Care delegate e cari delegati, signori invitati rivolgo a voi, come già fatto dal Presidente del Congresso, un caloroso e sentito benvenuto e ringraziamento per aver accettato il nostro invito.

         Un benvenuto, a nome di tutti i delegati, al compagno Martini, neo Segretario Generale Nazionale della FILLEA, a lui rivolgo, a nome del Congresso, un augurio di buon lavoro per il futuro. Saluto affettuosamente il compagno Gigino Servo della Camera del Lavoro, che sarà presente ai nostri lavori.

         Si stanno svolgendo, in questi giorni e poi ancora nei prossimi, i Congressi di tante categorie della CGIL. Migliaia di lavoratori hanno, negli ultimi due mesi, discusso i temi al centro del Congresso. Lavoratori impegnati nei settori tradizionalmente conosciuti e consolidati, come il nostro, lavoratori, per lo più giovani, impegnati in settori innovativi della new economy e della net economy.

         Parlo di quei settori che possono rappresentare una straordinaria occasione di crescita economica, ma le cui nuove condizioni di lavoro possono rappresentare l’affermazione di un più articolato e complesso precariato, fonte di ulteriori forme di emarginazione ed esclusione.

A noi il compito di raccogliere questa sfida costruendo un sistema di  protezioni sociali e di più tutele e di più diritti in grado di rispondere ai bisogni di formazione e di informazione per confermare la natura e l’essenza di un sindacato che sappia parlare a tutti in un mondo che cambia.

         Ed è proprio sul tema di quale ruolo deve avere il sindacato oggi che abbiamo organizzato decine e decine di assemblee, sui cantieri e negli impianti fissi,  a cui ha partecipato più del 50% degli iscritti del 2000.       

 E’ un buon risultato, se si considerano le mille difficoltà logistiche e organizzative, causate dalla sempre più marcata frantumazione  del settore, che si riflette anche sulla composizione della forza organizzata del sindacato.

I dati della Cassa Edile ci consegnano, infatti, un settore estremamente polverizzato, su 2243 aziende, per parlare del 2000, ben 1707 sono aziende con non più di cinque dipendenti, mentre 281 da 6 a 9 dipendenti, solo 11 aziende superano le 50 unità. Siamo in presenza, quindi di un settore che ha smarrito nel corso degli ultimi 15 anni il proprio carattere di settore industriale, ed è con questa dimensione che dobbiamo, però, fare i conti.

Abbiamo discusso le tesi poste a base del 14° Congresso della CGIL. Tesi diverse che si sono confrontate senza nessun dramma, riuscendo, in alcuni tratti, a suscitare interesse e passione.

         Analisi diverse, ricette diverse. Sulla concertazione, sulla politica dei redditi, sulla globalizzazione, sulla contrattazione, per fare alcuni significativi esempi.

         Senza drammi. La diversità è una ricchezza che appartiene a tutti, fa crescere, forma gruppi dirigenti responsabili e consapevoli.

         Senza drammi. Perché è forte la consapevolezza di avere tutta la CGIL unita “per la difesa dei diritti dei lavoratori e della contrattazione, per difendere e migliorare lo stato sociale dagli attacchi della destra liberista e populista, per affermare il diritto delle lavoratrici e dei lavoratori a decidere su piattaforme ed accordi”.

         Questo è quello  che rende grande la CGIL, una ricchezza che vogliamo difendere dagli attacchi del Governo (attraverso gli accordi separati, Milano, contratti a termine) e della Confindustria che intendono minare le fondamenta del nostro sistema di diritti così duramente conquistato.

Ma il nostro Congresso si svolge anche in un contesto  internazionale i cui connotati sono profondamente mutati, il mondo non sarà mai più come era prima dell’11 settembre, e questo lo abbiamo avvertito anche nelle nostre assemblee.

         Abbiamo percepito la difficoltà dei nostri lavoratori a  discutere di temi certamente importanti, che riguardano la CGIL, il suo ruolo, la sua collocazione  nella società,  in una situazione di ansia e di angoscia estrema.

L’11 Settembre non è stato solo colpito il simbolo o i simboli di una grande nazione, di una grande potenza economica e militare. Quel giorno abbiamo assistito ad un  barbaro attacco all’intera comunità internazionale.

         Ma affermare la superiorità di una civiltà su un’altra è un errore che può alimentare l’odio e il rancore, e rappresentare agli occhi di alcuni una valida giustificazione per la violenza e il terrore. Un capo di governo non  dovrebbe fare simili affermazioni.

         L’atto criminale che è costata la vita a migliaia di cittadini inermi, a tanti lavoratori di nazionalità e razze diverse, richiedeva una solidarietà vera e commossa agli USA, al suo popolo ed alle sue istituzioni.

         Noi non  abbiamo avuto nessun tentennamento e lo abbiamo dimostrato con

una mobilitazione generale, poiché siamo consapevoli che il terrorismo può produrre effetti devastanti sulle prospettive del mondo intero.

         Ma contro la barbarie l’azione di contrasto deve necessariamente essere più articolata e bene ha fatto la CGIL a porre l’accento sul rischio di un’estensione del conflitto e della necessità di una grande azione politica e negoziale, anziché limitarsi ad inviare le truppe al “fronte”.

         La lotta al terrorismo va condotta senza nessuna rassegnazione al ricorso ineluttabile alla guerra. Si può essere contro il terrorismo e contro la guerra.

         Ad Assisi è stato così.

         Vanno, senza ulteriori indugi, affrontate e risolte le antiche questioni dell’area mediorientale e la grandi differenze tra il Nord e il Sud del mondo, tra ricchi e poveri, tra inclusi ed esclusi.

Tutto ciò  rilanciando il ruolo dell’Europa, dispiegando una forte e comune iniziativa politica della sinistra europea, che sia in grado di affermare una grande battaglia per la giustizia e la democrazia su scala mondiale, per favorire uno sviluppo economico più equo e solidale, per ridurre drasticamente il debito dei paesi poveri, per una nuova redistribuzione del benessere e della ricchezza in un mondo più giusto, un ambiente a misura d’uomo, diritti universali per tutti.

