Dip. Lavoro e Sicurezza

                                                                            LS\M.N. W n.1/2003

    9 gennaio 2003

 

   Delega al Governo

   su salute e sicurezza                                 Alle Segreterie Regionali

                                                                               F.I.L.L.E.A.

                                                                       

Alle Segreterie Territoriali

       F.I.L.L.E.A.

 

Ai compagni nei CPT

      

       Ai Rls – Rlst

 

Loro Sedi 

 

Cari compagni,

 

            per far conoscere la contrarietà del sindacato alla delega che il Parlamento è  chiamato a concedere al Governo in materia di salute e sicurezza, CGIL, CISL e UIL hanno convocato a fine dicembre una conferenza stampa, nella quale hanno illustrato le proprie motivazioni.

 

                        E’ prossima, infatti, la discussione e la possibile approvazione definitiva della legge che, all’articolo 3, contiene l’attribuzione al Governo di questa delega (vi abbiamo inviato il testo il 5 dicembre scorso).

 

            E necessario far conoscere fra gli RLS e nei posti di lavoro i pericoli di una delega incondizionata al Governo sull’intera normativa sulla salute e sicurezza sul lavoro, che sarà esercitata per raggiungere gli obiettivi, che il Governo ha già dichiarato, di alleggerimento della normativa di prevenzione, esonero delle piccole imprese, depenalizzazione delle sanzioni.

 

            A tal fine vi inviamo i documenti prodotti da CGIL, CISL e UIL, che saranno utili nelle iniziative di informazione.

 

            Fraterni saluti.

                                                                                                p. la Segreteria Nazionale

                                                                                                            Mara Nardini

 


C.G.I.L.                                                                                   Al Ministro del Lavoro

C.I.S.L.                                                                                    On.Roberto Maroni

U.I.L.

 

Ai gruppi parlamentari delle Commissioni Competenti

Camera e Senato

 

Roma 8 ottobre 2002

 

Oggetto: delega al Governo in materia di salute e sicurezza. Richiesta di incontro

 

 

 CGIL, CISL e UIL ritengono intollerabile il permanere di una condizione che sul lavoro causa oltre 1 milione di infortuni l'anno e quasi 4 morti al giorno e chiedono che siano messi in atto tutti gli strumenti idonei a garantire la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

 

In questo senso, quale obiettivo di concretezza, in linea con i dati emersi dal recente monitoraggio delle Regioni sull'applicazione delle disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza, ravvisano l'importanza e la necessità di indirizzi e politiche centrali e locali volti ad incoraggiare una più estesa e corretta applicazione delle norme da parte di tutti i soggetti  chiamati, a diverso titolo, ad operare in azienda, in particolare il datore di lavoro (a partire dalle PMI), e volti a dissuadere chi persiste nella volontà del non rispetto delle leggi e dei contratti.

 

In tale contesto, le scriventi OO.SS richiedono un incontro da svolgersi  in tempi ravvicinati per affrontare la questione relativa alla delega al Governo in materia di salute e sicurezza sul lavoro (Legge di semplificazione 2001 AC 2579 art.3), tenuto conto che ad oggi sono all'oscuro di qualsiasi intervento in merito e che comunque intendono esprimere la propria contrarietà ad ipotesi di riscrittura complessiva delle norme esistenti e ad interventi di depenalizzazione delle stesse.

 

L’occasione consentirà inoltre di delineare, sulla base di valutazioni ed analisi frutto di conoscenza ed esperienza, altre e più necessarie ed urgenti azioni di intervento a tutela di tutti i lavoratori. Infatti non possono essere dimenticati i ritardi e il non corretto recepimento di parti importanti della normativa comunitaria per i quali il nostro Paese è tuttora sotto procedura d'infrazione o lo sarà di nuovo a breve. Basti citare il mancato adeguamento delle disposizioni vigenti in materia di competenze dei Servizi di prevenzione e protezione (a seguito dei rilievi della Corte di Giustizia), al mancato recepimento entro il 31 dicembre 2001 della direttiva contenente un primo elenco di valori limite indicativi di cui al D.Lgs.25/2002 che priva le aziende ed i lavoratori di un importante strumento di tutela, all'inaudito e indebito innalzamento dei valori limite fissati per il piombo operato in occasione del varo del medesimo D.Lgs.25/2002.

