Comitato Direttivo Fillea Nazionale – Roma, 4 – 5 Marzo 2002

Relazione di Franco Martini, Segretario Generale della Fillea Nazionale

 

 

Vorrei dare, innanzitutto, ai nuovi eletti nel C.D. Nazionale il benvenuto e l’augurio di buon lavoro. Un ben tornato agli altri e un augurio particolare alla compagna Manola Cavallini, perché è un augurio di compleanno.

 

L’elezione della nuova Segreteria rappresenta, come sapete, il primo atto indispensabile per restituire alla struttura nazionale gli strumenti di direzione e di governo dell’iniziativa della categoria.

 

In particolar modo è la condizione necessaria affinché questo organismo possa tornare a discutere entro breve tempo di un programma di attività che si proponga la più coerente traduzione in impegni di lavoro degli obiettivi attorno ai quali si è svolto il nostro XV Congresso e sui quali abbiamo costruito le conclusioni unitarie dello stesso.

 

Anche per questo non è mio compito formulare oggi delle indicazioni programmatiche, che intendo costruire con la nuova Segreteria e che dovranno esservi proposte nel più breve tempo possibile.

 

Vorrei brevemente, prima di passare alla proposta sulla Segreteria, indicare i titoli del contesto nel quale siamo chiamati a proseguire il nostro lavoro dopo la conclusione del Congresso, chiedendovi nella giornata di domani, per il tempo che ci resterà da dedicare al dibattito generale, di fornire indicazioni utili, suggerimenti, proposte sulle quali costruire il programma di attività per il prossimo futuro.

 

L’iniziativa della CGIL sui diritti

E’ difficile nascondere che la fase dentro la quale siamo collocati è caratterizzata dalle decisioni che l’ultimo Comitato Direttivo della CGIL ha assunto in relazione al confronto con il Governo e che vede la nostra organizzazione impegnata in una fase di mobilitazione per imporre le modifiche delle decisioni assunte dal Governo in materia di previdenza e articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.

 

Queste decisioni voi già le conoscete. Comunque, per riepilogarle esse prevedono attivi nei territori accompagnati da scioperi locali per illustrare le nostre posizioni, le nostre proposte ed i motivi dell’iniziativa generale che abbiamo assunto; la partecipazione alla manifestazione di Barcellona il 14 marzo indetta dal sindacato europeo che precede il vertice dei Capi di Stato; manifestazione nazionale a Roma, sabato 23 marzo e sciopero generale il 5 aprile.

 

Il Direttivo nazionale della CGIL aveva assunto questo programma come un insieme di proposte da presentare a CISL e UIL, ma come voi sapete non si è potuto tenere neanche la riunione delle Segreterie nazionali per discutere un possibile ambito unitario. Al contrario, sia CISL, sia UIL hanno proclamato le loro iniziative confermando l’identità dell’obiettivo, le modifiche delle decisioni governative, ma differenziando notevolmente il percorso di mobilitazione per conseguire i risultati voluti. Dal Congresso della UIL che inizia oggi avremo forse un'ultima occasione per verificare il permanere delle distanze che separano le tre Confederazioni.

 

Di questo programma di iniziative quelle dedicate a spiegare le nostre posizioni sono sicuramente molto importanti, poiché è in atto una grande campagna di disinformazione e di strumentalizzazione delle nostre posizioni. Il merito sparisce e resta il fatto che la CGIL e Cofferati in particolare si muoverebbero perché spinti da motivi esclusivamente politici, perché incapaci di accettare la sconfitta elettorale, l’unica cosa che peraltro Berlusconi e il suo Governo hanno saputo dire a commento della imponente manifestazione dell’Ulivo di sabato.

 

La realtà è molto diversa. Il metodo proposto dal Governo, quello dell’avviso comune è una semplice mascheratura poiché non cambiano le posizioni e le condizioni di partenza poste dal Governo e dal principale suo supporter, il Presidente della Confindustria. Si scarica sulle parti sociali l’onere di un'intesa che tanto per il Governo quanto per la Confindustria dovranno in ogni caso contenere le modifiche all’art.18. In assenza di questa intesa, molto improbabile, il Governo, fra due mesi, interverrà autonomamente.

 

Capite bene che il tutto assomiglia ad una parodia del confronto. Si tratta di una discussione a perdere sotto la mannaia dell’intervento autonomo del Governo.

La CGIL ha ribadito la posizione fino ad oggi condivisa dalle tre Confederazioni sindacali, quella dello stralcio dalla delega delle materie considerate indisponibili al confronto, le modifiche dell’art. 18 innanzitutto.

 

Per noi risulta incomprensibile l’atteggiamento delle altre confederazioni sindacali, né le reazioni un po’ fuori dalle righe giunte dai loro dirigenti hanno aiutato a fugare il dubbio che si sia arrivati a quel tavolo con posizioni precostituite, che assumesse anche da parte di CISL e Uil l’ipotesi di un isolamento della CGIL a prescindere dal merito.

 

Qualcuno può considerare il tavolo delle parti sociali una conquista della nostra mobilitazione. Occorrerebbe un po’ meno di ipocrisia per capire che su quel tavolo non solo l’art.18 non è sparito, come abbiamo chiesto unitariamente con gli scioperi di due ore e poi di quattro, ma che le modifiche all’art.18 sono una condizione che alcune Associazioni hanno posto. Alcune addirittura hanno preteso modifiche anche alla legge 108!