Io intravedo queste aspirazioni nelle migliaia e migliaia di giovani che in Italia, in Europa e nel mondo si riuniscono e manifestano. Certo tra mille contraddizioni, tra l’altro quale movimento liberatorio, nella storia del mondo non ne ha avute? Sarebbe miope rimanere indifferenti a ciò che si muove oggi nel mondo trincerandosi dietro le violenze e le intemperanze di pochi che vanno senza alcun dubbio condannate.

È un grande tema. È una sfida con cui dovranno misurarsi tutti, non di meno, la sinistra ed il sindacato.

In questo quadro, ben altro doveva essere il ruolo e la funzione dell’Italia.

La sconfitta del centrosinistra ed in particolare della sinistra, il 13 Maggio, ha fatto il paio con la vittoria della destra su un programma elettorale intriso di populismo e liberismo al tempo stesso. Nei primi cento giorni, il governo ha accelerato in maniera preoccupante e progressiva, al di là delle finte battute di arresto e di pentimenti di comodo e tattici, non ultimi quelli relativi al TFR, le spinte verso una trasformazione profonda e restauratrice della società italiana, dei suoi assetti politici ed istituzionali. Gli atti del Governo, fin’ora compiuti, tracciano una linea molto pericolosa, che amplifica, straordinariamente, gli elementi di conflittualità, aprendo la strada ad un duro scontro sociale.

Nella strategia del Governo, nella sua filosofia non c’è posto per il sindacato, per la CGIL, in quanto portatori di obsolescenza e conservazione.

È in atto un disegno di smantellamento delle regole, di privatizzazione di diritti di cittadinanza, scuola, sanità attraverso vere e proprie controriforme, un attacco alla concertazione, ai livelli di contrattazione consolidati e alle regole del mercato del lavoro. Con la procedura delle deleghe si espropria il Parlamento delle sue funzioni, si vanifica il confronto con le parti sociali, su pensioni, fisco e mercato del lavoro. Occorre opporre una resistenza a tali intendimenti e rilanciare, in particolar modo sul tema delle pensioni, dentro una difesa più in generale del suo sistema pubblico, la partita dei lavori usuranti e dell’età pensionabile,  sottoposta ad una gara a chi la innalza di più, una gara ignobile per il mondo del lavoro, improponibile per il settore delle costruzioni.

 Si attacca il contratto, per ridurre la sua funzione di garanzia di pari diritti alle lavoratrici ed ai lavoratori, di tutela del potere di acquisto dei salari e delle retribuzioni, di strumento di solidarietà e di giustizia sociale.

E, per fare questo, non si disdegna di agevolare accordi separati in spregio della democrazia ed al diritto dei lavoratori di essere sovrani sui contenuti della contrattazione.

E questo, spiace dirlo, è avvenuto nella vicenda del contratto dei metalmeccanici. Una frattura preoccupante che va ricucita.

Lo sciopero riuscitissimo, a cui la FILLEA non ha fatto mancare il suo sostegno partecipativo, ha riproposto questo tema e può essere, paradossalmente, un punto di partenza per una diversa e vera unità sindacale.

La durezza dello scontro e dell’offensiva in atto non ci consentono di stare divisi, disuniti.

C’è una preoccupante comunanza di intenti tra l’azione del Governo e le aspirazioni, da tempo rese note, della Confindustria, a partire dal manifesto di Parma.

L’idea che Confindustria e Governo hanno del mercato del lavoro, delle relazioni sindacali ed industriali, del dialogo sociale, del salario e della contrattazione sono ampiamente contenute e rese esplicite nell’ormai famigerato libro bianco del Ministro Maroni.

Esso configura l’azzeramento delle esperienze della politica dei redditi e della concertazione.

E dirlo qua in CGIL, dove questi temi rappresentano elementi di forte differenziazione tra le mozioni a confronto, non è motivo di soddisfazione per nessuno.

Quello che si profila è una nuova “politica dei redditi” che con l’introduzione delle retribuzioni individuali riduce drasticamente il sistema di regole legislative e contrattuali di I e II livello, introducendo un miscuglio tra contrattazione collettiva, integrativi aziendali, contratti atipici d’ogni sorta fino ai contratti individuali che rendono il lavoratore più solo e meno protetto. Si vuole sostituire la  concertazione col dialogo sociale che, più o meno, suona così: io t’informo, se non sei d’accordo poco male, io procedo ugualmente.

Si delinea un modello economico assolutamente inaccettabile e non solo perché oggettivamente riduce il ruolo del sindacato a semplice consultato, ma perché rischia di far perdere al Paese ed al Mezzogiorno la grande opportunità che la ripresa offre.

Si agisce unicamente sui costi, abbassando il livello dei diritti, di tutela, favorendo un mercato del lavoro precario proponendo l’abolizione dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori che consente, nei fatti, di licenziare senza giusta causa e senza la possibilità di impugnativa, quale massima flessibilità in uscita e quella sulle retribuzioni. Ciò oltre che sbagliato e odioso, è anche inefficace per la stessa competitività delle imprese.

Uno stato sociale ridotto al minimo con lavoratori meno protetti e ricattabili è sicuramente la strada più facile da percorrere, ma non la si può contrabbandare come l’indispensabile modernizzazione del Paese.

Altro non è che una vera e propria RESTAURAZIONE.

Un pericoloso arretramento che vanifica gli sforzi compiuti dai lavoratori e che non fa avanzare di un solo passo il processo riformatore di cui l’Italia e il Mezzogiorno ha veramente bisogno.

Scontiamo in questa dura battaglia l’assenza di una strategia politica della sinistra, a conferma della gravità della sconfitta subita nelle ultime elezioni.

Il 13 Maggio non è stato sconfitto un partito politico o una coalizione di Governo, è stata persa una storica occasione per dare centralità al tema del lavoro, del Mezzogiorno. Anche se su queste due grandi questioni, la CGIL, in maniera assolutamente autonoma, non ha mai rinunciato alla sua azione di critica ed a rendere pubbliche le insoddisfazioni su come quel Governo ha lavorato dopo l’ingresso in Europa e su come si è inteso, allora, affrontare temi delicati che riguardavano diritti dei lavoratori individuali e collettivi. Come non ricordare l’aspra polemica tra Sergio Cofferati e Massimo D’Alema sulla funzione del contratto e dello Statuto dei Lavoratori.

