14° Congresso C.G.I.L.

2° Congresso F.I.L.L.E.A.  Nord- Sardegna

 

….Per una nuova stagione dei diritti e l’affermazione della regolarità nel settore delle Costruzioni

 

località Saccargia – Codrongianos  (SS) – 23/11/2001

 

 

Relazione del Seg. Generale Uscente

Antonio Rudas

 

                                                                                             

 

A tutti coloro che hanno condiviso, lottando    insieme a me, le ragioni della speranza.

                                                       

                                                        Il Giorno della riscossa

 

Quando gli occhi del tempo scruteranno stanchi l’orizzonte incantato di un ideale smarrito,

quando il vento freddo dell’arido materialismo

gelerà beffardo i germogli primaverili della

speranza,

quando  gli uomini danzeranno ancora una volta sul baratro dell’intolleranza,

quando anche lo spettro  della malinconia irriderà il passato di una lontana giovinezza,

quando tutto ti sembrerà perso e nulla avrà più senso,

allora e solo allora ti rimetterai in cammino, solleverai con fierezza lo sguardo, sfiderai cento volte ancora l’ingiustizia,

ma se impugnerai la bandiera del riscatto offrendola al vento della rivolta,

se ti ritroverai  tra le destate genti e come onda rabbiosa  infrangerai lo scoglio dell’arroganza,

se un antico e glorioso canto muoverà le stanche membra verso il giusto traguardo,

allora ricordati dei tanti, degli umili, degli oppressi, ricordati degli  sfruttati,  perché quello sarà il loro giorno,

il giorno della riscossa.”

 

Antonio Rudas – 25/10/2001

 Casella di testo:       16-Maggio- 1996
    23-Novembre- 2001
       

IL tempo che ha segnato questo scorcio di storia della FILLEA territoriale e dei suoi uomini, sarà anche l’unico e autorevole arbitro sul lavoro svolto dal gruppo dirigente della categoria.

Ma ai Compagni del Comitato Direttivo uscente che si apprestano a passare il testimone al nuovo organismo, non può non essere tributato un riconoscimento e un ringraziamento particolare.

In anni in cui la solidarietà e la coesione sociale sono stati messi a dura prova dalla nuova ondata individualista che ha finito per alimentare la cultura liberista, negli anni in cui il comparto delle costruzioni ha subito profondi e selvaggi trasformazioni, hanno saputo con grande passione e impareggiabile spirito di squadra, sostenere un progetto politico che ha dato e non mancherà di dare ulteriori e più  importanti risultati, grazie dunque a : Achenza Antonello – albertino Giov. Maria – Becciu Franco – Bucci Arnaldo – Cardone Giovanni – Crosa Sebastiano – Demontis Mario – Ena Giuseppe – Frulio Salvatore – Gaspa Salvatore – Giordo Gavino – Manconi Gianni – Mariani Paolo – Moro Luigi – Mulas  Francesco – Muresu Francesco – Olivas Dario – Peano Giovanni – Picinnu Domenico – Pinna Gavino – Pintore Pietrino – Piras Gavino – Piredda Ignazio – Piroddu Gianni – Porcu Angelo – Rudas Antonio – Saba Antonio – Sanna Giovanni – Secchi Raffaele – Sotgiu  Teresa – Udas Salvatore – Vandi Angelo .

 

       Cari Compagni/e, Amici, Signori invitati,

       Ancora una volta la C.G.I.L. la più grande e rappresentativa organizzazione di interessi collettivi del Paese, si appresta attraverso il coinvolgimento di migliaia di lavoratori, a definire la propria strategia.

       Il tempo presente ci porta le spore di una malattia antica, essa continua ad affliggere milioni di individui in tutto il mondo, una moltitudine di bambini, donne e uomini, sono oppressi dalla fame e scherniti dalla morte.

       Neanche quella parte dell’umanità, pur avendo realizzato e beneficiato di un elevato benessere materiale, può dirsi soddisfatta delle attuali condizioni di vita.

       La polvere delle torri, simboli del sistema capitalistico, abbattuti dalla barbarie e dalla brama di potere, copre  la visuale della coscienza umana, la quale  impietrita  dalla paura e galvanizzata dall’orgoglio, si prepara all’ennesima crociata contro la ragione.

       Sappiamo, poiché proprio la storia c’è lo ha insegnato, quanto il cammino dell’uomo sia  disseminato di momenti cruciali.

        Autorevoli esponenti della cultura e della politica, vanno sostenendo con una certa sicumera, prendendo proprio a riferimento i tragici ed efferati accadimenti Americani, che dall’11 settembre niente sarà più come prima.

