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Esecutivi Unitari Feneal-Filca-Fillea. Roma, 4 settembre 2003

Approvazione della piattaforma contrattuale dell’edilizia

 

Relazione introduttiva di Franco MARTINI a nome delle Segreterie Nazionali

 

 

Lo scopo della riunione odierna degli esecutivi unitari è quello di approvare la piattaforma per il rinnovo del CCNL degli Edili predisposta dalle Segreterie Nazionali e di aprire la consultazione dei lavoratori che proponiamo si svolga entro il giorno 8 del prossimo mese.

 

Conseguentemente proponiamo che Giovedì 9 ottobre abbia luogo la riunione dei Consigli Generali per valutare gli esiti della consultazione e consentire così la formalizzazione della piattaforma all’Ance.

 

Poiché vi è stato consegnato il testo della proposta elaborata dalle segreterie e sulla stessa proposta già questi organismi hanno avuto la possibilità di discutere all’interno di ogni singola organizzazione questo mi consente di soffermarmi sui significati più importanti che a nostro giudizio devono essere evidenziati nella stessa consultazione dei lavoratori.

 

Credo non sfugga a nessuno –innanzitutto- l’importanza che assume il carattere unitario della proposta. Con quella dell’edilizia salgono a quattro le piattaforme elaborate unitariamente dalla nostra categoria e non mancano le condizioni per chiudere positivamente anche il lavoro che nei prossimi giorni entrerà nel vivo per quanto riguarda la piattaforma del legno.

 

Il risultato è importante e va apprezzato perché non era affatto scontato. Ognuno di noi sa bene quali siano le difficoltà che vive oggi il movimento sindacale. Sappiamo che la crisi nei rapporti tra le confederazioni sindacali ha origini serie che non sono aggirabili con stratagemmi tattici dato che la loro natura riguarda politiche e visioni strategiche diverse tra loro.

 

Il fatto che il nostro settore, come altri, è in grado di consegnare un lavoro positivo come quello prodotto in questi mesi sulla prossima stagione contrattuale non può che far del bene al sindacato e dimostra che non c’è niente di irreversibile in questa crisi, soprattutto se l’obiettivo comune resta la tutela dei lavoratori e la valorizzazione della funzione di rappresentanza del sindacato.

 

Noi ci siamo riusciti facendo due cose forse semplici in apparenza ma non sempre scontate, neanche queste.

 

La prima, abbiamo considerato le nostre diversità, le nostre posizioni e proposte differenti, là dove si sono manifestate tali (anche se non sono state prevalenti) come un valore e non come qualcosa da demonizzare o da affrontare con sufficienza. Abbiamo manifestato reciprocamente rispetto, tolleranza e disponibilità al confronto e questo ci ha consentito le sintesi indispensabili oggi e gli affidamenti necessari per ricercare nelle fasi successive a quella della scadenza odierna le sintesi che non siamo riusciti a produrre.

Io per questo voglio ringraziare le Segreterie Nazionali di Filca e Feneal per aver affrontato con questo spirito il confronto con le nostre posizioni.

 

La seconda condizione che ha reso possibile questo risultato va ricercata nel fatto che esso non rappresenta una improvvisazione, un fatto sporadico nella nostra attività. Esiste un patrimonio comune della categoria che viene da lontano ma che soprattutto ha saputo resistere alle intemperie della stagione sindacale.

 

Vorremmo non fosse considerato un fatto casuale che, durante il crescere dei problemi sindacali generali, questa categoria ha rinnovato positivamente il secondo biennio, ha di fatto concluso una stagione degli integrativi senza molti precedenti analoghi, almeno nei tempi più recenti, ha presentato proposte comuni a Governo e Costruttori sulle politiche di sostegno al Settore e sulla lotta al lavoro nero ed illegale e per l’emersione e la trasparenza delle imprese e –come se non bastasse- ha presentato una proposta unitaria sulla riforma degli Enti Bilaterali ed il governo del mercato del lavoro, che sono parte interante della piattaforma, nel momento in cui le divisioni in materia tra i sindacati hanno raggiunto il culmine.