Non vi è dubbio, però, che gli esiti elettorali fanno da sfondo ad un atteggiamento assunto dal nostro Paese indegnamente rappresentato da questo Governo, a dir poco non edificante, nella drammatica fase internazionale.

Il nostro Governo, infatti, c’è parso più preoccupato di recuperare uno spazio comunque sullo scenario mondiale, che un ruolo costruttivo e autonomo, e più interessato ad attutire con la demagogia l’impatto sull’opinione pubblica dei provvedimenti fin qui adottati.

Un’azione che si è concretizzata, nei così detti primi cento giorni, con atti e provvedimenti che hanno, fino in fondo, confermato le tendenze sul piano degli assetti sociali e politici e hanno evidenziato le false promesse nei programmi  propagandistici, emersi durante la competizione elettorale del Maggio scorso.

Intanto una legislazione di sostegno vergognosa anche di fronte ai partners europei, tesa a togliere dai guai, per lo più giudiziari, il Presidente del Consiglio ed i suoi più stretti collaboratori.

Ma l’azione vessatoria nei confronti di tante aspettative si è concretizzata nella legge finanziaria. Per un Governo questo è un atto fondamentale ed indispensabile, a cui demandare risorse e strumenti per la soluzione dei problemi del Paese.

Siamo di fronte ad un provvedimento iniquo ed inefficace.

Esso non aiuta e non sostiene il Paese di fronte alla grave crisi internazionale (salvo a prevedere, probabilmente, una tassa sulla guerra). Esso non contiene neanche la copertura finanziaria per tante promesse demagogiche fatte ai pensionati italiani ed ai lavoratori dipendenti per quanto attiene la riduzione dell’IRPEF. Quel poco che c’è, non favorisce, certo, una necessaria ripresa dei consumi. Tutta la manovra è basata su indiscriminate agevolazioni che favoriscono i profitti e la rendita a scapito del lavoro e dell’imprenditoria.

La finanziaria 2002 non affronta seriamente le esigenze di sviluppo, in particolare quelle del Mezzogiorno. La questione meridionale, in una logica di riequilibrio Nord – Sud, ha perso, di fatto e del tutto, la sua centralità. Dai Congressi di tutte le categorie del Mezzogiorno deve levarsi forte un richiamo a riattualizzare il tema del Meridione.

Tutti gli atti legislativi posti in essere fuori e dentro la finanziaria vanno in questa direzione. La riedizione della Tremonti bis, che non determina alcuna convenienza per investimenti al Sud, lo smantellamento della programmazione negoziata, che andava, invece, legata più strettamente alle politiche di sviluppo territoriale e regionale, sono alcuni indicativi e significativi esempi di questa tendenza.

Ma quello che più è grave è l’inconsistenza completa del “progetto di ammodernamento infrastrutturale dell’Italia” (ricordate la lavagna berlusconiana da Vespa?) che non rende giustizia, invece, ad un’esigenza reale che parte dal Mezzogiorno per un recupero del deficit infrastrutturale, concausa del grave divario Nord – Sud.

Non vi è traccia della tanto conclamata pioggia di miliardi, per grandi opere, strade, reti, ponti avveniristici. La stessa presidenza dell’ANCE Nazionale ha avuto parole, certamente, non esaltanti alla lettura della legge.

L’idea secondo la quale “la finanza di progetto” sopperisca la carenza di fondi pubblici è una pura velleità che costerà cara al Paese ed in particolare al Mezzogiorno.

Di pioggia ce ne’è stata, ma solo quella vera e tanta, purtroppo. Essa ha causato tanti guai e danni richiamando, ancora una volta, l’attenzione sulla necessità di  un piano serio di manutenzione e tutela del territorio, non episodica, ma programmata e continuata

La FILLEA e la stessa CGIL rimangono convinti che vi è un gran bisogno di un vero e proprio programma di infrastrutture, di opere pubbliche per un reale e civile ammodernamento del Paese.

Infrastrutture che sappiamo legarsi alle vocazioni del territorio e dell’ambiente dove esse insistono, che formino un sistema coeso di ricadute su:

·        Recupero del territorio e qualità della vita

·        Incremento occupazionali di quantità e di qualità

·        Benefici territoriali, condizioni innovate idonee allo sviluppo economico generale

·        Un processo di selezione e qualificazione delle imprese, perché non c’è dubbio che la domanda principe che oggi si pone è: quale sviluppo e con quali imprese.

L’ammodernamento del Paese passa sì attraverso un piano di grandi opere pubbliche, ma anche attraverso la promozione di una politica industriale per il settore delle costruzioni in grado di favorire una nuova fase di aggregazione e di riqualificazione. È su questa strada che si fanno passi in avanti sul versante della competitività generale del Paese, rilanciando la programmazione come strumento di intervento territoriale e regionale, avviando un processo partecipativo delle istituzioni locali e delle rappresentanze sociali per governare in maniera positiva l’impatto dell’intervento sul territorio.

Non servono, non sono mai serviti investimenti unicamente finalizzati ad incidere congiunturalmente sugli indicatori occupazionali e di spesa giusto per soddisfare qualche esigenza corporativa, se non lobbystica.

Quello che serve, invece, è un processo che a partire dalla programmazione della spesa e senza nessuna logica di scambio con lo stato sociale, sia in grado di avviare prime e significative esperienze di superamento della connotazione precaria del settore delle costruzioni.

Attraverso la ripresa di quello che abbiamo definito uno sviluppo sostenibile con un’opzione verso la qualità del costruire e del lavoro del “Cantiere di Qualità”, tema lanciato dalla FILLEA, dal compagno Franco Martini ad Aprile.

Un processo in grado di cogliere nella ripresa in atto gli elementi di contraddittorietà, di destrutturazione, di poca appetibilità per i giovani, di fenomeni ancora estesi di lavoro nero e grigio, di poca sicurezza per codificarli in un’azione sindacale per dare stabilità al settore e regole condivise per arginare fenomeni di nuovi ed ulteriori spappolamenti e di degenerazione, rimettendo al centro la qualità e rilanciando la strategicità del settore.

Di tutto ciò non vi è traccia nel programma di Governo.

Tutto lo sforzo, ha prodotto la “legge obiettivo”!

