Care
delegate, cari delegati, gentili invitati,
siamo
giunti a questo V° Congresso Comprensoriale della FILLEA-CGIL a seguito di una
vasta ed intensa consultazione che si è svolta in un periodo ristretto, circa
45 giorni con circa 50 Assemblee di Azienda, Impresa e di Zona e col
coinvolgimento, nell’illustrazione e discussione dei 2 Documenti Congressuali,
di circa 1200 iscritti alla nostra Organizzazione sui 2300 a fine anno 2000.
Raggiungere,
coinvolgere e far decidere circa il 52% dei nostri iscritti non è stata cosa
facile e grande è stato lo sforzo organizzativo derivante dall’ampiezza del
territorio, dalla diffusione e presenza di centinaia di piccole realtà
industriali e di imprese edili e cantieri per le quali le Assemblee devono necessariamente
essere organizzate per Zona e molte volte fuori dall’orario di lavoro.
Ci
ha animato in tale sforzo organizzativo la volontà di tentare il più possibile
di svolgere un Congresso davvero partecipativo in cui il dibattito e le
successive scelte e decisioni derivassero da un rapporto reale e attivo con le
lavoratrici e lavoratori che rappresentiamo.
Tale
vasta consultazione ha visto tutto il gruppo dirigente non assente, salvo
qualche unità produttiva, nel portare avanti nei confronti delle Direzioni
Aziendali una serie di istanze e richieste sul versante della tutela
collettiva, della contrattazione, della risoluzione di molti problemi inerenti
all’organizzazione del lavoro, degli orari, dell’ambiente e sicurezza e del
salario.
La
platea degli iscritti coinvolta nell’illustrazione e discussione sulle due
Mozioni si è espressa a larga maggioranza per la I^ a firma del Segretario
Generale Sergio Cofferati.
Il
metodo concertativo, con i suoi pregi e anche alcuni suoi difetti, ha permesso
di invertire l’andamento negativo di alcuni parametri macroeconomici (
inflazione, deficit e debito pubblico ), l’entrata dell’Italia a pieno titolo
nell’Unità Europea, attraverso il trattato di Maastricht e l’adozione della
moneta unica dell’Euro che dal prossimo anno sarà la valuta di riferimento per
i cittadini di tutta l’Europa.
Certamente
tale decisione ha imposto limiti e vincoli per tutto il Paese, compresi le
lavoratrici, i lavoratori ed i pensionati, ma proviamo a pensare per un momento,
se nel ’93 tale scelta non fosse stata adottata, quali sarebbero oggi le
condizioni economiche, finanziarie ed anche sociali. Ci troveremmo fuori
dall’Unione Europea in una situazione generale di difficoltà e con segnali
preoccupanti di stagnazione ed in qualche caso di recessione dell’economia
europea ed internazionale, aggravate dalle vicende del terrorismo coi fatti
tragici dell’11 Settembre negli Stati Uniti, dal conflitto che si sta compiendo
in Afganistan e col rischio di un’ulteriore destabilizzazione ed espansione in altre
aree del mondo, vicende, queste ultime, che hanno cambiato scenari politici
internazionali, certezze, modelli di vita e di consumo di centinaia di milioni
di cittadini.
L’Euro e la sua adozione è stata la nostra ancora di salvezza e di limitazione dei danni e di ulteriori sacrifici che ne sarebbero oggi derivati, a tutti i lavoratori e cittadini del nostro Paese, ben più profondi di quelli che sono avvenuti e sono stati sopportati negli anni ’90.
Il
Sindacato in quegli anni, conscio dell’importanza vitale di questo passo verso
una piena integrazione nell’Unione Europea, ha svolto un’azione di
redistribuzione equa dei sacrifici, con la tutela delle fasce più svantaggiate
della nostra società, divenendo uno dei principali soggetti che ha contribuito
al raggiungimento di tale risultato.
Altri
soggetti, parte del mondo imprenditoriale, delle forze politiche e delle
istituzioni, erano recalcitranti e restie, cercando di allontanare nel tempo
tale appuntamento, in quanto capivano che i loro interessi venivano intaccati
non potendo più contare sulla competizione svalutativa della lira per i loro
prodotti e sulla vasta incentivazione ed erogazione di risorse pubbliche che
non sarebbero più state permesse dalla Comunità Europea in quanto produttrici
di concorrenza sleale e di turbativa dei mercati.