       Per ora di nuovo si sono visti i mezzi, forse le modalità con cui l’essere umano  porta la morte ai suoi simili, ma le motivazioni e le spinte, che stanno alla base dei conflitti rimangono sempre le stesse.

       L’intolleranza tra le diverse culture e civiltà, i radicalismi e fondamentalismi, ma soprattutto la conquista e l’esercizio del potere, continuano a piagare il mondo e farlo sanguinare.

       Il sistema economico dominante, basato sul motore della competizione, ne amplifica le diversità, strutturandolo in aree forti e deboli, all’interno delle quali convivono interagendo tra loro, profonde differenze e disuguaglianze.

       Incurante di ciò  la macchina impazzita del liberismo, si dirige  a folle velocità verso un benessere ancora più grande e concentrato, bruciando  le risorse del Pianeta e mettendo a rischio l’ecosistema.

       Mentre gli uomini accecati dall’ingenuità o peggio dall’ipocrisia dell’opulenza,  si dividono tra il partito degli interventisti e no, trascurando le cause di fondo, comuni ad ogni guerra.

       Se  non si prenderà atto dell’inadeguatezza dell’attuale modello economico e sociale, alimentato dal propellente della competizione conflittuale, non si arriverà mai ad un ordine mondiale imperniato sulla pacifica convivenza.

       Certo il sistema capitalistico ha vinto la sua battaglia contro il più avvilente modello statalista, ma l’umanità non può permettersi il lusso di perdere la guerra contro le profonde ingiustizie, originate dagli eccessi dell’economia di mercato.

       Il tramonto dei riferimenti ideali ha inibito la speranza e frenato la spinta innovatrice, causando  la crisi della politica, ripiegatasi nella mera gestione delle contraddizioni di sistema.

       L’enorme buco nero così creatosi ha finito inevitabilmente per attrarre verso di se il potere economico e finanziario, il quale nel suo  divenire egemone, produce  un profondo declino delle istituzioni democratiche, rese obsolete dai caratteri prevalentemente mercantili della globalizzazione.

       È da qui che occorre prendere le mosse per analizzare, capire e approntare le dovute misure se si vuole intervenire con qualche  possibilità di successo  sull’attuale  crisi.

       Ovviamente mi limiterò a prendere in considerazione solo alcuni aspetti, scusandomi per l’inevitabile parzialità del ragionamento, imposto dalla necessità di mantenere la relazione nei sui limiti strutturali.

       Nel nostro Paese l’indebolimento della rappresentanza politica, già manifestatosi nella seconda metà degli anni settanta, subisce un’accelerazione nel decennio successivo, il processo tuttora in corso si caratterizza per la deriva della classe dirigente è ha come epicentro il 1989-1992.

       Il crollo del muro, ma anche le inchieste della magistratura, portarono alla luce una realtà peraltro già universalmente conosciuta, ricordata sotto il nome di “tangentopoli”.

       Un’insieme di circostanze, interagendo tra loro, produssero l’effetto di cancellare dalla scena politica, quasi l’intera platea dei partiti, i quali pur con tanti diffetti, prima con la Resistenza e poi con la Costituente, contribuirono a gettare  le basi della democrazia e dello sviluppo.

       Furono anni cruciali, sui quali persistono le fiamme della polemica, l’enorme sconvolgimento, portò alla polarizzazione delle formazioni in campo, più o meno nelle forme e schieramenti di oggi.

        la novità più rilevante, in seguito determinante per la conquista del Governo del Paese, è rappresentata del partito azienda dell’attuale presidente del consiglio dei ministri.

       Quest’uomo molto abile nell’arte della comunicazione, riuscì a colmare in certa misura il vuoto politico a interpretare le istanze moderate lasciate orfane dalla fine della Democrazia Cristiana, a sdoganare  gli eredi del partito fascista e a ingaggiare il movimento della Lega, alimentato da pulsioni separatiste e secessioniste.

       Nel contempo  il Paese attraversava la più grave crisi finanziaria della sua storia, in quegli anni ricordo quanto forte, fosse il rischio di una bancarotta del sistema, fortunatamente furono avviate  politiche di risanamento a cui il sindacato confederale con l’accordo di Luglio del 1993 partecipò in maniera decisiva.

       Intanto una rilevante porzione dell’imprenditoria, capeggiata dall’allora Capo della FIAT Cesare Romiti e da una CONFINDUSTRIA, dilaniata al suo interno, dalla contrapposizione tra piccola e grande impresa, cercò di ostacolare l’ingresso dell’Italia nel nuovo contesto Europeo.

       Molti imprenditori, puntarono sulle difficoltà economiche di un Paese allo stremo, si lasciarono portare dall’onda lunga della svalutazione della Lira, trascurarono  gli investimenti e la qualificazione dei processi e dei prodotti.