Una legge, attualmente in discussione al Parlamento, che va in tutt’altra direzione. Con il pretesto di un’esigenza di sburocratizzazione, di semplificazione e di snellimento delle procedure, questo provvedimento scardina il sistema di regole esistente, punta ad affossare la  legge Merloni Ter e le sue disposizioni innovative,  deresponsabilizza le istituzioni, vanifica la lotta contro le infiltrazioni malavitose, stabilisce, determinando in tal modo un preoccupante corto circuito democratico, un rapporto diretto tra esecutivo ed imprese attraverso l’estensione del General Contractor, del Contraente Generale, sfuggendo, in tal modo,  ad ogni forma di controllo e di verifica, determina non pochi problemi e contrasti tra grandi, medie e piccole imprese.

Non è una buona legge, non è una riforma. E non dovremmo essere i soli a dolercene.

La strada per la ripresa e lo sviluppo non è nell’abbassamento del valore delle regole. Alla lunga ciò non paga, come è stato in passato.

La via maestra è la ricerca, l’innovazione , la tutela e la valorizzazione del patrimonio aziendale e in primo luogo del capitale umano sul quale bisogna investire in formazione. Essa, la formazione, deve diventare un vero e proprio diritto soggettivo, uno strumento di transizione verso la vita attiva e di aggiornamento continuo delle capacità competitive in ambito professionale. Ciò va di pari passo con i diritti di cittadinanza. In questo contesto l’Italia ed in particolare la Regione Campania deve colmare l’imperdonabile ritardo che ha accumulato rispetto ai paesi Europei. La formazione professionale deve smettere di essere un carrozzone mangiasoldi e deve sempre di più diventare uno strumento per elevare il fattore umano nel processo lavorativo, che è fattore di sviluppo e di competitività per il territorio ed il sistema di imprese. Altro che flessibilità come salvezza del mondo economico. Ce n’è già abbastanza: contratti a tempo, tempo parziale, l’interinale e poi ancora i subappalti la sub fornitura con i noli e poi dulcis in fundo il licenziamento per fine lavoro, addirittura per fine fase.

. Oggi più di ieri in un mercato globalizzato ed aperto con tutte le grandi opportunità che esso offre, bisogna stare attenti a dove collocare il livello di competizione. La leva sui costi e sulle regole non paga.

Al contrario si tratta di tenere insieme e sviluppare tutte le azioni tese ad assicurare una programmazione che dia certezze sui tempi di realizzazione, che tenga conto, oltre che della funzionalità in termini di sviluppo, anche delle compatibilità ambientali. Sappia, cioè, con regole nuove e condivise, assicurare un contrasto al proliferare di forme illegali di lavoro. Sappia garantire la necessaria sicurezza del lavoro e quella ambientale. Sappia individuare, nelle sedi di concertazione e contrattazione adeguate, i percorsi di crescita professionale necessari alla determinazione di condizioni di lavoro degne di questo nome.

Un terreno di verifica di queste opzioni è, immediatamente, disponibile nella fase dei rinnovi dei contratti nazionali e territoriali.

Abbiamo tenuto il 23/11/01 uno straordinario sciopero regionale su tutti i cantieri con una manifestazione al cinema Fiamma a Napoli.

Abbiamo registrato una buona e convinta partecipazione dei nostri lavoratori così come era avvenuto per il 13 luglio in occasione dello sciopero sulla sicurezza e il lavoro nero, che ha, di fatto, avviato il confronto con le istituzioni, Regione in primo luogo, con la quale abbiamo avuto un ulteriore incontro lunedì 26 sulla proposta di legge regionale sulla sicurezza, da noi richiesta. Sarà costituita, nell’immediato, una commissione di lavoro con INAIL, INPS e Cassa Edile per l’istituzione del DURC (documentazione unica regolarità contributiva), che è un primo passo importante, sull’esperienza umbra, per un coordinamento degli enti competenti nell’ambito delle azioni di contrasto alle irregolarità ed alle evasioni ed è un primo elemento di stabilità del settore.

Lo sciopero del 23 è stato proclamato nell’ambito del pacchetto di 10 ore deciso in risposta alla rottura consumata in sede nazionale a seguito della posizione di completa chiusura dell’ANCE sul rinnovo del II Biennio del CCNL e sulla fissazione del tetto territoriale degli aumenti retribuiti dell’EET (Elemento Economico Territoriale).

Posizioni incomprensibili sul piano del merito, un poco meno sul piano politico-strategico .

Ha scritto giustamente Franco Martini, su Rassegna Sindacale con un articolo titolato “Se non oggi, quando?”, che al tavolo delle trattative non si è seduto una pattuglia di sindacalisti massimalisti che chiedeva la luna nel pozzo.

Le rivendicazioni salariali sono in perfetta linea con quanto stabilito dall’accordo del Luglio ‘93 per quanto attiene il recupero dell’inflazione reale su quella programmata, in grado di tutelare realmente e non nominalmente il valore del salario e delle retribuzioni, quindi nulla di più di quanto stabilito, con un’aggiunta di una quota a parziale e ragionevole riconoscimento di uno stato del settore, che lasciandosi alle spalle un periodo nero di crisi verticale oggi conosce, dal 1999, un discreto benessere ed un’apprezzabile espansione. E non siamo solo noi a dirlo.

Tutti gli indicatori economici evidenziano una tale situazione e non sono organismi di direzione e gestione sindacale.

Lo stesso dicasi per il II livello territoriale dove la richiesta sindacale tiene conto degli stessi parametri ivi compreso gli incrementi di produttività registrati.

Come abbiamo illustrato nel corso delle sciopero, le richieste sindacali degli incrementi economici sono di 137.000 lire per il II biennio del CCNL e dell’11% sull’Integrativo.

L’ANCE ha esplicitato, ecco il punto, la sua completa indisponibilità a trattare e questo, essenzialmente, per ragioni esterne alla piattaforma sindacale.

Esse riguardano una logica di scambio, chiamando il Sindacato ad un ruolo di sensale verso il Governo sul tema della decontribuzione e degli sgravi (meno contributi e meno tasse) sugli aumenti e sulle voci della busta paga, in particolare sui superminimi.

A sostegno di ciò si invoca vessazione contributiva nei confronti del settore che ne appesantisce i costi a danno della competitività.

Ad un problema reale si risponde scaricando sui lavoratori e sulla contrattazione le mancate promesse e cambiali elettorali non pagate.

