XV CONGRESSO DELLA FILLEA
DI BOLOGNA
CA’ VECCHIA 29/30 NOVEMBRE 2001
Cari
compagni e care compagne delegate,
cari
amici e amiche invitati,
a
quest’assemblea congressuale arriviamo dopo aver svolto oltre 280 assemblee,
gli iscritti coinvolti sono stati oltre 4400 dei 6000 iscritti al 31/12/2001,
alle stesse assemblee hanno partecipato altri lavoratori e lavoratrici, è stato
un gran lavoro ma soprattutto una gran verifica democratica del rapporto della
FILLEA-CGIL con i propri iscritti.
È
un risultato sicuramente importante, è costato uno sforzo significativo per i
compagni e le compagne coinvolti in questa campagna congressuale, lavoro che
però è stato ripagato da due risultati importanti: il raggiungimento del 100%
del tesseramento alla FILLEA CGIL di Bologna con 2 mesi di anticipo, questo ci
consentirà di chiudere il tesseramento con un risultato che inverte una
tendenza; la riuscita delle due iniziative di lotta del 21 e del 26 novembre
’01, era un appuntamento importante noi lo abbiamo onorato, ora gli
imprenditori bolognesi sanno che non possono sottovalutare la piattaforma
presentata, dovranno accettare una trattativa per rinnovare un integrativo in
linea con le aspettative dei lavoratori edili che lavorano nei cantieri bolognesi.
Molte di queste assemblee si sono tenute
d’intesa con FILCA e FeNEAL sui temi della contrattazione, per concludersi
separatamente per realizzare i congressi di base.
Dai
congressi di base sono stati eletti 100 delegati e delegate per questo XV
congresso della FILLEA-CGIL di Bologna.
Le
assemblee congressuali hanno coinciso con vicende contrattuali, con avvenimenti
tragici e con i primi provvedimenti del governo Berlusconi che hanno finito per
entrare in modo dirompente nel dibattito congressuale.
Abbiamo
registrato nei fatti un’inattualità delle proposte presenti nelle mozioni
congressuali, non è la prima volta, in realtà i tempi della politica sono
sempre più rapidi mentre i nostri tempi non sono sempre rapidi come quelli
della politica, detto questo vi è da affermare che l’orizzonte che i documenti
congressuali disegnano sono quelli sui quali l’approfondimento è opportuno.
Per
altro bisogna dire che davvero sono tante le cose accadute negli ultimi due
mesi che hanno finito per segnare pesantemente la scena politica oltre alla
vita di milioni di uomini e donne, siano essi italiani, americani, afgani o di
altre nazioni.
L’
agghiacciante atto terroristico, la guerra in risposta, il nuovo scenario
internazionale, le conseguenze per l’economia e per le politiche sociali
conseguenti, avvenimenti con i quali le mozioni non potevano certo misurarsi.
Questa
situazione di fatto ha prodotto sullo stesso versante politico interno alla
nostra organizzazione, la CGIL, considerevoli convergenze unitarie su tutti gli
aspetti affrontati negli ultimi 60 giorni, in particolare: sui temi della
guerra o più precisamente sulla risposta da dare al terrorismo, sulla
finanziaria, sulla politica sociale del nuovo esecutivo, sulle politiche
sociali, fino alla vertenza dei metalmeccanici e al rapporto da instaurare con
i movimenti giovanili che il social forum è riuscito a raccogliere attorno alla
bandiera dello sviluppo sostenibile e rispettoso dell’ambiente e dei diritti
delle persone e dei lavoratori.
Ciò
ha evidentemente segnato il dibattito nelle assemblee, credo quindi che aldilà
dei numeri che hanno ricevuto le mozioni, numeri che potete trovare in
carpetta, sia utile dare uno spaccato della discussione fatta nelle nostre
assemblee.
UN
RESOCONTO DELLE ASSEMBLEE
Abbiamo
già detto della partecipazione, buona se la rapportiamo alla categoria, alla
sua forte articolazione e destrutturazione, sono state premiate le scelte
organizzative che hanno percorso una forte articolazione delle assemblee nei
cantieri, e nei turni, mentre il dibattito ha evidenziato lo stato della
categoria, una discussione quindi molto interna alla fase che la CGIL e la
FILLEA stanno sviluppando a sostegno delle vertenze aperte per il rinnovo dei
due livelli di contrattazione, e per il confronto con il governo sui temi del
mercato del lavoro, dello stato sociale, della legge finanziaria, della
contrattazione, ovviamente non sono mancate le attenzioni alla guerra ed al
bisogno di pace che i lavoratori e le lavoratrici hanno espresso nelle
assemblee.
Qui
voglio riprendere una scelta che unitariamente abbiamo compiuto lanciando una
sottoscrizione a favore dei bambini colpiti dalle guerre. Ad oggi ci sono stati
sottoposti due progetti, credo che la sottoscrizione debba prendere il suo
corso naturale raggiungendo almeno uno dei due obiettivi, a suo tempo abbiamo
scelto i bambini che sono il simbolo delle vittime innocenti in assoluto.
Ho
detto che uno dei punti in discussione è stata la contrattazione, questa è
stata anche una strada obbligata in quanto la fase congressuale è coincisa con
la consultazione per il rinnovo dell’integrativo e la preparazione degli
scioperi che sono stati una conseguenza alle posizioni dell’ANCE.
I
congressi di base hanno coinciso anche con la presentazione delle misure
previste dalla finanziaria e dal ministro Maroni in merito al mercato del
lavoro e alle politiche sociali e su questi temi l’attenzione è stata alta.
Ma
soprattutto forte è stato il richiamo all’unità della CGIL, è anche in questo
senso che va letto il risultato congressuale delle due mozioni, il dibattito è
stato percorso da un forte richiamo alla concretezza nella nostra iniziativa,
sono evidenti a tutti gli attacchi alle politiche del sindacato confederale o
per meglio dire a quel sindacato confederale e di categoria che mette al centro
della sua iniziativa la trasformazione delle condizioni economiche che
promuovono lo sviluppo dei diritti della persona e la sua emancipazione e che
quindi punta ad uno sviluppo che coniuga: la crescita economica e quella della
società con un’alta equità e giustizia
sociale.