       Scoppiò la più grave crisi del comparto delle costruzioni, si chiusero i cantieri, vennero cancellati centinaia di migliaia di posti di lavoro, si innescò una destrutturazione  con la quale stiamo tuttora facendo i conti.

       La breve parentesi del Governo di centro destra, crollato sotto il peso delle proprie contraddizioni dopo appena sette mesi, a cui gli Italiani sempre più smarriti avevano affidato nel 1994 le loro sorti, favorì prima con i governi tecnici e poi con la vittoria della coalizione dell’ulivo del 1996 il risanamento finanziario del Paese.

        Venne riattivata l’economia, si pratico una maggiore equità nella distribuzione del peso fiscale, si agganciò l’obiettivo cruciale dell’Europa si avviò il riassorbimento della disoccupazione.

       Purtroppo quel Governo e la classe dirigente che  lo ha reso possibile, non è stato altrettanto capace di fare le riforme del sistema politico, necessarie a chiudere una lunga fase di perniciosa transizione.

       L’inerzia dimostrata su questo versante ha favorito il formarsi di un blocco sociale, cresciuto intorno ha un’idea di Paese la quale non ha per caratteristiche, possibilità di raffronto con altre Democrazie esistenti.

       La filosofia di fondo  ispirata al  liberismo, in cui i rapporti di forza la fanno da padrone, si intreccia con le tendenze separatiste rappresentate dalla lega e la cultura nazionalista che pure vi si dovrebbe contrapporre,  il tutto cementato da una inedita e sconosciuta pratica politica, composta di aziendalismo, populismo e corporativismo padronale.

       Gli errori del centro–sinistra, hanno spinto milioni di Italiani sempre più disincantati dalla politica e orfani di riferimenti ideali, ad affidare per la seconda volta il Paese nelle mani di  un signore, il cui fine principale è quello di farsi gli affari suoi.

       Nei primi mesi del suo nuovo e più robusto gabinetto, i provvedimenti e le disposizioni di legge varati, sono andati a tutelare i suoi interessi personali, e quelli di pochi intimi, appartenenti alle classi privilegiate, rappresentate per lo più da una  CONFINDUSTRIA in versione reazionaria.

       Quest’ultima invece di sostenere politiche innovative, non potendo contare più sul vecchio protezionismo, cancellato dalle norme europee, si illude  di risolvere i problemi strutturali dell’impresa, attraverso un forte ridimensionamento della Sanità, della scuola, e delle pensioni.

       Con atteggiamenti pomposi e bellicosi, il Napoletano D’amato, non perde occasione di evocare flessibilità varie.

       Ovviamente  per realizzare tale disegno occorre cancellare i diritti di milioni di persone e lavoratori, primo fra tutti quello che consente l’organizzazione democratica del dissenso.

        I ripetuti attacchi allo statuto dei diritti dei lavoratori, il tentativo reiterato di abolirne l’art.18, che ne sostiene tutto l’impianto, caratterizzano per l’appunto questa strategia, alimentata da una fortissima e corposa campagna propagandistica.

       Ai più attenti non sarà sfuggito come attraverso la possibilità di licenziare, senza un presupposto sorretto da giusta causa, le imprese tutte e senza distinzioni, potrebbero condizionare ancora più marcatamente di quanto già oggi non avvenga il singolo lavoratore.

       In assenza di un così fondamentale diritto, in grado di porre i lavoratori al riparo di minacce e ricatti, aumenterebbero le difficoltà a far rispettare le regole, per non parlare del colpo mortale che ne riceverebbe la rivendicazione sindacale.

       È fin troppo facile comprendere come le imprese e le loro associazioni avrebbero mano libera nel far passare ulteriori carichi di flessibilità e misure organizzative tendenti ad incidere pesantemente sui diritti fondamentali della persona.

       Il Paese ha bisogno di riforme và ripetendo l’intrepido presidente di CONFINDUSTRIA, pensando allo smantellamento del Welfare, la CGIL che già aveva messo in guardia dai rischi della saldatura politico-programmatica con il centro-destra, ha giustamente respinto tali pretese e si prepara a contrastarle con forza e determinazione.

       Ma i nostri detrattori e i critici di sempre, ci accusano di conservatorismo, vanno sostenendo che grazie alle nostre rigidità il mercato del lavoro è bloccato, le imprese non sono competitive, l’economia langue.

       Sembrerebbe che le fortune Dell’Italia, il suo sviluppo, l’incremento dell’occupazione, dipendano dalla libertà di licenziare, l’ipocrita pretesa di convincere di ciò l’opinione pubblica è pari solo all’offesa arrecata alla logica della ragione e alla sopportazione dei lavoratori.

