COMUNICAZIONE MAURO
MACCHIESI
Iniziativa pubblica, Cosenza 28 ottobre 2004
Questa iniziativa
sulla Salerno – Reggio Calabria ci deve aiutare a capire come sta
“camminando” il Paese e il Mezzogiorno in particolare, nella
realizzazione di quella dotazione infrastrutturale, necessaria per
essere competitivi con il resto dell’Europa. E come, in una scelta di
diversa “finanza creativa” come quella ideata dal Ministro Tremonti e
assunta dal programma del Governo, si possono compiere scelte diverse da
quelle programmate ed attuate in questi anni dal Governo Berlusconi.
Scelte queste, che stanno creando non pochi problemi sia sul fronte
delle risorse finanziare da allocare sui programmi e sia sulle priorità
da definire per le infrastrutture da realizzare.
Il
tutto, ci dovrebbe portare a capire le ricadute che le scelte del
Governo produrranno sul sistema d’impresa nazionale, sulle modalità
produttive ed organizzative del cantiere, l’applicazione dei diritti dei
lavoratori e di chi spetta l’obbligo del controllo affinché essi siano
veramente praticati. Ed infine, la legislazione sociale a sostegno dei
lavoratori.
La
Salerno – Reggio Calabria è l’opera infrastrutturale sulla cui priorità
non ci possono essere dubbi da parte di nessuno. L’allarme che vogliamo
lanciare è che averla portata all’interno della sfera della Legge
Obiettivo, senza la necessaria copertura finanziaria rischia di far
diventare un obiettivo irraggiungibile la sua ultimazione in tempi
accettabili..
La
legge Obiettivo, prevede la realizzazione, in 10 anni, di oltre 320
opere, per un importo stimato, nel 2001, di 125 miliardi di EURO.
Ad
oggi, di questi 125 miliardi di EURO, sono stati autorizzati dal CIPE
11
miliardi circa. Se rapportiamo le risorse spese in questi quattro anni,
a confronto con quelli che dovevano essere impegnate, vediamo che
mancano “all’appello” 30,9 miliardi di EURO.
E’ opportuno specificare, che si tratta di risorse complessive messe a
disposizione per gli investimenti sia dal Ministero che dall’ ANAS e
RFI.
Poiché il Ministro Lunardi, sostiene che nel triennio 2005 – 2008
potranno essere spesi 20 miliardi di EURO, possiamo facilmente
ipotizzare che, nell’arco di vita della legge Obiettivo, i finanziamenti
effettivamente spesi saranno circa 31 miliardi di EURO pari al 25% di
quelli programmati per il pacchetto di opere della legge Obiettivo.
Le
prime analisi sul Decreto Correttivo 168/’04 e le previsioni del disegno
di legge per la finanziaria 2005, raffrontate con i finanziamenti
deliberati nel 2003 e 2004 per i lavori pubblici, evidenziano una
diminuzione delle risorse finanziarie nel 2004 sul 2003 del – 18%;
mentre, nel 2005 si prevede una lieve crescita del 1,3%. Però, se
consideriamo il tetto alla spesa di 450 milioni di EURO per la copertura
della rata dei mutui da restituire, anche nel 2005 avremo un diminuzione
dei finanziamenti pari all’ – 1,7%.
Nelle Regioni Meridionali comprese le isole, il rapporto fra l’impegno
di spesa previsto dalla Legge Obiettivo e la disponibilità nel periodo
2002 – 2004 è di un misero 15%.
Come può stare insieme la mole di annunci di avvio dei lavori con questo
quadro finanziario? Le risposte che ci vengono date per la copertura
finanziaria sono le seguenti:
a)
la prima è la “ Finanza creativa”. Per la
verità, questo termine è stato coniato dal Governo di Centro Sinistra,
con la cartolarizzazione per la vendita degli immobili. Con una
differenza, però, erano ben definite le finalità, gli obiettivi
programmatori e di sviluppo del Paese. Manovra questa, ben diversa da
quella del Governo in carica, giacché si incardina su un bilancio di
entrate definito per la quantità ma non per come raggiungere il tetto e
di uscite altrettanto aleatorie quanto le entrate.
Affidare a questa aleatoria aspettativa, la copertura della differenza
fra risorse pubbliche disponibili e le necessità censiste, è quanto
mai azzardato.