 

La piattaforma per il rinnovo del Ccnl degli edili che presentiamo oggi è figlia di questa stagione di ricerca e di proposta unitaria che con tenacia abbiamo condotto in questi anni ed in questa rinnovata condizione deve trovare la forza necessaria per affermarsi nella fase del negoziato che ci attenderà nelle prossime settimane.

 

Oltre alle vocazioni ed alle sensibilità delle persone che compongono questo gruppo dirigente ha pesato e pesa in questa esperienza la consapevolezza diffusa che la condizione migliore per esercitare al meglio l’azione di tutela delle condizioni dei nostri rappresentati è il processo di qualificazione del settore.

 

Il tema della qualità del lavoro e dell’impresa è ciò che ha fatto da guida nel nostro lavoro e nelle nostre iniziative ivi compreso il lavoro di preparazione della piattaforma.

Per questo è nostra opinione che la consultazione dei prossimi giorni perderebbe di senso se si traducesse nel gioco del rilancio e rinunciasse alla necessaria e giusta valorizzazione delle scelte di qualità compiute nella piattaforma ed alla costruzione della consapevolezza necessaria tra i lavoratori per affrontare quella che non sarà sicuramente una passeggiata.

 

Il tema della qualità è quello che deve guidarci nel confronto con l’associazione delle imprese poiché se è vero che il settore ha alle spalle un ciclo sostenuto di crescita non mancano le preoccupazioni per un futuro che rischia di essere incerto per le conseguenze di una crisi internazionale di cui non si intravede lo sbocco e per lo scarto tra le dichiarazioni ed i fatti che in materia di Opere Pubbliche il Governo ha più volte espresso.

 

Può darsi che le imprese abbiano qualche difficoltà in più a dire che le cose vanno molto male e non da oggi, dato che sarebbero smentiti dalle statistiche che la stessa Associazione dei Costruttori ha più volte rappresentato per dimostrare l’importanza del settore nell’economia nazionale.

 

Ma sicuramente non avrebbero imbarazzo nel sostenere la necessità di tirare i remi in barca date le incertezze sul futuro e noi sappiamo che questa tesi si traduce spesso nella ricerca frenetica di ridurre costi e quindi tutele e nella rinuncia alla sfida delle innovazioni qualitative di cui il sistema delle imprese ed il mercato delle costruzioni hanno bisogno.

 

Per questo dobbiamo affermare che il contratto che vogliamo rinnovare è per la qualità del settore, una qualità che ricerchiamo nell’investimento sul capitale umano oltrechè sulle sue tutele e sulla trasparenza e regolarità delle imprese.

 

Dobbiamo e possiamo affermarlo perché sta nelle scelte che abbiamo compiuto.

In primo luogo là dove proponiamo un rafforzamento del sistema di concertazione e di informazione. Quando proponiamo –ad esempio- di recepire nel corpo normativo di questa parte del contratto la prassi della concertazione preventiva facciamo riferimento ad esperienze già adottate positivamente in questi anni nel rapporto con alcune stazioni appaltanti impegnate nella realizzazione di opere impegnative.

 

Concertare preventivamente significa intervenire prima che il cantiere apra i lavori, quindi, significa fare prevenzione, significa affrontare il tema della sicurezza, quello dell’organizzazione del lavoro, quello della professionalità ed altri in modo programmatico e con il coinvolgimento di tutti gli attori che operano nell’impresa e sul territorio.

 

L’esperienza dimostra che per questa via è più probabile ottenere risultati positivi sia sul fronte delle tutele di chi lavora, sia su quello delle sollecitazioni all’innovazione dell’impresa. Spesso è una pratica che non costa molto, forse nulla, che quindi rappresenta in alcuni casi il confine tra volontà e disinteresse, tra disponibilità e chiusura mentale.

Per questo dobbiamo considerarla una pratica innovativa del nostro sistema di relazioni sindacali, che hanno la necessità di adeguarsi alle modifiche introdotte nel mercato delle costruzioni.