       Non mancano nemmeno le preoccupazioni per la nostra salute, esposta secondo alcuni, alle intemperie dell’isolamento, causato da differenti vedute con CISL e UIL, dai distinguo nel fronte progressista, e persino dalle critiche provenienti dall’estrema sinistra.

       Eppure ci sentiamo in buona compagnia, specialmente quando, come è accaduto nello scorso Luglio e venerdì  16 novembre, migliaia di lavoratori hanno riempito come da tempo non si vedeva le piazze d’Italia.

       A differenza di quanto capita alla sinistra, in continua emorragia di consensi, la  CGIL li aumenta, basti vedere il grande successo delle sue liste per l’elezione delle RSU, l’incremento delle adesioni nei lavoratori attivi e dei giovani in particolare.

         Non neghiamo l’esistenza di nuovi e vecchi problemi, di certo questi sono legati ai nodi di fondo e alle criticità del sistema per i quali però disponiamo, a differenza di altri, di un disegno strategico per affrontarli.

       Semmai è l’assenza di un adeguata visione progressista a preoccuparci, l’aver perso  la  bussola, il deficit di politica eguagliato solo dal tatticismo sterile  e dall’ auto referenza del gruppo dirigente, genera  confusione e smarrimento nella base militante e alimenta il  disgusto nel suo elettorato di riferimento sempre più orientato ad astenersi dal voto.

       La palese difficoltà a interpretare le aspettative e le esigenze della popolazione, ormai appaltata ai maghi dei sondaggi, la schematizzazione dei problemi e l’approccio meccanico dell’analisi, produce un vuoto enorme.

       Modernizzare l’Italia come si dice di voler fare, prescindendo dai limiti più complessivi del sistema capitalistico che andrebbe mitigato, sottovalutare le  conseguenze della globalizzazione economica e finanziaria, accettare la precarietà del mondo del lavoro, fino a ritenerla  una  necessità, significa operare fuori dal proprio contesto di riferimento e dal naturale orizzonte culturale.

       Mi chiedo se sarà mai possibile per milioni di uomini e donne da tempo impegnati a sostenere l’ideale di una società più giusta, piegarsi alle logiche dell’assolutismo economico.

       Non ho ben chiaro cosa significhi  passare dalla cultura del lavoro a quella dei lavori, propugnata dai nuovi riformisti, preferisco rimanere ancorato alla concezione del lavoro come diritto fondamentale della persona e come mezzo che ne promuova l’emancipazione economica e sociale.

       La precarietà dell’impiego e della professionalità la subalternità gerarchica, l’ ansia da prestazione, la cancellazione dei riferimenti e delle regole, il progressivo venir meno della solidarietà, l’incattivimento dei  rapporti umani e persino la cancellazione della dignità, rappresentano non dei casi isolati ma una realtà diffusa e in continua espansione.

       Sarò un conservatore, ma ritengo questa modernità inaccettabile, piegarsi alle esigenze dell’economia e dell’attuale modello di sviluppo fino al punto di rinunciare ad essere se stessi è semplicemente paradossale.

       Un cultura riformista che non voglia gettare a mare i valori fondamentali dell’uguaglianza, della giustizia sociale e della solidarietà, deve liberasi dalle facili suggestioni di una modernità i cui caratteri non coincidano con il miglioramento della qualità della vita, certamente non riducibile al solo aspetto economico.

       Dal mio punto di vista l’operazione da effettuare è quella di capovolgere l’attuale rapporto tra la persona e il mercato, si tratta di passare da una realtà in cui gli individui si muovono, operano e vivono in sua funzione, a una realtà dove il mercato, l’economia e lo sviluppo si mettano a disposizione dell’essere Umano.

       Le tardive conversioni al sistema e alla cultura Americana, sono semplicemente patetiche, rifarsi ad esse per connotare una politica riformista è intellettualmente disonesto.

       Un Popolo può essere allo stesso tempo moderno e arretrato, può avere grandi ospedali con tecnologie all’avanguardia, in grado di curare le malattie più gravi mentre le persone  muoiono  perché non hanno la tessera dell’assicurazione;

       Può annoverare  imprenditori con patrimoni enormi, anche di centinaia di miglia di miliardi, alle cui  dipendenze  lavorano persone altamente professionalizzate che di giorno maneggiano  le  tecnologie più avanzate e di notte dormono nelle baracche;

       Può godere della libertà e della democrazia ma rimanere prigioniero della paura o dell’ansia, per il rischio di perdere con il lavoro la fonte del proprio reddito.