Inoltre, per quanto riguarda la “finanza creativa” se guardiamo i paesi
europei che hanno percorso questa strada, dopo qualche decennio
dall’avvio delle procedure, queste risorse finanziarie integrano il 10%
circa dell’ammontare dei finanziamenti pubblici. In un sistema
burocratico complesso come quello italiano, si corre il rischio di
spendere più soldi per mettere in piedi l’impianto che avere risultati
positivi.
b)
A volte si ricorre alla gara di appalto senza
la completa copertura finanziaria dell’Opera, andando incontro al
pericolo di disseminare il territorio nazionale di tante incompiute.
La Legge Obiettivo a
quattro anni dalla sua entrata in funzione ha mancato i suoi propositi
di realizzare velocemente le opere poiché erano a sostegno di un
impianto finanziario paragonabile ad un sogno che come tutti i sogni
all’alba svaniscono.
Infatti, quest’impianto finanziario, che condensa la realizzazione delle
opere con massicci interventi di privati, alla prova dei mercati, non è
stato in grado di attirare nemmeno un EURO di questi investimenti.
D’altra parte, sta segnando il passo anche la raccolta di risorse
economiche attraverso l’emissione di Bond garantite dal Ministero del
Tesoro.
Alla fine, della legge Obiettivo, rimangono solo le procedure accentrate
per le autorizzazioni. Tant’è, che nella ipotesi di “Riforma”
Costituzionale viene presa ad esempio per accentrare le competenze sulle
infrastrutture di interesse nazionale a scapito delle Regioni e
Autonomie locali.
Giudicare la Legge Obiettivo una legge inutile è sbagliato, è una legge
che ha provocato un “danno” oggi ancora non calcolabile, dividendo il
mercato delle costruzioni in due fasce ed impoverendo il Sistema
Imprenditoriale del settore. Deregolamenta tutti i sistemi previsti
dalla legislazione sociale a garanzia dei diritti dei lavoratori.
La
Legge Obiettivo assegna al General Contractor la realizzazione
dell’Opera con “qualsiasi mezzo” con una commistione di compiti assurdi,
si va dalla Progettazione, alla Direzione Lavori, al Collaudo. Chi
pensava che questo sistema avrebbe corretto la Legge “Merloni” che
prevede di assegnare i lavori con il massimo ribasso si sbagliava anche
perché si è fatta un po’ di confusione con il General Contractor per
l’Alta Velocità, omettendo il fatto che in quel caso non c’è stata gara
ma una semplice ripartizione dei lavori fra i diversi competitori,
naturalmente la Commissione Europea ha notificato all’Italia una
infrazione per quella scelta fatta a suo tempo.
La
nostra analisi sulla Salerno – Reggio Calabria ci dice che la media dei
ribassi nei lotti assegnati con la “Merloni” è stata del 28,5%.
Sicuramente questo ribasso medio è eccessivo tant’è vero che, 6 appalti
su 31 non hanno visto la fine dei lavori perchè le imprese impegnate
sono fallite o hanno abbandonato i lavori.
Con il General Contractor il ribasso in fase di esecuzione dei lavori
sarà molto maggiore, in quanto fino ad oggi le gare assegnate dei
Macrolotti, pur essendo un Appalto Concorso, registrano il 12 – 15% di
ribasso ed essendo previsto un punteggio premiale per chi affida la
maggior quantità di realizzazione a soggetto diverso dal General
Contractor (una percentuale che si aggira fra il 70 e l’ 82%) è facile
prevedere che i lavori saranno affidati ad altre imprese con un
ulteriore ribasso. Questo perché è l’unico sistema che ha il General
Contractor per ricavare degli utili.
A
sua volta l’impresa affidataria ricorre al subappalto per eseguire i
lavori e in questo passaggio di subaffidamento, inevitabilmente c’è un
ulteriore ribasso che può raggiungere il 20%.
In
questa sequela di passaggi, i lavori potrebbero essere eseguiti con una
compressione dei costi per i lavori del 45% in meno rispetto a quanto
posto in gara d’appalto.
Per finire su quest’argomento, il problema, più avanti l’affronterò
meglio, non è essere a favore o contro i subappalti, ma in una filiera
così disarticolata qualè il grado di controllo esercitabile dagli organi
preposti?
Per fare solo un esempio: nella realizzazione dei lavori dei 31 lotti
affidati con la procedura della Legge “Merloni” sono state richieste 463
autorizzazioni a subappaltare i lavori , con una media di una richiesta
ogni 472 mt; di queste richieste, circa la metà non sono andate a buon
fine.
Nel “pacchetto” di quelle non autorizzate, l’appaltatore ha riproposto
la domanda aggiungendo solo la dizione: assistenza al getto di
calcestruzzo. Considerato che l’assistenza è un servizio e come
tutti i servizi, non è sottoposto alla disciplina della legge 55/90.