 

In attesa di conoscere le Vostre disponibilità ad un incontro su questi temi, e di un sollecito riscontro, porgiamo i più distinti saluti

 

 

         p. la Cgil                                  p. la Cisl                                                     p.la Uil

(Paola Agnello Modica)        (Giovanni Guerisoli)                           (C. Fabio Canapa)


 

Legge di semplificazione: subito stralcio della delega in materia di salute e sicurezza

 

 

 

 

Premessa

 

 

 

Gli incidenti verificatisi nel corso del 2001, prescindendo dalle rilevazioni statistiche -interpretabili in relazione  ai riferimenti considerati- sono  un numero estremamente rilevante  e probabilmente inferiore alla realtà, se si considera la esistenza di una rilevante quota di lavoro sommerso (stimata in circa il 23% del totale dall’ISTAT).

 

E’ dal ’78 che in Italia si discute per lo più tra gli “addetti ai lavori” e con alterne vicende sulla necessità di redigere un Testo unico in materia di salute e sicurezza.

 

Per anni si sono confrontati due orientamenti senza approdare ad una conclusione: un testo unico di carattere compilativo ovvero uno di carattere innovativo.

 

Sulla base di questa vicenda ormai storica preoccupa oggi fortemente, tuttavia, quanto sta per essere approvato dal Parlamento con la delega amplissima data al Governo per la predisposizione in 12 mesi di un Testo unico.

 

Quello che si teme è una soluzione  unilaterale  (in verità non sappiamo se e quali relazioni ci sono state tra Governo e Associazioni datoriali): purtroppo il nostro timore è supportato dal rifiuto sistematico che da oltre un anno a questa parte il Governo e i suoi rappresentanti hanno opposto ad una qualsiasi forma di confronto con Cgil Cisl e UIL, Organizzazioni sindacali che rappresentano milioni di lavoratrici e lavoratori destinatari primi delle norme poste a tutela della salute e sicurezza, norme che il Governo si accinge a riscrivere.

 

 

 

L’attuale iniziativa governativa

 

Con discutibili motivazioni l’urgenza di predisporre un Testo unico di riordino della complessa normativa in materia di sicurezza del lavoro è stata annunciata all’inizio di questa legislatura prima nel Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia presentato dal Governo nell’ottobre 2001 e poi con l’art. 3 del disegno di legge di iniziativa governativa, recante Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione. Legge di semplificazione 2002, approvato dal Consiglio dei ministri del 12 ottobre 2001, oggi in dirittura d’arrivo in Parlamento(Atto Camera  n. 2579).

Il Governo propone la redazione di “codici” innovativi sulle varie materie toccate dalla delega, prevedendo la possibilità di intervenire, modificando “laddove la modifica appaia necessaria” i testi attualmente vigenti. Si tratta, secondo la formulazione stessa dei presentatori, di un disegno di legge che svolge la funzione quadro di “norma madre”, contenente l’indicazione di metodi e schemi procedimentali che, di anno in anno, saranno utilizzati per gli obiettivi di riassetto normativo. Tra i criteri ispiratori della delega nel suo complesso, viene sottolineato quello guida, finalizzato alla liberalizzazione, “da attuarsi attraverso l’eliminazione generalizzata dell’autorizzazione delle misure limitanti le libertà contrattuali”.

Nel caso specifico della sicurezza ed igiene del lavoro, la approvazione della legge consentirà al Governo di adottare, entro un anno dalla entrata in vigore della delega, uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti.

L’ambito di applicazione della delega è vastissimo quanto generico e consente di intervenire praticamente su tutti i punti cardine della materia, trattando ben 12 differenti voci, che vanno dal sistema sanzionatorio alle norma tecniche di sicurezza delle macchine, dalla compatibilità delle misure tecniche ed amministrative di prevenzione con le caratteristiche gestionali ed organizzative delle imprese artigiane alla razionalizzazione delle competenze istituzionali.

 

Osservazioni sul progetto di legge delega 

 

In questo contesto, la iniziativa del Governo risulta deprecabile/inaccettabile nel metodo e nel merito.

 

La valutazione negativa sul metodo riguarda:

1)       l’aver scelto l’ambito della Legge di semplificazione  per una modifica di ampia portata qual è il riordino del quadro normativo di salute e sicurezza del lavoro e la definizione di un Testo unico;

2)       la sottrazione di competenza al Parlamento in una materia assai delicata e rilevante per la salute dei lavoratori;

3)       la mancanza di un confronto con le parti sociali ed in particolare con le Organizzazioni sindacali che, lungi dall’essere pratica “consociativa” è indubbiamente indispensabile in una normativa la cui applicazione richiede la collaborazione di tutti i soggetti interessati;

4)       il possibile conflitto con la normativa di recepimento delle direttive europee, che già avviene sulla base di una legge delega (la “legge comunitaria”);

5)       il possibile conflitto con la competenza delle Regioni che, in seguito alla recente (comunque discutibile) revisione costituzionale, si sono viste attribuire una potestà legislativa concorrente sulla materia, accentuato dalla  incertezza della ripartizione di competenze fra Stato e Regioni del nuovo articolo 117 (dovuta all’ambiguità nell’espressione “tutela e sicurezza del lavoro”, affidata alla potestà concorrente delle Regioni) .

