RELAZIONE DEL SEGRETARIO GENERALE

VI. CONGRESSO FILLEA C.G.I.L. GIOIA TAURO.

 

Nell’iniziare i lavori del VI. Congresso della FILLEA di Gioia Tauro, mi sia consentito salutare, e ringraziare i compagni delegati, gli invitati, e il comp. Franco Martini.

Presenze autorevoli, che ci consentiranno nel dibattito di approfondire e analizzare le problematiche del settore.

A questo appuntamento congressuale, ci siamo arrivati dopo un lavoro di preparazione, tendente a coinvolgere in modo massiccio nelle assemblee di base, gli iscritti e non iscritti, si è svolta una discussione di merito sul nostro settore, per creare in prospettiva le condizioni dello sviluppo di qualità ed una nuova e vera occupazione.

Ritengo che i risultati raggiunti nei congressi di base siano positivi, una buona partecipazione, un dibattito vero che ci permette oggi, di tenere in debito conto il quadro di riferimento uscito dalla discussione, per poter tracciare le linee guida progettuali che impegneranno la nostra categoria per i prossimi quattro anni.

Gli interventi dei lavoratori nei posti di lavoro hanno inoltre manifestato un sentire comune di forte disagio, paura ed incertezza per il futuro, per i fatti drammatici del Settembre scorso che hanno sconvolto il mondo.

Una simile azione terroristica non ha colpito solo gli Stati Uniti, ma ha colpito il mondo intero, un attacco mirato ad una nazione procurando migliaia  di morti di gente comune.

Si è trattato di un attacco contro tutta l’umanità, è tutto il genere umano deve avere interesse a sconfiggere le forze che lo hanno scagliato.

Nello stesso tempo, dobbiamo pretendere che le reazioni militari, vadano nella direzione di colpire obiettivi mirati e circoscritti così da colpire i soli colpevoli.

Purtroppo, i fatti e le immagini delle ultime settimane, ci descrivono una guerra che colpisce intere popolazioni, uomini, donne e bambini indifesi vengono uccisi ed il popolo Afghano bisognoso di aiuti ed assistenza trova la morte.

Mi chiedo quanto durerà questo atroce conflitto?

Quanto ancora dobbiamo attendere per fermare questa Guerra?

Una tragedia umana si sta consumando nel mentre tardano le forti azioni politiche da parte delle organizzazioni internazionali per impegnare il mondo ricco a porsi come obiettivo prioritario quello di riscattare il mondo degli esclusi, dei poveri e disagiati, disponendo un programma massiccio di interventi, di assistenza e sviluppo, bisogna rimuovere le condizioni che nel mondo hanno favorito il permanere di sacche di odio, di fortissime disuguaglianze, di forme degenerative di povertà, naturalmente tutto ciò non può in alcun modo giustificare il terrorismo , che danneggia ancor più i più deboli e i più poveri.

Bene ha fatto il comitato direttivo della C.G.I.L., nell’esprimere allarme e preoccupazione per l’estendersi dei bombardamenti che creano fratture e divisioni con parti importanti del mondo islamico, chiedendo che cessino i bombardamenti per consentire in primo luogo gli interventi comunitari.

I fatti tragici di settembre, hanno provocato incertezze e reazioni emotive non soltanto tra le persone, ma soprattutto nei comportamenti delle imprese e dei sistemi economici, comportamenti e reazioni che rischiano di danneggiare l’economia mondiale.

In questo quadro, per andare alle cose di casa nostra, il nostro paese è più  esposto di altri, in quanto la crescita è inferiore alle ottimistiche previsioni del governo, questo si può tradurre, in ragione dei vincoli comunitari, e del varo della finanziaria, che il governo si candida ad intervenire sulla spesa corrente, di conseguenza temi come le pensioni e i diritti dei lavoratori verranno riproposti con pesantezza come già annunciato nel libro bianco del ministro Maroni.

La stessa finanziaria approvata dal governo Berlusconi è inefficace e pericolosa nella parte in cui sono inserite le deleghe su materie che riguardano tavoli di confronto con le parti sociali.

Nel merito si parla di una manovra da 33 mila mld, con l’obiettivo di raggiungere lo 0,5% nel rapporto tra disavanzo e PIL  per il 2002, ed un aumento del PIL del  2.3%, risultati difficili da raggiungere in quanto l'intero quadro di valutazione macroeconomico disegnato nella finanziaria e scarsamente credibile, è giocoforza immaginabile in futuro un’operazione drastica sulla spesa pubblica e sociale, con l’intento di colpire i redditi dei lavoratori dipendenti, dei pensionati, colpire la sfera dei diritti, per colpire al cuore il sindacato e la C.G.I.L. in particolare.