 

Così come non è comprensibile l’idea che avendo di fronte un Governo forte, saldo nella sua maggioranza parlamentare gli scioperi generali siano inopportuni, perché inefficaci.  Questa, in realtà, è una posizione che tradisce una interpretazione politica e poco sindacale, perché se fosse vero quello che ci viene detto dal Governo nato con il voto del ’48 alla stagione della solidarietà nazionale non avremmo dovuto mai fare scioperi generali, vista la granicità delle coalizioni democristiane che si sono succedute e poi quelle di centro sinistra!

 

Abbiamo di fronte, quindi, delle argomentazioni che hanno dell’incredibile e che preoccupano anche per la disinvoltura con la quale la storia, la passione e la coerenza di migliaia di dirigenti e militanti di questa organizzazione vengono bollati come al servizio di un disegno politico addirittura personale .

 

Così come non è accettabile l’immagine di una CGIL indisponibile al confronto e agli accordi, sia perché quando c’è stato da fare gli accordi li abbiamo fatti, compreso l’ultimo del pubblico impiego, sia perché ai tavoli ci siamo sempre seduti fino ad oggi, quando ci siamo trovati di fronte interlocutori disposti a confrontarsi con le ragioni di ognuno di noi, cosa che non appartiene alla pratica di questo Governo, né in Parlamento, né con le parti sociali.

 

Ma non voglio intrattenervi oltre nell’analisi su questo primo punto anche perché presumo che la relazione di Cofferati all’ultima riunione del Comitato Direttivo sia già ampiamente patrimonio di tutti voi, così come il materiale predisposto dalla Confederazione per le assemblee e gli attivi.

 

Voglio solo aggiungere che nella realizzazione di questo programma che avverrà sotto il coordinamento delle strutture confederali territoriali la Fillea deve essere in prima fila, dedicando la solita passione, il solito impegno che la fanno essere una delle categorie di riferimento della Confederazione.

Voi sapete come fare, non c’è bisogno che aggiunga altro, salvo chiedervi alcune informazioni su ciò che sta accadendo nei vostri territori e su quello che avete in mente di fare per sviluppare questa importante mobilitazione.

 

Le decisioni del Governo che fanno male….

Naturalmente, la mobilitazione non allontana la nostra attenzione al merito delle questioni e –di conseguenza- la nostra preoccupazione per decisioni del Governo che continuano a far male al Paese.

 

Di fronte a decisioni che appaiono sfacciatamente ispirate alla esclusiva tutela di interessi privati e di un ristretto gruppo di affezionati molti si meravigliano del fatto che gli italiani ancora oggi non si rendano conto in mano di chi è finito il Paese e quali danni potranno essere provocati negli assetti sociali, economici e democratici.

 

E’ chiaro che con lo sbigottimento non faremo molta strada. Siamo condannati a spiegare il merito e a condurre su esso tutte le battaglie necessarie, noi –ovviamente- quelle di stampo sindacale. Non è compito nostro caricarsi di mestieri che appartengono ad altri.

Faranno male le decisioni che si intendono adottare sulla previdenza e faranno male ai giovani ma anche a coloro che tra qualche anno dovranno andare in pensione.

 

Faranno male le decisioni più recenti sugli immigrati, che non risolveranno le questioni che stanno alla base della costruzione di una società multietnica, che anzi viene condannata.

 

Per non parlare della scuola, della giustizia, della legalità.

 

E faranno male le decisioni che sono state adottate e quelle che si intende adottare relative al nostro settore.

Qui la situazione è molto chiara.

 

Da una parte, abbiamo la palude nella quale la Legge Obiettivo ha cacciato il settore infrastrutturale.

Nelle intenzioni doveva essere una legge di accelerazione delle procedure.

Nei fatti, la selezione delle opere cosiddette strategiche ha portato ad un elenco di alcune centinaia (ed era fin troppo facile essere profeti di fronte ad un metodo di dorotea memoria, in base al quale al Cipe sarebbe giunto l’elenco della serva compilato dalle regioni). Inutile dire che la copertura finanziaria è assolutamente irrisoria rispetto all’elenco formulato.

 

Dall’altro, la contestazione dell’antitrust circa il tentativo di aggiramento della norma comunitaria sugli appalti, che ha ricevuto l’ennesimo sberleffo da parte del Governo, rischia di gettare nell’incertezza più totale il settore.

 

Il settore verso il caos normativo…..

L’altro versante è quello delle regole, della normativa.

Anche qui il contenzioso aperto con le Regioni sulla titolarità della materia degli appalti pubblici rischia di gettare nel caos il mercato.

 

Ma anche a fronte della necessità di disporre di un quadro di riferimento normativo al quale orientare la produzione legislativa delle regioni, le modifiche alle quali il Governo sta lavorando e che in parte sono già state introdotte nel collegato sulle infrastrutture presuppongono una vera e propria manomissione dell’attuale normativa sugli appalti, della legge antimafia, della 1369 e proprio nei giorni scorsi, abbiamo avuto l’anticipazione dal Sottosegretario Sacconi della volontà del Governo di mettere mano anche alla normativa sulla sicurezza, poiché considerata eccessivamente vincolistica.

 

Come capite bene siamo di fronte ad un vero e proprio tentativo di colpo di spugna e non serve consolarsi pensando che un risultato per adesso il Governo l’ha raggiunto ed è quello di aver deluso una parte consistente delle associazioni di impresa del settore.

Resta il fatto che la rotta governativa guarda anche in questo caso ad interessi molto precisi, che non sono quelli della gran parte del sistema delle imprese.

