture SpA è un intermediario finanziario non bancario, sottoposto alla vigilanza della Banca d’Italia, creato dalla Cassa Depositi e Prestiti *(3) che interviene sussidiariamente al sistema bancario,

secondo una duplice modalità: sia con prestiti a lungo termine, di durata media

10 – 20 anni, erogati direttamente a soggetti privati impegnati nella realizzazione di grandi progetti nel quadro delle procedure speciali della ”legge obiettivo”, sia con finanziamenti a medio termine a favore di banche – a loro volta – finanziatrici di interventi infrastrutturali.

Caratteristica di Infrastrutture SpA è il pieno controllo della decisione di finanziamento, poiché la società deve operare in regime di economicità e redditività degli interventi. Infrastrutture SpA opera, infatti secondo un approccio di

mercato (fra l’altro, alla Società non si applica l’articolo 2362 del codice civile, sulla responsabilità illimitata dell’unico socio azionista, in quanto ad essa è richiesto di operare nella salvaguardia dell’equilibrio economico, patrimoniale e finanziario).

Con il DM economia e finanze del 3 dicembre 2002, è stato approvato lo Statuto della Società Infrastrutture SpA.

Infine, a completamento del quadro normativo di riferimento, si ricorda l’articolo 75 della legge 27 dicembre 2002,

n. 289 (legge finanziaria 2003) che stabilisce: ...”Infrastrutture SpA finanzia prioritariamente, anche attraverso la costituzione di uno o più patrimoni separati, gli investimenti per la realizzazione della infrastruttura ferroviaria per il sistema Alata Velocità/Alta Capacità, anche alla fine di ridurre la quota a carico dello Stato.

Di particolare rilievo – ai fini delle garanzie di rimborso dei finanziamenti concesi da Infrastrutture SpA – le disposizioni di cui al terzo periodo del comma 1 dell’articolo 75, secondo cui, l’integrazione dell’onere derivante dal servizio del debito contratto nei confronti di Infrastrutture SpA, il quale, non sia adeguatamente remunerabile utilizzando i soli flussi di cassa previsionale per lo sfruttamento economico del sistema AV/AC, è a carico dello Stato, al fine di preservare l’equilibrio economico-finanziario della Società. A tale previsione è da ricollegare quella di cui al successivo comma 4, con la quale si dispone la prioritaria destinazione dei crediti e dei proventi derivanti dall’utilizzo del sistema AV/AC al rimborso dei finanziamenti concessi da Infrastrutture SpA; pertanto, fino all’estinzione del relativo debito, è esclusa la possibilità, per i creditori diversi da tale Società, di rivalersi sui crediti e sui proventi in questione.

Tuttavia, il problema dell’afflusso di capitali privati alla realizzazione di opere pubbliche deve essere visto in una prospettiva ancora più ampia. Il project financing, non rappresenta l’unica modalità di realizzazione di infrastrutture di pubblica utilità con la partecipazione di capitale privato. Ci sono altre forme o modelli di partecipazione e di cooperazione fra settore pubblico e privato. Di questi, si possono individuare tre tipologie:

1)       progetti dotati di intrinseca capacità di generare reddito attraverso ricavi da           utenza (sistema “autostrade”;

2)       progetti in cui il concessionario privato fornisce direttamente servizi alla pubblica amministrazione (interventi e gestione di particolari settori di opere pubbliche – opere d’arte o siti archeologici - realizzate dal privato il quale ricava parte della remunerazione nella gestione e parte da pagamenti effettuati dalla pubblica amministrazione su base di parametri commerciali. In questi casi, il compito della PP AA è quello di valutare la rispondenza dei costi dei servizi da acquisire rispetto i parametri di mercato);

3)     progetti, che richiedono una componente di contribuzione pubblica. E’ il caso di  iniziative i cui ricavi commerciali da utenza sono di per se stessi insufficienti a generare adeguati ritorni economici, ma la sua realizzazione genera rilevanti esternalità positive in termini di benefici sociali indotti dalla infrastruttura. Tali esternalità giustificano l’erogazione di una componente di intervento pubblico (la costruzione di un invaso per l’uso plurimo delle acque – potabile, industriale, irriguo).

 

________________________________________________________________________________ 

* (3) Il capitale di Infrastrutture SpA ammonterà, inizialmente, a 3,5 miliardi di Euro, forniti dalla Cassa Depositi e Prestiti (Audizione del presidente della Società, Prof. Andrea Monorchio, nella seduta del 17 dicembre 2002 della VIII Commissione del Senato.

  Dipartimento Politiche Industriali

 

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