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IL 10 MARZO A ROMA CONVEGNO CGIL E LEGAMBIENTE SUL GREEN RATING. L'INTERVENTO DI LIVIA POTOLICCHIO PER LA FILLEA CGIL NAZIONALE

 Intervento 10 marzo

L’attualità dei temi che stiamo affrontando oggi e l’importanza di definire la posizione del sindacato rispetto alle politiche abitative ed ambientali nel nostro paese è dettata da un insieme composto di fattori che discendono in primo luogo dalla situazione economica che stiamo attraversando e quindi
dalla necessità di dare risposte urgenti e concrete ai lavoratori e ai cittadini.
L’urgenza di intervenire a sostegno dell’occupazione e dell’economia nel nostro paese non deve però toglierci lucidità e lungimiranza.
Sono infatti necessarie politiche di sviluppo per il settore capaci, non solo di dare risposte alla contingenza attuale, ma di accompagnarci verso un nuovo modello in cui, i temi della qualità ambientale e sociale, siano guida e obiettivo per la crescita di imprese e lavoratori, introducendo quegli elementi di innovazione, ormai non più procrastinabili, che sappiano far affrontare al settore le sfide che la sostenibilità ambientale ci impone in questo nuovo secolo.
I provvedimenti che il governo ha annunciato, pur provando a dare risposte alla crisi attuale, non prevedono, a mio avviso, un piano organico di lungo periodo su questo secondo aspetto.
Un piano organico, così come noi lo intendiamo, deve porsi obiettivi chiari da raggiungere.
Per fare questo sono necessarie regole e programmi di indirizzo, che diano una chiara linea di priorità negli interventi rispetto alle finalità da raggiungere nel futuro (ad esempio bisognerà decidere se è più importante investire, con convincimento, nelle energie alternative che sono tutt’altra cosa dalle centrali nucleari) .
Insomma non è ammissibile che da una parte il governo lanci un piano casa con lo slogan del risparmio energetico, mentre sul piano legislativo sia intervenuto prorogando al 2010 la scadenza che prevede, come condizione per rilasciare il permesso di costruire nuovi edifici, l’obbligo di istallazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (DL 31 dicembre 2008, n. 207).
Mancano, inoltre, linee guida attuative nazionali con cui calcolare le prestazioni energetiche ed ambientali nel settore immobiliare, lasciando ad ogni singola regione la possibilità di legiferare in materia creando una pericolosa situazione a macchia di leopardo, che ci fa guardare con preoccupazione alla possibilità che si vuole lasciare, alle stesse, di permettere l’ampliamento degli edifici esistenti in base, dicono, agli “odierni standard qualitativi ed architettonici, energetici” (standard che appunto non corrispondono a modelli nazionali).
E’ fondamentale quindi conoscere i contenuti del regolamento di attuazione ai decreti 129/05 e 311/06 sui quali sappiamo sta lavorando il Governo.
Rispetto alla volontà espressa di rendere più veloci le procedure legate alle autorizzazioni per l’aumento delle cubature e quindi per quelle paesaggistiche, esprimo veramente tutta la mia perplessità, non perché sia affetta dal male endemico del NO (d’altra parte lo stesso Formigoni ha dichiarato che ci vuole prudenza su questo punto), ma perché la nostra normativa è scarsa sul piano sanzionatorio e quando interviene lo fa spesso a danno ormai fatto. Le preoccupazioni sono legittime se si pensa che nelle intenzioni del governo c’è anche quella di ritoccare il Codice dei beni culturali che aveva introdotto (grazie al Ministro Urbani), il Paesaggio come bene culturale da tutelare. L’aumento di cubature senza vicoli chiari di natura sociale e ambientale rischiano di trascinarci in un vero e proprio disastro ambientale.
Ci preoccupa in particolare il ricorso al “provvedimento operoso”, sostanzialmente un condono preventivo, che sarebbe suscettibile anche di gravi danni sulla regolarità e sulla sicurezza del lavoro, in un settore che è già profondamente esposto al fenomeno del lavoro nero.
Insomma serve, da parte dello Stato, una linea di indirizzo forte su queste tematiche che orienti, attraverso una politica adeguata degli incentivi lo sviluppo di azioni positive, ma stabilisca anche un quadro sanzionatorio che ne garantisca l’attuazione (che manca del tutto, ad esempio per quanto attiene l’obbligo della certificazione energetica, che a mio avviso dovrebbe essere richiesta per qualsiasi aumento di cubatura e non solo per il 35% ).
Dunque sono fondamentali le scelte che si fanno oggi, non solo per attenuare l’effetto della crisi, ma anche per determinare la qualità del sistema che uscirà dalla crisi.
E’ del tutto evidente, che di fronte ai numeri che la crisi ci consegna (si stimano circa 250.000 occupati in meno per il 2009 nel settore edile) è necessario intervenire con risposte efficaci ed immediate sia mediante interventi pubblici, sia con politiche economiche capaci di innescare l’effetto anticiclico che tradizionalmente il settore ha avuto.
Gli ambiti di azione sono evidenti, è necessario rispondere agli oggettivi ritardi del Paese non solo sul piano delle politiche infrastrutturali (in particolare del Mezzogiorno) ma anche su quelle abitative, sulla messa in sicurezza dell’edilizia scolastica, sulla sostenibilità, sull’efficienza energetica, sul recupero del patrimonio edilizio esistente, sbloccando risorse che siano spendibili nel minor tempo possibile, così da riavviare l’occupazione.