Un esempio illuminante di  questo disegno lo abbiamo avuto martedì 19 febbraio giorno nel quale il Ministro Lunardi ha spedito alla Camera un emendamento alla Finanziaria che rimette in gioco i vecchi consorzi dell’era Necci per le tratte ferroviarie dell’Alta Capacità Milano-Genova e Milano-Verona. Una operazione che può portare tra i 4 e i 5 miliardi di euro a gruppi come Eni, Iri e Gavio (per fare solo alcuni nomi), il tutto senza gare o bandi europei.

 

C’è chi l’ha definita la vecchia compagnia del binario, messa un po’ in difficoltà dalla precedente finanziaria del centrosinistra, allorquando il Ministro Bersani aveva cancellato le concessioni affidate nel 1991 ai grandi consorzi da Lorenzo Necci.

 

Voi capite bene di fronte a quale “rivoluzione” ci troviamo, con il rischio di rimanere stritolati nella morsa di grossi interessi che vanno a ricostituirsi e di una liberalizzazione selvaggia del mercato, pensata anche come “contentino” ad un mercato privato costretto a sopravvivere dentro questi equilibri attraverso politiche sempre più selvagge.

 

Abbiamo due esigenze grosse come una casa, di fronte a questo scenario.

 

La prima, assumere una forte iniziativa politica sulle regole nel settore, come la categorie fece negli anni ’90, dopo Tangentopoli. Una iniziativa che cerchi di parlare agli interessi sani dell’impresa e delle istituzioni, per costruire un fronte di resistenza allo stravolgimento in atto.

Ciò va fatto urgentemente perché nell’ipotesi fondata del caos e della paralisi del mercato c’è il rischio di sprecare quelle grandi opportunità che avevamo individuato nella crescita in atto, per un salto di qualità del settore.

 

La seconda è individuare alcune piste di decollo del nostro cantiere qualità. In parte si tratta di problemi connessi alla questione detta in precedenza, in parte si tratta di versanti specifici, penso all’innovazione dell’impresa, ad un mercato che investa su un nuovo governo delle infrastrutture e del territorio, al mercato del lavoro e alla sicurezza, per fare alcuni esempi.

 

Ma anche su questo è sufficiente quello che abbiamo ribadito al congresso e non sto a tediarvi ulteriormente, sapete di cosa stiamo parlando.

 

Ci sono le condizioni per mettere in pista questa iniziativa?

 

Intanto ci sono le condizioni perché essa non sia una iniziativa della sola Fillea.

Al nostro Congresso abbiamo ricevuto una importante condivisione di Filca e Feneal delle analisi che da tempo facciamo sul settore. Non è un elemento da sottovalutare, tanto più per il fatto che questa battaglia generale sul settore non è scindibile dal nostro mestiere tradizionale.

 

E qui c’è l’altra condizione importante, il fatto che abbiamo ormai concluso una stagione contrattuale che offre importanti punti di attacco, se sapremo utilizzarli.

 

Una positiva stagione contrattuale……..

Come già saprete, nei giorni scorsi abbiamo firmato anche il contratto del legno ed a questo punto resta da definire la questione dell’artigianato, questione che è un po’ più grande di noi, ma sulla quale sarà utile che questo direttivo ne parli un attimo.

 

La stagione contrattuale si è conclusa con risultati palesemente positivi.

Probabilmente erano anni che la categoria non confezionava un risultato complessivo così lusinghiero. Naturalmente, c’è in questo ampia traccia di un andamento produttivo che non è minimamente paragonabile con quello degli anni scorsi, ma c’è anche la spinta di una intenzione a qualificare la leva contrattuale.

 

E’ ovvio che non basta tra di noi dire che abbiamo difeso i due livelli di contrattazione. Occorre quanto prima riprendere la riflessione sulla struttura contrattuale, per non lasciare agli altri l’unica incombenza di pensare a nuovi assetti futuri, tanto più che questo pare essere il prossimo bersaglio del Governo.

 

Così come questa riflessione dovrà incrociare problematiche che sono riaffiorate su questi tavoli, penso alla questione salariale soprattutto nelle zone più ricche del Paese e a come questo problema può trovare soluzioni in un quadro di solidarietà settoriale, che in edilizia assume la forma del tetto salariale; penso ai problemi di sviluppo delle professionalità e degli inquadramenti in un settore ancora troppo rigido, anche per il basso contenuto innovativo.

 

Ma gli accordi che abbiamo sottoscritto non riguardano solo aspetti economici. Vi sono importanti aspetti normativi da gestire, penso ad esempio a tutta la parte sulla lotta al sommerso e la regolarità contributiva presente nell’accordo siglato con l’Ance, assieme al nesso che abbiamo rafforzato tra diritti e flessibilità.

Molti aspetti che vanno gestiti nelle diverse e specifiche realtà territoriali, a partire da quelle interessate da consistenti interventi di mercato, casi che abbiamo già citato al Congresso e che non sto a richiamare.

 

Vorrei rinnovare l’attenzione di tutti noi, anche se posso apparire noioso, alla questione della sicurezza sul lavoro, anche perché alcuni recenti infortuni mortali denotano una presa difficoltosa anche tra i nostri lavoratori e delegati delle ragioni di questa battaglia.

Se il governo ha veramente intenzione di intervenire sulla normativa per allentarne il peso, noi saremo contrari al costo di dividerci nuovamente. Sui diritti non si media, e quello alla sicurezza è per noi il primo in assoluto.