In
sintesi sono già tanti i denigratori del sindacato confederale, ora non si
sente sicuramente il bisogno di trovare ragioni antiche nel nostro dibattito
interno, oggi abbiamo invece bisogno di utilizzare tutte le risorse interne
alla FILLEA di Bologna, aldilà delle nostre storie personali, oltre le mozioni,
la FILLEA è la casa di tutti i lavoratori e le lavoratrici che lavorano
nell’edilizia e nei settori del legno dei manufatti, del cemento, delle cave.
Il
nuovo quadro politico emerso dalle elezioni del 13 di maggio ha assegnato la
maggioranza parlamentare alla coalizione che, di fatto, ha sposato la bandiera
della competitività come modello sociale, di fatto questa politica porta alla
negazione dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, il libro bianco ne è
un esempio lampante, ciò avviene anche con una forte mistificazione delle
proposte messe in campo, vedi la sospensione dell’articolo 18 motivato con
l’obiettivo della lotta al lavoro nero, la verità è che questo governo è
unilaterale, ha sposato le politiche della Confindustria e quindi non vi è
alternativa ad una dura iniziativa sindacale sostenuta anche con la lotta, sui
singoli punti proposti, ma anche con momenti significativi e generali perché
sulla finanziaria, sulle pensioni, sul sistema contrattuale, sui temi dei
diritti nel lavoro i punti di vista sono opposti per i metodi ed i contenuti
delle proposte avanzate.
La
radicalità delle diversità sui temi del lavoro, della sua condizione e del
sistema sociale compresa la centralità della formazione pubblica, fanno sì che
le iniziative di mobilitazione a sostegno delle nostre proposte siano
progressive perché difficile sarà il raggiungimento di intese soddisfacenti per
le nostre proposte.
Va
ribadito quindi che il nostro obiettivo è ottenere buoni accordi che
modifichino radicalmente le proposte oggi avanzate dal governo ed è per questo
che siamo chiamati ad un primo appuntamento di lotta per il giorno 6 Dicembre
con una manifestazione territoriale promossa da CGIL-CISL-UIL, nei prossimi
giorni con FILCA e FeNEAL di Bologna vedremo una partecipazione alla giornata
di mobilitazione con forme che favoriscano la partecipazione dei lavoratori
edili alla manifestazione.
Certo
se dovessimo valutare la lotta in relazione alla distanza delle proposte in
campo le 2 ore non sono un’adeguata unità di misura, voglio dire cioè, che la
strategia di lotta adeguata da mettere in campo comporterà una dimensione di
iniziative ben maggiori di queste, contemporaneamente però concordo con l’avvio
proposto perché saranno necessarie ulteriori iniziative in relazione
all’evoluzione del confronto ed alle eventuali diverse scelte attuate dal
parlamento.
In
sintesi se il parlamento concederà la delega al governo per le materie
richieste, bisognerà pensare ad una lotta che non si misuri solo con il tema
delega per la quale abbiamo già espresso una nostra contrarietà, ma anche in
fasi successive sui singoli provvedimenti.
Non
fughe in avanti quindi, non una fiammata ma una strategia di negoziazione
sostenuta sempre da una lunga fase di mobilitazione in quanto la maggioranza
parlamentare è chiara, spetterà quindi a noi costruire nei processi sociali
nuovi equilibri.
Questo
è il nuovo quadro di riferimento istituzionale, con questa realtà dobbiamo fare
i conti.
Ciò
è potuto accadere anche per un’evidente incapacità del centro sinistra italiano
nei 5 anni di governo di dare una direzione allo sviluppo dell’economia e della
vita sociale adeguata alle aspettative di larga parte del mondo del lavoro, vi
sono poi state evidenti responsabilità della sinistra, la crisi del governo
Prodi ha segnato l’inizio della fase di declino della forza propulsiva della
coalizione che aveva vinto le elezioni, ora comunque siamo all’inizio di una
legislatura che lascerà evidenti segni nel corpo sociale tradizionalmente
sindacalizzato ed è con questa che ci dobbiamo misurare.
RIVALUTARE
IL LAVORO INDUSTRIALE
È
da qui che le assemblee ci hanno chiesto di partire, dalla condizione del
lavoro nei cantieri, nelle imprese, da qui dobbiamo dimostrare una capacità di
ricostruzione di una contrattazione che guarda al sociale, in altre parole che
parla alla società ed ai suoi mutamenti.
Sì!
Bisogna parlare alla società perché spesso ci tocca di ascoltare e
successivamente combattere contro chi, la destra e non solo, scambia un diritto
per un privilegio, vedi ad esempio l’ART.18 dello statuto dei lavoratori. Le
nostre piattaforme debbono guardare alla stessa qualità dello sviluppo perché
dà il segno della qualità sociale e quindi della condizione del lavoro, della
sua sicurezza intesa come alternativa al precariato ma anche come sicurezza
della salute.
Mentre
noi si verifica e si denunciano i limiti nell’applicazione della legge 626 nel
nostro settore, lo facciamo perché oggi è ancora è un lusso avere un piano
operativo di sicurezza fatto sulla base della reale articolazione del cantiere;
le nostre imprese non vogliono fare sicurezza, si vede da come applicano la
626, un esempio per tutti? Basta verificare quante sono quelle che hanno nei
propri organici effettivi un coordinatore, anche quando hanno mediamente 7/8
cantieri, no le nostre aziende edili la sicurezza la comprano a peso come i
piani di sicurezza fatti da consulenti che al computer ne stampano in quantità
industriali.
Per
avere conferma di ciò basta farsi dire dai RLST che da mesi hanno iniziato la
loro attività cosa hanno trovato nei cantieri, e le difficoltà ad avere una
documentazione attendibile.
In
particolare la nostra categoria deve fare della sicurezza un punto centrale
della sua contrattazione perché se non si combatte il lavoro nero o irregolare,
se non si ricostruisce una capacità di contrattazione dell’organizzazione del
lavoro nei cantieri, non si fa sicurezza e soprattutto non si è sicuri nel
lavoro ed i salari saranno sempre stabiliti dal mercato inteso come deregulation, vale a dire aggiramento delle
norme e dei contratti.