Il contratto non è e non può essere merce di scambio.

Soprattutto quando nello scambio ci sono azzeramenti di diritti contrattuali e ipotizzati doppi regimi nell’ambito del cantiere stesso.

Al fondo si scorge nell’atteggiamento dell’ANCE una volontà non dissimile dal disegno più generale dell’offensiva al doppio livello di contrattazione scatenata dalla Confindustria e avallata dal Governo.

È un rito ciclico. Oggi con il nazionale, ieri con il decentrato.

Noi vogliamo difendere questo sistema. Lo abbiamo fatto nel passato anche nei confronti del governo di centro-sinistra e lo ribadiamo adesso.

All’ACEN chiediamo di svolgere un ruolo importante in ambito nazionale, tendente a favorire il superamento in tempi rapidi dell’attuale stallo in cui versa il confronto sul rinnovo dei contratti.

Abbiamo, a Napoli, un terreno di confronto civile e consolidato che non dobbiamo smarrire e sarebbe un segnale negativo sospenderlo per effetto dell’intransigenza nazionale.

Presenteremo all’ACEN, entro la prima decade di dicembre la piattaforma per il rinnovo del contratto integrativo.

La discuteremo con i lavoratori e la   prepareremo insieme a loro.

Conterrà l’11% in più, su questo non c’è alcun dubbio. Nell’auspicare che, a livello nazionale, l’aspetto economico possa essere risolto, riteniamo, comunque, un segnale forte l’avvio del confronto sui punti della piattaforma, per segnare sul piano delle relazioni sindacali un salto di qualità in funzione anche del quadro positivo di programmazione cittadina e metropolitana in termini di investimenti.

Affermare, questo è l’obiettivo, un livello di contrattazione che recuperi la centralità della qualità dello sviluppo del settore edile, oltre che della quantità.

La definizione di un quadro qualitativamente alto di relazioni sindacali è la condizione migliore per governare le notevoli potenzialità di sviluppo e di risorse che per il nostro settore si presentano nell’area metropolitana di Napoli. La fase che si apre per il settore delle costruzioni, si presenta di grande espansione.

Essa attiene importanti opere in via di completamento come il piano trasporti con la LTR e la MN, con la realizzazione della tratta bassa, vertenze nella quali abbiamo sperimentato una grande tenuta sindacale dentro un reale movimento di lotta dei lavoratori, capace di mantenere, per anni, in piedi un confronto con le istituzioni, autonomo nel giudizio e nell’azione di critica, come è successo all’indomani dello scandalo dei mondiali, recuperando due grandi opere che, per motivi di incompatibilità morale e giudiziaria, stavano per diventare due grandi incompiute. Abbiamo potuto farlo separando le responsabilità dei dirigenti aziendali dal patrimonio di uomini e di macchine e, soprattutto, dal lavoro già realizzato, attraverso un famoso ed importante protocollo di intesa con l’allora Presidente del Consiglio Ciampi.

Oggi per la linea 6 e per la MN siamo chiamati a continuare il lavoro per assicurare sia per l’una sia per l’altra certezze finanziarie, progettuali e di esecuzione, alzando il livello di guardia su particolari tendenze a spezzettare l’opera con il ricorso al subappalto ed alla subfornitura, a discapito delle difesa dell’integrità occupazionale e dell’esigibilità dei diritti contrattuali primo fra tutti la sicurezza.

Con la linea Alifana, il completamento della Circumflegrea, la Cumana, il piano trasporti acquista una valenza fondamentale per la mobilità in città ed in regione, insieme alla Linea a Monte del Vesuvio, al recupero dell’opera di raddoppio della Vesuviana (opera sospesa dopo lo scandalo della 910 e 887, con 120 licenziamenti) ed alla tanto attesa penetrazione urbana dell’Alta Velocità con le sue grandi opportunità occupazionali.

 Opere da recuperare e da portare a completamento e per le quali va rilanciato un confronto con le istituzioni e le stazioni appaltanti e col sistema di imprese, anche qui per assicurare continuità e certezza di realizzazione, con la finalità di tutelare i livelli occupazionali e di recuperare quelli persi.

Ma è tutto il complesso di interventi programmati a richiedere un’assunzione di responsabilità rispetto all’esigenza di governo e di gestione delle ricadute.

E penso al Progetto Sirena del Centro Storico per il quale forte, almeno nell’intenzione, sarà la mobilitazione di capitali e di lavoro. E sarà un’opera per la quale la formazione diventerà fondamentale se non si vuole alimentare un mercato del lavoro, ancora una volta, illegale e parallelo.

Chiederemo alla Società di scopo costituita (mancava l’Unesco, ora c’è) un incontro per definire percorsi di verifica sulle dinamiche degli interventi, non escluso il processo di affidamento dei lavori ed il ruolo dello Sportello.

Bagnoli, il cui futuro è ancora incerto a causa delle gravi “interferenze” del Governo sullo sblocco dei 150 miliardi per la bonifica. La CGIL ha detto la sua è scesa in campo individuando la strada sul versante della strumentazione negoziata per togliere qualsiasi alibi all’immobilismo. Bagnoli è un motore di sviluppo formidabile, non solo per la zona flegrea, ma per l’intera area metropolitana. Rappresenta un primo passo positivo verso lo sblocco dello stallo, l’approvazione della delibera sull’acquisizione dei suoli. L’Amministrazione Comunale deve avere, in questa fase, una grande capacità di ascolto sociale. E così a Napoli Est , a Pianura con il piano di intervento riattualizzato dopo lo stop imposto in campagna elettorale, il risanamento della collina dei Camaldoli, recentemente richiamato dalla stampa, gli interventi previsti dal POR ed i PRU per i quartieri di Napoli e le periferie, penso a Ponticelli e Poggioreale e agli stessi Quartieri Spagnoli.

E poi ancora in un’ottica di unitarietà dell’area metropolitana, delle sue funzioni, il Rione Terra di Pozzuoli, che ha vissuto una fase di sospensione che ha determinato non pochi problemi ai lavoratori ed alle loro famiglie e lì siamo oggi ad una ripresa dei lavori, anche con la nostra iniziativa, che è riuscita ad integrare i lavoratori anzitempo licenziati. Altro che blocco dell’art. 18.