Avremo occasioni di essere messi alla prova nei prossimi mesi, perché sulla sicurezza abbiamo costruito anche accordi aziendali e di gruppo importanti che oggi chiedono coerenza in primo luogo a noi che li abbiamo voluti e credo che questa coerenza sia indispensabile.

 

Dobbiamo riflettere sul contratto degli artigiani.

Qui la situazione resta bloccata e appare ancor più scandalosa la posizione delle associazioni artigiane che per omettere un loro dovere contrattuale, il rinnovo del contratto, impartiscono quotidianamente, ovviamente alla sola CGIL, lezioni di riforma dei modelli contrattuali.

Dovremo fare rapidamente una puntualizzazione con la Confederazione, per inventarci se necessario alcune soluzioni-ponte che riducano al minimo i danni già prodotti nella tenuta del potere d’acquisto dei dipendenti.

 

Durante la sospensione pomeridiana dei nostri lavori per lo svolgimento della consultazione proporremo alle strutture del Sud di vederci un attimo per avviare uno scambio di opinione sulla nostra iniziativa relativa ai problemi di quelle aree.

 

Quando ho avanzato questa ipotesi al Congresso non era per propaganda.

E’ intenzione della Segreteria uscente e credo anche di quella futura fare della questione Meridionale uno dei riferimenti importanti della nostra azione.

E proprio per restare con i piedi per terra propongo di avere questo primo scambio di opinioni per definire i confini di una iniziativa che su tante questioni dovrà necessariamente coinvolgere anche la Confederazione, dato il forte intreccio che i problemi di categoria e del settore hanno con quelli dello sviluppo

 

Così come dovranno tradursi in azioni concrete i ripetuti richiami all’emergente questione dei lavoratori stranieri, sempre più presenti nel nostro settore.

Anche qui dobbiamo rifuggire dal rischio di una retorica propaganda ed anche qui occorrerà fare un passaggio specifico con le strutture per capire da dove partiamo.

 

Vorrei segnalare anche la necessità di assumere una iniziativa sulle questioni della Pace. Ciò che sta accadendo in questi giorni in Medioriente non può avvenire nell’indifferenza degli organismi internazionali e delle società tutta.

Credo utile che il Comitato Direttivo assuma in un ordine del giorno l’impegno della Fillea a promuovere le necessarie iniziative nostre e del sindacato tutto.

 

Ma come vedere, si tratta di richiami schematici che io ho voluto fare ad alcune questioni, sicuramente le più urgenti e significative.

Ma il campo sul quale dobbiamo lavorare resta il complesso della proposta politico- programmatica che il Congresso ha sancito e che questo Direttivo sarà chiamato a realizzare e costantemente aggiornare.

A partire da un piano di lavoro che la nuova Segreteria dovrà proporvi, come dicevo, nella prossima sessione.

La proposta della Segreteria Nazionale………

E per tradurre questi impegni in un programma di lavoro e per far si che esso riceva il massimo contributo da parte della struttura nazionale occorre restituire alla Fillea –come dicevo in apertura- gli organismi di direzione, di lavoro e di coordinamento più idonei ai compiti che vorremmo darci.

 

Proprio per questo la sessione odierna del Comitato Direttivo è dedicata innanzitutto alla elezione della nuova Segreteria Nazionale che come voi sapete avverrà sulla base di una proposta del sottoscritto.

 

Tuttavia, prima di venire alla proposta vorrei formulare alcune brevi considerazioni che riguardano l’intera struttura nazionale, della quale la Segreteria è senza dubbio l’organismo più rappresentativo ma non l’unico dal quale può dipendere la migliore efficacia della funzione e del ruolo che vorremmo attribuire alla Fillea Nazionale.

 

Se è vero che il cammino che abbiamo intrapreso attraverso la ridefinizione del profilo politico e strategico della nostra categoria dal Convegno dello scorso anno al Congresso Nazionale del mese scorso presuppone una forte capacità ed uno sforzo non indifferente di rinnovamento politico ed organizzativo di tutte le nostre strutture, a partire dalla promozione di una nuova fase di crescita e di rinnovamento dei quadri e dei gruppi dirigenti, questo sforzo non vede esentata la struttura nazionale.

 

Nella struttura nazionale –inoltre- esso non è un problema che si esaurisce nella definizione della Segreteria Nazionale ma deve investire l’insieme dell’apparato politico e tecnico, l’organizzazione delle funzioni e delle competenze, la ricerca di nuove metodologie e nuovi contributi, la crescita dei margini e delle capacità di autonomia nell’azione di ognuno dei compagni impegnati.

 

Sappiamo che negli anni la struttura nazionale è stata forse l’ultimo anello della catena ad essere investito di uno sforzo progettuale di riforma e di rinnovamento, anche perché spesso sulla struttura nazionale si sono scaricate dinamiche ed esigenze non sempre corrispondenti ai bisogni reali che la categoria esprimeva in termini di direzione nazionale.

 

Sta di fatto che oggi –e questa è la mia opinione, ma credo condivisa da chi ha fatto parte della segreteria con me fino al congresso- questa struttura necessita di interventi qualitativi e quantitativi adeguati a ciò che è sempre più richiesto alla struttura nazionale.

 

Ovviamente ne parleremo meglio nella nuova segreteria, ma è sempre più diffusa e condivisa nella opinione delle strutture qui rappresentate che competenze e qualità della direzione e della elaborazione (ciò che si chiede alla struttura nazionale) non necessariamente e meccanicamente corrispondono a strutture di tipo ministeriali, come soprattutto nel passato abbiamo conosciuto.