D’altra
parte cosa chiede l’Ance al governo, di estendere a tutto il settore la libertà
di costruire sulla base di una semplice autocertificazione del proprietario, e
a quel punto siamo a: costruzione selvaggia, altro che regole.
Non
a caso abbiamo inserito nella piattaforma territoriale la ripresa
dell’iniziativa sui temi della regolarità nei cantieri edili in quanto sono
l’anticamera di una campagna di sicurezza.
Da
parte nostra lo abbiamo fatto rilanciando la richiesta del Documento Unico di
Regolarità Contributiva. Quest’atto avrà però un’efficacia solo se avremo la
possibilità di intervenire in forma preventiva all’avvio dei lavori.
L’ORIZZONTE
DELLA NOSTRA INIZIATIVA
Impossibile
è costruire una proposta per i prossimi anni senza collocarla nel contesto
internazionale.
Abbiamo
detto già del condizionamento dello scenario politico internazionale dopo
l’atto terroristico con l’attacco alle torri gemelle. Ciò che si è
successivamente verificato ha evidenziato i limiti dell’Europa ed in
Particolare
della fragilità della sua struttura politica, anche questo interagisce con la
nostra azione politico-sindacale, la globalizzazione dell’economia e le
conseguenze che essa determina, per lo scenario economico e politico
internazionale che ha visto le difficoltà dell’Europa ad essere soggetto
promotore di una politica internazionale che lavora per la pace e per
l’estensione dei diritti fondamentali nel lavoro, per noi l’Europa deve essere
una casa comune promotrice di un modello sociale che si misura con altri
modelli neo liberisti, quindi l’Europa è la nuova frontiera. Anche in questo mi
pare ci siano diversità d’impostazione con l’attuale maggioranza che ci
governa.
Promuovere
la crescita dell’Europa fino all’Unione Sovietica con il conseguente nuovo
mercato del lavoro al quale applicare regole e diritti per i lavoratori e le
lavoratrici è la via maestra, questa strada sappiamo essere ostacolata pesantemente
dalle destre caserecce ed europee oltre che dagli industriali, ma mi sembra
che: o rapidamente raggiungiamo questo traguardo oppure ci troveremo una
alleanza tra USA, RUSSIA e CINA coniugando così un mercato del lavoro senza
diritti con il capitale finanziario che mi pare si presenti come una
alternativa pericolosa ad un grande mercato del lavoro con diritti e regole al
quale noi aspiriamo.
Qui
sta la nuova sfida per il sindacato confederale europeo nel quale la Fillea e
la Cgil devono essere un volano promotore; prima ancora dei contratti europei
che mi sembrano ancora prematuri penso si debba fare ora un’Europa
politicamente forte nella quale i diritti del lavoratore siano universalmente
riconosciuti..
Anche
in questo caso stiamo alla concretezza dei problemi, in questi giorni a Bologna
sono arrivati dei lavoratori Croati, si tratta di personale qualificato per non
dire specializzato, vengono con un subappalto, negli stessi giorni un’azienda
bolognese ci ha chiesto se poteva portare dei lavoratori rumeni in sub appalto,
tutto in regola, ma con salari e sistemi di sostegno sociale più bassi, quelli
del loro paese, abbiamo spiegato che a Bologna si applicano i contratti
territoriali per tutti, ma sappiamo che non sempre è così, e quando andiamo a parlare
con loro li troviamo timorosi o cauti nel riaffermare i loro diritti.
Siamo
stati a Berlino all’inizio d’Ottobre con una delegazione dell’Emilia Romagna e
lì abbiamo verificato che a Berlino ci sono due salari contrattati, quello dei
lavoratori Berlinesi, e quello dei Polacchi che lavorano a Berlino, il
risultato è evidente, ci sono operai Berlinesi disoccupati.
Non
trovate una certa affinità con ciò che ci propongono con il libro bianco?
Con
le nuove regole per il lavoro immigrato nel quale non ci sono diritti per il
cittadino immigrato ma solo diritti per il padrone che lo assume.
Noi
dobbiamo respingere una nuova politica di gabbie salariali giusta solo per i
datori di lavoro che vogliono pagare meno.
La
crescita dell’Europa dei diritti non ha alternative per i lavoratori se
vogliono migliorare la loro condizione. È nella stessa globalizzazione che si
misurano due proposte, quella dei diritti del lavoro e quella dei diritti del
capitale finanziario, per questo a noi pare che non serva il G8 ma una vera
politica di sviluppo dei diritti delle persone e delle istituzioni
internazionali in grado di farle rispettare. Dopo la deludente conferenza di
Nizza, l’Europa deve accelerare il processo di integrazione politico
istituzionale a partire dai prossimi appuntamenti.
LA
CONTRATTAZIONE
Il
sindacato ha la contrattazione come strumento di azione politica da utilizzare
come regolatore dei processi sociali ed economici, anche questo è stato un
argomento delle assemblee, lo è stato sia nel comparto dell’edilizia che negli
altri comparti.
Lo
è stato anche grazie alla capacità nostra e delle altre organizzazioni
sindacali di categoria, la FILCA e la FeNEAL, di tradurre in piattaforme
unitarie un’analisi della situazione del nostro apparato industriale e delle
condizioni di vita e di lavoro dei dipendenti ivi occupati.
Questa
è una tradizione della nostra provincia, se andiamo al congresso della Fillea
del 1996 lì s’indicavano le strategie per un consolidamento della
contrattazione di 2° livello, in questi 5 anni abbiamo tenuto fede a quegli
impegni realizzando una contrattazione di qualità sia per contenuti che per
dimensione.
