VI° CONGRESSO FILLEA-CGIL MILANO

RELAZIONE INTRODUTTIVA DI GIORGIO VANOLI

Gentili ospiti,  invitati, cari compagni delegati e delegate ,

innanzitutto voglio esprimervi un ringraziamento sentito per la partecipazione al nostro 6° Congresso comprensoriale.

Il nostro congresso si svolge al termine di un impegnativo lavoro preparatorio che ha visto lo svolgimento, in un arco temporale non grande, di 200 assemblee di luoghi di lavoro e territoriali, durante le quali sono stati coinvolti 4000 iscritti alla categoria.

I partecipanti alle assemblee sono stati 3500, mentre il numero dei votanti è pari a 3400 iscritti.

Come sappiamo nei luoghi di lavoro si sono confrontate le due tesi congressuali proposte. Il voto degli iscritti ha assegnato il 71,48 % alla mozione …….. ed il 28,52% alla mozione “Cambiare rotta”, con rispettivamente 67 delegati assegnati alla prima mozione e 27 delegati assegnati alla seconda mozione.

 

LA SITUAZIONE INTERNAZIONALE

Credo necessario, prima di addentrarci nelle tematiche tipiche del Congresso, una riflessione sulla situazione internazionale.

Mi voglio riferire in particolare, al tragico attentato terroristico alle Twins Towers dello scorso 11 settembre. Oltre al dolore ed alla commozione per le vittime innocenti , questa riflessione è necessaria credo anche, per le evidenti ricadute nella nostra vita quotidiana, per come ha inciso profondamente persino nelle nostre abitudini, nel nostro modo di pensare.

Tutti abbiamo immediatamente avvertito come gli atti terroristici di New York, e del Pentagono non erano diretti esclusivamente contro gli Stati Uniti, ma anche contro di noi, contro l’intero mondo occidentale.

La sofisticata trama terroristica ordita nel corso di lunghi anni necessari alla preparazione si è proposta, raggiungendoli, diversi obiettivi: mirare alla, presunta, invulnerabilità degli Stati Uniti colpendo simultaneamente i simboli del potere militare - il Pentagono, i simboli del potere economico - le Torri Gemelle,  il simbolo del potere politico.  Il quarto aereo precipitato avrebbe dovuto colpire la Casa Bianca, la dimora del Presidente americano.

Questa azione terroristica la dice lunga, tra le altre cose, su quella pseudo teoria, costruita spacciata e fatta circolare, a seguito della caduta dei regimi non democratici dell’est, da qualche pseudo teorico e filosofo della politica, a caccia di facile gloria, la teoria cioè sulla presunta fine della storia. 

La storia non è finita e non finirà, perlomeno sino a che nel mondo ci sarà ingiustizia e disuguaglianza.

Così come non potrà esistere un unico modo di pensare il mondo. Fortunatamente!

La Cgil condanna nella maniera più risoluta il terrorismo cieco nei suoi obiettivi : si è colpita gente inerme, di tante diverse nazionalità e credo religioso; condanna un  terrorismo tanto delirante nei suoi propositi, quanto potente nelle sue disponibilità e complicità.

Ogni atto terroristico distrugge vite umane , mina i valori della convivenza umana determina come reazione un attacco alle libertà fondamentali dei cittadini di tutto il mondo, ai diritti universali delle persone, peggiora le condizioni di esistenza delle popolazioni più povere.

“ ringrazio Dio perché sono stati distrutti i simboli dell’America, i mussulmani devono alzarsi e sradicare gli infedeli dalla Palestina e dalla penisola arabica”     ha     proclamato Bin Laden alla televisione il 7 ottobre in perfetta scelta di tempo con l’avvio dei bombardamenti americani.

E’ evidente che ci stiamo misurando con un terrorismo nuovo, che dispone di ingenti risorse economiche , di una organizzazione efficace e ramificata in occidente, in possesso sia di conoscenze tecnologiche, che di strategie sofisticate. Ma quello di Bin Laden è probabilmente solo la punta di un iceberg di un terrorismo invisibile, senza patria e senza volto con il quale ci dovremo ancora purtroppo misurare a lungo.

E’ un terrorismo che recluta i suoi adepti tra i diseredati del mondo per i quali, non avendo più nulla da perdere, la prospettiva di votarsi al martirio, assume il valore di un riscatto verso una situazione quotidiana disumana e invivibile.

Oggi siamo in una condizione nella quale, a livello planetario, c’è la consapevolezza che ogni violazione dei diritti umani commessa nell’angolo più remoto della terra è una ingiustizia che offende e colpisce tutti.

Come negare che l’Occidente si sia preoccupato più del proprio progresso economico , di uno sfruttamento egoistico delle risorse comuni , che di una minimamente equa distribuzione delle ricchezze?

Nella epoca della globalizzazione della economia la merce principale per quanto immateriale, è l’informazione. E’ la merce più veloce e più venduta. Sugli schermi televisivi di tutto il mondo , nelle favelas brasiliane come nelle nostre case si celebrano i fasti ed i lussi dell’occidente, proposti a genti e popoli che non hanno di che vivere.

Allora bisogna dire con forza che questo mondo ha bisogno di giustizia non di carità. Non solo e non tanto quindi, di fantomatici piani Marshall, ogni tanto vagheggiati da Berlusconi, che li alterna senza soluzione di continuità, alle gaffes internazionali che fa fare al paese.

Questo mondo ha bisogno di equa distribuzione delle risorse .

Questo mondo ha bisogno della politica, soprattutto quella delle forze progressiste, dei sindacati che è stata, lo dobbiamo ammettere, oggettivamente molto carente in questi anni.

Questo mondo ha bisogno che i palestinesi abbiano una loro patria, così come gli altri popoli senza patria e oppressi, senza tergiversare sugli aggettivi, sulle modalità e sui tempi.

E’ l’ora che sui temi della giustizia dello sviluppo equo, della lotta alle povertà anche il sindacato, la Cgil in particolare, riprenda la mobilitazione che appare del tutto insufficiente.