 

Al centro si chiede di essere una struttura snella, ma pesante nella sostanza, bene organizzata dal punto di vista delle competenze e delle funzioni corrispondenti al progetto politico ed organizzativo, sufficientemente autorevole per guidare un processo impegnativo, per promuoverlo, per sostenerlo nel confronto con interlocutori e controparti che sempre meno rinunciano a giocare in prima persona una funzione attiva nella rappresentanza degli interessi.

 

Al centro si chiede di essere una struttura snella anche per essere meno costosa e quindi per essere il più coerente possibile con la scelta di destinare ai regionale ed ai territori le maggiori risorse finanziarie, ciò che ha rappresentato uno dei principali atti della credibilità che il gruppo dirigente si è conquistato nei confronti delle strutture.

 

Tutto questo si fa ovviamente immaginando e costruendo una Segreteria la più rappresentativa di queste esigenze, ma al tempo stesso non lasciando il resto della struttura nazionale all’incoltura, privo di semina e di coltivazione.

 

Quando sono arrivato alla Fillea ho trovato un grosso lavoro fatto, poiché la situazione odierna della struttura nazionale non è minimamente paragonabile a quella degli anni ‘80/’90. Ovviamente, non si tratta di una lavoro di rinnovamento o di riforma del tutto completato. In particolare, appare evidente la necessità di introdurre forti elementi di discontinuità nell’apparato politico, la parte meno contagiata negli anni dal ricambio di quadri ed al tempo stesso ritrovare un equilibrio tra l’apparato politico e quello tecnico, palesemente definito sulla base di una eredità passata e non di una organizzazione del lavoro pensata ed aggiornata.

 

Sappiamo quanto sia difficile nelle nostre strutture fare interventi di riorganizzazione “aziendale”.

Tuttavia, la nuova Segreteria dovrà darsi l’obiettivo di completare il lavoro di rinnovamento totale dell’apparato politico della Fillea (negli ultimi 18 mesi sono usciti altri due compagni sostituiti con altri due nuovi) sulla base di una rinnovata funzione della struttura dipartimentale

Al tempo stesso, occorrerà mettere in campo un progetto di riorganizzazione dello stesso apparato tecnico che accresca competenze e motivazioni, anche sulla base di un necessario investimento formativo.

 

Per quanto riguarda la Segreteria, la maggior parte di voi sa che quella giunta al XV Congresso era una Segreteria sostanzialmente rinnovata per 4/6 (quattro compagni sono stati eletti nel 2000).

Una Segreteria che ha potuto portare al Congresso il bilancio di un lavoro impostato in poco più di dodici mesi, un periodo generalmente appena sufficiente per trovare le sintonie e l’amalgama della squadra.

 

Tuttavia, la mia opinione è che questo lavoro di squadra abbia funzionato abbastanza bene e che abbia consentito di supportare le difficoltà derivanti dall’aver scelto un Segretario Generale esterno alla categoria. Anche per questo vorrei nuovamente ringraziare i compagni che hanno lavorato con me in tutti questi mesi, poiché non mi hanno mai fatto mancare gli apporti necessari per colmare gli inevitabili vuoti di esperienza con i quali ero arrivato nel luglio del 2000.

 

Anche per questo credo che a questa Segreteria debba essere offerta la possibilità di proseguire un percorso, per completare una prima fase del progetto politico che ha caratterizzato la nostra elaborazione ed il nostro lavoro in questi mesi.

 

Nel definire la proposta che intendo avanzarvi mi sono posto sostanzialmente tre riferimenti: il governo unitario della Fillea; l’attuazione della norma regolamentare sulla durata del mandato; il percorso di rinnovamento della Segreteria stessa.

 

Il governo unitario della Fillea. La conclusione unitaria del Congresso presuppone il Governo unitario dell’organizzazione per la realizzazione del progetto politico definito anch’esso unitariamente.

Naturalmente, il governo unitario non è cosa che si esaurisce nella sola composizione della Segreteria, tanto più che la composizione della Segreteria non può prescindere tanto facilmente dal risultato ottenuto dalle singole mozioni a conclusione del Congresso.

Nel nostro caso, ad esempio, il risultato riportato dalla mozione cambiare rotta resta ancora al di sotto da quello che potrebbe rendere facilmente praticabile la presenza di quell’area in Segreteria.

 

Anche per questo abbiamo voluto, come Fillea, dare immediatamente il segnale di una volontà politica che guardi al Governo unitario prima ancora e, quindi, a prescindere dallo stesso assetto della Segreteria. In questo senso, ho proposto anche a nome della Segreteria precedente –quale primo atto del governo unitario- l’elezione di Giorgio Civiero alla presidenza del Comitato Direttivo Nazionale, il nostro massimo organo dirigente.

 

A questo primo atto ne seguiranno altri che consisteranno nella attribuzione di altre responsabilità negli organismi di direzione e di gestione del nostro sistema, compatibilmente con i criteri richiesti soprattutto per la designazione dei nostri rappresentanti negli organismi di gestione degli enti paritetici o di altro.

Ma quello che deve risultare chiaro è che per quanto riguarda la nostra volontà, abbiamo voluto rimarcare fin dall’inizio che è nostra intenzione confermare e valorizzare ancor più di quanto abbiamo fatto in passato l’unità della direzione e della gestione della Fillea, perché lo riteniamo un contributo indispensabile all’iniziativa sempre più impegnativa che ci attende nei prossimi tempi.

