Relazione
Congresso Provinciale FILLEA Macerata
19 / 11 / 2001
Cari Compagni,
oggi celebriamo il Congresso Prov.le della
FILLEA di Macerata.
Per giungere a questo appuntamento di fondamentale importanza per quella che è la nostra cultura della partecipazione, abbiamo svolto n. 31 assemblee congressuali.
In quelle assemblee abbiamo
discusso e votato i due documenti congressuali: DIRITTI E LAVORO in Italia
ed in Europa e LAVORO E SOCIETA’ Cambiare rotta.
Le percentuali di adesione
sono state dell’89% circa per DIRITTI E LAVORO, del 11% circa per LAVORO E
SOCIETA’ (VOTI 204 + 26 = 230).
Tutti sanno nella nostra
Organizzazione che dopo questo confronto democratico che determina la linea
della CGIL, l’impegno dei compagni va portato avanti senza alcuna flessione,
convinti che il confronto democratico sia l’occasione per esprimere la nostra
ricchezza di idee e non un limite.
E’ per questo che abbiamo
cercato di mettere in condizione tutte le iscritte e gli iscritti di dare un
loro contributo, attraverso la diffusione delle sintesi dei documenti
congressuali.
Abbiamo come sempre anche
dato spazio nella discussione agli interventi delle non iscritte e dei non
iscritti, al fine di far partecipare il più gran numero delle lavoratrici e dei
lavoratori alla discussione.
Infine sono stati eletti n.
30 delegati al Congresso provinciale della Fillea e n. 6 al Congresso CGIL.
Sono stati eletti in
concomitanza i Comitati degli Iscritti ovunque ciò si sia reso possibile.
Oggi eleggeremo altri delegati
al Congresso provinciale CGIL, perché per il Congresso dell’intera
organizzazione oltre al canale di base vi è quello del Congresso provinciale di
categoria.
Eleggeremo, inoltre, i
delegati al Congresso Nazionale Fillea e Reg.le CGIL.
Successivamente eleggeremo
il Comitato Direttivo prov.le della Fillea, i sindaci revisori, i componenti
del Comitato Direttivo Reg.le della Fillea di nostra competenza, essendo
quest’ultimo un organismo di II livello, eletto quindi dal nostro congresso per
un livello superiore.
In questa stessa giornata,
allorché il congresso sarà sciolto, si riunirà il Direttivo Prov.le per
eleggere il Segretario Generale e la Segreteria, se possibile.
Prima però di procedere
all’elezione dei delegati e degli Organismi, appena dopo la conclusione del
dibattito, verranno votati eventuali emendamenti ai documenti congressuali che
siano ritenuti ammissibili in base alle regole, ordini del giorno ugualmente
ammissibili salvo che non vengano approvati dalla Commissione Politica, altri
documenti che ci sono stati proposti dalle istanze superiori.
Io penso che dobbiamo
discutere, oltre che dei temi sui quali questo Congresso è stato basato, anche
della nostra specifica capacità di incidere nei luoghi di lavoro e sul
territorio.
Quindi dovremmo discutere
anche degli strumenti che abbiamo a disposizione per qualificare il nostro
ruolo, ad esempio: la formazione, l’informazione, l’integrazione con le altre
strutture della CGIL ad iniziare dai servizi ed i progetti di reinsediamento.
Il Congresso ha come tema
fondamentale quello dei diritti del lavoro e di cittadinanza.
I diritti fondamentali della
persona non possono essere subordinati alla logica del profitto, che possa
essere o possa non essere una lavoratrice o un lavoratore.
Ciò stride palesemente con i
programmi della Confindustria abbracciati dall’attuale Governo, i quali partono
dal presupposto della centralità dell’interesse dell’impresa, rispetto al quale
tutti gli altri debbono essere subordinati ad iniziare dallo Stato Sociale.
Le prerogative dell’individuo
sono invece un problema internazionale ineludibile. Ciò è dimostrato dai
gravissimi fatti internazionali che oggi stiamo vivendo. La povertà, la
mancanza delle libertà fondamentali, il mancato rispetto della dignità della
persona, per il prevalere dei grandi interessi dei potentati economici
internazionali che superano ogni ostacolo ad iniziare dalla compatibilità
ambientale, portano disperazione, rafforzamenti del fondamentalismo, gravi
attentati, disinteresse per la vita umana e terrore.