Occorre però interrogarsi , al di la della legittimità della azione americana, supportata da tre risoluzioni dell’Onu, e posto il fatto che non si possono lasciare impuniti i crimini terroristici contro l’umanità, che occorra fare giustizia , sulle risposte date dall’occidente. Se sono cioè, realmente efficaci i bombardamenti, come risposta al terrorismo, oppure siano necessari strumenti di lotta diversi, anche in considerazione degli scarsi risultati raggiunti.

Credo comunque necessaria una sospensione dei bombardamenti, per soccorrere le popolazioni inermi ed indifese, ed un profondo ripensamento della strategia militare.

 

LA SITUAZIONE ITALIANA

Una delle principali conseguenze della azione terroristica sarà quella di accelerare processi già latenti e preesistenti l’11 settembre, relativi ad una ormai evidente fase di rallentamento della economia internazionale.

Anche da questa prospettiva, è oramai chiaro agli osservatori obiettivi di cose economiche, come la legge finanziaria presentata dal governo di Berlusconi  appaia oltre che per la sua iniquità,  anche perché inefficace ai fini di contrastare la congiuntura economica negativa. Da ciò i reiterati e continui pressing confindustriali sul Governo, in favore di tagli al welfare.

 Insomma non c’è e non ci sarà spazio per realizzare quelle mirabolanti promesse, spese in tutte le direzioni in campagna elettorale, sulla riduzione delle tasse a carico delle persone fisiche e sull’aumento delle pensioni in primo luogo.

Sono i presupposti stessi sui quali è stata concepita la finanziaria che sono sbagliati e demagogici.

Tutto ruota infatti intorno ad una previsione di crescita del paese per il 2002 stimata in ordine al 3%, peraltro già frettolosamente abbassato. Un livello di sviluppo quasi da boom economico che non si vede dagli anni ’60 in Italia.

Si è teso a costruire in sostanza, l’ impianto della legge economica fondamentale  del paese, sul presupposto che le regalie alle imprese a pioggia : legge Tremonti bis sugli utili, condoni di varia natura etc., fossero di per se sufficienti a lanciare massicciamente l’economia convincendo  il sistema delle imprese ad investire  e a realizzare quindi una crescita della portata prevista in finanziaria.

Queste teorie economiche sono vecchie, già sperimentate e fallite , così come sono conosciuti i danni apportati ai bilanci degli stati che le hanno praticate, ed allo stato sociale, elevando dappertutto il livello di povertà delle classi più basse e dei lavoratori.

In realtà la crescita del prodotto interno italiano nella migliore delle ipotesi non supererà l’1,5% determinando un pesante buco nei conti pubblici, con l’esigenza di recuperare coprire il deficit anche in ragione del non modificabile , per lo meno a breve, patto di stabilità con l’Europa.

Forse allora, rivedremo in tv Tremonti e Berlusconi, con tabelle e lavagne luminose, incolpare di tutto ciò  Giuliano Amato (ci sono abituati), nonostante gli emissari del Fondo Monetario Internazionale si siamo prodigati a spiegare la situazione italiana a Berlusconi, a seguito della polemica sul presunto buco del 2001.

Credo quindi che a breve avremo, come sindacato, il problema dei tagli per riassestare il bilancio dello stato, anche a seguito delle scelte a senso unico che sono state realizzate a favore delle imprese, così come peraltro dettato a Parma dal capo di Confindustria.

I tagli saranno sicuramente incentrati sullo stato sociale, ed in primo luogo sanità e pensioni.  Immagino dovremo mettere in campo una azione di lotta e di contrasto che dovrà essere costruita con le altre Confederazioni in una forte determinazione della Cgil ad un rinnovato rapporto unitario.

I primi mesi del governo sono assolutamente preoccupanti, per le scelte compiute.

Si è deciso di percorrere la strada voluta da D’Amato e dalla parte più arretrata delle imprese  che fonda il rilancio della economia ed una nuova competitività della industria italiana nella globalizzazione e nel mercato europeo, esclusivamente perseguendo una politica di taglio dei costi, e non quella della competizione economica fondata sulla qualità dei prodotti, sulla innovazione di prodotto e di processo, sulla ricerca.

Negli atti relativi ai cosiddetti primi 100 giorni sono stati assunti nell’ordine i seguenti provvedimenti:

-          soppressione degli oneri fiscali per successioni e donazioni, realizzando una iniqua regalia a favore della rendita e della speculazione finanziaria.

-          normativa che inasprisce, dal punto di vista fiscale il carico delle cooperative, ciò determinerà ricadute occupazionali negative nelle cooperative vere.

-          approvazione della normativa sul falso in bilancio, volta a depenalizzare le false comunicazioni sociali degli amministratori di impresa, ai soci ma anche al mercato. Con ciò vanno prescritti e annullati una serie di processi importanti.

-          Approvazione della legge sulle rogatorie internazionali, che le rende più difficili. Anche qui come sappiamo ci sono processi in corso.

-          La legge sul rientro dei capitali illecitamente dirottati all’estero. Con un modico e simbolico contributo pari al 2,5% del capitale rientrato si garantisce l’anonimato all’esportatore clandestino di capitali, siano essi denari puliti, oppure frutto di azioni criminali. In sostanza mentre in Italia vi erano lavoratori ed imprese,  commercianti che lavorando e producendo pagavano tasse ed imposte pesanti , vi è stato chi ha sottratto risorse alla collettività ed oggi viene premiato.

-          Provvedimenti per la emersione dal nero delle imprese.

-          Detassazione a pioggia per tutte le imprese con la cosiddetta Tremonti-bis.

 

Su questi provvedimenti ci siamo beccati gli strali della comunità internazionale e del mondo finanziario, anche in ragione della delicata congiuntura politica e della necessità di lotta ai capitali del terrorismo. Insomma la solita italietta di serie B furba ed inaffidabile.