 

Il problema della Segreteria, dato il risultato congressuale citato, lo abbiamo collocato in una verifica più complessiva che la Confederazione si era assunta il compito di svolgere nel quadro generale delle categorie e delle strutture territoriali della CGIL, sapendo che non in tutte le strutture la mozione di minoranza avrebbe potuto essere rappresentata nelle Segreterie.

 

Questa verifica si è svolta e per quanto ci riguarda l’orientamento maturato –e Giorgio può confermarlo- è stato quello di una riconferma della Segreteria senza la presenza della minoranza.

Credo per questo che le scelte fatte autonomamente subito dopo la conclusione del Congresso acquistino ancor più valore, poiché fatte in epoca non sospetta e tali dunque da garantire la tenuta unitaria sulla proposta complessiva di assetto della Segreteria che io intendo avanzare.

 

La norma del regolamento sulla durata del mandato. L’attuazione della norma sugli otto anni, alla data di oggi, non incrocia i compagni della segreteria uscente, ma questo problema si sarebbe presentato fra qualche mese per GianPaolo Mati.

Di questo ho avuto modo di parlare ripetutamente e per tempo con GianPaolo raccogliendo da lui la disponibilità a non essere riproposto nella nuova Segreteria per un incarico che sarebbe stato di brevissima durata.

 

Credo che anche in questo atto si manifesti la personalità di GianPaolo ed il suo grande senso dell’organizzazione. Una sensibilità che va ancor più apprezzata anche in funzione del fatto che è stata espressa in assenza di contestualità con una proposta strutturale di nuovo incarico in altre strutture dell’organizzazione.

 

Debbo dire con estrema sincerità che a me dispiace molto non riproporre Mati nella nuova Segreteria benché né condivida le comuni valutazioni (oltretutto avendo vissuto personalmente una condizione analoga diciotto mesi fa).

E’ un dispiacere che deriva dalla stima profonda per ciò che GianPaolo ha rappresentato e rappresenta per la Fillea e so che questo mio pensiero è quello della stragrande maggioranza delle compagne e dei compagni che hanno avuto modo di lavorare con lui in questi anni, apprezzandone le competenze, la passione, la responsabilità nel lavoro, l’autorevolezza della funzione svolta.

 

So di poter dire queste cose con estrema facilità perché non sono parole rituali ma assolutamente autentiche. Del resto credo che l’applauso che tutti i delegati hanno dedicato al suo intervento al congresso, avendo capito che si trattava di un saluto, anche perché GianPaolo non lo ha minimamente nascosto, testimoni l’affetto e la stima che Mati ha saputo costruirsi negli anni del suo lavoro in questa categoria.

 

Proprio per questo sono molto dispiaciuto di non poterlo riproporre, perché non dipende da me, né da noi, ma dalla coerente attuazione di una regola che ci siamo dati e che segnerà sempre più il cammino dei nostri gruppi dirigenti e per la quale ci dovremo sempre più attrezzare (purtroppo, anche sul piano sentimentale…).

 

Avremo modo nelle prossime settimane di dedicare a GianPaolo un saluto più corposo, come è giusto fare in queste occasioni. Ma permettetemi anche in questa circostanza di rivolgere a lui –e so di farlo anche a nome di tutti voi- il ringraziamento più sentito per tutto quello che lui ha dato alla Fillea senza mai rinunciare alle proprie idee anche quando queste potevano apparire non in sintonia con le altre, ma contribuendo anche così a fare crescere questa organizzazione.

 

Grazie GianPaolo! Se mai ci decideremo un giorno a fondare una associazione di ex-dirigenti della Fillea saremo ancora insieme!

 

Come dicevo, GianPaolo ha offerto la propria disponibilità a non essere ricandidato nella Segreteria, pur non avendo ancora ricevuto una proposta definitiva di nuovo incarico in un’altra struttura della CGIL.

Questo significa che resta formalmente in forza alla Fillea, compresa la sua presenza nel Comitato Direttivo Nazionale, anche se come capite bene si tratta dei tempi “tecnici” necessari per superare questa intensa fase di mobilitazione che vedrà impegnata la CGIL nelle prossime settimane e che non consente alla Segreteria Nazionale di dedicarsi con attenzione al problema degli assetti.

 

Anche se può apparire superfluo vorrei dire ai compagni che fin dal primo momento abbiamo rivendicato alla Segreteria Nazionale della CGIL una proposta di piena valorizzazione di GianPaolo, essendo una delle risorse più qualificate che la categoria mette a disposizione della Confederazione.

 

Ma credo di poter dire che il messaggio è in parte stato colto poiché la Segreteria Nazionale ci ha chiesto di poter impegnare fin da domani (martedi) il compagno Mati all’interno del dipartimento organizzazione della Confederazione, per contribuire alla gestione della impegnativa fase di mobilitazione nazionale, che richiede l’apporto di compagni con esperienza consolidata e grande conoscenza dell’organizzazione.

 

Ovviamente GianPaolo anche in questo caso si è reso disponibile e noi, come struttura, anche, tenendo fino a conclusione di questo impegno provvisorio GianPaolo in forza alla Fillea, salvo, naturalmente, le spese di attività che saranno a carico della CGIL.

 

Un percorso di rinnovamento della Segreteria. La sostituzione di Mati rappresenta, dunque, l’unica novità nella proposta che avanzo.