                               

La valutazione negativa nel merito si riferisce:

1)       all'utilizzo del pretesto di un adeguamento alla normativa ed alle convenzioni internazionali per attenuare adempimenti e responsabilità per i datori di lavoro attraverso una revisione delle norme in nome della “compatibilità con le caratteristiche gestionali e organizzative in particolare delle imprese artigiane”.

2)       le modifiche all’apparato sanzionatorio e insieme l’intento di disincentivare le funzioni degli organismi pubblici di vigilanza e di controllo in favore di funzioni di consulenza, prefigura una rinuncia all'effetto "deterrente" tipico dell'attività di controllo e della natura delle norme sanzionatorie. In questo senso, infatti, va tenuto conto della incongruità ed inutilità di simili iniziative, considerando quanto emerso dall’indagine svolta dalle Regioni che evidenzia come il 90 % delle imprese eviti il procedimento penale adempiendo alle prescrizioni imposte mediante la Legge n.758 del 1994. Tale circostanza vale a dimostrazione della utilità ed efficienza di un sistema sanzionatorio non repressivo, ma preventivo ed educativo che inizia a dare risultati positivi e che va mantenuto ed implementato, e non certamente superato.

.

 

Così schematizzando, due sono gli aspetti di fondo alla base del giudizio negativo:

 

-          l'indicazione di un “criterio guida per la liberalizzazione, quale eliminazione generalizzata di autorizzazioni e delle misure che limitino la libertà contrattuale”, quale base per redigere il codice dell’intera materia;

 

-          la previsione di una progressiva depenalizzazione del sistema sanzionatorio, che conferma una scelta di questo Governo, già presente nelle modifiche introdotte dal ministero del lavoro nel recente “nuovo schema di testo unificato” per il superamento dei benefici previdenziali per i lavoratori esposti ad amianto. 

 

 

 

Vista la rilevanza della materia e, di contro, l'urgenza di un intervento efficace che blocchi la delega, Cgil Cisl Uil chiedono nell’immediato almeno lo stralcio dell’articolo 3 dal testo del disegno di legge sulla semplificazione. E’ quanto di più razionale si possa sostenere e, in questo momento, chiedere.


 

 

Breve profilo epidemiologico delle condizioni di salute e sicurezza sul lavoro e di alcune cause e possibili rimedi

 

 

 

1.     I DATI DA ESAMINARE

Per poter valutare con un minimo di affidabilità l’andamento del fenomeno degli infortuni sul lavoro, è necessario esaminare i dati relativi ad un periodo congruo. Le statistiche Inail degli ultimi 6 anni (Tab. 1) mostrano un sostanziale fissità delle frequenze assolute degli incidenti, che oscillano costantemente attorno al milione l’anno circa. I dati dei primi otto mesi del 2002 (757.160 casi in totale), confrontati con lo stesso periodo del 2001 (713.296), mostrano una diminuzione del 5,8 per cento, ma sono da considerare del tutto incompleti, poiché per ragioni amministrative e difficoltà del sistema informativo, a settembre 2002 le sedi territoriali dell’Inail dovevano ancora trasmettere alla direzione centrale le informazioni relative ad oltre 100.000 casi.

 

2.       SUL LAVORO SI MUORE

La preoccupazione più importante riguarda i casi mortali: 1.400 in media l’anno (Tab. 1). Anche ad un confronto europeo la situazione italiana appare preoccupante. Gli ultimi dati disponibili di Eurostat (1998) forniscono un indice dell’Italia per gli infortuni mortali pari a 5 per 100.000 addetti, a fronte del 3,5 della media Ue. A questi dati bisogna aggiungere i 25.000 lavoratori che restano gravemente invalidi ogni anno nel nostro paese.