Una finanziaria di cui non c’è traccia alcuna sulle questione del mezzogiorno e manca la copertura finanziaria per la programmazione negoziale.

Lo stesso libro bianco del Ministro Maroni rafforza, in modo inequivocabile, le intenzioni del governo di centro destra, il dialogo sociale prende il posto della concertazione, al posto dei contratti collettivi nazionali ci sono contratti atipici di ogni genere, interinali, di formazione, di apprendistato, contratti inerenti a grandi imprese, a multinazionali con contratti di tipo europeo, a imprese piccole e piccolissime; analoga proliferazione di soggetti si auspica nel settore del collocamento e nella gestione del mercato del lavoro.

Infine il contratto individuale viene indicato come il modello vincente, il  più appropriato alle nuove forme che il mercato va assumendo, sotto la spinta della flessibilità in entrata e in uscita, mentre per le retribuzioni, non soltanto differenziate dalle multiforme tipologie dei contratti, ma anche  dalla diversa produttività delle singole aziende e dalla loro collocazione sul territorio.

Un librone di 80 pagine che basa le sue ragioni sullo smantellamento della concertazione tra le parti sociali,  sullo smantellamento dell’organizzazione del lavoro, su ipotetiche competenze alle Regioni a riscrivere gli statuti del lavoro, intervenendo anche sul famoso art. 18 tanto caro alla Confindustria.

Il tentativo è quelli di ridurre al minimo la presenza del sindacato e della C.G.I.L., così da risultare completamente destrutturato.

Questa è una soluzione voluta e raccomandata da Confindustria, tendente a scoraggiare ancora di più le imprese ad investire in  ricerca, innovazione tecnologica e qualità, malgrado che l’economia italiana viva un paradosso, infatti, a fronte delle mutazioni positive degli ultimi anni, la competitività delle imprese è arretrata.

Giocoforza si impone una profonda riqualificazione del nostro modello produttivo, e nel mentre le risorse pubbliche destinate alla ricerca ed innovazione tecnologica sono in crescita, quelle private sono di oltre 10 punti in meno rispetto alla media europea e del tutto assenti nelle imprese del Mezzogiorno. 

In questa ottica è fondamentale per il settore delle costruzioni creare le condizioni per far compiere il salto di qualità, necessario ed indispensabile per renderlo competitivo in futuro.

La sfida della qualità, ricerca ed innovazione tecnologica per essere competitivi con le altre economie nell’era della globalizzazione, bisogna coglierla oggi, nella fase di crescita del mercato delle costruzioni e positivo dal versante dell’occupazione, d’altronde il valore sociale del lavoro ha come precondizione ineludibile la qualità della struttura produttiva.

I dati positivi ci indicano un settore in salute, una crescita del 5,5%, importante e fondamentale per l’economia del nostro paese, un aumento record in termini occupazionali in tutte le aree del paese, con punte del 23.5% registrati nella regione Calabria. I numeri positivi non devono esimerci dall’analizzare e constatare che si tratta di un “ lavoro” strutturalmente precario, costruito sulla frammentazione e temporaneità, caratterizzato da quote consistenti di lavoro nero che generano un indice  altissimo di infortuni.

Il dato che emerge sulla sicurezza nei cantieri è che il livello di osservanza è ancora troppo basso, per di più il ruolo che spetterebbe al committente è troppo spesso disatteso o svolto con rassegnazione burocratica, non solo da parte dei privati, ma anche da parte dei grandi committenti pubblici.

In tal senso allarmante è l’indagine effettuata su duecento bandi di gara pubblicati in dieci città campione, dove risulta che solo la metà dei bandi censiti (49.5%), riporta l’indicazione dell’importo destinato alla sicurezza.

Questa fotografia, generalizzata per la realtà in cui operiamo, diviene il problema nel problema, la ricerca spasmodica di un lavoro si trasforma quando lo si trova in un lavoro fuori dal sistema delle regole di tutela e garanzia dei diritti.

Il cantiere di lavoro edile paradossalmente rischia per certi versi di diventare il luogo della negazione, della libertà individuale e della  dignità del lavoratore, un effetto trascinante che si sta verificando in molte altre realtà produttive, diversificate per settore nell’area industriale, ma complessivamente nella piana di Gioia Tauro.