La prima cosa che mi sono chiesto è stata se questa sostituzione avrebbe potuto rappresentare una opportunità, ovvero il primo atto di un progetto di rinnovamento della Segreteria, anche se mi occorre chiarire il concetto, che potrebbe apparire in contraddizione con quanto detto in precedenza, cioè, una Segreteria che per 4/6 non ha ancora due anni di vita.

 

In questo caso, per rinnovamento intendo dire rinnovamento generazionale, nel senso anagrafico ma non solo, anche nel senso di generazione politica.

Potrei dirla con un’altra definizione. In questa Segreteria vi è stampata la storia della Fillea sicuramente degli anni ’90, forse anche di qualcosa precedente, almeno così mi è stata raccontata.

Qualcuno, diciotto mesi fa, ha anche aggiunto un’altra valutazione relativa alla forte ipoteca che per il nuovo Segretario avrebbe potuto rappresentare una Segreteria quasi interamente confezionata per due mandati.

 

Io credo che il problema non sia delle singole persone, chiamasi Segretario o altro, ma dell’organizzazione e di quello che vogliamo fare.

 

Penso che una cosa tutti la vogliamo fare: progettare e programmare la crescita di un nuovo gruppo dirigente nazionale, per evitare che le tappe di questo percorso siano segnate solo da dinamiche esterne, siano esse regole sulla durata dei mandati o cosiddetti problemi da risolvere.

Questo progetto deve indubbiamente caratterizzarsi attraverso la promozione di una nuova leva di compagni e compagne che potranno prendere in mano la categoria nel corso dei prossimi anni, aprendo una fase nuova nella storia del gruppo dirigente Nazionale della Fillea.

 

Del resto che in termini più generali questo problema sia sentito da tutti basterebbe vedere l’attenzione dedicata al progetto Under 30, da quando è stato lanciato.

 

Ma tornando alla Segreteria, la seconda domanda che mi sono fatto è come essa si collochi dentro questo percorso?

Io credo che questa Segreteria debba considerarsi una cerniera tra l’attuale gruppo dirigente e quello che vogliamo costruire nel giro di qualche anno, avendo tutte le possibilità di rispondere alle esigenze richieste oggi al gruppo dirigente nazionale aiutando contemporaneamente la promozione di nuove responsabilità, come bene avete fatto e abbiamo fatto in questi anni nel rapporto con i gruppi dirigenti regionali.

 

E’ anche un modo per gestire con i piedi molto attaccati al terreno un percorso particolarmente complesso.

 

Infatti, la radiografia del nostro quadro dirigente può essere ricondotto a due categorie essenziali: una prima fascia di compagni che rappresentano l’esperienza, il valore aggiunto della categoria, la memoria storica di questi anni, la “garanzia del successo”: Una seconda fascia nella quale già sono presenti compagni più giovani, di indubbie capacità politiche e di verificate qualità dirigenziali, arrivati in categoria in epoche un po’ più recenti degli altri.

 

Nell’uno e nell’altro caso, per ragioni diverse tra loro, già negli ultimi tempi ed ancora oggi l’insieme di questi quadri non rappresenta un serbatoio di forze disponibili, spendibili per un investimento sulla struttura nazionale. Lo dico soprattutto per quelli più giovani il cui ruolo è ancora prezioso nelle strutture di appartenenza.

 

Ma dobbiamo evitare tutti insieme che anche in questo caso, fra qualche anno, si riproducano quelle indisponibilità che hanno reso difficile negli anni che abbiamo alle spalle la utilizzazione al nazionale di una parte dei nostri quadri migliori.

 

Ecco perché io credo che una Segreteria Nazionale che oggi sia composta attingendo al massimo livello delle esperienze, delle competenze, delle capacità di direzione sperimentate in tutti questi anni possa rappresentare una Segreteria in grado di assumere l’obiettivo di produrre nel corso del proprio mandato un investimento coraggioso per spingere nella direzione del rinnovamento.

 

Oggi scegliamo e confermiamo una Segreteria di esperienza e di saggezza per lavorare con più convinzione e decisione verso le tappe del rinnovamento che siano concretamente raggiungibili ed in tempi politici coerenti con le sfide che ci siamo lanciati.

 

In questo quadro si inserisce la proposta di sostituzione del compagno Mati con Mauro Macchiesi, Segretario Generale di Roma e del Lazio.

 

Credo che Macchiesi abbia bisogno di presentazioni solo per una esigua minoranza dei componenti di questo Comitato Direttivo facendone lui parte dal lontano 1987..

Dopo i trascorsi giovanili nelle fila della organizzazione giovanile di Partito, come tanti di noi, Mauro è stato Segretario Generale della Camera del lavoro dell’Alto Lazio, nei primi anni ’80.

Dopodiché è iniziato il suo percorso in Fillea, un percorso molto attivo e un po’ anche radioattivo, visto che ha seguito la costruzione della centrale nucleare di Montalto di Castro, un percorso che è giunto fino alla massima responsabilità della struttura Fillea della Capitale e del Lazio. Come voi sapete gli edili hanno per lungo tempo rappresentato il nerbo del movimento in queste zone ed ancora oggi lo sono, consentendo a chi li ha diretti di fare una esperienza completa ed impegnativa.

 

Credo pertanto di non esagerare nel dire che Mauro, assieme ad altri Segretari Regionali della Fillea, oltre naturalmente ai compagni della Segreteria Nazionale, faccia parte di quel nucleo che in tutti questi anni ha assicurato qualità e continuità di elaborazione e di direzione della categoria, soprattutto negli anni bui della crisi.