I
rigidi parametri di Maastricht e dell’Unione Monetaria, non permettendo
pertanto al tessuto economico – produttivo del nostro Paese di competere ed
esportare mediante la svalutazione della lira, hanno modificato l’atteggiamento
e l’attenzione del mondo imprenditoriale verso altri fattori. I loro obiettivi sono diventati il
contenimento e la riduzione Spesa Pubblica nei suoi vari comparti ( Previdenza
– Sanità – Assistenza) e del Costo del Lavoro mediante anche la richiesta
esplicita e pressante di una totale liberalizzazione e libertà di gestione del
mercato del lavoro, delle componenti salariali e delle tutele ancora presenti
suoi luoghi di lavoro ( Art.18 sui licenziamenti, allargamento senza condizioni
del tempo determinato ).
Il
pieno ed esplicito appoggio all’attuale Governo da parte delle Associazioni
Imprenditoriali, tant’è che il loro programma economico era ed è perfettamente
combaciante con quello del Governo Berlusconi, deve scontare ora una cambiale
ben pesante da parte del medesimo.
Gli
effetti di questa piena sintonia di obiettivi
e strategie, possiamo dire un vero e proprio patto, stanno chiaramente evidenziando la difficile
fase delle relazioni industriali e dei rapporti sul territorio e nelle Aziende comprovato
anche dal fatto che la Confindustria, unitamente ad altre Centrali Datoriali,
ha certificato il superamento della fase della Concertazione e l’avvio di un
nuovo modello di Relazioni Industriali improntato al “ solo “ dialogo sociale,
già apertamente sancito dal Governo (vedi i provvedimenti contenuti nel Libro
Bianco del Ministero del Lavoro ), che prevede il confronto con le Parti
Sociali salvo poi decidere autonomamente.
La
nostra riflessione, operatività ed iniziativa si inserisce pertanto in un
quadro politico, economico e sociale particolarmente complesso con alcuni
elementi di fondo già presenti e negativi ed altri forieri di ulteriori
peggioramenti che andranno ad incidere sulle condizioni di lavoro e di vita,
sulle prospettive ed aspettative di milioni di lavoratrici e lavoratori in
termini previdenziali, sulle tutele e diritti ( art. 18 della Legge 300/70 –
Statuto dei Lavoratori ), su un’ulteriore ampliamento della flessibilità e
precarizzazione dei rapporti di lavoro in particolar modo per la fascia dei
giovani che entreranno nel Mercato del Lavoro.
Tutti
elementi e provvedimenti propri della concezione politica, economica e sociale
di questo Governo che vede, nell’ulteriore ed estrema deregolamentazione e
liberalizzazione, la via maestra per perseguire una ipotetica e tutta da
dimostrare crescita di occupazione, di prodotto interno lordo, di riduzione del
debito e deficit pubblico e della presenza dello Stato e dell’Amministrazione
Pubblica in una serie di prestazioni quali Scuola, Sanità, Previdenza, Servizi,
ecc.
In
una Europa ed in un mondo sempre più piccolo dal punto di vista spaziale e
temporale, dove le informazioni, la conoscenza, le merci, le risorse
finanziarie, gli investimenti, gli uomini ed anche le Imprese si spostano sempre
più velocemente collocandosi nelle aree di maggior profitto e con minori costi,
se cadono tutte le regole e non vengono sviluppate e sancite invece, anche a
livello europeo, nuove tutele e diritti per i lavoratori e cittadini, la
cosiddetta globalizzazione, derivante dalle profonde trasformazioni che hanno
investito tanto i sistemi economici quanto i modelli di organizzazione sociale,
rischia di avere oltre la faccia positiva della medaglia anche un’altra
profondamente iniqua e negativa.
La
globalizzazione, parola ormai entrata nel lessico quotidiano e talvolta
abusata, se non accompagnata da norme e azioni regolatrici, invece di divenire
un’occasione di riscatto sociale e di miglioramento delle condizioni sociali ed
economiche per centinaia di milioni di persone per lo più residenti nelle aree
dell’Est e Sud del mondo, rischia di allargare ulteriormente il divario coi
paesi ricchi.
Infatti
quelle aree del Terzo e Quarto Mondo non riescono a decollare per la mancanza
di risorse finanziarie da destinarsi al miglioramento delle condizioni di vita,
al di sotto della soglia di sopravvivenza, e agli investimenti produttivi e
tecnologici a causa anche del debito contratto verso i paesi e le aree più
ricche che molte volte viene pagato in compensazione con lo sfruttamento delle
risorse naturali esistenti, mentre sta aumentando la concentrazione ed il
consolidamento di aggregati nazionali e sovranazionali che gestiscono e muovono
sulla scacchiera mondiale ingenti risorse finanziarie per accrescere i propri
utili e mantenere le proprie posizioni di vantaggio .
E’
un problema economico ed etico che, se non portato a soluzione nei tempi e nei
modi necessari, continuerà ad essere la principale causa di migrazioni sempre
più consistenti di milioni di persone che nessuno Stato, con barriere
legislative, di controllo, di repressione ed anche fisiche, potrà bloccare ai
propri confini impedendo il diritto e la voglia di riscatto sociale ed
economico a loro negata.