Ho richiamato, sommariamente, quello che può sembrare un classico elenco della lavandaia, ma non lo è, perché io credo che abbiamo davanti un terreno formidabile e privilegiato al tempo stesso, per verificare e determinare un circolo virtuoso, che a partire dalle giuste e legittime azioni tendenti ad assicurare le garanzie necessarie perché il processo complessivo per una sollecita attivazione dei cantieri sia rapido, efficace e trasparente, ponga in essere, però, ecco il punto, una domanda su come questo complesso di interventi si concretizza, quale tipo di relazioni sindacali ed industriali si mettono in campo a supporto del governo dello sviluppo attivato, coniugando la crescita con i diritti e la qualità.

Io vedo primariamente indispensabile articolare il confronto, la contrattazione, le sedi concertative, non mi affeziono ai nominalismi, cerco di segnalarne la sostanza, sulla necessità, da qui, da Napoli, di arrestare, arginare la deriva di frantumazione e destrutturazione che il settore sta attraversando. Da molti è ritenuto, questo, un dato acquisito quasi connaturato al settore. Io non la penso così. Non credo che il settore edile sia vittima di un destino cinico e baro che lo rende precario e non attrattivo verso molti giovani che pure vorrebbero impegnarsi e parlo di operai specializzati ma anche di tecnici in gamba, geometri, architetti, e molti altri ancora.

Penso, ad esempio, a tutto il mondo del restauro edile ed artistico, delle sue potenzialità e contraddizioni. In questo campo la FILLEA ha prodotto non poche iniziative per l’affermazione, anche qui, dei diritti sindacali e contrattuali, nel rispetto delle dinamiche produttive del settore, per porre la necessità di una valorizzazione di questo importante segmento del settore. Iniziative che hanno determinato, insieme ad importanti città italiane come Firenze e Roma, un coordinamento nazionale del settore.

Questa è un’esigenza generale che riguarda il modo stesso di intendere il settore delle costruzioni ed il suo ruolo nell’economia, riguarda il sindacato, i lavoratori, ma anche le imprese.

Napoli ed il suo territorio rappresentano oggi un campo di azione dove è possibile praticare relazioni sindacali che non siano solo ed unicamente finalizzate a modificare ed ad abbassare i meccanismi che regolano tutele e diritti. Ma che, invece, si traducano in atti concreti, azioni verificabili per garantire le ricadute degli investimenti su qualità, sicurezza e sviluppo strutturale del settore. Un secondo fondamentale terreno di qualificazione delle relazioni sindacali è rappresentato dai rapporti istituzionali da porre in essere, attraverso la contrattazione preventiva che produca un sistema legislativo ed amministrativo di sostegno sui temi della sicurezza e della formazione, nonché della certezza dei tempi di cantierizzazione delle opere relativi a programmi che siano credibili per finalità e funzionalità, attivabili per certezza delle risorse assegnate, affidabili per la trasparenza degli atti e la rapidità delle procedure, sostenuti da progettazioni effettivamente cantierabili ed esecutive.

Siamo interessati ad aprire, su questi temi, un ampio confronto con l’insieme del mondo associativo imprenditoriale e, con esso, con le istituzioni.

È confermato il giudizio positivo sugli intendimenti precontrattuali che hanno accompagnato la definizione del vigente contratto integrativo e mi riferisco ai reciproci impegni assunti sulle questioni del rilancio del settore, sugli orari  contrattuali, sul controllo dei subappalti e le azioni comuni sul lavoro nero e sicurezza. Ritengo, però, che bisogna andare oltre una logica un po’ autoreferenziale dei protocolli di intesa, dando un impulso all’attivazione concreta dei loro contenuti per conseguire vantaggiose ed articolate ricadute sui luoghi di lavoro.

Questo vale anche per le intese politiche ed istituzionali raggiunte con gli enti locali in sede di concertazione con  le parti sociali.

Importanti atti sono stati compiuti, ricordo il protocollo di intesa sulle modalità di intervento di recupero su importanti quartieri di Napoli in rapporto ai regimi di orari ed alle azioni propulsive in termini occupazionali, penso alla delibera comunale di Napoli, sulla sicurezza, dove lodevole è stato l’impegno dell’Amministrazione Comunale, prima con l’assessore Amato e poi con l’assessore Lepore, ma assistiamo, al tempo stesso, ad una difficoltà di traduzione concreta dei contenuti delle intese sopra richiamate.

L’attivazione dei cantieri, dalla fase della progettazione a quella dell’esecuzione, indubbiamente, dipende molto dal tipo di rapporto e di azione, che sapremo mettere in campo con le stazioni appaltanti, gli enti di spesa e le istituzioni locali.

Ma la qualità degli interventi, la loro capacità di contribuire a dare stabilità al settore delle costruzioni, dipende dal come noi rilanciamo la funzione dei nostri enti bilaterali, Scuola Edile, CPT e Cassa Edile, quali autentici soggetti attivi per la qualificazione del settore. Non si può prescindere, per il raggiungimento di tali obiettivi, da un impulso da porre in essere per migliorare gli standards di servizi dei tre enti richiamati. La Cassa Edile, e non esagero affermandolo, per alcuni aspetti è vissuta come una controparte e non è possibile che questo avvenga.

Occorre accorciare le distanze tra la Cassa Edile ed i lavoratori, migliorando la qualità delle prestazioni, sostenendo di più e meglio il lavoro lodevole dei funzionari e degli impiegati della Cassa. C’è una commissione che sta lavorando in questo senso per individuare proposte per migliorare la funzionalità dell’ente anche e soprattutto in funzione dei nuovi compiti che esso assumerà nell’ambito della previdenza complementare del fondo Prevedi.

Il CPT, nel nuovo corso assunto e con l’impegno meritorio di tutti gli operatori, può consolidare la capacità di proporsi come referente, competente sul versante della sicurezza per i lavoratori e le imprese del settore edile ed anche oltre i limiti dello stesso. È un motivo di orgoglio. E poi la sicurezza non conosce frontiere. Voglio ringraziare il Presidente e il Direttore per aver consentito alla FILLEA di offrire ai delegati del materiale informativo che sicuramente accrescerà la conoscenza di questo importante Ente, ringraziare gli impiegati che hanno contribuito a questo, così come per i dirigenti della Cassa Edile e gli amici impiegati della stessa.