 

Sul fronte invece delle fasce più povere della popolazione e del mondo del lavoro dipendente non si vede così tanta solerzia anzi, stiamo assistendo ad un aggravamento del carico fiscale.

 

Il governo ha abbandonato la decisione di procedere ad un abbassamento dell’Irpef per i redditi medio-bassi, mentre in finanziaria è stata cancellata la norma che prevedeva la restituzione del fiscal-drag in caso di inflazione superiore al 2%, prevista dalle precedenti finanziarie, aumentando le tasse ai lavoratori.

Per lo stesso aumento delle pensioni promesso che ha portato molti consensi al Governo appare come sarà limitata la platea dei beneficiari.

 

Nelle scorse settimane è stato presentato il cosiddetto Libro Bianco sul lavoro.

Anche su questa scelta, accanto a qualche contenuto interessante come il cosiddetto lavoro a progetto, si stanno facendo le peggiori scelte possibili tutte orientate alla precarizzazione del lavoro. Si punta oggettivamente a minare l’intero sistema della rappresentanza e della contrattazione collettiva mirando alla individualizzazione dei rapporti di lavoro tra impresa e lavoratori, laddove sarà l’impresa evidentemente, considerati i diversi rapporti di forza a dettare le sue regole.

Lo stesso attacco allo Statuto dei Lavoratori va in questa direzione. Pretendendo la cancellazione della reintegra del lavoratore ingiustamente licenziato dall’art. 18, prevista dal Libro Bianco,  in realtà si punta ad affossare un articolato legislativo che ha saputo garantire in oltre 30 anni l’esercizio dei diritti fondamentali dei lavoratori nei luoghi di lavoro e l’esercizio della attività sindacale. Con grande spregio democratico dei risultati del referendum radicale battuto dai cittadini del paese tramite l’esercizio del voto si punta a cancellare una norma che gli italiani hanno, anche recentemente, riconfermato.

Io sono convinto, che ci troviamo di fronte ad un governo pericoloso, che coniuga il peggior populismo  demagogico con le peggiori politiche iperliberiste a senso unico, contro i lavoratori, ed è per questo importante ritrovare momenti di forte unità con le altre organizzazioni sindacali, a partire dalla necessità di ottenere una vera trattativa sulle pensioni, evitando il ricorso alla delega, che spianerebbe la strada a pesanti tagli delle prestazioni.

 

IL SETTORE EDILE

Se potessimo virtualmente sovrapporre la situazione odierna del settore edile dal punto di vista della proprietà, strutturazione, dimensione organizzativa, organizzazione della produzione, composizione professionale etc, alla data dell’ultimo congresso comprensoriale della Fillea del 1996, ci troveremmo di fronte una situazione assolutamente diversa ed illeggibile con le lenti di quel periodo.

Nella seconda metà degli anni 90 nel milanese eravamo ancora alle prese con lo scenario che si era caratterizzato in tutto il comparto delle costruzioni, dalla edilizia al manufatto, dai lapidei al cemento, a seguito delle vicende di tangentopoli.

Le inchieste della magistratura, condotte in quegli anni avevano messo in luce il sistema di corruzione e di finanziamento illecito che aveva pesantemente segnato il settore della edilizia.

Interi pezzi dell’apparato produttivo del settore, la crema delle imprese milanesi sono state letteralmente travolte e spazzate via dalla crisi, determinatasi a seguito delle inchieste, dalla successiva caduta degli investimenti pubblici e privati, dal vuoto legislativo intervenuto a seguito della necessità di operare una riscrittura della legislazione sugli appalti pubblici.

Nel settore edile milanese nel corso di quegli anni sono spariti dal mercato, dalla produzione i nomi più prestigiosi della imprenditoria edile , imprese con storia centenaria, le imprese più prestigiose dell’area milanese, o, nella migliore delle ipotesi, hanno subito pesanti ridimensionamenti.

Oltre 200 le società di capitali milanesi fallite solo nel biennio 1995 1996. L’attività sindacale consisteva in quegli anni prevalentemente nell’affrontare le crisi, nel tutelare i lavoratori ad essa esposti, in una situazione di non disponibilità piena di ammortizzatori sociali, al contrario degli altri settori.

Lo scenario odierno è rappresentato, sul piano milanese , e sul piano nazionale da livelli di crescita del settore che ha pochi riscontri se paragonato agli ultimi 50 anni. Di più , la crescita conosciuta dal settore edile nella  ripresa successiva al 1998 ha visto incrementi produttivi del settore che hanno superato la crescita media del Prodotto Interno Lordo del paese.

Il tasso di crescita è stato infatti pari 2,8% del 1999 ed ha raggiunto addirittura il 3,6% lo scorso anno. Attualmente stiamo navigando intorno ad un tasso di crescita previsto per il 2001 pari al 2,6%.

Tutto bene quindi?

Purtroppo non è così. Sulla piazza milanese la fase di riorganizzazione delle imprese successiva al periodo di tangentopoli ha visto la totale destrutturazione del sistema delle imprese edili.

Alla situazione richiamata di fallimenti cessazioni chiusure etc. degli anni passati, non è seguita una fase nuova di  rinnovata capacità imprenditoriale tale da determinare un nuovo tipo di impresa in linea con le  necessità e le esigenze della nuova domanda di  mercato cioè domanda di qualità.

Non abbiamo visto, a Milano, crescere e consolidarsi una nuova generazione di imprenditori capaci e volenterosi di competere in capacità organizzativa e capacità tecnico operativa adeguata della produzione in funzione della domanda, voglia di assumersi il rischio di impresa nella competizione del nuovo mercato.

Tutt’altro. Milano vive nella debolezza ormai strutturale nel settore. Accanto a punti di eccellenza, ancora fortunatamente presenti, nel campo della progettazione e direzione delle opere, seppure ancora in presenza di forti tentativi di  ridimensionamento della occupazione, non abbiamo imprese all’altezza della bisogna.