 

Ma quello della concertazione preventiva è solo un esempio. Gli allegati che presentiamo relativi al governo del mercato del lavoro e riqualificazione dei sistemi paritetici di settore ed al ruolo degli enti paritetici nel governo del mercato del lavoro edile, che consideriamo parti integranti della piattaforma, intervengono sul cuore della qualità del settore, cioè il capitale umano, la sua formazione, la sua valorizzazione, la sua tutela attraverso un’opera di riforma e di ammodernamento dello stesso sistema della bilateralità di settore.

La nostra disponibilità ad investire sul patrimonio della bilateralità per un salto di qualità del settore ci spinge ad essere conseguenti con l’evoluzione delle loro funzioni in chiave più moderna.

 

Altra cosa è considerare la bilateralità un costo irriformabile e quindi una possibile fonte di riduzione dei costi contrattuali. Questa sì sarebbe una visione conservatrice, che noi vogliamo combattere proprio con un progetto innovativo come quello che abbiamo proposto in allegato alla piattaforma e che ci deve vedere impegnati in un sostegno coerente.

 

Un contratto per la qualità del settore è anche quello che interviene sull’organizzazione del lavoro per introdurre nel processo produttivo e nell’organizzazione del cantiere nuove condizioni di tutela e di valorizzazione del lavoro e della professionalità.

 

E’ l’obiettivo che ci siamo posti anche là dove il nostro lavoro ha dovuto confrontarsi con la maggiore influenza della legislazione su materie proprie della contrattazione.

 

E’ il caso dell’orario di lavoro per il quale puntiamo alla conferma dell’attuale impianto definito dalla contrattazione.

Non vi è rifiuto della necessaria flessibilità del processo produttivo in tale posizione, quanto la volontà di non confondere flessibilità contrattata con il rischio di una destrutturazione del processo organizzativo che salti a piè pari la funzione negoziale del sindacato.

 

Tant’è  che la difesa dell’art.5 del contratto vive contestualmente alla richiesta di definizione di regimi di orario anche su base annua o in rapporto alla sperimentazione della banca delle ore.

La ricerca, cioè, di rendere compatibili tra loro flessibilità ed esigibilità effettiva di diritti contrattuali, come i permessi, le ferie, le pause retribuite ed altro.

 

La nostra non è –ripeto- una posizione di intangibilità della norma contrattuale quanto una disponibilità a prevederne una evoluzione in grado di cogliere positivamente bisogni nuovi di tutela e di qualificazione del lavoro e del processo produttivo.

 

Nel capitolo dei Diritti lo sforzo compiuto è stato quello di allargarne l’area oltre la platea tradizionale, dato che il nostro settore sempre più viene investito dalla crescente presenza di lavoratori stranieri ed al tempo deve fare i conti con una presenza femminile che pur restando minoritaria rischia per questo di vedersi maggiormente penalizzata rispetto ad altri settori.

 

Per queste ragioni abbiamo ritenuto necessario prevedere, per i lavoratori stranieri, una indispensabile armonizzazione normativa in grado di cogliere le peculiarità tipiche delle diverse comunità etniche e religiose e il loro intreccio con l’organizzazione dei tempi, degli orari e del processo produttivo.

 

Ma soprattutto abbiamo teso ad affermare la priorità dell’intervento formativo sia come processo permanente, sia come leva per l’accesso al lavoro, anche in connessione con il governo dei flussi, quindi senza escludere interventi nei Paesi di origine, attraverso il coinvolgimento degli Enti Bilaterali.

 

Per quanto riguarda le lavoratrici, particolarmente concentrate in alcuni settori di attività, come ad esempio quello del restauro dei beni culturali ed architettonici, rivendichiamo l’integrazione del trattamento di legge per la maternità fino al raggiungimento del 100% della normale retribuzione netta per i primi 5 mesi di assenza obbligatoria e l’utilizzo dei periodi di assenza per maternità ai fini del computo della anzianità professionale.

 

In questo contesto, ma vale anche per i lavoratori, proponiamo l’adeguamento della normativa sul congedo matrimoniale prevista per gli operai a quella degli impiegati.