Prima
fra tutte per valore politico quella realizzata per i lavoratori impegnati
nella realizzazione della tratta ad alta velocità Firenze-Bologna, in realtà si
sono già realizzati due accordi, in pratica in questi cinque anni si è già
provveduto al rinnovo del primo accordo sulle condizioni economico-normative
dei lavoratori impegnati nella realizzazione dell’opera. La stessa
contrattazione ha riguardato fra l’altro anche le imprese maggiori impegnate
nelle attività in subappalto oltre a CAVET, la contrattazione ha quindi
riguardato la GHELLA CARENA, la SECOEXTRA, la TREVI ADANTI, ed altre, tutti gli
accordi hanno teso a rafforzare ed a migliorare le condizioni di lavoro oltre
al trattamento economico.
L’esperienza
di contrattazione collettiva realizzata da noi ha consentito per altro di
accumulare un’esperienza utile per la realizzazione di intese con altre aziende
aggiudicatici di appalti per altre opere, o per lo meno, sulla tratta Bologna –
Milano, con l’accordo quadro realizzato con CEPAV si sono create le condizioni
per avviare la contrattazione anche nei tre grandi consorzi di imprese per
l’alta velocità BO-MI.
La
contrattazione collettiva realizzata per l’alta velocità non ha solo riguardato
gli aspetti tradizionali, in particolare ci siamo occupati dei servizi per
l’assistenza e per l’emergenza oltre che per la sicurezza nel lavoro, su questo
punto però credo che meglio n’abbia parlato il convegno organizzato assieme ai
compagni di Firenze ed alle altre organizzazioni sindacali di categoria FILCA e
FeNEAL nello scorso mese di Giugno.
In
cartella trovate una copia degli atti pubblicati.
Se
sulle grandi opere abbiamo realizzato il 3° livello di contrattazione con
risultati apprezzabili sul piano delle condizioni, dei servizi ed altro; nei
comparti degli impianti fissi del legno, dei manufatti e delle cave noi abbiamo
realizzato almeno un giro di contrattazione ed in alcuni casi come il gruppo
HAWORT, la MASCAGNI, la GAZZOTTI, La FORNACIAI, n’abbiamo realizzati 2 essendo
quegli accordi scaduti alla fine del 2000 o nei mesi successivi.
Lo
abbiamo fatto sulla base di una discussione unitaria sintetizzata in un
documento che indicava le linee guida sulle quali la categoria era impegnata a
misurarsi nel rinnovo degli integrativi aziendali.
Il
risultato ad oggi è positivo, in particolare per la centralità che nelle intese
è data alle condizioni di lavoro, sono state tutte vertenze che hanno segnato una
variazione del quadro precedente, in particolare le vertenze sono “costate” ore
di sciopero in quantità significative “anche 40-45 ore di sciopero”, ma si sono
concluse positivamente tutte con quote di salario consolidato al termine della
vigenza contrattuale, con la conquista di diritti individuali e collettivi, con
il governo degli orari e delle condizioni di lavoro. Questo è successo anche
nelle aziende della Confapi di Bologna con buona pace della sua presidente Noé
che nelle giornate scorse ha affermato la necessità di superare la
contrattazione di 2° livello, evidentemente la presidente dell’API d Bologna
vuole inaugurare una nuova fase di alta conflittualità nelle imprese Bolognesi,
a meno che non pensi che il sindacato confederale bolognese voglia abdicare al
suo ruolo di soggetto che intende contrattare un miglioramento delle condizioni
di lavoro per il lavoro dipendente.
La
contrattazione ha potuto contare su un andamento positivo dell’economia
nazionale ed internazionale, ma soprattutto ha premiato la capacità
d’innovazione dimostrata dalle imprese nei processi e nei prodotti. L’autunno
si è presentato con alcuni segnali di rallentamento anche se al momento non si
presentano situazioni preoccupanti.
Sono
stati realizzati accordi anche in altre aziende di minori dimensioni ma non con
minore qualità della contrattazione, qui segnalo quello della SARTI perché nei
miei ricordi sindacali rammento di presidi sindacali in quell’azienda
realizzati con l’apporto dei delegati di altre categorie per la durezza dello
scontro, io allora ero delegato in un’azienda metalmeccanica, non è mai stata
un’azienda semplice la SARTI aver rinnovato l’accordo aziendale merita una
citazione. Altre vertenze sono in preparazione o in discussione con le
controparti, dovremo nelle prossime settimane impegnarci per concluderle
positivamente. Restano ancora alcune aziende i cui accordi andranno in scadenza
nei prossimi giorni, oppure, sono scaduti ma la situazione aziendale non è
delle più rosee, dovremo per queste realtà completare il quadro perché il
mercato del lavoro bolognese è ben definito e quindi laddove non si sviluppa la
contrattazione collettiva è evidente a tutti che sarà l’azienda a decidere unilateralmente gli aumenti, i diritti,
le condizioni di lavoro. Per noi è decisivo l’intervento della contrattazione
in tutti i luoghi di lavoro senza eccezione alcuna perché va ovunque affermato
il primato o principio della contrattazione che fissa le regole collettive.
Nel
comparto dell’edilizia nel 97 siamo riusciti a rinnovare l’integrativo dopo che
la tornata precedente era saltata. Il rinnovo è stato tortuoso e complicato ma
è stato possibile anche grazie alla fissazione del tetto nazionale previsto per
la contrattazione di secondo livello, il tetto nazionale fu identificato al 7%
e a quel livello si è assestata la nostra contrattazione.
Nelle
settimane scorse abbiamo presentato la piattaforma per il rinnovo del contratto
territoriale, lo abbiamo fatto nei tempi previsti dalle norme contrattuali, la
stessa piattaforma ha raccolto un consenso diffuso tra i lavoratori della
nostra provincia, sia quelli impegnati nel settore dell’edilizia civile sia
quello delle grandi opere, la posizione del padronato confindustriale in
particolare ma anche quello delle altre associazioni non è di buon auspicio,
peraltro con un governo che fa della deregulation la sua ricetta per lo
sviluppo, non c’è da meravigliarsi se i padroni non rispettano gli impegni
sottoscritti e non vogliono rinnovare la contrattazione a livelli adeguati per
la tutela delle condizioni di lavoro e del potere di acquisto dei salari.