Un solo dato: se nel 1996 Milano poteva disporre di x imprese con un numero di addetti operai superiore ai 100, oggi le imprese con più di 100 addetti operai sono solamente…………..Se addirittura da queste dovessimo togliere le imprese della cooperazione si scenderebbe a poche unità.

Abbiamo verificato, e questa ironicamente potremmo chiamarla la parte nobile del lavoro irregolare in edilizia, come oramai il numero di posizioni di lavoro autonomo a Milano e provincia sia pari al numero degli operai dipendenti e regolari iscritti alla Cassa Edile. E questo è francamente incredibile.

Siamo al paradosso. Il legislatore con le tre leggi Merloni sugli appalti , in linea con le filosofie della Unione Europea, pretende nel campo delle opere pubbliche imprese qualificate, certificate poichè solo in questo modo si ha la certezza di realizzare opere qualitativamente valide, poiché solo in questo modo si ha la certezza di una spesa pubblica efficace e contenuta. Ebbene nel settore edile a Milano si va in senso opposto.

Quanto è il lavoro irregolare, il lavoro nero a Milano? Il 50%, il 40% , il 60%? Stime sono difficili da realizzare . Sicuramente una operazione interessante da svolgere sarebbe quella di incrociare i dati della contabilità nazionale sul valore del prodotto costruito con il relativo costo della manodopera impiegata. Ne scopriremmo delle belle. Non sono posizioni di parte se addirittura Centredil, associazione datoriale di categoria e Bocconi quantificano il lavoro nero a Milano, in una percentuale pari al 24%.

Sicuramente possiamo affermare che a Milano e provincia non esiste cantiere senza la presenza di lavoratori in nero ed irregolari.

Al paradosso possiamo aggiungere paradosso. Il settore più esposto al lavoro nero è quello pubblico. In virtù della nuova legislazione in materia di sicurezza 626 ma soprattutto le leggi di recepimento della direttiva europea sui cantieri temporanei e mobili il privato ha elevato la soglia di attenzione alla regolarità ed alla sicurezza, cosa che non avviene nel pubblico.

Questa primavera, dopo lunga e prolungata insistenza e pressioni che abbiamo fatto sul Ministro del Lavoro del precedente governo, abbiamo avuto la possibilità, e la fortuna, quasi che il nero fosse solo un problema sindacale, di disporre di una Task-Force del Ministero del lavoro. Ebbene su 24 cantieri pubblici visitati 14 sono stati sequestrati 5 fermati. Su circa 500 lavoratori presenti nei cantieri ispezionati la metà sono stati trovati in nero, alcune decine  gli stranieri privi di permesso di soggiorno. (certo che colmo per Bossi e le sue guardie padane, clandestini nei cantieri di Alberini, bisognerebbe avvertirlo !!).

Non illazioni sindacali e strumentali dunque ma la triste realtà del settore a Milano.

Ma perché questo fenomeno? quale l’origine, quali le motivazioni che lo sostengono.

Io penso che le cause siamo complesse, e rappresentano violazioni che si determinano in più momenti e che hanno tante responsabilità.

Intanto dobbiamo avere il coraggio di riconoscere che se tali sono le proporzioni del fenomeno vuol dire che la legislazione sul settore non ha realizzato pienamente gli scopi prefissi , nonostante dopo ben 140 anni possiamo disporre di una legislazione organica con le tre Merloni e questo è certamente positivo.

In primo luogo io credo che l’avere previsto come esclusivo elemento di aggiudicazione degli appalti il massimo ribasso ha creato di fatto, una situazione di mercato drogata, per cui le imprese offrono ribassi d’asta vertiginosi pur di aggiudicarsi il lavoro sapendo  che non riusciranno a rientrare nei costi ed a realizzare margini, se non ricorrendo a forme di lavoro in nero od irregolare.

E’ significativo ed emblematico  che ancora lo scorso anno il Comune di Milano mandava in gara gli appalti con prezzi del 1989, e nonostante ciò i lavori venivano assegnati con ribassi anche del 30%.

Qui possiamo verificare due primi comportamenti che determinano i fenomeni decritti del nero. L’uno dell’impresa che utilizza le squadre le catene interminabili di subappalto, ma l’altro sicuramente del pubblico che non controlla , meglio che non si assume la responsabilità di controllare come si eseguono i lavori e con chi, se le imprese che svolgono i lavori sono quelle che hanno vinto la gara o sono altre in subappalto non qualificate ne certificate.

Ma vi è, ed è giusto sottolinearlo per un sindacato, un altro problema importante che alimenta il ricorso al lavoro nero ed irregolare: il problema salariale dei lavoratori del settore, si è rotta quella che io chiamo la “soglia di convenienza” al lavoro regolare.

Quello edile è un lavoro gravoso, pesante , che si svolge in  condizioni di precarietà. In questo settore gli stessi diritti fondamentali dei lavoratori sono come sappiamo limitati, non vi è certezza del posto di lavoro. 

Sono sempre meno purtroppo i qualificati e gli specializzati disponibili a stare nel settore alle paghe contrattuali, come tra l’altro abbiamo a Milano abbondantemente documentato con le iniziative intraprese negli scorsi anni.

Potremmo non parlare di questi aspetti , fare finta che non esistano, faremmo la politica dello struzzo.

Che fare allora per riportare quella parte dei lavoratori che hanno scelto il nero alla regolarità, considerato il differenziale consistente che esiste tra le paghe contrattuali nette e quanto in nero  viene erogato. Una ipotesi di lavoro, visto che non si possono chiedere 500/600.000 lire di aumenti, la si potrebbe ricavare operando sugli aspetti fiscali della retribuzione percepita, rispolverando e migliorando quei concetti di indennità, ciòè di indennizzo, non di reddito quindi già contemplati dalla legislazione fiscale , riconoscendo ai lavori come quelli del nostro settore maggiori deduzioni , detrazioni fiscali in ragione del fatto che il lavoro si svolge lontano da casa, in luoghi diversi e che comporta tra l’altro per il lavoratore maggiori spese per la produzione del reddito.