Tale
fenomeno, pur ancora contenuto nel nostro Paese, sta evidenziando preoccupanti
segnali di emersione di atteggiamenti xenofobi di discriminazione,
ghettizzazione ed anche razzisti nei confronti degli immigrati, dimenticando
epoche della nostra storia e del nostro stesso Friuli quando centinaia di
migliaia di persone e famiglie emigravano, alla ricerca di condizioni di vita e
di lavoro più dignitose, verso i Paesi allora più ricchi.
Il
tributo pagato in quegli anni, in termini di spopolamento di intere aree e
paesi, di braccia e capacità prestate e perse in altre aree del mondo e
dell’Europa, è stato pesante.
Lingue,
culture, tradizioni, modelli sociali sono stati sradicati dai loro originari
territori e si sono con gli anni necessariamente e spesso dolorosamente
integrati con le popolazioni di quei paesi riscattando le loro misere
condizioni precedenti.
La nostra attuale migrazione può essere
contenuta e regolamentata efficacemente solo cambiando i modelli di sviluppo,
le strategie e le azioni di sostegno e di cooperazione economica e sociale
mirata al permanere della forza lavoro
nei loro paesi di origine per non impoverire ulteriormente il loro tessuto
sociale e le risorse umane ivi presenti.
Rimane
comunque per alcune aree del nostro Paese (Nord Est in particolare) la
necessità di prevedere flussi programmati di immigrazione in quanto nella
nostra società matura e di un certo benessere la denatalità ed il rifiuto o
l’abbandono di alcune attività tradizionali da parte delle giovani generazioni
ha creato un sensibile divario fra l’offerta e la domanda di lavoro in alcuni
settori o comparti ( Agricoltura – Edilizia – Siderurgia e Servizi ) non
compensata neppure dalla presenza, peraltro non sufficiente, di forze
lavorative provenienti dal Centro Sud ove i tassi di disoccupazione sono molto
più alti rispetto ai nostri.
Questa
situazione sembra paradossale in un’area in cui esiste quasi la piena
occupazione ( tassi del 4-5% di disoccupazione ) e ove esiste una flessibilità
e mobilità in entrata e in uscita del lavoro che tocca percentuali del 25-30%
annue.
Peraltro
esistono oltre agli aspetti positivi dal punto di vista dell’occupazione e del
mercato del lavoro, anche grossi nodi e carenze legati agli aspetti della
competitività sui mercati nazionali e internazionali delle nostre aziende,
della qualità dei nostri prodotti, delle diversificazioni produttive,
necessarie rispetto ad un panorama di presenze di produzioni mature e a basso
valore aggiunto che si stanno spostando verso aree del mondo a più bassi costi
di manodopera e tutele sociali, oltre che una carenza di figure qualificate e
specializzate.
Gli
andamenti produttivi e commerciali della nostra aziende pur positivi in questi
ultimi anni stanno registrando tassi di crescita in flessione dovuti anche, ma
non solo, agli andamenti congiunturali dell’Europa e di altri Stati che nel
passato erano stati trainanti per l’Economia Mondiale.
Negli
ultimi anni la competitività delle imprese italiane è arretrata e tale dato
negativo è stato mitigato dalla complessiva tenuta della produzione e
commercializzazione delle Imprese del Nord Est che comunque sono a gestione
familiare, spesso sottocapitalizzate, troppo piccole e frammentate e pertanto
poco propense agli investimenti in ricerca ed innovazione industriale di
processo e di prodotto, ma molto dedite all’utilizzo degli impianti e
all’ottimizzazione dei costi compresi quelli sul fattore lavoro.
Tale
politica ha determinato sensibili conseguenze negative sulle condizioni di
lavoro, sui ritmi, sull’espansione degli orari di fatto settimanali, tali da
mettere a rischio l’integrità fisica dei lavoratori come dimostrano i dati
degli infortuni sul lavoro e delle morti bianche che pongono la nostra Regione
al 2° posto in Italia in questa tragica graduatoria ( dati INAIL 2000 ).
La
risorsa umana rischia di diventare una dei tanti fattori del lavoro e neppure
elemento centrale del processo produttivo con tutte le conseguenze derivanti di
non considerare i diritti, la dignità, la formazione e la professionalità dei
lavoratori come elementi fondamentali del valore sociale del lavoro e della sua
qualità.