La nostra non è la vecchia e semplice denuncia, si tratta di un’analisi approfondita della  realtà della piana, e dalla constatazione che il lavoro in edilizia come in altri settori, è lo specchio della struttura produttiva dell’impresa, che soffre sotto l’aspetto della qualità, vivacchia perché debole, ci si  accontenta di vivere sotto l’ombrello coperti dalle grandi imprese, per una fetta di mercato proveniente dal subappalto.

Purtroppo la debolezza strutturale del sistema imprese si riflette in modo negativo su tutto quello che è il mercato delle opere pubbliche, dell’edilizia residenziale pubblica e privata, dal versante della qualità dell’opera ai  tempi di realizzazione.

Con molta schiettezza, registro ritardi storici nell’analisi di questi problemi da parte  dell’ANCE di Reggio Calabria e della stessa Associazione Industriali, soggetti che riteniamo  indispensabili per percorrere un pezzo di strada assieme.

La sfida che lanciamo alle associazioni imprenditoriali è quella di definire, insieme al sindacato delle costruzioni, un percorso comune che ci veda impegnati in un lavoro serio per costruire il settore di qualità.

Noi riteniamo irrinunciabile questo obiettivo per la piana e la provincia di Reggio Calabria, prima che sia troppo tardi, oggi o mai più, in una fase molto delicata nelle politiche di sviluppo che investono il nostro territorio.

Il quadro di riferimento è la qualità!

Un settore di qualità rappresenta una spinta in più nella direzione di bonifica sotto l’aspetto della trasparenza e della  legalità, che vanno accompagnate dall’utilizzo di strumenti idonei, quali i patti per la legalità con le istituzioni pubbliche e gli enti di spesa, in un contesto che coinvolga direttamente INPS-INAIL-CASSA EDILE, attraverso la costruzione di una rete di dati incrociati, al fine di tentare di vincere la battaglia del lavoro sommerso.

Il lavoro nero, sommerso, grigio, come lo si vuol definire, è un fenomeno civilmente inaccettabile, l’arma repressiva da sola è insufficiente, un contributo importante possono esercitarlo le strutture degli enti paritetici, la cassa edile in particolare, adottando il documento unico di regolarità contributiva, costruendo all’interno delle casse un proprio osservatorio dei lavori pubblici, creando le sinergie necessarie con il C.T.P. e la stessa scuola edile.

Francamente ritengo che, pur in presenza di un lieve miglioramento nella gestione degli enti, e di un segnale  di discontinuità rispetto alle gestione passate, i tre  enti bilaterali della provincia di Reggio Calabria andrebbero riveduti ed aiutati di più dalle parti sociali, in quanto rappresentano il polmone nel settore delle costruzioni.

Il nostro è un lavoro che non conosce pause; in ogni momento e ad ogni livello dobbiamo dare il massimo impegno, per continuare a difendere e sostenere la qualità del settore, bloccare i tentativi di colpire la struttura contrattuale per tutelare i diritti di chi rappresentiamo, così da rafforzare il valore insostituibile  del sindacato.

Abbiamo sostenuto insieme, F.L.C. e A.N.C.E., che il nostro è un settore in salute, un trend positivo che continuerà per i prossimi anni, con le prospettive di un ulteriore aumento del mercato delle grandi opere pubbliche, così come auspicato dal Ministro Lunardi e dal governo Berlusconi, ragione per cui è ingiustificabile l’atteggiamento provocatorio dell’Ance che si rende responsabile di un atto di rottura delle trattative del tavolo negoziale nazionale sul secondo biennio economico ed il secondo livello di contrattazione, subendo la giusta reazione del sindacato delle costruzioni e la proclamazione di un primo pacchetto di 10 ore di sciopero da tenersi nel mese di Novembre a sostegno delle eque richieste sindacali.

Le 137.000 mila lire equivalgono alla somma dell’inflazione programmata, più il differenziale ed il riconoscimento del positivo andamento del settore nel determinare il tetto massimo entro il quale avanzare le richieste economiche nelle piattaforme provinciali.

Il sindacato ritiene che alcuni problemi posti dai costruttori, come il carico contributivo, vadano affrontati, ma i motivi della rottura sono da ascrivere ad una strategia dell’Ance, che come sostiene il comp. Martini vuole portare acqua abbondante al mulino della Confindustria. Chiedere la decontribuzione ai superminimi individuali, la sperimentazione  dell’interinale senza regole, una politica salariale svincolata dalla contrattazione, sono solo alcuni aspetti delle richieste Ance che somigliano tanto al cartello di Confindustria sviscerato a Parma.