Comunque io credo che ci si debba sporcare le mani su questo problema, pena il rischio di perdere del tutto l’autorità contrattuale e salariale del sindacato. Altro terreno il riconoscimento di miglioramenti per il diritto a percepire la pensione, non si può stare sui ponteggi fino a 65 anni.

C’è inoltre un problema di status di dignità del lavoro edile. Negli anni ha perso di considerazione anche dal punto di vista della visibilità sociale e del suo riconoscimento. La dignità del lavoro si realizza anche a partire dalle cose elementari  spogliatoi,  servizi igienici  locali mensa dignitosi nei cantieri, piccole cose delle quali le nostre imprese hanno perso la cognizione.

Credo sia necessario  avere il coraggio di uscire negli appalti pubblici dall’esclusiva logica dell’assegnazione dell’appalto al massimo ribasso, frutto della richiamata esigenza post tangentopoli. E’ necessario imboccare con decisione la strada dell’assegnazione dell’opera all’offerta economicamente più vantaggiosa, così come avviene per esempio in Francia, dove gli elementi considerati ai fini dell’assegnazione non siano solo il prezzo ma anche la qualità delle soluzioni tecnologiche prospettate sulla base del progetto, i tempi e le modalità di realizzazione dell’opera, gli aspetti relativi alla manutenzione, le garanzie rilasciate dall’impresa, lasciando perché no, anche un minimo di potere discrezionale in più alle stazioni appaltanti.

In ogni caso bisogna spezzare il pesante giro dei ricatti, della intermediazione di manodopera, dei caporali, dei soldi in nero frutto di false fatturazioni, dei lavoratori clandestini spesso non pagati e che non possiamo tutelare perché rischiano l’espulsione, che non possono rivendicare i loro diritti. In una parola, riportare alla legalità il settore a Milano.

Le organizzazioni sindacali di categoria e la Fillea soprattutto, ha fatto del suo meglio in questi anni, sul fronte della regolarità e legalità. Tutto questo inserito in una buona e da valorizzare tenuta unitaria e condivisione degli obiettivi. Abbiamo realizzato importanti intese dal Documento Unico di Regolarità, agli accordi preventivi con le stazioni appaltanti, alla contrattazione di anticipo in molti cantieri. Abbiamo spesso denunciato le illegalità alla magistratura, abbiamo promosso trasmissioni televisive che hanno avuto un forte impatto, abbiamo  richiesto e ottenuto dalla Prefettura la realizzazione di una task force, ovvero di un gruppo ispettivo integrato Inps, Inail GdF, Cassa Edile che tuttora opera positivamente come ci verrà più avanti riferito dal dott. Sangiorgio. Continueremo su questa strada,  tutti però devono fare la loro parte, a partire dallo Stato.

 

 GLI IMPIANTI FISSI

Nonostante gli impianti fissi nel nostro comprensorio ( legno, cave, manufatti cemento) non abbiano una consistenza assimilabile a quella di altri territori del paese, rappresentano sicuramente all’oggi un’importante terreno per la nostra iniziativa. Un terreno sul quale investire maggiormente in azione sindacale da parte della Fillea di Milano, anche per la complessità dei fenomeni che sono in questi settori presenti. Per le esigenze di rilancio della contrattazione articolata e di tutela dei lavoratori interessati ai processi di riorganizzazione che stanno di fatto minando, in molte situazioni la possibilità stessa dell’agire sindacale.

Anche in questi settori abbiamo assistito al verificarsi di pesanti processi di esternalizzazione di parte della attività produttiva che hanno interessato dapprima, alcune funzioni di servizio alla produzione, prevalentemente collocate nelle aree impiegatizie, sino negli ultimi anni investire ed interessare addirittura parti della produzione vera e propria.

Abbiamo , in determinati casi, verificato la cessione a terze società , spesso di emanazione della stessa azienda, di parti della attività produttiva, attraverso la costituzione di micro imprese nelle quali è di fatto impossibilitato l’esercizio della attività sindacale.

Abbiamo in altre situazioni verificato l’ingresso nelle aziende di presunte cooperative alle quali viene assegnata (subappaltata) di fatto , la realizzazione di parti rilevanti della produzione stessa.

Abbiamo registrato un tentativo costante di utilizzo improprio ed estremo, della cosiddetta “flessibilità”. In entrata ed in uscita : esplosione del tempo determinato, interinale etc. che hanno minato fortemente le condizioni di professionalità, di sicurezza e dell’agire sindacale in questi luoghi di lavoro.

In generale questi processi si sono rivolti ad una estrema, quasi esclusiva, attenzione all’aspetto relativo al contenimento dei costi della produzione, piuttosto che sugli aspetti relativa alla qualità dei manufatti e del prodotto. Una strada insomma alla competizione nel mercato globale che tende a competere sulla compressione del costo del lavoro piuttosto che sulla qualità delle merci e del ciclo di produzione. La via più bassa alla competizione, da capitalismo senza rischio di impresa, che piace tanto al presidente di Confindustria.

Nonostante queste difficoltà abbiamo esercitato la contrattazione aziendale ed articolata spesso realizzando risultati interessanti considerata anche la modesta dimensione media degli addetti di queste aziende.

Alcune importanti vertenze aziendali sono ancora aperte o sono in fase di apertura e sicuramente realizzeremo importanti intese.

Nel settore delle cave è necessario ritentare la strada dell’accordo provinciale interrotta dal 1989, nonostante l’opposizione di Assolombarda.

La Fillea milanese come detto dovrà investire in questi settori anche in considerazione del fatto che nubi minacciose si affacciano all’orizzonte in ragione dei primi segnali di crisi.

 

LA  SICUREZZA NEL LAVORO

Se la situazione descritta relativamente ai modificati assetti della struttura produttiva ed economica delle imprese , sia del settore edile che in generale degli impianti fissi è condivisibile, appare immediatamente chiaro come vi sia una emergenza da affrontare che deve rimanere al primo punto della agenda di lavoro sindacale: la sicurezza.