 

Tale equiparazione la proponiamo anche per la conservazione del posto di lavoro in materia di malattia ed infortunio, capitolo nel quale riproponiamo la storica rivendicazione del superamento dei tre giorni di carenza.

Non vorremmo a questo proposito riproporre la classica operazione di facciata, tanto per mettere in pace la coscienza con un sentimento diffuso tra i lavoratori.

Vorremmo riprovarci sul serio ed anche per questo tutta la piattaforma da noi elaborata è improntata ad un giusto equilibrio nella distribuzione dei costi complessivi, consapevoli che il costo di una piattaforma non si misura esclusivamente con la richiesta salariale.

 

Quando, ad esempio, riproponiamo interventi in materia di welfare integrativo siamo consapevoli di dover destinare alle nostre richieste una quota del costo contrattuale complessivo. E se nel caso della sanità integrativa il problema fondamentale è forse quello di intervenire attraverso processi di ottimizzazione delle scelte già avviate alla luce dell’Allegato R), nel caso della previdenza complementare e più esattamente del decollo del Fondo Prevedi non possiamo non misurarci con i ritardi accumulati rispetto ai tempi previsti dal contratto vigente.

 

Su questo punto i nostri gruppi dirigenti sono già stati coinvolti nelle singole organizzazioni per farsi carico dell’impegno legato alla raccolta delle adesioni, almeno 35.000, entro maggio del prossimo anno ed è ovvio che per l’importanza della materia dovrà essere attiva e permanente una cabina di regia sindacale.

 

Tuttavia, quello che chiediamo al prossimo contratto è di contribuire a questo obiettivo, in parte recuperando quanto previsto dagli accordi precedentemente sottoscritti, in particolare quello dell’11.6.’97 a proposito dell’innalzamento della contribuzione e delle quote di TFR maturando da accantonare.

 

In questo quadro proponiamo anche di ampliare e generalizzare sul piano nazionale l’esperienza dell’accantonamento del TFR in Cassa Edile.

 

Ma non vi è dubbio che uno dei capitoli che con altrettanta chiarezza e coerenza evidenzia questa nostra scelta di considerare la distribuzione dei costi contrattuale un investimento per la qualità del contratto stesso è quello dell’inquadramento.

 

Oramai non esiste Convegno, Conferenza, Assemblea, Studio o ricerca che non evidenzi lo scarto esistente tra i processi di modifica intervenuti nell’organizzazione del lavoro anche nel nostro settore e la struttura dell’inquadramento preposta in teoria a fotografare e riconoscere, rappresentandole, le professionalità.

 

Ma nonostante queste ripetute affermazioni la struttura dell’inquadramento resta obsoleta e continua ad incontrare forti resistenze ad essere modificata, resistenze incomprensibili se non nella scelta dell’impresa di lasciare le cose come stanno e di scegliere quindi la linea del galleggiamento e della sopravvivenza.

 

Noi vorremmo riprovarci e farlo sul serio, nonostante i tentativi falliti delle precedenti tornate contrattuali, poiché sono innumerevoli i casi che dimostrano questa incongruità, sia nell’ambito delle mansioni svolte nei settori più tradizionali che in quelli di più recente sviluppo, come quello già citato del restauro, per fare un esempio.

 

Ed allora la nostra proposta è di rivedere l’intera struttura passando da una rigida verticalizzazione del processo di valutazione delle professionalità ad un sistema che definisca aree professionali omogenee, articolate al loro interno e con una revisione dell’attuale scala parametrale che va ampliata.

 

Diversamente non si capirebbe il senso di tutto questo gran parlare del valore strategico della formazione, a partire da quel che dicono gli imprenditori, se non vi fosse poi un riconoscimento contrattuale dell’investimento sul capitale umano.

 

Del resto se si affida agli enti il compito di certificare la formazione come può tale procedimento non essere considerato supporto alla certezza delle dinamiche di sviluppo delle carriere.