Gli
imprenditori e le loro Associazioni scaricano all’esterno e su altri soggetti
il problema della competitività : al Governo chiedono di onorare gli
impegni preelettorali destinando al sistema delle imprese tutti i vantaggi
contributivi e fiscali che il Paese è in grado di produrre con l’abbassamento
delle prestazioni su lavoratori e pensionati, al mondo del lavoro
vorrebbero imporre una flessibilizzazione estrema e deregolamentazione del
mercato del lavoro in entrata ed in
uscita, una modifica della struttura contrattuale vigente ( hanno sempre
manifestato un certo fastidio per i due livelli di contrattazione derivanti
dall’accordo del luglio ’93) al fine di ridurre la tutela ed i diritti
individuali e collettivi ed anche i salari delle lavoratrici e dei lavoratori.
Se
questa è la concezione di fondo, che permea buona parte del nostro mondo
imprenditoriale, difficile sarà l’azione del Sindacato affinché nel presente e
nel futuro si concretizzi l’obiettivo che ci eravamo proposti e formalizzato
col Patto per lo Sviluppo del 1998 in tema di formazione ed aggiornamento
continuo.
La
formazione permanente va rivendicata ed affermata come una esigenza
ed un diritto fondamentale per tutti i lavoratori a partire dalle fasce più
deboli, giovani, donne ed immigrati, sui temi dell’organizzazione del lavoro,
sull’utilizzo corretto degli impianti e attrezzature, in particolar modo quelle
dotate di nuove tecnologie informatiche, sulla qualità, sulle norme legislative
e contrattuali che regolamentano il rapporto di lavoro, la sicurezza e la
prevenzione degli infortuni e malattie professionali.
Riteniamo
importante e fondamentale tale capitolo che è stato oggetto di uno specifico
studio e documento formulato, per il momento per l’Edilizia, dalla Fillea
Nazionale col titolo “ Cantiere Qualità “ che è stato oggi distribuito ai
delegati di questo settore in cui si evidenzia che la formazione professionale
è il punto centrale per tentare di mettere i lavoratori edili nella condizione
di non subire i processi disgregativi in corso.
Inoltre
per la manodopera immigrata necessita fornire in modo specifico un’istruzione
su elementi di base della lingua italiana e arrivare a degli accordi con le Associazioni
Datoriali, con la Regione ed Enti Locali, per la creazione di una politica
dell’accoglienza a partire dalle case e alloggi per i lavoratori e le loro
famiglie a prezzi convenzionati e agevolati, combattendo così la speculazione
degli affitti esorbitanti richiesti e spesso pagati in nero, che riducono
sensibilmente i già bassi salari erogati.
Nel
nostro Paese persiste una vasta area di lavoro nero e irregolare che in termini
di numero di occupati ( stima circa 3 milioni ) e di prodotto ( stima circa il
15% del PIL lordo nazionale ) è di gran lunga superiore a quello presente negli
altri paesi della Comunità Europea.
Quanto
sopra sottrae migliaia di miliardi al Fisco e alla Previdenza e crea vistose
distorsioni non solo alimentando un mercato del lavoro parallelo ma anche
fenomeni di concorrenza sleale fra le Aziende ed Imprese che per competere o
riducono i costi, col rischio che ne consegue in termini di compressione dei
salari, delle qualifiche e dell’intensificazione dei ritmi produttivi, o perdono
clienti e quote di mercato.
Necessita
pertanto adottare efficaci strategie e azioni di contrasto richiamando alle
proprie responsabilità gli Enti competenti ( INPS – INAIL – Enti Bilaterali ) e
le istituzioni locali ( Regioni e Provincie ) a cui sono attribuite specifiche
competenze e funzioni in merito.
L’iniziativa
del Sindacato dovrà rafforzarsi in tal senso con la negoziazione a livello
territoriale e sui luoghi di lavoro anche nel nostro tessuto produttivo locale
che, anche se con tassi inferiori presenti in alcune aree del Paese, sta
evidenziando un sensibile aumento di tali fenomeni in particolare in alcuni
comparti quali Edilizia – Manufatti in Cemento.
In
tal senso nella Piattaforma dell’Integrativo Provinciale dell’Edilizia abbiamo
inserito un capitolo specifico per contrastare questo fenomeno, sorretto anche
da una filosofia e impostazione ideologica da parte imprenditoriale ma anche di
Governo, che vedono nell’abbattimento di regole e controlli, nell’eliminazione
dei vincoli, la condizione necessaria per un pieno dispiegarsi dell’economia
nei comparti dell’Edilizia e delle infrastrutture ( modifica e snellimento
delle procedure della Merloni ) e del mercato del lavoro ( modifica e
abolizione di fatto della Legge 1369 sulla intermediazione di manodopera ).