La precarizzazione dei rapporti di lavoro nei settori, l’uso massiccio della esternalizzazione di pezzi importanti della attività produttiva determina una drammatica caduta delle condizioni di sicurezza nelle aziende. Così come la destrutturazione totale del settore della edilizia la catena impressionante di subappalti che si verificano nel sistema delle costruzioni determina un innalzamento della soglia di rischio per i lavoratori ed una emergenza sociale drammatica.

Siamo purtroppo ben lontani dalla logica ispiratrice delle direttive europee in materia di sicurezza (dal 626 in poi) che pretendono una partecipazione consapevole e responsabile di tutti i soggetti della produzione al ciclo della sicurezza nell’obiettivo di realizzare un lavoro il più sicuro possibile. Una funzione anche, se vogliamo, economicistica e volta alla competitività, cioè quella di abbassare i costi economici e sociali degli infortuni sul lavoro.

 

I dati nella loro crudezza stanno a dimostrare la situazione descritta.

INAIL  fornisce questi dati , aprile 2001 su aprile 2000.

 

Infortuni sul lavoro totali denunciati.

 

ITALIA 

- Settore Legno ed affini -          aprile 2001 su aprile 2000  = + 1,7 %

- Settore Costruzioni -                aprile 2001 su aprile 2000 = + 2,54 %

 

MILANO

- Settore Legno ed affini -          aprile 2001 su aprile 2000 = + 2,47 %

- Settore Costruzioni -                aprile 2001 su aprile 2000 = + 8 %                                                                      

 

La situazione milanese peggiore dunque della situazione nazionale.

 

Infortuni mortali

 

ITALIA

- Settore Legno ed affini -          anno 2000 su 1999  =  - 37 %

- Settore Costruzioni -                anno 2000 su 1999  = - 6,7 %

 

MILANO

- Settore Legno ed affini -           anno 1999 1 caso , anno 2000 = 0 casi   

- Settore Costruzioni -                 anno   1999   7  casi,   anno 2000 = 10 casi                                                       

 

La situazione milanese nettamente peggiore dunque della situazione nazionale, come dato complessivo, perlomeno nelle costruzioni.

 

Tutto ciò nonostante la notevole mole di interventi messi in atto dalle ASL di Milano, l’ottimo lavoro realizzato, come ci sarà spiegato dal Dott. Prandi, il forte impegno degli operatori, spesso lasciati in condizioni precarie, la collaborazione con gli RLS/RLST e con le OOSS. Questi dati sono purtroppo il risultato della situazione più indietro evidenziata.

La precarizzazione delle condizioni di lavoro si riflette sull’insieme dei lavoratori , compresi gli impiegati, basti pensare alla non applicazione generalizzata della direttiva sui videoterminali.

Sulle problematiche della sicurezza quindi la nostra attenzione ed iniziativa dovrà essere se possibile ancora piu incisiva di quella realizzata sin’ora. Nelle piattaforme aziendali in preparazione questo tema deve avere una rilevanza primaria accanto agli altri.

 Nel settore delle costruzioni occorre proseguire con tenacia il lavoro sin qui fatto. A Milano abbiamo saputo costruire una esperienza originale unica nel panorama nazionale, nella nostra e nelle altre categorie, e ne siamo orgogliosi.

Abbiamo costituito l’associazione dei Rappresentanti alla Sicurezza Territoriale ASLE/rlst. L’abbiamo voluta e concepita come associazione no-profit autonoma e distinta dalle parti. Essa ha svolto un egregio lavoro in questi anni, di intervento sui cantieri e addirittura di ricerca,  soprattutto per l’impegno e la passione profusa dal coordinatore e dagli operatori , in un clima sempre, di sereno confronto, unicamente rivolto alle cose da fare in materia di sicurezza.

Oggi vedremo una delle cose importanti realizzate, un cd-rom sul ciclo della sicurezza che sarà provocatoriamente “regalato” a tutti gli amministratori pubblici della nostra provincia allo scopo di una loro sensibilizzazione in materia. Con la ricerca sulle condizioni di salute dei lavoratori edili nei cantieri , che ci ha fornito indicazioni sorprendenti e preoccupanti circa la salute degli edili nei cantieri,  realizzata con la preziosissima collaborazione della ASL Milano, il cd ha rappresentato un passaggio importante del nostro lavoro sulla sicurezza. Tra qualche mese l’Università di Pisa completerà l’elaborazione dei dati realizzati e ciò sarà sicuramente oggetto di una nostra specifica riflessione, anche perché non esiste in Italia letteratura scientifica sulla condizioni di salute degli edili.

Colgo l’occasione qui per ringraziare tutti gli operatori dell’Asle-Rlst ed il coordinatore per il lavoro che assieme abbiamo fatto in questi anni, che non sarebbe stato possibile senza la loro preziosa collaborazione.

 

LA CONTRATTAZIONE

Un tema cruciale del nostro lavoro sarà orientato sulla contrattazione. Un sindacato vive nell’interesse dei lavoratori se contratta, se fa accordi se realizza miglioramenti nelle condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori.    

Per questo motivo già nelle prossime settimane saremo in campo nel settore edile per conquistare la parte del biennio del Contratto Nazionale e per ottenere il tetto ed il via libera alla contrattazione provinciale che le controparti padronali delle costruzioni ostinatamente ci negano, nonostante i gravissimi problemi di sicurezza e regolarità del lavoro presenti e la situazione produttiva del settore eccellente.

Io sono convinto che le posizioni di Ance questa volta non siano frutto di qualche manovretta dilatoria e tattica tendente ad ottenere qualche concessione dal sindacato o dal governo, qualche sconticino sulle richieste . C’è dell’altro e di più sostanziale che caratterizza il comportamento e le scelte politiche di questa associazione. Esiste una completa ed integrale condivisione delle posizioni più oltranziste di confindustria che sono oggettivamente orientate allo smantellamento della struttura contrattuale definita dall’accordo del 23 luglio 1993.