       Nascondersi dietro una concezione astratta di modernità senza esplicarne i contenuti e metterli in relazione con le condizioni effettive della persona è culturalmente deprecabile.

       Certi falsi  riformismi preludono in realtà a una restaurazione,  il loro graduale ma progressivo dispiegarsi,  ci porta dritti a un’idea di società, le qui fondamenta si pongono fuori dal solco culturale del movimento operaio.

       L’enorme confusione attualmente imperante nell’ambito politico, l’assenza di riferimenti ideali e valori condivisi, finisce per stravolgere l’impegno civile delle persone.

       Siamo arrivati al punto che la pratica clientelare, viene tollerata e utilizzata come  strumento quasi esclusivo della formazione del consenso.

       Basti vedere quanto sta avvenendo nell’istituzione più importante della Sardegna, offesa  dal più squallido dei mercati.

       I consiglieri  si spostano di qua o di là con una disinvoltura agghiacciante e le maggioranze si costituiscono a prescindere dai programmi.

       Persino la magistratura indaga sulla compravendita dei voti.

       La classe dirigente della svolta, come si è  definita in campagna elettorale, in realtà è  un’accozzaglia di mercanti intenti a devastare il tempio.

       Mentre la coalizione di centro-sinistra anch’essa prigioniera della logica del potere fine a se stesso, non trova nemmeno il coraggio di proporre un sciogliete le righe e vivacchia in attesa della fine della legislatura sperando di essere premiata dall’elettorato, non già in ragione dei suoi meriti ma per i manifesti guasti generati dai suoi avversari politici.

       Intanto i problemi e i nodi strutturali che affliggono l’isola rimangono irrisolti, dalla disoccupazione alla carenza di infrastrutture, alla riforma della macchina burocratica.

       L’unico se pur significativo passo in avanti è stato fatto fare  alla continuità territoriale, l’abbattimento delle tariffe aeree rappresenta un indiscutibile successo che non mancherà di aiutare la Sardegna a uscire dall’isolamento.

       Questo risultato si deve ha un uomo, l’ex deputato Antonio Attili il quale impegnato a risolvere i problemi piuttosto che a curare il suo collegio elettorale non è stato rieletto in Parlamento.

       A causa dello sfascio prodotto dell’attuale classe dirigente rischiamo di perdere una opportunità di sviluppo e le ingenti risorse messe a disposizione dalla Comunità Europea.

       Pare ormai del tutto evidente che di fronte ha tale situazione il sindacato confederale Sardo non possa esimersi dall’aprire una nuova stagione di lotte, certamente si pone il problema delle riforme, la prima delle quali considerato che è propedeutica alle altre non può che essere quella della Politica.

       Un progetto di tale portata comporta una grande capacità di mobilitazione dei lavoratori i quali proprio a causa dell’enorme distacco di credibilità, tendono ad assimilare alla stessa, lo stesso movimento sindacale.

       La C.G.I.L. dovrebbe  promuovere, senza delegittimare i partiti politici che rimangono un pilastro insostituibile della democrazia, una forte azione ponendo al centro della sua battaglia la bonifica e quindi la moralizzazione della vita pubblica, riportando il ruolo dell’uomo politico  allo stato originale, ciò è a quello di servitore del Popolo.

       Per quanto ci riguarda, già nel precedente Congresso ci eravamo posti l’obiettivo di contrastare il mal costume, e di denunciare le inadempienze della pubblica amministrazione.

       Il nostro comparto, non può prescindere in nessun modo dall’efficienza delle istituzioni locali, le quali hanno tra gli altri compiti la  programmazione  della spesa per la realizzazione delle opere pubbliche.

       Avevamo deciso che non avremmo fatto sconti a nessuno, così è stato, ne abbiamo denunciato le inefficienze ma anche le violazioni della legalità.

       Non sono mancate le reazioni e neanche le querele, io stesso e la Compagna Carla Cantone, ex segretario generale nazionale della categoria, oggi dirigente confederale, abbiamo dovuto subire l’azione sconsiderata di qualche notabile locale.

       Grande eco ha avuto la campagna di sensibilizzazione sulle condizioni di sicurezza dei cantieri e sul fenomeno del lavoro nero, le nostre denuncie sono approdate fino in Parlamento.

       In assenza dell’azione svolta  non si sarebbero create le condizioni che ci hanno portato primi in Italia, ad ottenere l’istituzione dello sportello unico, dove per la prima volta le istituzioni pubbliche  preposte al controllo, esercitano unitamente alla cassa edile un intervento coordinato e incrociato.

       Come sappiamo tale  strumento ha  aperto una nuova strada il cui percorso non  mancherà di modificare l’approccio culturale e operativo nella lotta alla diffusa irregolarità del settore.