Il CFME con le nuove disposizioni regionali si sta facendo largo sul terreno della formazione assistita e sempre di più dovrà dispiegare tutte le sue potenzialità, valorizzando, fino in fondo, il patrimonio lavorativo di cui dispone.

Noi dobbiamo puntare ad avere Enti Paritetici che interagiscano tra loro per una vera e non fittizia unitarietà. Un percorso arduo, difficile ma necessario da avviare, anche per le cose più semplici come la loro sistemazione logistica ed organizzativa.

Puntiamo non ad Enti burocratici, ma finalizzati al settore, alla sua crescita e alla sua qualificazione, rifuggendo da ogni tentazione privatistica degli stessi.

Vorrei inviare, da questo Congresso, un augurio di buon lavoro ai nuovi Presidenti dei tre Enti, assicurando loro la massima disponibilità ad un lavoro proficuo negli interessi delle esigenze rappresentate.

Il raggiungimento di questo obiettivo ambizioso sarà possibile se le relazioni sindacali ed associative, a partire dall’Integrativo, saranno in grado di sostenere e rafforzare questa linea.

Con il Congresso della FILLEA si conclude la fase congressuale delle tre organizzazioni del settore delle costruzioni. Abbiamo aggiornato le nostre strategie, consolidati i gruppi dirigenti e la fase, il contesto entro cui questo avviene o è avvenuto, non ci consente pause.

Dobbiamo metterci al lavoro da subito.

Se è questo il quadro che abbiamo di fronte, allora alta deve essere la tenuta unitaria. La FILLEA intende, su questo, impegnarsi ed impegnare tutto il suo gruppo dirigente.

Sui temi della sicurezza, della formazione e della tutela dell’integrità del settore dagli inquinamenti malavitosi e di mal costume, non è sufficiente il lavoro e l’impegno, sia pure lodevole, di una singola organizzazione. Per essere efficaci occorre una grande azione unitaria e concertata.

Abbiamo alle spalle periodi non belli, di grande difficoltà del settore che ha conosciuto una crisi profonda e tante sono state le emergenze da affrontare. Anche il sindacato ha conosciuto una crisi profonda all’inizio degli anni ’90. Lentamente ne stiamo venendo fuori, non possiamo, però, essere soddisfatti dei nostri piccoli passi in avanti quando ancora vastissima è l’area di indifferenza sindacale che coinvolge tanti lavoratori denunciati alla Cassa Edile, e per i quali, presumibilmente, non è dato esercitare i più fondamentali ed elementari diritti sindacali e contrattuali.

L’esperienza che abbiamo vissuto per recuperare un tasso più apprezzabile di sindacalizzazione non ha sortito effetti positivi. Interroghiamoci sul perché. La FILLEA non si tira indietro, ma la disponibilità è sull’insieme delle questioni, a partire dalle deleghe e dalle disdette, sulle vertenze, sugli enti e sul rapporto con essi.

Io non mi sono mai esaltato quando si spostava una delega dalla FILCA o dalla FeNEAL verso la CGIL. Io penso, e non lo dico come frase ad effetto, che quando un lavoratore prende la tessera del sindacato, qualunque esso sia, noi diventiamo più forte e rappresentativi.

Una vera unità, quindi, che esalti il ruolo e la funzione di servizio del sindacato. Questo sicuramente produrrà anche un beneficio qualitativo nelle relazioni sindacali con l’ACEN e le altre associazioni imprenditoriali.

La FILLEA e la CGIL

Un Congresso è sempre una buona occasione per verificare i rapporti tra le categorie e la Confederazione.

         In questi anni a Napoli si è espressa una buona confederalità.

Sono stati anni di cambiamenti tumultuosi all’inizio, con una grande carica di rinnovamento e di riscatto e ciò ha prodotto non pochi risultati positivi su fatti materiali ed immateriali. Poi mi sbaglierò, ma l’azione amministrativa è rallentata e ciò ha determinato un freno alla soluzione di grandi questioni che rappresentano quel valore aggiunto di cui Napoli ha bisogno. Ma ci sono tutte le condizioni per un impulso rinnovato e proficuo. Non ci sono alternative.

Pozzuoli, Napoli Est, Centro Storico, le periferie, Centro Direzionale possono mettere in moto una rivincita occupazionale e di sviluppo di quantità e di qualità ed un circolo virtuoso con l’imprenditoria locale che saprà qualificarsi e stare all’altezza, anche per affrontare l’emergenza per un rilancio di Napoli e della sua provincia.

La CGIL e la FILLEA vogliono stare dentro questo processo da protagoniste.

Questo presuppone un recupero di una forte confederalità dentro una forte ed inverata azione categoriale.

Gigino Servo è stato vicino alla categoria in particolari vertenze e lo sa e non solo perché proviene dalla FILLEA e questo lo inorgoglisce, io lo so.

La categoria delle costruzioni, comprendente l’intero ciclo dell’edilizia e dei materiali da costruzione, ha un ruolo centrale e strategico nel sistema economico e nello sviluppo.

Ho cercato, non so se ci sono riuscito, nel corso della mia relazione di evidenziarlo.

Il nostro settore è profondamente cambiato e continua a cambiare per composizione e per impatto sociale.

E noi stiamo dentro questo processo, anzi dobbiamo essere i protagonisti con le nostre opzioni e le nostre strategie.

Le nostre vertenze non possono prescindere da un rapporto stretto con le altre categorie, in particolare, del pubblico impiego e dello stato. Penso al tema della sicurezza e del lavoro nero con gli Ispettorati e le ASL e, quindi, alla CGIL FP, per rinnovare la nostra lotta a questi fenomeni nocivi e deflagranti del nostro settore. Mi scuserà Martini se prendo in prestito una sua felice e significativa battuta: “La battaglia per più sicurezza dentro un’azione forte di contrasto al lavoro nero, deve essere il nostro assillo quotidiano”. Lo dobbiamo fare mantenendo alta la capacità di denuncia e, al tempo stesso, dispiegare iniziative sul piano della prevenzione facendo la nostra parte con la diffusione degli RLS e RLST. La sicurezza ed il ricorso al lavoro nero non sono fatti neutrali, essi rimandano al modo di costruire e di intendere l’organizzazione del lavoro, ma anche agli aspetti e alle ricadute negative, insiti nel  processo di affidamento dei lavori che privilegia, ancora oggi,  parametri di ribassi economici a discapito della qualità e quindi della sicurezza.