Il
Libro Bianco del Ministro del Lavoro Maroni, oltre a sancire la definitiva
intenzione di superare la concertazione, introduce nuove forme di lavoro che si
aggiungono alle già numerose presenti, quali :
§
Il lavoro intermittente altrimenti detto a
chiamata ( sperando che la chiamata arrivi nel periodo in cui si è in attesa e
disponibili )
§
Il lavoro a progetto
§
L’accoglimento generalizzato del lavoro a tempo
determinato
§
Il Contratto Individuale che può avere parti
normative e salariali diverse ed inferiori rispetto a quelle previste dai
C.C.N.L.
A ciò si aggiungono i capitoli contenuti
nella Manovra Economica per il 2002 preparata dal Governo con la prossima Legge
Finanziaria che cito per titoli ed in sintesi dando comunque un giudizio
complessivamente negativo sui suoi contenuti.
§
La Manovra fa riferimento ad una crescita del
PIL per il 2002 del 2,3% sovrastimata in particolar modo in questi ultimi mesi
visto l’andamento dell’Economia a livello internazionale. Se ciò non avverrà, come si presuppone,
occorrerà una manovra aggiuntiva prossima di 7-14 mila miliardi sul versante
dei tagli alle spese.
§
La riduzione fiscale, già prevista dalla
precedente finanziaria per il 2002, dell’1% sui redditi da lavoro è saltata.
§
Riduzione degli impegni di spesa di circa 4.500
mld per il sostegno degli investimenti per le aree depresse col sostanziale
abbandono dei Patti Territoriali Regionali negoziati.
§
Riduzione dei trasferimenti alle Regioni ed agli
Enti Locali ( circa 900 mld ) che contraddice nei fatti, con una scelta
centralista, il federalismo tanto sbandierato e scarica sui cittadini gli
aumenti delle Imposte locali e delle tariffe.
§
Riduzione degli stanziamenti per la scuola
pubblica per circa 2.000 mld e nel contempo l’avvio di un processo di
incentivazione, tramite Bonus, per le famiglie che intendono far frequentare le
scuole private ai propri figli.
§
Lo stanziamento di 4.200 mld per l’aumento delle
pensioni più basse che, nello stillicidio quotidiano dei numeri, sembrerebbe
essere destinato ad una platea di soli 2 milioni di pensionati sui 7 milioni e
mezzo esistenti nel nostro Paese creando profonda iniquità ed ingiustizia.
§
Lo slogan “ meno tasse per tutti “ in realtà significherà più tasse per i molti
soliti noti in quanto non sarà restituito il drenaggio fiscale ( pari a circa
3.000 mld ), la già citata mancata riduzione dell’1% di IRPEF sui redditi da
lavoro e pensioni ( circa 2.500 mld ) e la reintroduzione dei ticket sui
medicinali, visite ed esami diagnostici ( circa 2.200 mld ).
Lascio
a voi la considerazione ed il giudizio su quanto sopra esposto !
Nel
corso delle Assemblee, oltre a temi generali che ho tratteggiato in sintesi,
sono emerse e intrecciate anche problematiche specifiche e particolari presenti
sul nostro territorio, nelle nostre Aziende ed Imprese.
Le
lavoratrici ed i lavoratori hanno espresso una pressante richiesta ed esigenza
di una più incisiva ed efficace azione sindacale per la salvaguardia dei
fondamentali diritti individuali e collettivi.
Tale azione deve affiancare e
sostenere le Rappresentanze Unitarie ed i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza che, per una carente
informazione e formazione sul campo e all’esterno delle loro Aziende ed Imprese,
hanno difficoltà a gestire le problematiche inerenti al rapporto di lavoro,
alle relazioni con le Direzioni Aziendali e talvolta anche coi lavoratori e
lavoratrici in questo quadro più complesso e difficile rispetto ai cinque anni
trascorsi dall’ultimo Congresso.
La Concertazione viene ritenuta
tuttora un metodo e modello di relazioni industriali e istituzionale da
mantenere e rafforzare con norme e regole che traguardino anche il mondo del
lavoro europeo ed il decentramento federalista di competenze, legislazione e
risorse verso le Regioni ed Enti Locali, oltre a garantire il mantenimento dei
due livelli di contrattazione di cui il primo deve recuperare il totale costo
reale della vita ed il secondo, maggiormente esteso e reso esigibile, deve
prevedere un aumento salariale legato alla produttività ed agli andamenti
economici aziendali e/o territoriali.
Tale metodo con le sue regole e
norme ha permesso nei cinque anni precedenti i seguenti risultanti nell’azione
rivendicativa ed organizzativa territoriale e aziendale :
POLITICHE ORGANIZZATIVE
Sono
state elette alcune centinaia di R.S.U. e R.L.S. nei settori Legno – Manufatti
in Cemento – Laterizi e Lapidei che sono stati soggetti preziosi ed attivi
nella preparazione, discussione e conclusione di circa 60 contratti integrativi
aziendali e/o territoriali negli impianti fissi e nell’edilizia.