       Memori dei guasti creati dalla corruzione nelle faccende degli appalti e degli anni di “tangentopoli”, Non abbiamo esitato ad opporci e denunciare procedure ritenute da noi poco trasparenti.

       Grande clamore ha suscitato la denuncia della nostra Organizzazione per le  modalità attraverso le quali sono stati affidati i lavori per la realizzazione della stazione marittima di Porto Torres.

       Ma questo periodo è stato contrassegnato anche dall’ l’impegno profuso nella lotta al modello consociativo su cui si era imperniata la gestione degli enti paritetici, i benefici che ne sono derivati sono sotto gli occhi di tutti.

       Purtroppo l’azione forte e determinata messa in campo dalla F.I.L.L.E.A non è stata condivisa da tutto il sindacato, abbiamo persino dovuto  registrare una aperta avversione per le denuncie sulle irregolarità degli appalti.

       Il livello di unità con F.I.L.C.A. e F.E.N.E.A.L. è sicuramente insoddisfacente, tuttavia le divisioni e lacerazioni hanno avuto il merito di fare chiarezza e oggi ci potrebbero essere le condizioni per risalire la china.

       Alla F.I.L.C.A. e alla F.E.N.E.A.L. ricordiamo che per la C.G.I.L. l’unità sindacale ancora prima di essere un’ opportunità, rappresenta un valore, non rinunceremo mai ad essa e faremo tutto quanto è nelle nostre possibilità per affermarla.

       Invitiamo quindi i nostri amici sindacalisti ad abbandonare le pratiche di questi anni, al segretario della F.I.L.C.A. in particolare chiedo una profonda riflessione sulla condotta dell’ultimo decennio.

         Ma attenzione, invocare e promettere l’unità non può essere semplicemente un esercizio dialettico o peggio un’ abito da indossare in particolari occasioni per poi sfilarselo subito dopo.

       Ricercare e affermare un nuovo modo di stare insieme, vuol dire mettere al centro i programmi organizzando tutte le energie possibili per realizzarli.

       Per quanto ci riguarda cercheremo con tutte le nostre forze la via del dialogo, ma sia chiaro, non siamo disponibili a sacrificare la nostra azione ai veti di nessuno, ne tanto meno a subire le eventuali prevaricazioni di chi pur esprimendo posizioni minoritarie volesse bloccare il processo di rinnovamento in atto.

       Gli ultimi nodi ancora aperti dovranno essere sciolti possibilmente entro pochi giorni, se così non sarà ognuno dovrà assumersene le responsabilità anche  al cospetto dei lavoratori ai quali dovrà essere concesso il diritto ad avere l’ultima parola.

       Il rafforzamento dell’azione unitaria è a nostro modo di vedere la condizione essenziale per aggredire i problemi strutturali del comparto delle costruzioni.

       Sappiamo peraltro che lo sviluppo economico e sociale del nord- Sardegna è legato proprio alla carenza di infrastrutture, acqua – metano – trasporti, sono condizioni preliminari alla crescita economica senza la quale non sarà possibile colmare il divario con il resto del Paese.

       Vergognosa è inaccettabile è la condizione della mobilità interna, i collegamenti stradali con il resto dell’Isola sono del tutto inadeguati.

       Basti pensare che fatto cento il tasso di infrastruttura stradale dell’Intero Paese, nell’ attuale ambito provinciale siamo appena a 39,3 con  un differenziale di oltre 60 punti.

       Mentre la Sardegna nel suo complesso con il 41,3 è enormemente indietro anche nei confronti del Mezzogiorno il cui tasso è pari al 70,5.

       La stessa deprimente situazione la ritroviamo nella rete ferroviaria, 34,3 del Nord- Sardegna, contro il 41,1 dell’intera Isola e il 92,5 del mezzogiorno.

       Zero assoluto per quanto riguarda il metano, l’assenza di questa fonte di energia di cui dispongono tutte le Regioni Italiane determina forti squilibri per l’industria manifatturiera, gia schiacciata dalle caratteristiche geo-demografiche e dalle ristrette dimensioni del mercato.

       Per comprendere quanto devastante sia per le nostre produzioni tale situazione, citiamo l’esempio dell’ importazione di laterizio e dei manufatti in cemento, che pur avendo un basso valore aggiunto riescono a penetrare il mercato locale potendo contare sulla migliore competitività delle imprese del continente.

       Ma gli effetti negativi si riflettono pesantemente anche sulla bolletta energetica delle famiglie, il consumo procapite di energia elettrica per un Sardo è di gran lunga superiore a quello Italiano, 1.187 contro 1.052 kwh, se poi rapportiamo il consumo di un abitante del Nord- Sardegna,  a quello della Regione allora il valore schizza in avanti di 135 kwh.

