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Adesione della Fillea Cgil all’appello per il ritiro della Direttiva
La proposta di Direttiva Bolkestein si basa sull’adozione del “ principio del paese di origine”, che stabilisce che un prestatore di servizi o una impresa sia esclusivamente sottoposto alla legge del paese ove ha la sede legale e non più alla legge del paese ove esplica la sua attività. Ciò avrebbe nel settore edile conseguenze estremamente negative, consentendo imponenti fenomeni di dumping sociale. L’edilizia è caratterizzata dalla continua mobilità di imprese e lavoratori ed il principio del paese di origine rappresenterebbe un incitamento alle imprese che intendono concorrere slealmente sul mercato a collocare la propria sede legale nei paesi a più debole protezione sociale e del lavoro, per poter approfittare delle condizioni “minime” di tutela dei diritti dei lavoratori e di relazioni fra le parti sociali. Inoltre la proposta di direttiva Bolkenstein rende inefficace quanto stabilito dal recepimento della Direttiva sul Distacco, cioè il riconoscimento per i lavoratori comunitari ed extracomunitari del medesimo trattamento economico e normativo spettante ai lavoratori italiani, in quanto esclude per i paesi di accoglienza la possibilità di operare controlli e verifiche. Essa inoltre vanifica tutta la normativa relativa alla regolarità contributiva e contrattuale delle imprese del settore edile - presupposto per una competizione sugli appalti che non si giochi su una riduzione di diritti e tutele dei lavoratori - derivante dall’Avviso Comune per l’emersione del lavoro sommerso, sottoscritto dalle parti sociali del settore. Le organizzazioni sindacali delle costruzioni insieme con l’Associazione Nazionale Costruttori Edili hanno manifestato queste osservazioni critiche sia a rappresentanti del Governo Italiano, che a componenti del Parlamento Europeo, richiedendo le relative modifiche. Le organizzazioni sindacali del settore, inoltre, hanno sottoscritto una Dichiarazione Comune dei Partner Sociali dell’Industria Europea dell’Edilizia contenente rilievi critici e richieste di modifica e hanno partecipato attivamente alla manifestazione contro la proposta di Direttiva Bolkenstein, indetta dalla Federazione Europea dei sindacati delle Costruzioni e svoltasi il 25 Novembre Bruxelles. La Fillea ritiene che l’azione di contrasto della proposta di Direttiva vada continuata con vigore. PER QUESTI MOTIVI LA FILLEA CGIL ADERISCE ALL’APPELLO PER UNA CAMPAGNA NAZIONALE PER IL RITIRO DELLA DIRETTIVA BOLKENSTEIN e invita i lavoratori delle costruzioni a sottoscrivere questo appello.
La casella postale a cui inviare l’adesione è la seguente : bolkestein@filleacgil.it
APPELLO PER UNA CAMPAGNA NAZIONALE PER IL RITIRO DELLA DIRETTIVA BOLKESTEIN
Il 13 gennaio 2004, la Commissione europea ha approvato la proposta di Direttiva Bolkestein, attualmente all'esame del Consiglio e del Parlamento europeo. Annunciata come un provvedimento rivolto a «diminuire la burocrazia e i vincoli alla competitività nei servizi per il mercato interno», la Direttiva Bolkestein è nei fatti un pericoloso provvedimento di attacco allo stato sociale e ai diritti del lavoro nell'intera Unione europea. Perché si prefigge l'apertura alla libera concorrenza e alla privatizzazione di tutte le attività di servizio e dell'istruzione, dalle attività logistiche di qualunque impresa produttiva ai servizi pubblici, a partire dalla sanità e dai servizi sociali. Perché riduce drasticamente le possibilità di intervento e il potere discrezionale delle autorità locali e nazionali, privandole della facoltà di esercitare proprie linee di politica economica e sociale. Perché, in stretto collegamento con le posizioni assunte all'interno dell'Accordo Generale sul Commercio dei Servizi (Agcs/Gats) in sede Wto, rafforza le politiche liberiste dell'Unione europea tanto verso il mercato interno quanto nel commercio internazionale. Ma l'eccezionale gravità della Direttiva Bolkestein risiede nell'assunzione del «principio del paese d'origine», che stabilisce come un prestatore di servizi sia esclusivamente sottoposto alla legge del paese dove ha sede legale e non più alla legge del paese dove fornisce il servizio. Con l'introduzione di questo principio, la Direttiva Bolkestein si prefigge la definitiva destrutturazione dei diritti del lavoro nell'Unione europea. Perché si tratta di un incitamento legale a spostare le sedi delle imprese verso i paesi a più debole protezione sociale e del lavoro per poter approfittare delle legislazioni da «stato minimo» ivi esistenti. Perché i contenuti della Direttiva rischiano di sviluppare sentimenti xenofobi. Perché si realizza un vero e proprio «dumping» sociale verso le legislazioni dei paesi a più alta protezione sociale e del lavoro, affinché riducano, in nome della competitività, i propri standard di garanzie. Perché si riducono drasticamente il valore del contratto di lavoro e le possibilità d'intervento delle organizzazioni sindacali, e si precarizza totalmente la prestazione di lavoro, anche attraverso le nuove norme sul distacco dei lavoratori. Senza considerare il pericolo di un incremento del mercato del lavoro gestito dalle organizzazioni criminali. La Direttiva Bolkestein, insieme alla proposta di modifica della Direttiva sull'orario di lavoro, costituisce il colpo di grazia a quel che resta del «modello sociale europeo», già agonizzante dopo le politiche di privatizzazione di questi anni e la continua messa in discussione dei diritti sociali e del lavoro. Ma opporsi è possibile. Al Forum sociale europeo di Londra, il movimento antiliberista, in tutte le sue componenti sindacali e associative, ha lanciato una campagna europea per il ritiro della Direttiva Bolkestein. Ed è in collegamento con questa rete europea che noi sottoscritte realtà associative e di movimento, forze sindacali e politiche, lanciamo una campagna nazionale di informazione, sensibilizzazione e mobilitazione, nei territori e nelle istituzioni. Una campagna che culmini nella partecipazione di massa alla manifestazione europea del 19 marzo 2005 a Bruxelles, lanciata dal Fse contro l'Europa liberista; e in centinaia di iniziative nei territori dal 10 al 16 aprile 2005, all'interno della «Settimana di Azione Globale» indetta dal Fsm di Mumbay, contro il Gats e le privatizzazioni, per i beni comuni e i diritti sociali.
Primi Promotori : Arci, Attac Italia, Fp-Cgil, Fiom-Cgil, Filcem-Cgil, Flc-Cgil, Campagna per la Riforma della Banca Mondiale, Cnl, Conf. Cobas, Cub, Forum Ambientalista, Gruppo Abele, Legambiente, Medicina Democratica, S.in.Cobas, Sult, Unione Inquilini, DS/per tornare a vincere, Pdci, Prc, Verdi, Abruzzo Social Forum, Tavolo marchigiano fermiamo il WTO
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