La Globalizzazione va
governata per realizzare le condizioni di sviluppo, di miglioramento delle
condizioni di vita e del consolidamento democratico.
L’ONU e la WTO vanno
riformate e rafforzate.
Il rafforzamento dell’Europa
ed il suo modello sociale complessivo possono essere propedeutici al governo
della globalizzazione.
Certamente, per questi fini,
è necessario anche un forte sindacato confederale europeo.
A ciò è legato il fenomeno
dell’immigrazione. La domanda del mercato del lavoro è superiore alle dimensioni
programmate dei flussi d’ingresso. Bisogna evitare che ne consegua
un’espansione dell’irregolarità, che poi determina concorrenza tra lavoratori e
focolai di razzismo.
Ma un problema di diritti
esiste anche per i cittadini ed i lavoratori italiani, il decentramento dei
poteri deve avvenire nell’ambito di un federalismo solidale, nel quale va
scartata l’idea di uno stato sociale differenziato per territorio, che
prefigura una copertura residuale rispetto ai diritti essenziali con
particolare riguardo ai territori più deboli.
C’è bisogno nel nostro paese
di un sindacato confederale forte ed autonomo che si rapporti al sistema
maggioritario e bipolaristico, che funzioni sulla base di programmi e si
confronti sulla base di regole certe e rispetto al quale nei momenti di
maggiore difficoltà, la volontà e la consultazione dei lavoratori sia la
bussola.
La legge sulla
rappresentanza in attuazione dell’art. 39 della Costituzione era ed è una
necessità per noi che purtroppo però si è allontanata.
Il pericolo attuale è dato
dalla nostra sensazione che la natura stessa del sindacato possa essere
sconvolta da un disegno sul quale convergono interessi del governo e progetti
di una parte del sindacato.
Si tenta di profilare un
ruolo per il sindacato che è della gestione di pezzi dello stato sociale nel
quale va a scemare il rapporto con i lavoratori, i pensionati, la gente che
rappresentiamo, in senso collettivo, per le conquiste sociali, il miglioramento
delle retribuzioni e delle condizioni di lavoro. Tale ruolo potrebbe chiudere
il sindacato in attività di consulenza individuale e quindi di gestione
dell’esistente.
Tutto ciò perché è forte la
tendenza a liberarsi sia da parte del governo che del mondo imprenditoriale,
del soggetto che contratta per lavoratori rappresentati, che rivendica, che
aggrega intorno ad obiettivi collettivi.
Questa tentazione è
generalizzata, ma è più forte in territori come il nostro con basso PIL
procapite, con un valore aggiunto
quindi più basso, scarsa spesa per la ricerca, scarsi servizi, bassa
specializzazione, scarsa formazione, basse retribuzioni perché i prodotti sono
maturi e scarsamente qualificati e pertanto determinano un più basso valore
aggiunto.
Ma questo è un male anche
nazionale; la strada del risanamento finanziario che abbiamo imboccato ha dato
spazio ad una crescita dei tassi di sviluppo, ma la competitività declina ed in
molti mercati arranchiamo.
Questa situazione non dà
stabili prospettive, a causa dei ritardi nella innovazione e nella
valorizzazione del lavoro, che ha bisogno di occasioni di formazione
professionale.
C’è bisogno di politiche di sistema nel quale i
fattori economici siano a rete, si abbia facile accesso alle innovazioni, agli
strumenti finanziari, ai servizi per l’internazionalizzazione, i fattori siano inoltre
favoriti da un sistema infrastrutturale adeguato e non ultimo si dia grande
importanza alla valorizzazione della prestazione lavorativa.
Questo significa favorire la
crescita professionale e mettere al centro l’equità, la quale per altro va
ricercata anche attraverso lo stato sociale.
Un diverso modello non è
accettabile per noi, ma è proprio quello che si sta perseguendo se si pensa
alla richiesta della delega per il mercato del lavoro che comprende maggiore
libertà di licenziamento e flessibilità, alla Tremonti-bis che dà agevolazioni
fiscali senza distinguere selettivamente tra scelte economiche da premiare
perché destinate allo sviluppo, o meno; con lo stesso spirito si portano avanti
i condoni fiscali ed i provvedimenti sul rientro di capitali, mentre vengono
eliminate le risorse per la programmazione negoziata che stava dando i suoi
frutti per lo sviluppo dei territori più svantaggiati, dimostrando di
perseguire linee molto diverse dallo sviluppo di modelli qualificati.