 

3.     I LAVORATORI DELLE PMI SONO PIÙ ESPOSTI AL RISCHIO D’INFORTUNIO

Come in tutta Europa, anche gran parte del tessuto produttivo italiano è costituito da Pmi. Ma tale caratteristica è nel nostro paese particolarmente rilevante. Basti pensare che oltre il 94% delle imprese non superano i 10 addetti. E, come in tutta Europa, il rischio d’infortunio è inversamente proporzionale alla dimensione d’impresa (Tab. 2). Ciò è dovuto ad un insieme di fattori, tra i quali va annoverato, per esempio, il fatto che proprio  le imprese fino a 10 addetti non sono tenute a documentare di aver svolto la valutazione dei rischi, ma solo a dichiarare di averla effettuata. Il che la dice lunga su quello che può essere in realtà l’impegno concreto di queste aziende nel campo della sicurezza.

Anche per questo un’esigenza importante cui bisogna rispondere è quella di garantire una rete di servizi di assistenza e di consulenza alle piccole e piccolissime imprese riguardo alla salute e sicurezza.

 

4.       LE MALATTIE SILENZIOSE

C’è anche la pesantissima eredità della mancata prevenzione dei decenni passati: 5.703 lavoratori uccisi dalla silicosi negli ultimi 5 anni, pari a 1.140 casi ogni anno. Cui bisogna aggiungere almeno il 4% di tutte le morti a causa di tumori (attorno ai 150.000 casi per anno): quindi circa 6.000 casi,  che secondo le stime epidemiologiche più prudenziali sono dovuti all’esposizione a fattori cancerogeni inerenti all’ambiente di lavoro.

 

5.       NON SI TRATTA DI FATALITA’

Gli infortuni – e le malattie professionali – non cadono dal cielo, ma sono frutto della mancata prevenzione dei rischi.

 

6.       UNA DEFINIZIONE DELL’OMS

Non a caso l’Organizzazione mondiale della sanità  definisce gli infortuni e le malattie professionali come “il risultato del fallimento dell’organizzazione sociale e tecnica del lavoro”.

 

7.       RISPETTARE LE LEGGI

Il rispetto innanzi tutto della normativa in questo campo è una condizione necessaria. Così come la garanzia che può derivare da tutti gli accorgimenti tecnici. Ma non basta. Deve diventare parte integrante  della cultura d’impresa anche l’organizzazione del lavoro che tenga conto della salute e sicurezza.

 

8.       COSTI UMANI E COSTI ECONOMICI

Oltre ai costi umani si devono segnalare anche quelli economici complessivi che sopporta l’intero sistema, che sono stati stimati essere pari a 55.000 miliardi anno (più di 28 miliardi di Euro).

 

9.       LA PREVENZIONE CONVIENE

Sono costi che, oltre che sul sistema sociale, ricadono sulle innanzi tutto sulle imprese, che quindi dovrebbero concepire la prevenzione come un investimento. Nel medio e lungo periodo la prevenzione è un affare, conviene anche economicamente.

 

10.    INCIDENTI PREVEDIBILI E QUINDI PREVENIBILI

Così le statistiche ci appaiono sotto una nuova luce: non è tanto importante infatti disquisire sull’aumento o meno del fenomeno, quanto la possibilità di capire quanti di quegli incidenti mortali e gravo si potrebbero evitare.

 

11.    I SETTORI PIU’ A RISCHIO

Si possono fare gli esempi dei tre settori che da soli rappresentano il 65% degli infortuni mortali: l’edilizia, il trasporto merci e l’agricoltura. Le cause di questi incidenti si conoscono. Sono fondamentalmente tre quelle largamente più frequenti: le cadute dall’alto in edilizia, il colpo di sonno alla guida del  mezzo di trasporto merci (che coinvolge quasi sempre anche altri utenti della strada), il ribaltamento del trattore in agricoltura. Sono tutte cause prevenibili, sia dal punto di vista tecnico che comportamentale.

 

12.    INFORMAZIONE & FORMAZIONE

Ai fini della prevenzione è importante innanzi tutto che i lavoratori siano informati sui rischi e sulle misure per evitarli. Ma non basta. Occorre anche che siano garantiti comportamenti sicuri: questo è il ruolo della formazione alla sicurezza, che la legge ha reso obbligatoria per i lavoratori. Ma nelle imprese è il punto più debole. Come dimostrato anche dai risultati del monitoraggio delle Regioni sull’applicazione della normativa europea (il famoso decreto 626 del 1994).