La
FILLEA-CGIL ha coinvolto al massimo in corsi di formazione, negli organismi
direttivi ed in riunioni specifiche di comparto e settore le proprie R.S.U. e
R.L.S. che coprono circa il 50-55% di quelle complessivamente e unitariamente
elette.
La
struttura dirigente a tempo pieno uscita dal Congresso del ’96 era costituita
da due funzionari che per alcuni mesi hanno dovuto reggere una mole di lavoro e
presenza molto pesante con due sedi e quattro recapiti di zona da presidiare settimanalmente.
Successivamente l’organico è aumentato
a tre funzionari, con una suddivisione più razionale degli incarichi, competenze
e nella copertura del territorio.
L’andamento
organizzativo e del proselitismo ha invertito pertanto una tendenza negativa
preoccupante che aveva visto la nostra Categoria calare di un 5-6% fino
all’anno ’97 causato anche dall’andamento negativo occupazionale in alcuni
settori quale l’Edilizia, per poi risalire sino a raggiungere i tendenziali
2.400 iscritti della chiusura preventivata per quest’anno.
Il
raggiungimento di questo obiettivo che ci eravamo prefissati è stato possibile
anche mediante il rafforzamento della struttura dirigente a tempo pieno, con un
nuovo inserimento del compagno Caporale Claudio che è stato destinato a rafforzare
la presenza nel Distretto della Sedia e con competenze specifiche per le
Piccole Imprese e Artigianato e dal valido, professionale, spesso oscuro e non
sempre pienamente riconosciuto ed apprezzato lavoro del nostro apparato tecnico, la sig.ra Rosanna qui presente
che è stata per tutti i nuovi arrivati nella Fillea, oltre che per centinaia di
lavoratrici e lavoratori, un costante punto di riferimento e di conoscenza
delle tematiche inerenti ai nostri settori.
Tale
rafforzamento organizzativo è stato reso possibile dalla condivisione degli
obiettivi e della necessità di un ampliamento di una nostra presenza nelle
politiche rivendicative e di tutela dei diritti individuali e collettivi delle
lavoratrici e lavoratori di quell’area e comparto delle strutture Confederali e
Categoriali.
Per
dare gambe a questo progetto sono intervenute con risorse finanziarie
straordinarie la Fillea Nazionale e Regionale, la CGIL Regionale e Territoriale
che è doveroso oggi ringraziare.
Dopo
una fase di avvio iniziato nel mese di luglio si sta consolidando
definitivamente tale struttura dirigente e prossimamente sarà pienamente a
regime con proprie e definite competenze
e aree di intervento nelle Aziende e sul territorio.
I
risultati positivi si stanno evidenziando anche nel comparto Artigianato in
quanto la Fillea è la categoria della CGIL che ha raccolto e presentato più
pratiche di prestazioni ( alcune centinaia ) all’EBIART ( Ente Bilaterale
dell’Artigianato ) e che ha attualmente il più alto numero di sedi e recapiti
territoriali (8 complessivamen- te).
Quanto
sopra ci permette di essere più vicini ai luoghi di lavoro ed alle esigenze di
tutela individuale e collettiva dei dipendenti delle Aziende presenti in quella
zona.
L’innesto
di dirigenti giovani e motivati sulla precedente e falcidiata struttura di
Segreteria a tempo pieno ci permetterà di guardare al futuro più serenamente,
rispetto alla situazione passata, creando così le premesse per un futuro ricambio
generazionale nella guida della nostra Categoria che è la più importante fra i
lavoratori attivi.
Dall’anno
’96 in poi, nonostante la difficile situazione sopra citata, l’azione contrattuale,
rivendicativa e di tutela ha visto la conclusione di alcune vicende e
contrattazioni di 2° livello con discreti risultati.
EDILIZIA
Voglio
ricordare in sintesi, poiché tutti noi non dobbiamo perdere la memoria storica
dei sacrifici e delle lotte condotte che sono le radici di ogni Organizzazione Sindacale
nel mantenimento di tutele e diritti inalienabili, la “ madre di tutte le
battaglie “.
La
vicenda che ci ha visti coinvolti, assieme a Filca-CISL e Feneal-UIL, sulla
decisione della Confartigianato e del C.N.A. di uscire dal Sistema Unico delle
Casse Edili e di creare la CEART (Cassa Edile Artigiana).
Immediatamente
abbiamo capito che questo sarebbe stato un colpo mortale in primo luogo per i
lavoratori del settore in termini di prestazioni contrattuali ed
extracontrattuali demandate al sistema delle Casse Edili ma successivamente
anche per tutte le Imprese del settore che nel lungo periodo avrebbero pagato tale
scelta miope e strumentale fatta da quelle Associazioni Artigiane a cui
facevano riferimento.