       Il divario pesa anche sul consumo procapite dei combustibili, 0,31 quello del Paese, 0,30 per la Sardegna e ben 0,33 tonnellate procapite per il territorio.

       Non si brilla neanche per le telecomunicazioni gli aeroporti i porti, acquedotti, depuratori ecc.

       Vane almeno per il momento si sono rivelate le lotte a cui hanno preso parte negli ultimi anni del decennio trascorso, i lavoratori locali e in particolare quelli impegnati alla realizzazione delle termo- centrali.

       Mobilitazioni a cui hanno dato un fortissimo contributo gli operai edili, molti dei quali ancora oggi, sperano di uscire dalla condizione di lavoratori socialmente utili.

       Ciò detto appare abbastanza evidente come  il rilancio del settore sia strettamente connesso allo sviluppo economico dell’intero territorio, non può esserci l’uno in assenza dell’altro.

       Per ciò Particolare attenzione và posta alla programmazione negoziata, come categoria ci permettiamo di proporre una riflessione sulle scelte fin qui fatte, alle quali il movimento sindacale, se pur in misura del tutto insufficiente è stato chiamato a partecipare.

       L’opportunità offertaci dalle risorse messe a disposizione dalla Comunità Europea, rischia di essere clamorosamente perduta.

       Non mi riferisco unicamente ai ritardi e alle responsabilità del governo regionale, ma anche alla filosofia di fondo sulla natura degli interventi.

       Se è vero che le risorse devono servire a colmare il deficit strutturale, non mi pare, almeno fino ad ora, che si sia seguito un criterio di spesa sufficientemente coerente con questo obiettivo.

       L’incentivazione orientata prevalentemente all’apertura di nuove realtà produttive, rischia da una parte di drogare il mercato e dall’altra di rivelarsi nel medio e  lungo periodo, un operazione fallimentare.

       La crescita del tessuto imprenditoriale in un contesto privo di infrastrutture e di servizi alle imprese, non solo è problematica ma potrebbe abortire ancora prima di nascere.

       Fissare alcune coordinate fondamentali dell’azione sindacale nella Regione e nel territorio di nostra competenza, porta inevitabilmente ha fare i conti con il comparto delle costruzioni e in particolare con la sua inadeguatezza strutturale.

        Le energie spese sul versante della lotta al lavoro nero e su quello per il miglioramento delle condizioni relative alla sicurezza e salute dei lavoratori del settore, hanno senza dubbio innescato un forte processo di sensibilizzazione sia nei confronti delle nostre controparti naturali, sia nei confronti degli organi di controllo e delle istituzioni locali.

        Ora occorre  dar vita, a un adeguato e incisivo  piano di intervento, da collocare nel cuore del "sistema costruzioni" tenendo presente la  sterminata giungla delle complessità amministrative e l’ inadeguatezza della macchina istituzionale.

        Bisogna  attivare attraverso la mobilitazione delle idee delle energie e degli uomini, la lotta contro la rassegnazione e la falsa cultura, che porta a giustificare l’illegalità, contrapponendola al lavoro pur che sia.

        Proprio i risultati ottenuti fin qui, dimostrano quanto ciò sia possibile.

        Le condizioni in cui versa il comparto delle costruzioni  non sono da un punto di vista sociale più  tollerabili.

   Mettere mano a questo stato di cose significa lavorare non solo per innovare il settore, ma per affermare la cultura della legalità.

L'abbraccio  tra il potere politico e quello economico, sempre più stretto, in un contesto di particolarismo e affarismo, costituisce  uno degli snodi fondamentali per una prospettiva di sviluppo compatibile col territorio.

Il groviglio di interessi va' quindi districato con un’azione straordinaria da espletare sia sul piano Nazionale e regionale, sia su quello territoriale.

E’ ampiamente dimostrato che le disposizioni legislative e le norme ad esse legate, hanno effetti diversi a seconda del contesto territoriale in cui sono calate.

Il livello di ricezione delle disposizioni e delle leggi, è ovviamente connesso alla situazione socio - economica, la quale si mostra profondamente differenziata da area a area.

Ciò non vuol dire evocare un intervento legislativo e normativo diversificato, ( per il settore delle costruzioni anzi , l'omogeneità delle norme e delle disposizioni è assolutamente indispensabile per combattere il caos su cui è imperniato).

Piuttosto  ricercare un approccio specifico alla  peculiarità del territorio, da effettuare attraverso un azione, che tenga conto dei suoi limiti e delle sue specificità.