Questo fatto, con la committente ANAS, attraverso una disposizione
interna era controllata. Oggi, con il General Contractor che è allo
stesso tempo appaltatore e Stazione appaltante, come verrà controllato?
Quali saranno i livelli di trasparenza e ostacolo alle infiltrazioni
malavitose?
Siamo sicuri che questo sistema accelera l’esecuzione dei lavori e aiuta
la flessibilità? O è semplicemente un processo di deresponsabilizzazione
Certamente, sappiamo che in alcuni casi ci sono delle difficoltà per le
committenti pubbliche di progettare, appaltare, dirigere e collaudare i
lavori. Riteniamo, però, che era sufficiente, per eliminare alcuni
inconvenienti, prevedere un agio per l’ appaltatore che assumesse i
ruoli in sostituzione della Stazione Appaltante Pubblica.
All’interno del quadro sopra descritto, sappiamo che dentro i cantieri è
in uso ormai diffuso la “Frode di identità”, e le imprese possono
facilmente scaricare la loro responsabilità. Quindi, anche per gli
organi preposti alle ispezioni diventa difficile rintracciare i
preposti delle imprese nel cantiere. Il problema è che dentro il
cantiere non c’è più l’impresa in quanto tale. E questo perché è
impossibile eseguire i lavori con il 45% di ribasso.
In
questa siffatta situazione, si sta distruggendo quel poco di impresa
strutturata che è rimasta nel nostro paese. Per di più, in un contesto
ambientale esposto alle infiltrazioni malavitose, sul lavoratore perdere
l’identità dell’impresa a cui è dipendente produce, effettivi devastanti
sui diritti a lui universalmente riconosciuti. Per questo, ci domandiamo
se le imprese hanno valutato bene le conseguenze anche per il loro
sistema.
Ritornando alle vicende dell’Autostrada Salerno - Reggio Calabria,
nonostante qualche tentativo maldestro di smentita sul costo a Km., i
lavori che saranno eseguiti con la formula del General Contractor (i
Macrolotti) è 5 volte in più che con il sistema della “Merloni”.
Il
problema non è la maggiorazione dei costi in sé, in parte dovuti a
compiti aggiuntivi come la progettazione esecutiva, le procedure degli
espropri, ecc. ma rimane un 14 – 16% annuo (una media del 4% a
trimestre) che finisce alla rendita parassitaria finanziaria, dovuta al
prefinanziamento dell’opera che le imprese devono sostenere. In un
appalto di 500 milioni di euro il 16% non è poca cosa.
Questo sistema potrebbe mettere in difficoltà quelle poche imprese
italiane che oggi sono in grado di competere con il mercato, giacché ci
domandiamo: quante commesse di questo tipo possono acquisire? E
soprattutto, una commessa di queste dimensioni che finisce male è ovvio
che si tira dietro l’intera impresa, ma la proprietà resta un patrimonio
nazionale o passa in mano alle Banche Estere?
Allora ci domandiamo e vi domandiamo:
-
é’ questa la grande
impresa italiana che vogliamo per questo settore?
-
E’ con questo sistema
che pensiamo di accelerare i lavori della Salerno – Reggio Calabria?
-
È questa la
soluzione, per avere un passo più spedito di Km all’anno anziché come
si è proceduto fino ad oggi?
Abbiamo voluto realizzare questa ricerca sulla Salerno – Reggio Calabria
perché si presta molto bene all’analisi, e nel confronto dei dati, ma il
problema è più generale.
Per evitare quelle che possono sembrare delle nostre previsioni
catastrofiche, occorre che il Governo definisca nella Finanziaria in
una previsione triennale l’intero finanziamento per il completamento dei
lavori. Finanziamento, che è di circa 2 miliardi di EURO.
Il
previsto protocollo di Sicurezza fra Ministero degli Interni e General
Contractor deve diventare uno strumento di prevenzione coordinato dai
Prefetti e non solo di controllo durante la fase di esecuzione dei
lavori. Perché è noto come il maggior strumento di penetrazione delle
infiltrazioni malavitose sono i passaggi di proprietà dei terreni da
espropriare, il movimento terrà tutte le operazioni preventive
all’inizio dei lavori. Vanno inoltre rafforzati gli strumenti tipo gli
Ispettorati del Lavoro, le ASL per metterle in grado di esercitare un
reale sistema di controllo per i compiti a cui sono preposti insieme ed
una dinamica interlocuzione fra le forze sociali – istituzioni - imprese
per sostenere uno sforzo che sia in grado di creare un quadro di
trasparenza necessaria a raggiungere un obiettivo credibile di termine
dei lavori in tempi accettabili.