La giornata di mobilitazione di ieri con lo sciopero generale di Cosenza, ha registrato una buona partecipazione, i dati che giungono dai vari territori ci forniscono dati esaltanti di astensione dal lavoro degli edili e la chiusura totale dei cantieri, la riuscita dello sciopero è dovuta anche al fatto, che i temi del lavoro, unitamente alle questioni che riguardano le infrastrutture, vengono percepite dai lavoratori come il toccasana dei loro problemi occupazionali,  in una regione dove le responsabilità dell’Assessorato dei lavori pubblici emerge in modo inequivocabile per la politica dei soli “  annunci “ 

La piana di Gioia Tauro nel suo piccolo ha fortemente contribuito alla riuscita della manifestazione, pur in presenza di difficoltà  oggettive dovute al fatto di trovarci in una realtà, dove giorno per giorno le aspettative di tanti sono quelle di trovare un’occupazione, per limitare il dramma della disoccupazione, che presenta dati allarmanti.

I dati della disoccupazione in edilizia sono diventati negli anni una vera e propria crisi , dopo il boom tra il ‘70 e gli anni ’90,  con la fine dei lavori di grandi opere pubbliche, il settore ha vissuto una fase drammatica con un forte ridimensionamento degli iscritti attivi in cassa edile; da qualche anno si registra un miglioramento dovuto essenzialmente alle modifiche in atto nell’area industriale di Gioia Tauro.

Il  territorio ancora oggi paga, con le conseguenze della mancata industrializzazione causata dalle continue beffe dei governi nazionali dell’epoca, le scelte sbagliate del passato che hanno determinato arretratezza infrastrutturale e mancato sviluppo.

Oggi il comprensorio della piana si è trasformato in quanto si sono modificate le strategie di sviluppo, oggi la nostra risorsa naturale e primaria è rappresentata dal porto di Gioia Tauro, la vera sfida sta nella nostra capacità progettuale di indicare percorsi di qualità con l’obiettivo di creare e definire un’idea dello sviluppo che ci proietti oltre il transcimpment.

La positiva esperienza di M.C.T. nel settore di movimentazione dei containers, deve essere vista in una sorta di  identificazione “ si può investire e con molto successo nel mezzogiorno e in Calabria”, si può investire scegliendo la qualità dei progetti, garantendo la sicurezza alle imprese.

La realtà di Gioia Tauro, costituisce l’esempio di un grande investimento per lo sviluppo e rappresenta un caso riuscito di collaborazione tra pubblico e privato, ancor più è un’opportunità, sulla linea di un ulteriore possibile sviluppo che deve essere programmato e governato.

Il porto è snodo fondamentale per il transcipment mondiale e volano per le risorse del territorio in cui è insediato.

Ma è altrettanto vero che attorno al porto bisogna creare un tessuto economico e sociale, ed avere una visione dello sviluppo integrato con il territorio e renderlo polifunzionale.

Ancora oggi le centinaia di migliaia di containers vengono scaricati dalle grandi navi e caricati sulle navi feeder, così facendo viene meno l’importante valore aggiunto che ne deriverebbe con l’inserimento di Gioia Tauro nel ciclo di produzione.

Non è più rinviabile per l’area industriale di un grande polo logistico, il rafforzamento infrastrutturale ed il decollo vero di attività imprenditoriali di qualità, per raggiungere gli obiettivi dello sviluppo economico e occupazionale.

Finanziare, adeguare e completare le infrastrutture su tutto il territorio della piana, sono le priorità necessarie nel breve periodo, per dare anche un segnale di discontinuità rispetto al passato contraddistinto dallo sperpero del denaro pubblico e dalle costruzioni di cattedrali nel deserto.

Vogliamo iniziare noi ad essere realisti indicando tra le priorità il completamento dell’interporto di Gioia Tauro, un’opera concepita come infrastruttura sinergica con il terminal marittimo, articolato in cinque lotti funzionali per la realizzazione di opere per 164 mld.  di cui solo 64 finanziati per i primi tre lotti.

La costruzione di depositi costieri, ritengo personalmente che sia un’opera fattibile tecnicamente, tenendo naturalmente conto delle prescrizioni indicate dal Consiglio superiore dei lavori pubblici, un’opera valida  sotto l’aspetto produttivo ed occupazionale per la ricaduta di circa 50 addetti tra amministrativi tecnici e operai addetti a funzioni operative.