 

13.    INCENTIVI ECONOMICI PER LA PREVENZIONE

Negli ultimi anni si è fatto molto per tentare di migliorare la situazione. Basti citare gli incentivi economici messi a disposizione dall’Inail per la sicurezza nelle Pmi. Si tratta di 150 miliardi delle vecchie lire in un triennio per la formazione. Vi è stata una grande adesione, adesso bisognerà valutare i risultati.

 

 

 

 

14.    TIMORI INFONDATI DELLE IMPRESE

Altri 450 miliardi l’Inail li ha messi a disposizione per il miglioramento dell’ambiente di lavoro e delle macchine. Purtroppo a questa linea di finanziamento non vi è stata finora una grande adesione. Anche per il timore – comunque infondato – da parte delle imprese di essere oggetto d’ispezione in occasione della richiesta di finanziamento.

 


 

Tab. 1

 

 

TOTALE INFORTUNI DENUNCIATI ALL’INAIL

DI CUI MORTALI

ANNI

Industria e

Servizi

Agricoltura

Conto

Stato (1)

 TOTALE

Industria e

Servizi

Agricoltura

Conto       Stato (1)

   TOTALE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1996

873.022

113.403

24.840

1.011.265

1.134

197

13

1.344

1997

844.963

103.934

32.132

981.029

1.212

192

16

1.420

1998

866.052

96.904

34.958

997.914

1.297

170

15

1.482

1999

893.523

90.872

26.382

1.010.777

1.257

170

11

1.438

2000

907.017

85.345

30.331

1.022.693

1.229

172

11

1.412

2001

918.195

79.834

      31.896

1.029.925

1.267

164

              21     

1.452

 

(1)     Dipendenti dei servizi centrali dello Stato con qualifica di operaio. A partire dal 1999 l’Ente Poste Italiane, trasformato in S.p.a., è incluso nel settore industria e servizi.

 

 

Fonte: Inail, Rapporto Annuale 1999, 2000 e 2001

Contrariamente a quanto sembrava apparire all’inizio di quest’anno, i dati aggiornati relativi al 2001 mostrano un incremento del totale degli infortuni sul lavoro denunciati che, per quanto lieve rispetto all’anno precedente (+0,7%), fotografa una situazione che permane preoccupante, soprattutto guardando ai casi mortali (+2,8%). Questi numeri vanno naturalmente interpretati anche alla luce di quelli sull'occupazione, il cui aumento nel 2001 è stato rilevato sia dall'osservatorio dell'Inail (Dna), che segna un saldo positivo tra lavoratori assunti e cessati di oltre 700 mila unità, sia dall'Istat, che registra un incremento annuo del 2,1%, con una crescita del 5,5% nelle costruzioni, comparto che comprende attività ad alto rischio infortunistico. Tuttavia, se l’incremento dei lavoratori esposti al rischio infortunistico fa aumentare il numero degli infortunati, ciò vuol dire che livelli di rischio restano costanti. Ed è questo un problema ben messo in luce dalla tabella: negli ultimi sei anni il dato complessivo oscilla strettamente attorno al milione e in media i casi mortali sono più di 1.400 l’anno. Rispetto al 2000, fa eccezione l’agricoltura (-6,4%), compresi i mortali (-4,7%). Nel settore, per la prima volta dal dopoguerra, si è assistito ad un arresto della perdita di posti di lavoro, con un lieve incremento dell'occupazione (+0,5% pari a 6-7 mila unità).


 

TABELLA 2 

 

DIMENSIONE D’IMPRESA E FREQUENZA INFORTUNISTICA IN ITALIA

(Media triennio 1997/99 per 1000 addetti)

Fonte: Banca Dati Inail

 

 

 

A)

 

Frequenze relative d’infortunio per tipologia delle aziende

(secondo la classificazione Inail).

 

 

Aziende Artigiane

Aziende non Artigiane Monolocalizzate

TOTALE

Dipendenti

Autonomi

Totali

 

74,15

 

38,22

 

49,18

 

37,42

 

39,98

 



B)

 

LAVORATORI

TOTALE

Autonomi

Dipendenti per classe di ampiezza delle aziende

1-15

16-30

oltre 30

Totale

 

38,22

 

75,32

 

55,65

 

13,98

 

74,15

 

49,18

Frequenze relative d’infortunio nelle aziende artigiane per classe di ampiezza delle aziende.

 

 

 

 

C)

 

Frequenze relative d’infortunio nelle aziende non artigiane monolocalizzate e per classe di addetti.



 

CLASSI DI ADDETTI

TOTALE

1-15

16-30

31-100

101-250

Oltre 250

 

35,56

 

45,39

 

45,71

 

42,98

 

29,12

 

37,42