Come Federazioni Sindacali di categoria abbiamo sottoscritto con l’ANAS
un Protocollo d’Intesa che fa parte integrante del contratto d’appalto.
Il
Protocollo, è uno strumento utile per verificare che i diritti dei
lavoratori siano rispettati e ci consente di intervenire in caso di
inadempienza e definire azioni per mettere in mora l’impresa con tutte
le conseguenze che questo atto comporta. Quindi il Protocollo è uno
strumento, non solo per difendere almeno il salario e la previdenza dei
lavoratori, ma può essere utile al sindacato di categoria per essere
soggetto attivo nella realizzazione di questa importante opera.
Il
Protocollo, insieme ad alcune conquiste che la categoria ha ottenuto,
come l’assunzione anticipata rispetto all’avvio del lavoro, il Documento
Unico di Regolarità Contributiva e la riconferma della responsabilità in
solido e la sua estensione ai lavori privati, diventa un modello
interattivo e di relazioni fra committente e sindacato.
Sono strumenti questi che servono per un forte lavoro di prevenzione, ma
che rischiano di essere vanificate a seguito di una organizzazione del
lavoro frammentata e fortemente parcellizzata che sfugge a qualsiasi
sistema di gestione e controllo. Ripeto che oggi nei cantieri c’è un
vasto sistema di “Frode di Identità” che va combattuto da tutti. In
prima persona dalle imprese per ripristinare un contesto di trasparenza
e legalità altrimenti qualsiasi ragionamento diventa inutile.
Certamente come sindacato non staremo con le mani in mano, siamo
disponibili a concordare forme di organizzazione del lavoro che
consentano di abbattere i 36 anni che secondo i nostri calcoli (29
secondo quelli dell’ANAS) servono per concludere l’opera ma non saremo
disponibili a giungere a compromessi sulla Sicurezza dei lavoratori,
sulla Previdenza, sul salario contrattuale.
Per concludere qualche considerazione generale: anche noi siamo
coscienti con la stessa determinazione con cui non condividiamo la legge
Obiettivo che la legge “Merloni” a 4 anni dalla sua approvazione
definitiva debba essere rivisitata ad iniziare dalla dimensione dei
lotti che possono essere messi in gara, da una diversa forma di
assegnazione dei lavori che non sia il massimo ribasso, fino ad arrivare
per un numero limitato di opere veramente prioritarie ( 19 Delibera CIPE
’98).
Siamo disponibili a prevedere che possa esserci, in una unica
legislazione di riferimento, regole particolari, finalizzate
all’accelerazione dei pareri e di quant’altro attiene all’avvio dei
lavori, per quelle infrastrutture, rientranti nel numero di opere
veramente prioritarie. Altresì, riteniamo che le opere, il cui programma
di realizzazione copre un arco temporale di 6 anni, non possono essere
trattate alla stregua di un appalto da 500 milioni di euro. Per questo,
riteniamo che tale legislazione, debba contenere norme, per un lavoro
che dura 6 anni, che comportino la non contrattualizzazione a prezzo
chiuso.
Questo perché, rispetto all’andamento dei prezzi dei prodotti a livello
internazionale, vedi vicenda acciaio, e difficile prevedere costi in
tempi così lunghi.
Quanto fin qui detto, però, non ha nulla a che vedere con la
liberalizzazione a subappaltare tutta l’opera appaltata o il divieto a
subappaltare più del 30% della categoria prevalente che per noi è e
rimane una soglia invalicabile. Anche sul fronte finanziamenti pubblici
per le infrastrutture forse in un ambito di una scelta programmatica con
le priorità individuate, fermandoci alle infrastrutture che possono
produrre ricchezza, il Governo potrebbe richiedere che quei
finanziamenti utilizzati per questo fine stiano fuori dai parametri di
Mastrich, naturalmente con una regia programmatoria nazionale di
distribuzione delle risorse per evitare di penalizzare ulteriormente il
Mezzogiorno.
Questi accenni di proposte nascono dalla convinzione che non siano
contro l’infrastrutturazione del paese. Anzi la giudichiamo necessaria e
in un quadro di programmazione nazionale, deve essere perseguita. Quello
che vogliamo sottolineare è che il programma di infrastrutturazione deve
essere compatibile con il sistema Paese sia rispetto allo sviluppo
equilibrato Nord e Sud e sia quello finanziario.