 

Insomma, non si può dire che la formazione è fondamentale, che va fatta, che va certificata e poi inciampare in una struttura dell’inquadramento che fotografa un mondo in parte cambiato e per quella parte che non è cambiato, un mondo pericolosamente rimasto fermo a venti, trent’anni fa!

 

In questo senso, il problema non può essere dirottato sulla classica Commissione Tecnica, dagli esiti sempre poco fruttuosi, se le coordinate ed i criteri del suo lavoro non siano il frutto di un quadro convenuto nell’ambito del negoziato contrattuale.

In definitiva, non deve essere la Commissione Tecnica a decidere se l’inquadramento deve essere riformato, ma come, sulla base di una volontà e di criteri definiti sul tavolo contrattuale.

Questo è ciò che proponiamo, non un escamotage, ma una scelta operativa di buon senso, fondata su una opzione politica chiara e definita attraverso l’esito negoziale.

 

Ognuno di noi è in grado di cogliere il parallelismo tra la vicenda degli inquadramenti nel settore e la storia del lupo e dell’agnello. Parlo della vicenda inquadramenti al plurale perché non è storia che riguardi solo l’edilizia.

Noi non possiamo declamare ad ogni tornata contrattuale la priorità della riforma degli inquadramenti salvo poi prendere atto che non ci sono mai spazi per procedere.

Naturalmente sappiamo delle difficoltà che sempre si sono frapposte tra le nostre richieste in materia e lo sviluppo dei negoziati, soprattutto per la sordità e la cecità espresse dalle controparti.

 

Oggi, tuttavia, la costruzione di un moderno impianto di riconoscimento e di valorizzazione delle professionalità rischia di essere una cartina di tornasole per tutti, imprese e lavoratori, della coerenza con l’obiettivo dell’innovazione largamente predicato in tutti questi anni.

Ed anche per questo, da parte nostra, nella costruzione dell’equilibrio complessivo di questa piattaforma, abbiamo tenuto conto della necessità di provare a portare a casa alcuni primi risultati, per stare dentro un processo che probabilmente avrà bisogno di qualche contratto per completarsi, ma che deve essere in grado già da oggi di indicare e praticare una nuova direzione di marcia.

 

Anche per questo, pensando alla determinazione della richiesta salariale abbiamo fatto una scelta netta, che è quella di applicare quanto previsto dall’accordo del ’93, con l’unica differenza che l’inflazione programmata dal Governo, fuori da una logica di concertazione, è sempre più apparsa come misura fuori dalla realtà.

 

Abbiamo, quindi, costruito per ognuna delle piattaforme di nostra competenza, anche quella dell’edilizia, una rivendicazione salariale frutto di una equazione semplice: la somma del recupero di inflazione per il periodo che abbiamo alle spalle con quella dell’inflazione attesa per il periodo che abbiamo davanti a noi.

 

Il risultato è quello che vedete nella piattaforma, 90 Euro al terzo livello, in linea a nostro avviso con le richieste presentate nel nostro settore.

Naturalmente la valutazione sulla congruità di tale richiesta non deve essere fatta estrapolando il capitolo salariale dal contesto della piattaforma. Non credo di dover insegnare nulla ad una platea di navigati sindacalisti e contrattualisti.

E’ fin troppo evidente che il costo della piattaforma e –dunque- i vantaggi economici per i lavoratori sono distribuiti sull’insieme dei suoi capitoli, come ho provato a ripetere nel corso di questa introduzione.

 

L’importante è non creare tra noi una divisione tra chi considera la richiesta salariale dei 90 Euro quella vera e le altre tutte finte e chi considera la piattaforma nel suo complesso una rivendicazione che va tenuta insieme.

Credo che tutti noi dobbiamo dare credibilità alle scelte complessive fatte nella piattaforma, perché sono quelle che danno credibilità alla stessa continuità dell’iniziativa che nei prossimi mesi dovremo continuare a sviluppare sui temi del settore e della sua innovazione.

 

Ho lasciato per ultima una considerazione sul capitolo della sicurezza.

Potrete leggere di persona il contenuto delle nostre richieste che, in sostanza, riguardano gli spazi della formazione in materia, la diffusione degli RLS e RLST, lo svolgimento di assemblee mirate.