Quando si chiede la decontribuzione dei superminimi,  come fa Ance , ed Assimpredil (guarda caso in perfetta sintonia con le posizioni del Polo) si pensa alla contrattazione individuale impresa/lavoratore ed a bypassare la contrattazione collettiva. Quando si chiede la liberalizzazione di tutte le forme più precarie di prestazione lavorativa , dal part-time al prestito di manodopera, all’interinale; quando si richiede (!) che ai lavoratori interinali non sia applicato il nostro contratto, si pensa unicamente ad avere mano libera nella gestione dei rapporti di lavoro.

Sarà una battaglia dura ed impegnativa. Per questo  è importante che riesca benissimo lo sciopero che abbiamo proclamato per il settore edile del prossimo 30 novembre e  tutte le iniziative che abbiamo programmato.

Credo importante questa nostra azione di lotta per la necessità stessa di mantenere due livelli contrattuali. Il primo, il CCNL per garantire i diritti le regole i minimi contrattuali ed il recupero dell’inflazione. Il secondo livello aziendale o territoriale per intervenire contrattualmente sulle specificità territoriali e per recuperare quote della produttività realizzata in azienda o nel territorio.

Assistiamo ad un attacco alla struttura della contrattazione portato avanti dalle associazioni padronali ma non solo da esse.

Nel cosiddetto libro bianco sul lavoro del Ministro della Lega Maroni si teorizza di fatto su contratti regionali in sostituzione dei CCNL., (ancora una volta Confindustria docet) cosi come sulla presunta contrattazione individuale. Come se tutti i lavoratori avessero le stesse possibilità negoziali dell’imprenditore!

Dovremo battere questi tentativi oltranzisti che dobbiamo sapere verranno avanti con forza.

Da parte mia, e lo ripeto da tempo, sono convinto che sosteniamo davvero il livello nazionale del contratto solo se saremo in grado di produrre anche qualche decisione in ordine agli accorpamenti dei CCNL . Oggi ne esistono addirittura più di 400, da quello metalmeccanico a quello delle maniglie delle porte ( lo dico perché interessa la nostra provincia).

Bisogna procedere  urgentemente in direzione di un raggruppamento e riduzione degli stessi, non fosse altro che per creare in occasione delle lotte necessarie anche una massa  più forte di lavoratori.

Avremo , speriamo a breve, la contrattazione provinciale in edilizia, riguarderà il rinnovo di tre contratti provinciali, industria artigianato e cooperazione.. Stiamo procedendo nella elaborazione unitaria delle richieste, che saranno valutate in un attivo di delegati del settore , nelle assemblee di cantiere e di ufficio e trasmesse alla controparte.

 

GLI ENTI CONTRATTUALI.

Nel settore edile sono fondamentali e dovranno essere oggetto di specifiche iniziative sindacali. Essi inoltre svolgono un importante ruolo di gestione delle nome contrattate. Non è detto sia sempre così. Purtroppo.

Lo scenario che dobbiamo avere il coraggio di rappresentare ci consegna una situazione complessa, ed abbiamo avuto modo a Milano di verificarla sul campo attraverso una ricerca condotta sulle opinioni dei lavoratori e delle imprese. Esiste un pericolo di “disaffezione “ dei lavoratori edili a quelli che dovrebbero considerare invece i loro enti. E’ questo, probabilmente per le caratteristiche del mercato del lavoro milanese, un fenomeno già presente nel  territorio. Il rischio che intravedo è che questa disaffezione possa saldarsi con le spinte più liberiste che attraversano il mondo delle imprese edili con il risultato quindi di decretare il decadimento della bilateralità.

Occorre allora un profondo intervento di ……..chiamiamolo un po’  pomposamente di riforma degli enti paritetici stessi.

Credo si dovrebbe realizzare una sorta di sinergia operativa tra gli enti milanesi che vada nella direzione, da un lato di contrastare il lavoro nero e spurio comunque presente, mettendo in circolo le informazioni di cui si dispone. Vanno definiti obiettivi comuni sulle azioni da intraprendere, lavorando sempre per obiettivi.

E’ necessario costruire situazione nella quale il lavoratore edile e l’impresa realizzino un effettivo e visibile  “valore aggiunto” dato dalla adesione al “Sistema degli Enti”.

Sarà un caso o no se l’opinione oggi prevalente e circolante nel settore è quella che gli enti rappresentano solo costi, quando in realtà la gamma di servizi offerti, di prestazioni, di mutualità, ripaga abbondantemente i costi sostenuti?

Per la Cassa Edile ritengo importante migliorare e qualificare le prestazioni, soprattutto quelle previdenziali e sanitarie , anche in considerazione del fatto che con l’arretramento delle tutele offerte dallo Stato è necessario riaffermare i principi mutualistici e solidali, e intanto per favore non chiamiamo più le prestazioni della Cassa Edile……assistenze.

Esem nonostante la mole notevole di attività realizzata tuttavia soffre di una “crisi di vocazioni “ compensabile solo parzialmente attraverso la riforma dei cicli scolastici o quanto di essa rimarrà. Sono sempre in diminuzione i corsisti giornalieri che realizzano la formazione in orario di lavoro mandati dalle imprese. Mentre la formazione si rivolge fuori orario di lavoro prevalentemente al settore impiegatizio.

Del resto considerata la dimensione media di impresa milanese ormai pari a 5 operai per impresa , comprese le imprese di cottimisti, diventa difficile l’esercizio della formazione negli orari di lavoro.

Io penso interessante affrontare due direttrici. L’una quella di agevolare le imprese ed i lavoratori, operai ed impiegati, nella ricerca di occupazione. Soprattutto attraverso l’esercizio del ciclo lavoro-formazione-riqualificazione-eventuale nuova occupazione , soprattutto nei momenti di crisi.