La
lotta è stata lunga e difficile e si è giocata a colpi di comunicati sulla stampa
locale, regionale ed anche nazionale, in quanto si era ampliato tale tentativo
anche in altre Provincie e Regioni italiane, da entrambe le parti.
Ricordo
ancora vivamente le decine di riunioni coi colleghi della Filca-CISL e
Feneal-UIL, i volantini unitari portati in tutti i cantieri, le Assemblee e
riunioni coi lavoratori per spiegare il rischio di una forte penalizzazione
delle loro condizioni normative e salariali, i nostri frequenti viaggi a Roma
presso le Segreterie Nazionali e i duri scontri avvenuti negli incontri locali e
nazionali con i rappresentanti di quelle Associazioni.
Tale
difficile vicenda ha visto però anche, devo dirlo con soddisfazione e
nostalgia, il punto più alto di unità d’intenti e di azione sindacale di
categoria in uno scenario in cui molte volte, anche da parte delle strutture
Confederali, non avevamo supporto ma talvolta addirittura contrarietà a tale
tipo di atteggiamento e lotte che portavamo avanti.
Avevamo
capito che si intaccavano relazioni, strategie e interessi avvenuti e
intrattenuti in altre sedi a livello più alto, però convinti e caparbi noi lottavamo
e agivamo per gli interessi dei lavoratori e di tutto il settore.
L’accordo
dell’Ottobre del ’97 mediante anche il supporto delle Segreterie Nazionali, di
cui Massimo Viotti è uno degli attori, ha chiuso questa vicenda in modo positivo
per tutti ricomponendo nel Sistema Unico delle Casse Edili sia il comparto
Industriale che Artigianale.
Oggi,
dopo un periodo di transizione anch’esso difficile, cominciamo a vedere i
risultati positivi in termini di rilancio del settore, di occupati, di numero
di aziende iscritte, di aumento delle risorse da destinare alle prestazioni
contrattuali ed extracontrattuali per i dipendenti del settore.
Da
quell’esito positivo è derivata anche la possibilità di chiudere i Contratti
Integrativi Provinciali Industria e ripristinare quelli Provinciali Artigiani
che erano stati revocati per poi chiudere il Contratto Regionale.
Attualmente
abbiamo preparato ed inviato la Piattaforma Integrativa Provinciale all’A.N.C.E.
dell’Associazione Industriali pur in presenza di una formale rottura delle
trattative sul rinnovo del Contratto Nazionale sul rinnovo biennale che ci ha
costretto a proclamare 8 ore di sciopero che verranno effettuate il 30
Novembre.
Tale
grave decisione è dovuta alle proposte irricevibili e provocatorie dell’A.N.C.E.
Nazionale che è disponibile a mettere sul piatto un aumento del 2% del salario (
contro una nostra richiesta del 10-11%) condizionato però ad una disponibilità
da parte delle Segreterie Nazionali di portare avanti congiuntamente verso il
Governo, che ha deluso le loro aspettative, le richieste di non sottoporre a contribuzione i superminimi, il
lavoro straordinario e di non far versare in Cassa Edile le quote previste per
i lavoratori interinali.
Il
tutto a fronte di un andamento più che positivo del settore, confermato anche
dalla controparte in termini di crescita di fatturati, di occupazione e di
lavori.
Infatti
i dati nazionali dimostrano che gli investimenti nel 2001 sono in crescita di
oltre il 5,5% e tale tendenza dovrebbe confermarsi anche per i prossimi 3-4
anni, mentre nella nostra Regione i dati forniti dalle Casse Edili evidenziano un
aumento degli occupati del 6-7% e del monte salari del 7-8%.
Successivamente
vedremo quanto avverrà sul tavolo di trattativa con l’ANIEM ( Associazione
Nazionale Edile per le Piccole Imprese ) e con gli Artigiani.
Nel
frattempo però dobbiamo continuare un’azione decisa ed efficace nel
contenimento di quei fenomeni di allargamento del lavoro nero ed irregolare che
stanno avvenendo nel settore.
LEGNO – MANUFATTI IN CEMENTO – LAPIDEI
Nel
quinquennio passato, come ho già accennato, sono stati fatti circa 60 Contratti
Integrativi Aziendali con la Confindustria che hanno portato per i dipendenti
aumenti salariali annui che vanno dalle £. 600.000 a £. 1.300.000 medie. Certamente
questo primo quadriennio di contrattazione integrativa ha dovuto scontare l’inesperienza
e la novità di un modello nuovo di contrattazione legata a parametri con andamenti
variabili da verificarsi periodicamente in base alla produttività, presenza,
utilizzo degli impianti, qualità e andamenti economici aziendali.