Nei
giorni scorsi abbiamo chiamato la categoria a dare una risposta di lotta alle
posizioni del padronato italiano, la risposta è stata adeguata alle attese, il
21 di Novembre i cantieri dell’alta velocità si sono fermati per 4 ore di
sciopero articolato, uno sciopero riuscito, che segna un buon rapporto con i
lavoratori e la lotta per l’affermazione dei loro diritti, non era scontata
come ogni altra lotta, da qui siamo partiti per la seconda giornata di
mobilitazione per tutti gli edili. Lo abbiamo preparato senza risparmiarci,
nell’informazione e nella discussione, con i lavoratori nei cantieri di ogni
luogo del nostro territorio, i risultati sono stati all’altezza delle attese, a
conferma che la categoria può ancora giocare un ruolo, i cantieri a Bologna
all’ottanta per cento hanno scioperato, anche molte aziende del subappalto non
si sono presentate ai cancelli dei cantieri.
Molte
gru sono rimaste ferme e questo è un segnale per i Costruttori Bolognesi, nelle
prossime settimane ci attende un lavoro di ricostruzione di un rapporto con
quei lavoratori che non hanno condiviso con noi la scelta dello sciopero del
26.
È
nostra intenzione proporre a FILCA e FeNEAL di indire assemblee in tutti quei
cantieri ed organizzare da lì un completamento delle 4 ore di sciopero decise
per questa prima fase di mobilitazione generale.
Certo
a questa prima fase ne dovranno seguire delle altre, sempre articolate perché
il tema oggi è la contrattazione provinciale, quindi sono i nostri imprenditori
che debbono rispondere di persona, non stiamo discutendo del contratto
nazionale, ma al massimo a livello nazionale si deve fissare il tetto, i nostri
costruttori non possono nascondersi, debbono aprire le trattative e rispondere
positivamente alle nostre richieste di miglioramento delle condizioni di lavoro
dei dipendenti edili, e degli impiegati, della sicurezza nei cantieri a
Bologna, della regolarità dei rapporti di lavoro.
Per
noi il rinnovo dell’integrativo territoriale è una priorità politica
dell’agenda 2002.
Certo
a volte viene da sorridere se tornano alla mente le polemiche sulla
concertazione e sul doppio livello contrattuale, o sulla sua efficacia, dico
sorridere perché spesso ci sono stati compagni che immaginando un mondo senza
imprenditori hanno assunto un forte rigore nel valutare spesso il risultato di
vertenze aspre. Ora che la nuova maggioranza che ci governa ha bandito la
concertazione dall’agenda politica, vedremo se gli accordi saranno più facili.
Il
rinnovo degli accordi non significa giustificare qualsiasi soluzione negoziale,
ed in particolare se si tutela o no il potere di acquisto del salario è
importante, bisogna evitare che il salario diventi per i padroni una variabile
indipendente dalle condizioni socio economiche dei propri dipendenti.
Per
questa ragione non abbiamo condiviso l’accordo separato dei metalmeccanici
perché in quel contratto si è sancito la riduzione del potere di acquisto.
Sono
invece apprezzabili se rapportati alle dimensioni della categoria ed al livello
della contrattazione decentrata i risultati realizzati nel rinnovo del 2°
biennio dei contratti del Cemento, dei lapidei, senza per questo avere
atteggiamenti trionfalistici, si tratta di buoni accordi.
Ora
ci aspetta il rinnovo del secondo biennio del legno e degli edili che sono per
la nostra categoria quelli più significativi per dimensione politica e sociale,
sarà una verifica per tutto il gruppo dirigente il rinnovo di questi contratti
nazionali.
IL
CONFRONTO CON IL GOVERNO BERLUSCONI
Non
ci sfuggono poi i temi dei diritti dei lavoratori e delle politiche sociali
decise dal governo e contenute nella finanziaria e nel documento di
programmazione e finanziaria, in particolare il nuovo scenario che ci sta
innanzi, quello del libro bianco e delle deleghe sul mercato del lavoro, sulla
previdenza che ci allarmano. Sul primo punto quello del mercato del lavoro,
siamo dinnanzi ad un vero e proprio stravolgimento delle conquiste di civiltà
che i lavoratori hanno realizzato in 50 anni di lotte sindacali, siamo dinnanzi
ad una vera e propria rivincita dei padroni sì perché il lavoro dipendente è
ricacciato alle condizioni della prima metà del secolo precedente.
Siamo
alla presenza di un governo che non vuole negoziare ma decide dopo essersi
consultato con la Confindustria.
Con
questo scenario si misurano le tre organizzazioni che faticano, ogni giorno di
più, a trovare un percorso comune che dia unità alle proposte da presentare e
mentre ai lavoratori non si presenta ancora una proposta da valutare come
risposta al governo e questo è un limite.
I
RAPPORTI UNITARI
È
evidente che la mancanza di una strategia comune e condivisa dai lavoratori,
riduce la nostra rappresentatività e la tenuta dei rapporti unitari in una
situazione sicuramente complessa.
Ragionare
sulla crisi dei rapporti unitari significa ragionare sul sindacato, sulla sua
autonomia dal quadro politico e dalle controparti.
Ovviamente
non troveremo mai un sindacalista o un’organizzazione sindacale che non si
dichiari autonoma, il punto però è da che cosa, io dico non sicuramente dalla
politica intesa come scelte che determinano le condizioni di vita dei
lavoratori e dei cittadini, noi non scenderemo mai nel minuscolo cortile della
subalternità, non rinunceremo alla volontà di indicare e perseguire con le
nostre piattaforme soluzioni alternative al libero mercato come legge suprema,
qui sta la sfida, il punto è: le nostre piattaforme si debbono muovere dentro
le compatibilità di scelte imposte dalle controparti o debbono contenere proposte
che introducono le nostre idee nelle soluzioni negoziate? È evidente che noi
siamo alternativi al liberalismo, questo vale per il quadro politico e le
nostre controparti naturali, le imprese.
Quando
il sindacato perde questa progettualità alta nella definizione delle proprie
piattaforme perde la sua autonomia e finisce per essere subalterno alle scelte
delle controparti, se rinuncia ad un consenso diffuso tra i lavoratori e le
lavoratrici, rinuncia a svolgere un ruolo fondamentale per la democrazia economica..