Il cantiere è chiuso dal Marzo del 2000, e il quadro resta molto preoccupante, e non si può non denunciare il timore, sempre più concreto, che la costruzione venga contrastata a vari livelli, mentre aleggia l’impressione del tentativo di voler imporre la logica monopolistica sull’area portuale.

Questa vicenda sta veramente assumendo toni e dimensioni di “ storia infinita “.

Un’ulteriore  preoccupazione e pericolo che si disperda un’altra possibilità di sviluppo per le popolazioni della piana è rappresentata dai lavori di costruzione della galleria di derivazione, dal serbatoio Castagnara e della rete irrigua per i piani della Ghilina, opera anch’essa prioritaria e fondamentale per la collettività.

Infatti l’utilizzo permetterebbe un  uso irriguo potabile ed elettrico delle acque, ed in sé è un bene e un valore aggiunto per tutto il territorio.

Nel 1998 la FILLEA-C.G.I.L. di Gioia Tauro aveva lanciato l’allarme, evidenziando e denunciando il forte ribasso d’asta nell’aggiudicazione dei lavori ( 25%), che avrebbe inciso negativamente e pesantemente sulla qualità, sicurezza e completamento dell’opera.

A distanza di tre anni, le nostre preoccupazioni diventano realtà, iniziano i lavori nel 1999 con una forza lavoro di settanta addetti e costruiscono alla data del 31.07.2001 un chilometro e mezzo di galleria rispetto ai quattro chilometri e quattrocento metri previsti, pari al 35% dei lavori eseguiti con una spesa complessiva di 25 mld. a fronte dei 44 appaltati.

Il  triste epilogo si consuma quando l’impresa apre un contenzioso tecnico giuridico con l’ente appaltante sulla difformità progettuale,  motivando tale scelta per i  terreni incontrati durante le operazioni di scavo, diversi da quelli indicati nel progetto originario, chiedendo così una perizia di variante.

I due contraenti scelgono la strada della carta bollata per difendere i propri interessi, rescindono il contratto d’appalto a suo tempo sottoscritto, licenziano i lavoratori, mettendo così a repentaglio il completamento dell’opera e le aspettative della società civile.

Ma il medagliere delle opere incompiute spetta sicuramente alla strada Pedemontana di Cinquefrondi, bloccata da dieci anni per motivi di contenzioso giuridico, causando danni incalcolabili ad alcuni paesi della zona montana privati del collegamento con la superstrada Ionio Tirrenio.

Sulle questioni sopra descritte gravi sono le responsabilità degli enti appaltanti e dei governi regionali che si sono susseguiti all’epoca, in quanto vani sono risultati i tentativi di affrontarli con la giusta determinazione per definirli positivamente.

Una riflessione approfondita e puntuale, meritano le iniziative produttive finanziate con leggi ordinarie (488 e 44), localizzate nell’area industriale di Gioia Tauro e nella piana.

Per quanto concerne la nostra categoria, troviamo una presenza sufficientemente distribuita nei settori tradizionali del comprensorio quali il legno e mobilio per arredo, e qualche iniziativa imprenditoriale di livello nazionale.

Guardiamo con molto interesse e attenzione all’evoluzione e qualità di questi importanti progetti industriali, che possono in futuro caratterizzarsi come una vera e propria “ filiera del legno “  e rappresentare un valore aggiunto per l’economia del territorio.

La FILLEA-C.G.I.L. ritiene che è fondamentale partire con il piede giusto, per aiutare questi processi, è altresì indispensabile da parte dell’A.S.I. di Reggio Calabria recitare un ruolo che vada nella direzione di favorire “ la qualità dei progetti industriali”, valutare e selezionare adottando criteri di scelta che prefigurano la qualità degli impianti e l’incidenza occupazionale, sia nella fase di concessione delle aree per primi insediamenti, che nella fattispecie di ampliamento di quelli già esistenti, dare priorità nel settore legno a quelle aziende che, avendo già predisposto un progetto di allargamento della struttura, hanno la capacità di investire proprie risorse ed aumentare i livelli occupazionali.

Strettamente collegati agli investimenti produttivi sono le questioni che riguardano la formazione, che non può essere intesa come soluzione per abbattere il costo del lavoro,  ma deve rappresentare per le aziende vera qualificazione professionale delle risorse umane, per irrobustire questo sub sistema manufatturiero.

Purtroppo, il sistema formativo in Calabria è molto precario, ci sono i finanziamenti ma vengono utilizzati male e per fare clientele, ci troviamo di fronte ad un esecutivo regionale e provinciale insensibili ai percorsi formativi in un’area fortemente dinamica per le politiche di sviluppo.