La Confederazione deve essere garante di queste esigenze di sinergia e di rapporti intervertenziali con l’affermazione di una rinnovata politica di intercategorialità.

Un decentramento vero, reale verso i luoghi di lavoro e le zone diffuse sul territorio metropolitano. Con una politica di servizi fiscali, vertenziali, di patronato sempre all’altezza delle esigenze e delle aspettative dei lavoratori. Su questo non si finisce mai di fare il meglio.

Avviare un processo di rinnovamento che deve essere la stella polare della FILLEA per i prossimi mesi ed anni per ricercare nuovi entusiasmi e motivazioni a cui la CGIL non dovrà far mancare il suo apporto.

Occorre dedicare a questo problema attenzione politica e risorse adeguate. Io rifiuto l’idea di una FILLEA e di un settore, come dire, dei funzionari. Io credo, invece, che noi possiamo lavorare per una ricca e giovane rete di delegati da valorizzare con percorsi formativi adeguati per una nuova stagione di contrattazione ed è per questo che come primo obiettivo è di partecipare, come Napoli, al programma UNDER 30 lanciato razionalmente dalla FILLEA insieme al Cantiere Qualità.

UNDER 30 e Cantiere Qualità – diritti – lavoro e sicurezza saranno il tracciato nel quale si muoverà la FILLEA nel futuro prossimo.

Una FILLEA che dal 1998 è aumentata sul piano degli iscritti passando da 6.300 a 7.700 adesioni.

Dall’ultimo Congresso ad oggi ci sono state novità anche per quanto riguarda i settori dell’Impianto Fisso.

Certo non ci sono più grandi realtà e fatichiamo non poco a ricostruire un tessuto alternativo fatto di piccole e medie aziende.

Qualche passo in avanti c’è stato.

Abbiamo sindacalizzato diverse aziende del legno e dei lapidei nell’area Torrese-Stabiese e Zona Orientale e impianti di manufatti nell’area a Nord di Napoli. Possiamo fare di più

Dobbiamo dirlo autocriticamente, un Congresso serve anche a questo, non abbiamo utilizzato al meglio la campagna di adesione alla previdenza complementare, così come non abbiamo, dopo le conclusioni del CCNL nell’ambito dell’accordo del ’93 che rendeva, di fatto, esigibile la contrattazione nazionale e aziendale, utilizzato al meglio il tipo di contrattazione legata agli obiettivi e agli indici aziendali, esaltando il ruolo contrattuale dei delegati.

Qui dobbiamo elevare il nostro sforzo anche sul piano formativo.

Per il settore lapidei e per il cemento per i quali si sono conclusi, anche positivamente i rinnovi del II Biennio, per i lapidei ottenendo gli incrementi richiesti di 122.000 lire per il livello C, in grado di tutelare le retribuzioni, mantenendo una buona tenuta sindacale unitaria e rintuzzando la richiesta velenosa di inserire più flessibilità nel contratto e per il settore cemento 130.000 lire al livello C con l’una tantum di 180.000 anche qui registrando un’unità sindacale incoraggiante per il prosieguo, possiamo avviare da subito una campagna di informazione anche oltre il nostro mondo organizzato.

Sul versante dell’edilizia attiva stentiamo, nonostante gli sforzi profusi a recuperare le posizioni di alcuni anni fa ed a reinsediare di più e meglio la nostra Organizzazione.

Dal crollo storico del ’94 coincidente con il collasso del settore, stiamo lentamente riprendendoci. Pur tuttavia, come prima richiamavo e mi piace ritornarci, non riusciamo ad incontrare tanti lavoratori, e ne sono tanti credetemi, per parlare solo di quelli della Cassa Edile, che non conoscono il sindacato.

Sarà questo uno dei primi problemi da affrontare all’indomani del nostro congresso con un’organizzazione in grado di valorizzare le nostre forze. Un tasso elevato, decoroso di rappresentatività non è un’esigenza del gruppo dirigente inteso come tale, ma è la garanzia di più contrattazione, più tutela, più sindacato sui cantieri e nei luoghi di lavoro.

A Dicembre, quando sono stato chiamato ad assumere l’incarico di Segretario Generale della FILLEA, ho sostituito un bravissimo compagno ed un carissimo amico che voglio salutare Stanislao Nocera. Oggi le cose che vogliamo fare le possiamo fare solo perché lui ne ha fatte altre.

In tempi difficili, molto difficili. Gli attacchi violenti del malaffare e della corruzione avevano inquinato il nostro settore e non è stato facile uscirne fuori indenni, feriti certamente, ma pronti alla lotta ed in grado di rispondere NO a chi in quegli anni cercava sponde e coperture sociali e un settore in ostaggio con il ricatto della Cassa Integrazione.

Il settore ha lasciato alle spalle quel periodo ed è di ben altra natura, oggi il confronto associativo in atto a Napoli, anche duro, ma di ben altra natura, che dobbiamo vivere fino in fondo.

Grazie Stanislao e grazie anche per il lavoro che stai svolgendo al CPT con il tuo stile e senza confusione. Di sicurezza di informazione e di formazione ne abbiamo tanto bisogno.

Infine, vorrei ringraziare tutti i compagni della struttura che giorno per giorno mi hanno fatto sentire poco la responsabilità pesante che andavo ad accollarmi. Ad Anna, insostituibile collaboratrice un caloroso ed affettuoso ringraziamento per il suo preziosissimo lavoro di cui la FILLEA non può fare a meno. Un ringraziamento anche a Marco che ci ha dato una mano nella preparazione del Congresso.

Ma è a voi tutti che voglio ringraziare, perché se siamo qui è grazie a voi che nei cantieri e nelle fabbriche, di fronte a mille difficoltà, io lo so, noi lo sappiamo, riuscite a tenere alta la tessera e la bandiera della FILLEA. Compagni veterani della FILLEA che non cito per non far torto a nessuno, e compagni giovani, segno di una potenzialità di crescita che dobbiamo valorizzare.

Questo sarà il nostro impegno.

Questo sarà il mio impegno.