A ciò si aggiunge il provvedimento
sulla tassa di successione a favore dei grandi patrimoni, quello sulle
rogatorie internazionali, a dimostrazione che siamo di fronte ad un governo che
ha l'intenzione di premiare gli alti redditi, di far venire meno le condizioni
per lo stato sociale e di liberarsi dalle regole di giustizia che possano
essere ritenute troppo vincolanti nel campo dei rapporti economici.
La tanto sottolineata misura
a favore dei pensionati ha riferimento ad una platea molto ristretta e quel
poco che avrà quella platea, lo pagheranno quei lavoratori e quei pensionati
per i quali slitterà la riduzione dell’IRPEF .
Ci troviamo inoltre
difronte ad una atteggiamento
altrettanto immorale, quando si tenta di giustificare provvedimenti che
penalizzano tanta parte della cittadinanza e dei lavoratori per il fatto che
altri non hanno quelle garanzie minime.
Noi siamo chiamati a
sconfiggere questa linea, salvaguardando il ruolo sindacale e la
contrattazione, il che significa mantenere i due livelli.
Il primo di carattere
universalistico al fine di difendere il potere d’acquisto delle retribuzioni
(riallineamento + programmata ogni biennio) ma anche destinato alla
distribuzione di quote di produttività, tenuto conto degli andamenti economici
dei settori, sulla base di quella che sarà la linea prevalente della nostra
organizzazione , date le differenti vedute al nostro interno su questo
argomento.
Il secondo di carattere
aziendale o territoriale, attraverso anche una rinnovata partecipazione ai
modelli organizzativi: gestendo gli inquadramenti,
favorendo professionalità e riconoscimenti, governando gli orari, migliorando
l’organizzazione del lavoro e le condizioni di sicurezza (rispetto alle quali
bisogna potenziare gli RLS, gli organismi paritetici e l’azione di controllo).
Dalla contrattazione di
secondo livello non possono restare fuori le piccole imprese per le quali è
necessario trovare le condizioni anche sul territorio. Per le piccole imprese
se veramente vogliamo perseguire progetti di tenuta e reinsediamento, sono
necessari interventi coordinati di tutte le dimensioni (orizzontale, verticale
e dei servizi).
La dimensione territoriale è
inoltre essenziale per la contrattazione delle politiche di sviluppo e di
sistema come per la contrattazione sociale per migliorare la qualità dei
servizi e la qualità della vita dei cittadini.
Bisogna inoltre impedire la deriva della precarizzazione nei
contratti di lavoro, rispetto ai quali stiamo andando fuori dagli indirizzi e
dalle normative europee.
Ugualmente bisogna impedire
che la competizione globale si traduca nella compressione dello stato sociale.
L’istruzione, la sanità, la
previdenza, devono essere garantite dalle istituzioni pubbliche, debbono avere
carattere universale, e non posso essere quindi affidate alle regole di
mercato.
Va perseguita una politica
d’inclusione sociale, attraverso elementi di solidarietà tra i vari territori,
garantita dallo stato.
Noi però dobbiamo calare le
nostre scelte sul nostro territorio che è fatto, salvo in alcuni casi, di
piccole e minuscole attività lavorative, rispetto alle quali l’edilizia è
l’esempio più vistoso.
Prima di tutto dobbiamo
impegnarci per dare maggiore efficienza alla struttura della Fillea e
soprattutto in questo momento per far circolare le nostre idee.
In questi anni abbiamo cercato
di fare formazione sindacale (la comunicazione, la contrattazione, l’approccio
con i lavoratori al fine di costruire l’appartenenza, gli elementi di politica
economica, la conoscenza delle normative sullo stato sociale, i congedi
parentali), parte in Fillea, parte con la confederazione ed in collaborazione
con i servizi.
Si è cercato inoltre di dare
informazione mirata sui temi di nostro interesse.
Però salvo qualche realtà,
non siamo riusciti ad avere una forte struttura di quadri e di comunicatori, sicuramente
anche perché nelle piccole imprese è più difficile svolgere questo ruolo.
La nostra categoria ha
inoltre bisogno di una struttura di servizio tecnico-politico mirata, data la
dispersione dei lavoratori nel territorio, anche qui è esemplare l’edilizia.