Qui
sta anche la nuova sfida che la scelta bipolare del sistema politico italiano
lancia al sindacato confederale, qualunque scelta si faccia saremo accusati da
una parte di essere “politicizzati”, termine che, pur non essendo per me lesivo
dell’autonomia, è indicato per dire che si è “subalterni” all’altra parte
politica.
Sappiamo
che la nostra autonomia nel sistema bipolare sarà oggetto di attacchi, solo il
nostro radicamento con il lavoro, un rapporto stretto con il mandato dei
lavoratori che rappresentiamo in ogni momento della nostra iniziativa è l’unica
garanzia per la nostra autonomia.
Sono
evidenti negli ultimi tempi difficoltà nella ricerca di una nuova stagione di
iniziative sindacali che vedano una salda unità delle confederazioni, anche se
ad oggi, il lavoro unitario in categoria risulta essere di buona qualità, vi
sono sofferenze alle quali dovremo dare risposte adeguate alle attese di
lavoratori e lavoratrici che aspettano una nostra proposta adeguata alle loro
esigenze, penso ad esempio che non sia più rinviabile una nostra proposta per
il rinnovo del contratto nazionale per i dipendenti delle aziende artigiane del
legno nel solco delle contrattazioni dei settori industriali a loro affini.
Per
questo va respinta la proposta delle associazioni artigiane di superamento dei
due livelli di contrattazione.
Nella
ricerca di proposte unitarie per il miglioramento delle condizioni di lavoro,
questa ricerca non è sempre detto che trovi sintesi unitarie complessive,
allora è indispensabile il ricorso alle persone che rappresentiamo.
Il
rifiuto alla consultazione democratica ed unitaria sulle proposte sindacali,
come sta succedendo nei metalmeccanici, rischia di rendere impossibile
qualsiasi futura iniziativa unitaria e contemporaneamente consegna alle
controparti un’arma per dividere i lavoratori.
A
Bologna nella nostra categoria i rapporti unitari sono forti di una salda
esperienza politica, questo non significa che noi siamo immuni dal doverci
misurare quotidianamente con le nuove sfide che la politica, le nostre
controparti e la società in generale ci presenteranno, starà a noi saper
mettere nella lotta politica il meglio della nostra esperienza per rafforzare
la rappresentatività della FILLEA senza mettere in discussione la
rappresentatività della FILCA e della FeNEAL, a Bologna abbiamo gli spazi per
crescere ovunque se sappiamo tradurre le attese di migliaia di lavoratori e
lavoratrici in conquiste di nuovi diritti.
In
particolare sono i temi della sicurezza, della formazione quindi della crescita
qualificata degli enti bilaterali la prima sfida dell’iniziativa unitaria.
È
poca la formazione, è poca l’organizzazione, è scarso l’impegno delle imprese
per la sicurezza e la qualità.
La
polverizzazione del lavoro, la massiccia presenza del subappalto di lavoro a
cottimo, di artigiani mascherati, fa del cantiere sempre più un coacervo di
interessi disarticolati che si traducono a volte in veri conflitti, sempre in
un mix di caos organizzativo della produzione.
I
piani di sicurezza non si misurano con questi temi, ma in particolare alcuni
limiti della legge 626 hanno lasciato soggetti più “liberi” di non fare
sicurezza, non è raro trovare artigiani che con fare baldanzoso dichiarano loro
estraneità alle regole di sicurezza in cantiere.
Da
mesi si è avviato il lavoro dei rappresentanti alla sicurezza territoriali qui
è il primo terreno di verifica della nostra iniziativa unitaria nel campo tanto
caro ai lavoratori edili, quello della sicurezza e della regolarità. Gli
addetti alle costruzioni sono le vittime preferite nelle statistiche degli
infortuni nel lavoro. Solo nelle scorse settimane sono morti 2 lavoratori, uno
nei cantieri dell’alta velocità sul versante fiorentino, uno residente e
dipendente di un’azienda di Bologna. Entrambi erano lavoratori esperti, ciò sta
a confermare che la prevenzione non è mai troppa, anzi dalle prime rilevazioni
fatte dai Rappresentanti alla sicurezza territoriali di prevenzione se ne fa
pochi, nei cantieri civili.
Dobbiamo
riprendere la campagna per la sicurezza fatta nel corso del 2001, in
particolare va rilanciata un’iniziativa di formazione e informazione per i
dipendenti, assieme a quest’iniziativa, va però anche realizzata una campagna
di verifica ed elezione dei RLS aziendali compresa la loro formazione.
Ribadire
un’iniziativa del sindacato sui temi della sicurezza significa anche rafforzare
un rapporto con i servizi di prevenzione e quelli ispettivi degli enti, con
l’intento di migliorare il monitoraggio per la sicurezza, a Bologna veniamo da
esperienze importanti come l’osservatorio per la sicurezza nei cantieri di
opere pubbliche queste esperienze vanno potenziate e sviluppate soprattutto in
relazione alla promozione della sicurezza nei cantieri e la successiva
sorveglianza.
Credo
che vadano citati come esempi alcuni positivi rapporti con i servizi di
prevenzione e protezione delle ASL della Bologna sud e della città di Bologna.
In
particolare con l’ASL Bologna SUD, si sono create condizioni per sviluppare
programmi di sicurezza per tutti i cantieri della tratta Emiliana dell’alta
velocità, mentre con l’ASL città di Bologna si è rafforzata l’esperienza di
controllo nei cantieri Pubblici.
L’avvio
dei cantieri del Nodo di Bologna finirà per assorbire buona parte delle risorse
che altrimenti sarebbero a disposizione per il presidio dei cantieri edili, si
tratterà di verificare alla luce del nuovo carico di lavoro se le capacità di
presidio del servizio di protezione e prevenzione sarà adeguato a questa nuova
realtà. Il tavolo di coordinamento per il nodo tenuto presso la provincia di
Bologna ha già dato risultati positivi per l’assistenza e l’emergenza in caso
di infortuni per il personale impegnato nell’opera.