Dopo
questa prima esperienza, peraltro limitata per le Aziende della Confindustria,
in quanto non si è riusciti a rinnovare il Contratto per le Piccole e Medie
Imprese dell’A.P.I. del Triangolo della Sedia, ma anche con parecchie Imprese
di questa Associazione, abbiamo avviata pur con ritardo la contrattazione per
il prossimo quadriennio.
Le
piattaforme sono state migliorate in qualità e quantità dal punto di vista dei
contenuti e delle richieste salariali in quanto si è arrivati ad accordi che, se
non peggioreranno sensibilmente gli andamenti del mercato nazionale ed
internazionale, dovrebbero portare aumenti complessivi dai 4 ai 7 milioni nel quadriennio.
Nel
comparto Manufatti in Cemento si è siglato con risultati soddisfacenti il
Contratto Integrativo per il Gruppo PRE CASA mentre per la SPAV e altre 2 aziende si stanno discutendo ed
elaborando le piattaforme (per un totale di 300 dipendenti circa).
Anche
nel settore Lapideo Artigiano Regionale nei giorni scorsi si è ripresa la trattativa
dopo mesi e c’è la prospettiva di fare un accordo che per la prima volta in
Regione coprirà tutti gli addetti di questo comparto con discreti aumenti
salariali mensili anche se un punto di caduta non soddisfacente, dopo un anno
di trattativa, rispetto alla piattaforma di zona presentata, si è verificato
per i dipendenti del Consorzio Pietra Piasentina ( circa 150 ) per la chiusura
di quegli Imprenditori su temi importanti quali Trasferta, Trasporto, Mensa e
Indennità di Cava, oltre alle nostre richieste salariali.
Sino
ad oggi sono stati conclusi circa 15-16 Accordi nel comparto Industria, in
numero inferiore rispetto allo stesso periodo del quadriennio precedente.
Ciò
è dovuto a due fattori principali :
§
ad un cambio sensibile in negativo di relazioni
industriali che hanno fatto prolungare nel tempo le trattative e la chiusura
degli accordi dopo aver respinto le nostre proposte di estendere la Contrattazione
Integrativa per le Aziende della Confindustria a livello territoriale
§
Una diversa visione e impostazione delle piattaforme
fra le Organizzazioni Sindacali Fillea-CGIL, Filca-CISL e Feneal-UIL.
Tale situazione ha portato non solo all’allungamento
dei tempi per le trattative ed alla situazione attuale come numero di Contratti
Integrativi chiusi ma anche all’esistenza di più piattaforme all’interno di una
stessa azienda.
A tale problema dovremo tentare di
trovare una soluzione con una sintesi finale in quanto le trattative con quelle
Aziende e la Confindustria rischiano di rimanere ferme e non decollare.
I
danni di questa situazione non sono tanto per la credibilità ed il sminuito
potere contrattuale delle nostre sigle sindacali quanto per le R.S.U. ed i
dipendenti di quelle Aziende che aspettano il rinnovo degli Integrativi
Aziendali.
Rischiamo
di giocarci ed indebolire la nostra rappresentanza e rappresentatività, già
debole in alcune aziende e zone quali il Distretto della Sedia, dal momento che
ancora una volta l’API ha respinto la proposta di un accordo territoriale e le
Aziende sue associate ci stanno rispondendo che non ci sono le condizioni per
aprire le trattative aziendali sulle nostre richieste.
I
rapporti fra Fillea-CGIL – Filca-CISL e Feneal-UIL devono rientrare in un ambito
normale di discussione, proposte, sintesi evitando possibili accordi separati
calmierando alcuni atteggiamenti ed una esasperata e talvolta scorretta
competizione e concorrenzialità che ci costringe al marcamento a vista in
termini di presenza nelle Aziende e nel proselitismo.
Gli
spazi, che noi abbiamo, di crescita complessiva per tutte le nostre tre Organizzazioni
sono ampi e non credo che sia produttivo per noi continuare sulla politica delle
disdette incrociate che rischiano di far terra bruciata e rendere lungamente
inagibili i rapporti e le eventuali adesioni in molte aziende in uno scenario
di riferimento sociale e politico non certo favorevole a moderne e corrette
relazioni industriali.
Concludo
questa mia relazione introduttiva scusandomi di una sua probabile disorganicità
in alcune parti, ma i temi sono complessi e forse anche in parte modificati
dagli eventi all’atto della stesura, sperando aver dato una traccia ed una
sintesi delle problematiche generali e locali in discussione che verranno poi
riprese dal dibattito e dagli interventi qualificati degli invitati, dal
Segreterio della CGIL Giacomini, dal Segretario Regionale della Fillea Iodice,
dai delegati e dal contributo conclusivo importante del Segretario Nazionale della
Fillea-CGIL che avverrà alla fine dei nostri lavori.
Grazie
a tutti.