 

Quel nucleo al quale la compagna Cantone mi ha detto di guardare fin dall’inizio per dirigere in tranquillità la categoria e promuoverne il rinnovamento. E devo dire che aveva ragione perché proprio nel rapporto fluido con questi compagni in tutti questi mesi sono riuscito a trovare le risorse ed il conforto per affrontare le prove che abbiamo dovuto affrontare.

 

Mauro è stato ed è indubbiamente tra questi compagni e la sua proposta risponde innanzitutto ad una scelta di valorizzazione di un quadro e di una esperienza importante a fronte di una disponibilità personale che si è manifestata.

 

E’ una scelta che risponde anche alla necessità che ha questa categoria di non disperdere in poco tempo il suo capitale umano più qualificato.

Questo rischio si è concretizzato in questi mesi con l’uscita di importanti compagni in altrettanto importanti strutture regionali, per fortuna sopperita con l’acquisizione di compagni di altrettanto pregio e valore.

E stava concretizzandosi anche nel caso di Macchiesi, data l’intenzione della CGIL Regionale del Lazio di avanzare a Mauro la proposta di un incarico di direzione confederale regionale.

 

Con la proposta di Macchiesi riusciamo dunque a salvaguardare un pezzo importante del nostro capitale, mettendolo a disposizione di questo progetto di rinnovamento del gruppo dirigente nazionale.

 

Credo che altri meglio di me potranno testimoniare della validità di questa proposta, che io tuttavia ho potuto apprezzare nella conoscenza graduale dell’impegno di Macchiesi sia nella direzione della struttura romana e laziale, sia nel contributo che in questi mesi egli ha dato alla direzione nazionale.

 

Per il resto la proposta riguarda la conferma dell’attuale segreteria per le ragioni che ho già ampiamente motivato.

 

Per i nuovi arrivati esplicito la proposta in termini nominativi: Luigi APRILE, Mara NARDINI, Andrea RIGHI, Massimo VIOTTI.

Ognuno di questi compagni ha rappresentato una risorsa per la segreteria uscente e sono sicuro che lo rappresenterà anche per la nuova.

Oltretutto, si tratta come vi dicevo di compagni che 3 su 4 svolgevano per la prima volta l’incarico di segretario nazionale.

 

Una Segreteria che nelle caratterizzazioni soggettive ha trovato la sua forza coesiva. Si sa che i caratteri non sono tutti uguali e non sempre facilmente sintonizzabili. Credo tuttavia che la scelta di rapporti trasparenti, al di fuori di logiche intestinali, la scelta di un confronto chiaro, privo di infingimenti abbia contribuito al prevalere di una lavoro discretamente produttivo.

 

Nei dipartimenti ai quali sono stati assegnati o confermati due anni fa ognuno di loro a prodotto risultati apprezzabili.

 

Tuttavia saranno i compagni a dire quello che pensano, soprattutto esprimendo il loro voto sulla proposta.

 

Questa è dunque la proposta che vi avanzo.

Sono consapevole di alcuni possibili squilibri esistenti nella sua composizione, forse un po’ troppo “romana”. Credo, ad esempio, che il nord debba prima o poi trovare una sua rappresentanza nella Segreteria Nazionale.

 

Per questo vi invito a valutarne la composizione odierna in senso processuale, cioè in funzione di un processo che nel corso di questo mandato ci consenta di recuperare questo dato, costruendone le condizioni, lavorando a partire da oggi.

 

E’ ovvio che nel dire questo ribadisco il fatto che la composizione numerica della Segreteria, atto che dovrà avvalersi di una votazione preventiva, debba rimanere a sei, prevedendo in futuro, semmai, una riduzione piuttosto che un suo allargamento.

Ma ad oggi la proposta è di una segreteria a sei.

 

Non mi resta che ricordarvi, cosa che presumo farà anche il nostro presidente, che le modalità di voto della Segreteria prevedono il voto sull’insieme della proposta e non sui singoli compagni.

Ogni valutazione che i compagni e le compagne volessero esprimere sull’insieme della proposta o su singoli punti di essa, potranno essere fatte sia nel dibattito che potrà aprirsi subito dopo questa relazione, oppure nel corso della consultazione individuale dei membri del direttivo, che avrà luogo subito dopo la sospensione dei lavori del direttivo, concluso il dibattito sulla proposta.

 

Per lo svolgimento della consultazione, la proposta della commissione dei saggi che io avanzo e che il Presidente metterà in votazione è la seguente:

Alberto TOMASSO, Michele CARPINETTI, Remo CARBONI, Manola CAVALLINI, Rita INNOCENZI, Enzo PETRUZZIELLO.

Inoltre, fanno parte di diritto della commissione il Presidente del Direttivo Nazionale ed il Segretario Generale.

 

Se i compagni avranno notato che sono due del Nord, due del Centro, due del Sud, due donne, insomma, sempre due di qualcosa è perché proporremmo che le modalità di lavoro della commissione fossero quelle dello sdoppiamento, ossia, due gruppi che consultano in due uffici diversi, per accelerare le procedure.

 

Invito quindi le compagne e i compagni a non fuggire dopo la sospensione del Direttivo perché la consultazione dovrà concludersi in serata, in tempo utile per redarre il verbale della commissione, con il quale apriremo i lavori domani mattina, prima del voto che avverrà con modalità segrete.

Buon lavoro.