LA
FORMAZIONE E IL MERCATO DEL LAVORO
Negli
ultimi anni il trend economico della nostra provincia è stato positivo, il
mercato delle costruzioni tira, ha garantito un’adeguata remunerazione a chi ha
investito, questo mercato in crescita ha avuto in parallelo anche lo sviluppo
di opere di rilevanti come l’adeguamento della rete ferroviaria di Bologna e la
realizzazione della linea ferroviaria ad alta capacità o velocità
Napoli-Milano.
Questa
situazione ha prodotto uno sviluppo della domanda di forza lavoro che il
mercato del lavoro locale non è in grado di soddisfare, sia per dimensione sia
per qualità.
I
numeri sono lì a disposizione per essere analizzati ma soprattutto per essere
utilizzati per elaborare politiche adeguate. Gli iscritti alla CME sono passati
da 6.496 iscritti del 1996 a 9.178 del 2001, quelli della CEDA sono passati
nello stesso periodo da 4.125 a 5.945, quelli della CALEC 1.441 a 1.153.
Complessivamente
quindi registriamo un incremento significativo della forza lavoro impiegata nei
nostri cantieri, quest’incremento però coincide con una riduzione degli
organici delle imprese locali ed un incremento del subappalto. Il mercato del
lavoro locale rischia così di essere ai margini dei processi delle costruzioni
edilizie.
La
nostra scuola edile sviluppa un considerevole programma di formazione e
preparazione professionale anche se non sufficiente al fabbisogno, ma in realtà
la difficoltà sta nell’inconsistente domanda di formazione per personale da
assumere a tempo indeterminato delle nostre imprese industriali.
Buona
parte del personale preparato in realtà viene avviato ad una attività
professionale autonoma, ora senza volere approfondire qui le ragioni di questa
scelta mi limito a indicare i limiti di questa scelta, in fondo se l’attività
professionale individuale trova ragioni nella ristrutturazione o in alcune
attività specialistiche in senso stretto nella realizzazione di nuovi e
significativi investimenti in costruzioni edili, l’uso di attività
professionali autonome sono una pura mascheratura di lavoro dipendente in
quanto solo qualche mese prima, gli stessi, erano dipendenti della stessa
azienda. In realtà ci sono una quantità di artigiani che, sistematicamente,
sono al servizio di una sola impresa. Questa scelta di esternalizzazione dei
processi di costruzione, alla lunga, sta impoverendo la professionalità della
forza lavoro locale rendendo così più precario il lavoro in edilizia.
Peraltro
l’attività industriale non è riconducibile alla sola attività professionale, ha
bisogno di risorse e di investimenti significativi, quindi il lavoro
subordinato sarà una costante dell’impresa che deve costruire.
Per
noi si tratta di consolidare una struttura occupazionale e professionale
locale, alternativa a questo processo innescato dalle imprese bolognesi più
rilevanti, consentitemi di sollevare in una battuta un’obiezione sul nome delle
associazioni imprenditoriali edili a Bologna, si chiamano Collegio Costruttori
ma meglio sarebbe chiamarle collegio d'immobiliari, sarebbe più in linea con le
politiche sviluppate dalle loro imprese.
Contro
questa politica abbiamo inserito nella piattaforma territoriale la richiesta di
invertire questa tendenza chiedendo un impegno alla ricostruzione del processo
produttivo e professionale interno alle imprese.
Il
rilancio dell’apprendistato anche nella nostra categoria può essere uno
strumento adeguato per invertire questa tendenza, poi ci sono i tirocini che
vanno meglio presidiati in particolare per le figure professionali meno
professionalizzate.
Ho
parlato degli edili ma non intendo dimenticare che nel nostro territorio ci
sono significative aziende di produzione di mobili e arredamenti, anche queste
soffrono di un mercato del lavoro dove il lavoro industriale è egemonizzato dal
settore metalmeccanico condizionando indirizzi formativi per i nostri giovani.
Credo
che con maggiore decisione dovremmo invitare le aziende e gli enti formativi a
sviluppare programmi formativi per le aziende del legno, offrendo così adeguate
risposte alla domanda di personale professionalmente preparato per le
lavorazioni ed i trattamenti del legno.
ATTENTI
NON SOLO ALLA CONDIZIONE SUL LAVORO
Se
il mercato del lavoro locale è quello che in precedenza io ho descritto,
bisogna vedere come una città accoglie alcune migliaia di edili a Bologna e in
provincia, edili che si aggiungono agli studenti universitari.
Questi
lavoratori come vivono? In quali condizioni? Soprattutto quali condizionamenti
subiscono per avere un letto ad un prezzo accessibile per i loro stipendi? Qui
si pone il problema di acquisire alcuni strumenti come delle foresterie per
governare il processo di mobilità, qui tutti chiedono flessibilità, ma la
flessibilità non può essere che un lavoratore dorma in cantiere in una baracca
o in un casolare di campagna.
Ci
sono a Bologna scuole che non sono più utilizzate, a me risulta che lo stesso
vecchio Ostello di Bologna non sia ancora utilizzato, i costruttori bolognesi
potrebbero ristrutturare qualche vecchia costruzione per poi metterla a
disposizione per foresterie ad un prezzo decente e per un periodo di tempo
definito e sulla base di un regolamento realizzato dagli enti paritetici.
LA
NOSTRA ORGANIZZAZIONE
Dopo
la crisi degli anni 80 e 90, oggi come ho già avuto modo di dire, il settore
tira ed i numeri del personale occupato sono cresciuti, è personale con un
rapporto di lavoro più precario, molto subappalto, con un giro ampio di forza lavoro,
voglio dire che i numeri che prima ho dato non debbono ingannare, sono il
numero dei lavoratori operai edili che nel corso dell’anno sono girati nelle
casse edili, a volte anche solo per un mese, quelli che rimangono per tutto
l’anno sono molti meno, questa nuova realtà ha significato una difficoltà ad
intercettare questi lavoratori, a questa difficoltà si aggiunge una difficoltà
a realizzare una struttura sindacale aziendale adeguata alle esigenze.