Se volessimo essere coerenti, dunque, con un criterio dettato dalle priorità nella destinazione dei finanziamenti, dovremmo dire che dei fondi sbloccati dal Cipe, per 16,6 miliardi, destinati principalmente alle grandi opere, il miliardo e trecento milioni (dei 6,1 complessivi) destinato a finanziare il Ponte sullo Stretto di Messina, oltre a non costituire per noi una priorità, va di fatto a finanziare, per ora, solo gli espropri.
Mancano sostanzialmente i fondi per realizzare l’opera, il cui inizio dei lavori, molto ottimisticamente, è previsto per la fine del 2010.
Ora, al di la del dibattito che da anni spacca in due il paese sull’opportunità o meno del ponte, e al di la delle opinioni personali certamente diverse che potremmo avere in merito; sono i tempi di realizzazione di questa opera che oggi ci fanno ritenere inopportuna questa scelta. Pensiamo solo alla durata degli ammortizzatori, saranno garantiti tutti i lavoratori per i tempi necessari all’apertura dei cantieri?
Intervenire a sostegno del mercato della casa sociale, così come dell’housing sociale, va sicuramente in questa direzione, e certamente rappresenta un tema cruciale per la ripresa dell’economia, ma bisogna combattere le distorsioni che hanno interessato il mercato immobiliare fino ad oggi.
Leggiamo, però, che i fondi destinati a finanziare il Piano casa sono pari a quelli fissati dal precedente governo, che agiva in un periodo non di crisi. E’ necessario dunque reperire risorse aggiuntive, ad es. attraverso il ripristino di idonee ed eque forme di fiscalità a vantaggio dei comuni e delle regioni che sono soggetti attivi nella definizione di tali piani.
E’comunque vero, che se noi volessimo tenere in linea la salvaguardia del lavoro e quindi dell’occupazione nel settore edile, con la tutela dell’ambiente, dobbiamo anche avere il coraggio di dire che non si può continuare a consumare territorio.
E’ dunque fondamentale definire un piano straordinario di programmi integrati per il recupero ed il riuso delle grandi aree urbane, in particolare delle periferie, che siano in grado di recuperare il patrimonio edilizio esistente, così come le aree dimesse o degradate.
L’idea di abbattere edifici e ricostruirli secondo i criteri di edilizia sostenibile e di riconversione energetica, è una buona idea (calcolando anche che la “vita” di un edificio in cemento è limitata) ma bisogna anche qui definire regole e vincoli precisi anche rispetto allo smaltimento dei rifiuti.
Non possiamo nasconderci che la crisi è anche frutto di un sistema che negli ultimi 20 anni ha visto affermarsi un modello competitivo basato esclusivamente sulla compressione di qualità, innovazione, costi e diritti, che ha finito per penalizzare anche le imprese più serie.
E’ per questo che riteniamo importante l’Avviso comune firmato pochi giorni fa tra parti sociali e associazioni di imprenditoriali di categoria del settore edile (che ha visto coinvolti tutti i soggetti imprenditoriali che operano nel comparto Ance, Artigiani, Piccole medie imprese, Cooperative) che hanno richiamato l’attenzione non solo sulla necessità di intervenire a sostegno del settore ma anche sull’urgenza di definire regole a sostegno della qualità.
E’ questa dunque la sfida che abbiamo di fronte, affrontando il tema delle politiche abitative, ribadire che è basilare, ancor più oggi, puntare ad una presenza sul mercato fortemente caratterizzata dalla qualità e dalla capacità di crescere in termini di specializzazione.
La sostenibilità in edilizia offre un quadro ampio di opportunità occupazionali, la possibilità di contrattare nuovi spazi formativi e di valorizzazione professionale, e soprattutto di specializzazione per le imprese.
E’ però importante sapere che nel valutare la sostenibilità di un edificio la componente energetica è una parte importante ma non l’unica.
E’ altrettanto fondamentale, infatti, la sostenibilità dei materiali utilizzati nel processo di costruzione, perché per avere la maggiore resa energetica di un edificio possono essere utilizzati prodotti, che hanno pesanti ricadute ambientali a causa dell’altissimo contenuto energetico.
E’ necessario dunque investire in ricerca ed innovazione sia di prodotto che di processo, avendo la capacità di superare le resistenze al cambiamento, affrontando la sfida dell’innovazione e riqualificando la propria struttura organizzativa, attraverso l’aggiornamento delle capacità professionali dei lavoratori.
Il ruolo del sindacato in questo contesto è strategico.
Sarebbe importante ad esempio legare le risorse stanziate per progetti formativi destinati a lavoratori in mobilità e in cassa integrazione (da stato e regioni) e quindi più in generale il ricorso agli ammortizzatori sociali, all’avvio di processi di innovazione e specializzazione da parte delle imprese.
La crisi economica in edilizia potrebbe costituire per il settore uno spartiacque; tra una fase in cui edilizia sostenibile e risparmio energetico sono stati espressione di un mercato di nicchia ed una fase in cui, se opportunamente promosse così come in altri paesi europei, possono caratterizzare la ripresa economica del settore.
 

 

 

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