 

Potremmo dire che ogni cosa che riguardi la materia va bene, perché tutto fa.

Il messaggio che vorremmo lanciare in questa consultazione è che il tema della sicurezza dovrebbe rappresentare uno dei terreni che segna il discrimine tra due culture del lavoro, tra due civiltà del lavoro. Non è materia di ordinaria amministrazione, almeno per il nostro settore.

 

Il settore delle costruzioni, in particolare edilizia e legno, restano ai vertici della classifica degli infortuni, mortali e non, e delle malattie professionali.

In questi mesi si è molto disquisito sui dati Inail che registrano un calo degli infortuni.

 

Figurarsi se noi non siamo contenti di un calo degli infortuni.

Ma è il messaggio che ci preoccupa, se dovesse essere interpretato come un abbassamento della guardia. E non solo per il fatto che i morti ed i feriti che si contano sono comunque sempre quelli ufficiali, mentre sappiamo che nel nostro settore ve n’è una parte consistente che non compare ufficialmente, ma anche perché restano comunque tanti ed oltre ad essere ancora tanti continuano a morire o ad infortunarsi in seguito a dinamiche spesso evitabilissime, se vi fosse il minimo rispetto delle condizioni di sicurezza.

 

Allora, dobbiamo a nostro avviso promuovere sulla sicurezza una nuova campagna di sensibilizzazione tra i lavoratori e la consultazione non deve essere una occasione mancata, anche perché ciò che chiediamo nella piattaforma deve essere reso agibile innanzitutto per la consapevolezza dei lavoratori.

Per tutto il resto che non ho detto confido sulla vostra già diffusa e dettagliata conoscenza del testo proposto.

 

Un testo che, tuttavia, non contiene una parte, anche se minima, delle questioni sulle quali le segreterie nazionali non hanno completato il loro lavoro di sintesi o meglio per completare il quale hanno ritenuto opportuno avvalersi di un passaggio interno ad ogni singolo organismo esecutivo.

 

In particolare, la questione più rilevante riguarda il capitolo sugli accordi locali, un capitolo che chiama in causa una serie di questioni delicate ma indubbiamente riferite a problemi autentici della contrattazione, della sua evoluzione e della sua efficacia anche nel nostro settore.

 

Come ho già detto in apertura si riflettono su questo problema posizioni diverse tra noi, anche se io non sono per esasperarle, e problemi oggettivi, che prescindono dalle letture di organizzazione.

 

Il tema degli accordi locali si ricollega, ad esempio, alla struttura della contrattazione ed alla sua evoluzione, in particolarmodo al rapporto che vi deve essere tra contrattazione nazionale e contrattazione di secondo livello.

Ma questo è un tema che necessariamente dovrà entrare nell’agenda del confronto tra le confederazioni e la nostra categoria dovrà fare la sua parte senza reticenze e senza complessi di inferiorità, potendo portare il patrimonio di una esperienza vera.

 

Ma il tema degli accordi locali, e questo è il vero punto della nostra discussione, riguarda soprattutto la capacità e la possibilità che può avere la contrattazione integrativa di rappresentare realtà e dinamiche produttive territorialmente differenziate e che spesso assumono i connotati di spinte e tensioni non sempre rappresentabili nell’alveo di una contrattazione sindacalmente riconosciuta. Questo soprattutto in materia salariale, dove ha preso corpo il fenomeno della contrattazione individuale dei superminimi.

 

Il problema tra noi non è di nascondere o mistificare la realtà, ma semplicemente quello di verificarne la portata, la consistenza e soprattutto di immaginare i possibili interventi che attraverso la funzione negoziale possono essere realizzati per sottrarre alla discrezione negoziale la dinamica salariale.

 

Una delle risposte, legittima e meritoria di attenzione, introdotta nella discussione riguarda l’opportunità di riconsiderare l’istituto del tetto salariale come previsto dall’art.39 del Ccnl.