Per
un’organizzazione sociale come il sindacato una delle verifiche sull’efficacia
delle sue politiche è la sua rappresentanza, il suo insediamento nel mondo del
lavoro che vuole rappresentare, mi sembra quindi indispensabile approfondire la
nostra rappresentatività ed indicare alcune linee guida per una scelta
organizzativa che la consolidi con l’obiettivo di ampliarla.
Ho
già avuto modo di dire a quali livelli siamo per quello che riguarda i livelli
occupazionali del nostro territorio, dal 1996 ad oggi sono aumentati in numero
assoluto gli addetti iscritti alle casse edili, ma è aumentato notevolmente il
turn-ower, oggi siamo al 20,5 % per quello che riguarda il settore edile,
mentre per il settore degli impianti fissi: legno, manufatti, cave ecc.. è
appena sopra al 10%, parlo ovviamente del turn-ower degli iscritti, in sintesi
noi per raggiungere il 100% del tesseramento dobbiamo fare oltre 1300 tessere
l’anno sulle 6000 circa della chiusura dell’anno precedente cioè il 2000.
Nonostante
questi problemi al 30 di novembre siamo al 103,5 % del tesseramento con 6.216
iscritti, questo risultato ci fa sperare in una chiusura del tesseramento oltre
le 6300 deleghe.
Questo
risultato ci avvicina ai risultati del tesseramento del precedente congresso,
allora le deleghe erano 6455, oggi, ci avviciniamo a quel risultato dopo alcuni
anni di cali della nostra rappresentatività.
È
bene segnalare che se i dati occupazionali assoluti sono positivi, in realtà
come ho già avuto modo di dire, il mercato del lavoro si è destrutturato e
questo lo abbiamo pagato trovando più difficile incontrare i lavoratori e le
lavoratrici assunti.
Nel
settore degli impianti fissi la maggioranza delle assunzioni sono o a tempo
determinato o temporanee, solo nel settore degli impiegati si trovano
assunzioni a tempo indeterminato, ma noi, come tutti sappiamo, tra gli
impiegati facciamo fatica a incontrare il lavoratore e la lavoratrice
utilizzando i mezzi tradizionali dell’approccio.
Nel
settore dell’edilizia calano gli organici delle imprese locali, la struttura
dell’apparato industriale edile si è modificata, cito ad esempio che gli
iscritti alla cassa edile della cooperazione sono passati in questi 5 anni da
1441 a 1153, le cooperative erano quelle che garantivano una solidità del
mercato del lavoro in edilizia, questo evidenzia un’ulteriore destrutturazione
dell’impresa edile locale.
Nonostante
queste difficoltà tra il 2000 e il 2001 in costanza di occupazione in edilizia,
in altre parole gli iscritti alle casse edili si è mantenuto costante, solo la
CEDA (la cassa edile delle imprese artigiane e dell’ANIEM) ha avuto un dato di
iscrizione di + 400 lavoratori, il nostro tesseramento si chiude con un aumento
della nostra rappresentanza.
Questo
risultato si è realizzato per un lungo lavoro di reinsediamento della nostra
organizzazione pensato e sviluppato da qualche tempo.
Ricostruire
la filiera industriale c’è parsa la chiave per invertire una tendenza,
incrociare il territorio, l’insediamento, il sistema delle imprese nel
cantiere, la loro storia, sono tutti elementi sui quali lavorare, compreso l’insediamento
sindacale nei cantieri, avere in ogni cantiere il delegato sindacale e il RLS è
l’obiettivo da realizzare, o il sindacato è in grado di incrociare ed
intervenire sull’organizzazione del lavoro oppure è destinato a restare ai
margini dei processi produttivi e sociali, a quel punto resta solo
l’assistenza, ma quella non basta mai perché più ne fai e più scopri che sei
debole e ne serve sempre un po’ di più finché ne sei sopraffatto.
Questo
non significa rinunciare ad offrire servizi sempre più efficienti ai nostri
iscritti, lo faremo facendo ulteriori investimenti in questa direzione.
La
via maestra in ogni modo resta la nostra struttura sindacale nel territorio, le
zone, i centri di iniziativa territoriali e nelle imprese, continueremo un
lavoro impostato da qualche tempo apportando quei processi di miglioramento
utili.
Discorso
particolare va fatto per gli impiegati, qui possiamo ragionare su un progetto
particolare da sviluppare in un quadro di rinnovamento della nostra categoria,
come sapete da qualche tempo stiamo sperimentando nell’attività sindacale un
compagno giovane, è un impiegato, riteniamo che oltre a sperimentarlo
nell’attività tradizionale d’apparato, potrebbe darci una mano nel costruire,
con la segreteria e l’apparato un progetto di intervento nell’area del lavoro
di ufficio soprattutto là dove siamo più carenti e dove invece c’è la forza
lavoro più costante degli organici aziendali.
IL
RINNOVAMENTO
Ultimo
punto che voglio affrontare è il rinnovamento della FILLEA di Bologna, in
questi ultimi anni sono stati realizzati diversi innesti, restano però ancora
margini per rinnovare e soprattutto c’è bisogno di ringiovanire il gruppo
dirigente, per questo dobbiamo sperimentare compagni e compagne nella direzione
politica della categoria che altrimenti rischia di non trovare adeguate
soluzioni per rimpiazzare i compagni oggi impegnati.
Su
questo punto vi rinvio al documento che sarà distribuito ai delegati domani
mattina e che il gruppo dirigente uscente ci consegna, lo stesso documento
chiedo che sia messo in discussione per eventuali integrazioni ed approvato
dall’assemblea congressuale.
Cari
compagni e care compagne, concludo questo mio rapporto esprimendo quindi
soddisfazione per il lavoro svolto, possiamo fare meglio? Sicuramente mi sento
di dire che c’è bisogno del meglio di ciò che ciascuno di noi può dare, le
prossime settimane saranno impegnative.
Infine,
prima di ridare la parola al presidente del congresso voglio però ricordare il
compagno Celeste, oggi questa relazione spettava a lui, vi chiedo di ricordarlo
con un applauso perché se siamo qui e presentiamo questi risultati è anche
grazie a lui.
Grazie