L’altra direttrice potrebbe essere quella di strutturare permanentemente una attività finalizzata al bilancio ed alla certificazione delle competenze dei lavoratori sia operai che impiegati. Oggi infatti i lavoratori non sono nelle condizioni di spendere con sicurezza, in quanto non attestate, le competenze acquisite con la formazione o l’esperienza sul mercato del lavoro. Voglio dire che le competenze lavorative maturate in una tradizionale azienda manifatturiere sono più evidenti, piu facili da classificare . Nel settore edile con la mobilità occupazionale esistente questo è praticamente impossibile.

I lavoratori volontariamente di norma annualmente potrebbero in Esem farsi attestare le competenze acquisite da lavoro o da formazione anche ai fini di una valorizzazione professionale nella impresa nella quale lavorano, oppure per migliorare in generale la propria condizione lavorativa.

Questo processo proposto del resto non è originale.Avviene in buona parte dei paesi europei. Addirittura in Francia il lavoratore ha a disposizione fino a 3 giorni/anno retribuiti allo scopo.

Pensiamo anche ai lavoratori stranieri, non hanno padronanza della lingua e sono in condizioni contrattuali decisamente meno favorevoli degli altri per spendere le loro capacità professionali. Il bilancio delle competenze potrà offrire loro “pari opportunità” con gli altri. Del resto non è pensabile che marocchini, egiziani o albanesi debbano fare il manovale per tutta la vita.

Ctp è ottimamente inserito nel circuito della sicurezza. La formazione dei Coordinatori è stata un successo per l’insieme dei nostri enti bilaterali, per il settore.

Tuttavia credo necessaria una sua strutturazione con personale dipendente di modo da poter lavorare su programmazione del Consiglio e per obiettivi. A questo ente sarebbe importante assegnare prevalentemente un ruolo di servizio ed assistenza da rivolgere esclusivamente alle imprese facenti parte del “Sistema dagli Enti” ma, anche alle stazioni appaltanti pubbliche, soprattutto a quelle che si sono con le OOSS impegnate in protocolli in materia di sicurezza e regolarità.

 

LA FILLEA ED I RAPPORTI CON LE ALTRE ORGANIZZAZIONI.

La Fillea in questi anni che ci separano dall’ultimo congresso è cresciuta, e dal punto di vista organizzativo, nonostante la situazione dei settori, e da un punto di vista politico sindacale. Si sono positivamente consolidati i quadri sindacali più anziani mentre abbiamo potuto realizzare qualche inserimento di nuove leve perl o più provenienti dai nostri settori, mentre abbiamo fornito molti compagni in ruoli di direzione della categoria in altri comprensori della regione. Il rinnovamento di organizzazioni come la nostra non finisce mai, e già subito dopo il nostro congresso porteremo a compimento la realizzazione della rappresentanza di genere negli organismi esecutivi della categoria.

Ci fa piacere considerare che la nostra crescita non è avvenuta a discapito delle altre organizzazioni sindacali. Con Filca e Feneal, pur nella dialettica che a volte necessariamente dobbiamo affrontare, in quanto ognuno di noi è portatore di valori, i rapporti possono considerarsi positivi.

Notevole è stata l’iniziativa unitariamente promossa a tutto campo ed in tutte le forme possibili al fine di contrastare il lavoro nero e le irregolarità, per la contrattazione in azienda, nella gestione dei pesantissimi processi di ristrutturazione delle aziende che per altro non sono ancora finiti, nella contrattazione sulle condizioni di lavoro e sulla sicurezza realizzate in tutti i più importanti cantieri, con iniziative messe in campo sia al centro che nelle nostre zone sindacali.

La riprova di tutto ciò sta per esempio nella mole notevole di intese realizzate in tutti i più importanti comuni della Provincia di Milano, con altri Enti Pubblici, con la Provincia stessa, in materia di affidamento degli appalti. In qualche intesa con il Comune di Milano sempre riluttante a firmare intese con il sindacato, salvo quando poi ne scopriamo di tutti i colori nei suoi cantieri.

Tutto ciò però non basta occorre fare di più. Occorre spingere  sull’acceleratore per fare più sindacato, soprattutto in queste contingenze.

E’ vero, troppo spesso siamo spinti ad una concorrenza tra di noi esasperata che in prospettiva rischia di non produrre nulla di buono e di positivo. Dobbiamo saper trovare più spazio unitario per la nostra attività sui cantieri e nelle aziende, pena un rischio di perdere nella credibilità della nostra azione.

La Fillea di Milano  è pronta e disponibile al rilancio della attività unitaria nella consapevolezza che per i nostri settori l’unita e l’autonomia del sindacato sono davvero i beni più preziosi che abbiamo a disposizione.

 

Nell’avviarmi alle conclusioni, assolutamente convinto di non avere affrontato tutti i temi  di nostro interesse,  sono altresi convinto che gli interventi programmati che seguiranno , gli interventi dei delegati sapranno completare le  manchevolezze presenti nella relazione.

La relazione ha principalmente il compito  di stimolare e sollecitare qualche riflessione, di raccontare qualche esperienza che collettivamente abbiamo fatto in questi anni, spero vivamente di esserci riuscito.

Come Segretario della categoria desidero con l’occasione che mi è data ringraziare tutti gli attivisti  ed i delegati che con noi hanno collaborato in questi anni complicati e difficili, tutti i compagni del direttivo uscente per i preziosi contributi portati al dibattito e per averci stimolato, tutta la struttura, tutto l’apparato, poichè i risultati che abbiamo ottenuto sono da ascrivere in primo luogo al loro costante e tenace impegno, reso in condizioni difficili, diverse da quelle nelle quali si svolge in altre categorie il normale lavoro sindacale.

Un ringraziamento ai compagni che mi sopportano tutti i giorni , in particolare a Maurizia  sempre prodiga di consigli.

Infine un augurio alla Fillea affinché sia sempre all’altezza, per i difficili compiti che ci aspettano, per le tante battaglie che ancora dovremo svolgere nella difesa degli interessi dei lavoratori.

Grazie.