 

Sicuramente non è un problema nuovo. Più volte esso ha rappresentato oggetto di riflessione in ognuna delle nostre organizzazioni. E se la conclusione alla quale siamo pervenuti fino all’ultimo Ccnl è stata di mantenere la norma così come il contratto la prevede non è per mancata fondatezza delle considerazioni che ancora oggi vengono riproposte.

Sappiamo quali sono le motivazioni prevalenti che ci hanno sempre fatto propendere per la conferma della norma attuale, in particolare il rischio di un indebolimento delle aree deboli e quella del rischio di una contrattazione mediamente al ribasso.

 

Ma questo non deve chiuderci ad una riconsiderazione delle esperienze consolidate.

Per quanto riguarda l’organizzazione che rappresento –e per ovvie ragioni questa è l’unica parte della relazione che non posso interpretare per conto delle altre organizzazioni- resta la convinzione che un mutamento repentino di quanto previsto dall’art.39, ammesso e non concesso se ne riconoscesse una sua effettiva validità, sarebbe di difficile gestione nel corpo dell’organizzazione. Voglio cioè dire che la storia consolidata di anni e anni di contrattazione dettata dalla norma in questione necessiterebbe di un processo di metabolizzazione sicuramente più corposo di quello che può offrire la consultazione alla quale ci avviamo.

 

Ma detto questo riteniamo di doverci impegnare lealmente in un approfondimento del problema finalizzato a nuove sperimentazioni che potrebbero essere introdotte nell’ambito della vigenza contrattuale.

Non è necessario immaginare uno stravolgimento della norma vigente, che può rimanere il riferimento unitario per la contrattazione dell’istituto salariale su scala nazionale.

 

Il punto è verificare tra noi se venga ritenuta percorribile una ipotesi che, alla luce di particolari condizioni e specificità territoriali, che riguardino le dinamiche produttive e del mercato del lavoro e quindi alla luce di ulteriori indicatori che potranno essere concordati in sede territoriale, possano essere sperimentate deroghe in positivo della misura massima stabilita nazionalmente.

Non saprei dire oggi né dove, né come. Ma non mi fa paura la ricerca e l’approfondimento, se a muovere tale azione è il tentativo di rappresentare problematiche reali in un quadro di solidarietà generale e unitarietà della categoria e dei suoi strumenti di tutela.

 

Per queste ragioni la Fillea, nel confermare la validità dell’Art.39 del Ccnl si rende disponibile a nuove sperimentazioni, sapendo che ciò non potrà che rappresentare il punto di approdo di una elaborazione e di un confronto che coinvolga l’intera categoria.

Con questo insieme di proposte e di intendimenti dobbiamo quindi avviarci alla consultazione.

Ho già detto che essa dovrà concludersi entro il giorno 8 ottobre per poter dare la possibilità ai Consigli Generali Unitari  convocati per il 9 ottobre di varare la piattaforma, mi auguro –credo anche a nome di tutti voi- con il sostegno pieno e convinto dei lavoratori e delle lavoratrici che avremo consultato in queste settimane.

 

La mia opinione è che questo approdo sia non solo possibile ma sentito dalla nostra gente.

Tutto ciò che abbiamo detto e fatto in questi mesi, in mezzo a difficoltà che non hanno risparmiato neanche la nostra attività, è sempre stato improntato alla ricerca delle migliori risposte ai problemi e alle condizioni di vita e di lavoro nei cantieri.

 

Credo che i lavoratori in modo diffuso questo lo abbiano percepito e di questo vadano orgogliosi e se anche in qualche caso la competizione tra noi si è trasformata in qualche episodio di acceso agonismo mi pare che in tutti abbia alla fine prevalso l’istinto e la ragione della ricerca unitaria.

 

Se non fosse stato così non avremmo avuto una piattaforma buona come quella che vi proponiamo e come quelle che negli altri settori abbiamo già approvato.

Tocca a noi, quindi,  non disperdere questo lavoro investendolo nella fase del negoziato che ci attende e che si delinea con il carico di difficoltà che a nessuno può sfuggire.

 

Penso che ce la potremo fare ed è per questo che auguro a tutti noi buon lavoro.  

 

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