Ci siamo impegnati molto
come struttura provinciale, con il contributo fondamentale della CGIL
regionale, provinciale e della Fillea nazionale; nella zona della ricostruzione
abbiamo fatto un lavoro veramente soddisfacente attraverso il progetto che
segue il compagno Milani, ma mancano le risorse umane per una più puntuale
attività di servizio che dovrebbe essere fatta sempre e soprattutto in edilizia
ma anche per altri settori in tutto il territorio provinciale, perché si è in
presenza di soggetti che lavorano solo su questo e con tutti i mezzi senza
badare per il sottile.
Bisognerà discutere di
questo per mettere a punto la nostra macchina organizzativa nell’ambito della
confederazione.
Una buona attività di
servizio può essere determinante per tentare un’ organizzazione sul territorio
delle realtà aziendali più piccole di tutti i settori.
Ma nell’affrontare questo
argomento l’orizzonte delle competenze si ampia con l’evoluzione generale dei
fenomeni di decentramento, che ha bisogno di risposte generali.
Le piccole e piccolissime
imprese sono terreno fertile per la sperimentazione delle deregolamentazioni
più disparate.
Spesso la loro esistenza è
l’effetto di processi di esternalizzazione delle imprese più grandi o del
fenomeno del subappalto, caratteristico dell’edilizia, che peraltro utilizza
strumenti anche peggiori per eludere le norme a tutela del lavoro, come le
forniture ed i noli di mezzi, nei quali è prevista la dotazione di personale
per la messa in opera o per l’utilizzo del mezzo.
Nelle attività meno protette
tra l’altro, forte è il ricorso ai lavoratori stranieri, per l’indisponibilità
di lavoratori italiani ed anche per l’esigenza di avere i documenti a posto per
il soggiorno nel nostro paese, con il rischio che aumenti l’irregolarità.
Questa tendenza è
prevedibile che si rafforzi, perché nel territorio marchigiano scarsa è la
propensione alla qualificazione dei processi e dei prodotti e quindi è diffusa
la competizione da costi (riduzione dei costi del lavoro e dello stato
sociale), anche se si sa bene che soluzioni di questo genere non possono durare
a lungo.
Si sta allargando una zona
franca, nella quale sono rese difficili le tutele sindacali e le istituzioni
sono fortemente carenti nei loro compiti istituzionali di tutela.
Questa zona franca
naturalmente non riguarda solo la nostra categoria.
Nel frattempo con il
decentramento dei poteri, numerose sono le materie di interesse dei lavoratori
e di tutta la cittadinanza per le quali è necessario un qualificato governo
locale (sanità, sicurezza sul lavoro, assistenza, mercato del lavoro, scuola e
formazione, fiscalità locale, sistemi di sviluppo locale fondamentali per lo
sviluppo del territorio dal punto di vista economico e sociale).
Questi dati di fatto rendono
palese l’esigenza di una maggiore confederalità, nel senso di un più stretto
rapporto orizzontale tra le strutture della CGIL: confederazione, categorie,
servizi, associazioni collaterali e quant’altro; ed infatti gradualmente stiamo
maturando questa necessità.
Oggi abbiamo bisogno però di
fare un gradino in più, quello di investire risorse umane per dedicarle ad una
politica sindacale di sviluppo sociale del territorio, lavorando per creare le
condizioni necessarie affinché ciò si
realizzi, questo perché non basta più curare solo alcune delle
dimensioni del sociale per sviluppare equità e partecipazione.
Si tratta di argomenti che
meritano un approfondimento rispetto ai quali è già aperta una riflessione,
difronte alle caratteristiche di una società in profondo mutamento, che può imbarbarirsi.
Concludo con un pensiero
alle popolazioni vittime oggi della guerra e degli attacchi terroristici,
auspicando che l’esigenza di soluzione di questi problemi ormai trovi le
risposte adeguate, le quali come ben sappiamo per essere definitive e quindi
stabili debbono comunque passare per la democrazia e per la ricerca di
condizioni che favoriscano lo sviluppo, in tutte le regioni del pianeta; perché
democrazia e sviluppo sono fondamentali per la pace.
A tal fine è importante
affermare il modello europeo di coesione sociale ed è altrettanto importante
dare un ruolo di propulsori di crescita economica equilibrata, nella pace e nel
rispetto dei diritti della persona, alle istituzioni sovrannazionali deputate
come l’ONU e l’Organizzazione Internazionale per il Commercio, le quali vanno
rafforzate adeguatamente in tal senso.