Il ruolo delle parti sociali, nel contesto della piana di Gioia Tauro, è importante e decisivo, per tale ragione ritengo sia maturo iniziare a ragionare con gli amici di FILCA e FENEAL,  unitamente all’Associazione industriali per contribuire al salto di qualità, un lavoro comune che ci permetta nel giro di qualche mese di elaborare  un accordo quadro” nel settore del legno”  incorniciato da moderne e corrette relazioni che agevolino l’inserimento e il consolidamento dei siti produttivi.

La disponibilità della FILLEA di Gioia Tauro è totale, bisogna però partire da una analisi seria ed approfondita della situazione attuale, in riferimento ad alcune aziende che continuano a colpire pesantemente la dignità e a negare i diritti dei propri addetti.

Gli accordi separati, sottoscritti nel 1999 in funzione del contratto d’area di Gioia Tauro, rischiano di trasformare gli ambienti di lavoro in luoghi dove si consumano atti e comportamenti che offendono i lavoratori in quanto persone; non possiamo essere ciechi e sordi; il rischio, se non si interviene subito, è quello di aver creato nell’area un piccolo gioiello che pian piano si disperde nella giungla dell’illegalità, causando così nel lungo periodo danni irreparabili per la collettività, che si attende la realizzazione della  seconda parte “ del sogno Gioia Tauro “.

Agli amici di FILCA e FENEAL con obiettività e rispetto dico:

- La fase è molto delicata per le politiche di sviluppo dell’area industriale, il lavoro che ci attende per i prossimi anni sarà difficile e nello stesso tempo ambizioso, la straordinaria esperienza dell’unità sindacale, che viviamo quotidianamente nel settore delle costruzioni, pratichiamola anche negli impianti fissi di questo pezzo di territorio, svolgendo in tal senso un ruolo vero di categoria che, a volte, rispetto alle nostre prerogative dobbiamo avere la capacità di fare scelte che si possono anche differenziare dalle confederazioni.

Questo è il percorso che intendiamo portare avanti da domani mattina, il nostro auspicio è quello di percorrerlo unitariamente ed in fretta.

La parte conclusiva della relazione, che segue, la dedico alla questione organizzativa della categoria, e più in generale sulla camera del lavoro di Gioia Tauro.

I nostri risultati raggiunti in questi anni dalla FILLEA   sono positivi, aumentano gli iscritti in relazione al positivo andamento del mercato delle costruzioni, è ipotizzabile chiudere il tesseramento del 2001 oltre i mille e trecento iscritti.

La mappatura del nostro tesseramento, per la prima volta nella storia della FILLEA di Gioia Tauro, evidenzia una presenza significativa di lavoratori provenienti dagli impianti fissi ed in particolare dal settore legno e mobilio per arredamento, dove stiamo vivendo un’esperienza straordinaria nell’industria “ Papandrea “.

La presenza del sindacato ha consentito di costruire un gruppo compatto di giovani lavoratori, che ringrazio pubblicamente, per la fiducia, la passione, la pazienza e la continuità che hanno dimostrato  per raggiungere piccoli risultati, la strada sarà ancora lunga  e  piena di insidie, ma vale la pena percorrerla per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori sui posti di lavoro.

Sotto l’aspetto organizzativo i prossimi anni debbono rappresentare per la FILLEA di Gioia Tauro  le prerogative per creare le condizioni di un ricambio alla guida della direzione politica  e per rispettare quelle che sono le regole della C.G.I.L., di conseguenza bisogna iniziare a sperimentare nuovi quadri dirigenti che collaborino e si responsabilizzino.

Un ruolo fondamentale la FILLEA,  l’ha esercitato nel dibattito interno nella camera del lavoro di Gioia Tauro, esprimendo in modo corretto le sue posizioni sulle questioni politiche e organizzative.

Negli anni passati la Direzione politica della C.G.I.L. si è assunta la responsabilità di scelte importanti sulle problematiche dell’area industriale senza il coinvolgimento del gruppo dirigente e delle categorie. Una gestione che non ha favorito le decisioni   collegiali  creando  momenti di forti divisioni interne.

Quella fase per fortuna si è conclusa; oggi ci sono le condizioni per celebrare il 6 e 7 Dicembre un congresso unitario, che ci consentirà mediante un progetto politico e organizzativo,  di affrontare i temi dello sviluppo e tentare di risolvere le aspettative occupazionali dei lavoratori e disoccupati della piana.