Dotarsi di una politica industriale in grado di intervenire sulla polverizzazione del mercato, oggi caratterizzato da un infinito numero di soggetti produttivi di piccolissime dimensioni è assolutamente indispensabile.

Per quanto ci riguarda gli assi fondamentali dell’intervento sindacale devono poggiare sulla:

 

1.     Contrattazione sociale

2.     Contrattazione istituzionale (concertazione)

3.     Coordinamento amministrativo sociale istituzionale

4.     Mobilitazione, denuncia, sensibilizzazione dell'opinione pubblica

5.     Riorganizzazione e rafforzamento dell’ insediamento nel territorio da parte del sindacato (proselitismo)

 

1.     Contrattazione sociale

 

         La contrattazione è un cardine fondamentale e insostituibile delle politiche sindacali, è il momento in cui trovano una sintesi gli interessi naturalmente e socialmente contrapposti.

       In questi ultimi anni l’abbiamo praticata, pur con alti e bassi all'interno di un quadro di riferimento abbastanza solido, ciò nonostante  tale strumento, proprio a causa della destrutturazione del settore si è rivelato insufficiente.

       Da qui l'esigenza di utilizzare proprio il secondo livello della contrattazione in funzione della razionalizzazione e del  progressivo assorbimento  della vasta area di illegalità.

        Il lavoro irregolare e la concorrenza sleale che si innesca contro le imprese corrette, dovrà essere aggredito non attraverso forme di indebolimento del contratto, come taluni sostengono, ma al contrario con un suo forte rilancio.

        Dobbiamo in primo luogo, recuperare un rapporto con la  CONFARTIGIANATO della Sardegna,  la quale  in questi anni ha dato corso ad una forma unilaterale e persino illegittima dell’ applicazione delle norme.

          La costituzione della CASSAEDILE artigiana e in particolare le modalità praticate a tale fine, sono inaccettabili in quanto aprono la strada della delegittimazione e della rappresentanza di comodo degli interessi collettivi.

        I tentativi finora fatti dalle nostre organizzazioni nel loro livello nazionale non hanno sortito risultati, forse anche per la scarsa determinazione dimostrata nel perseguire la soluzione del problema.

        Riannodare i fili del dialogo per superare le attuali difficoltà è auspicabile ma ognuno dei soggetti in campo deve assumersi fino in fondo le proprie responsabilità, la F.I.L.L.E.A. e la segreteria nazionale deve porsi il problema dell’affidabilità politica della CONFARTIGIANATO, richiamandola al rispetto delle obbligazioni derivanti dalla firma dei contratti e degli accordi.

         In questi anni si sono fatti dei passi molto importanti, portando all'interno del contesto comune, dell’ EDILCASSA, CNA-API-LEGA, tuttavia rimane ancora da realizzare in particolare con CNA e LEGA il contratto di secondo livello.

        Su un versante più avanzato si collocano le relazioni con le associazioni di categoria della CONFINDUSTRIA e dell’ API, con i quali le relazioni sindacali esistenti consentono il rinnovo contrattuale.

        Comunque per quanto riguarda le imprese e i lavoratori edili operanti nel Nord-Sardegna, la maggior parte aderisce alla CASSAEDILE e quindi è soggetta alla contrattazione con la Sezione costruttori aderente alla CONFINDUSTRIA.

        Negli ultimi tempi proprio con quest’ultima, esauritasi una fase di forte conflitto originatosi per i dissidi nella gestione degli enti paritetici, si è rilanciata la contrattazione attraverso la quale si sono potuti ottenere importanti risultati che ci pongono all’avanguardia in campo Nazionale.

        L’istituzione dello sportello unico che fa perno sulla CASSAEDILE, gestita pariteticamente dalle parti sociali, rappresenta il momento più qualificante della fase attuale delle relazioni sindacali.

        Questa importante innovazione che si differenzia dallo sportello Perugino, istituito da legge regionale, per alcune funzioni e finalità, consente di intrecciare i dati e le informazioni delle imprese con le posizioni assicurative degli istituti e degli enti locali, rendendo di fatto più complicato operare nella irregolarità.

        Dal 1-settembre- 1999 al 31-agosto 2000, sono pervenute allo sportello ben 1.717 comunicazioni, riguardanti le notifiche preliminari, le richieste di certificazioni preventive, stati di avanzamento e stati finali dei lavori.

        Uno studio della F.I.L.L.E.A. basato sui dati disponibili, ci porta a pensare che  siano almeno 200 le imprese recentemente regolarizzatesi con la Cassa e 1.680 i lavoratori strappati dal nero.

        l’iniziativa delle organizzazioni sindacali territoriali  ma soprattutto le denuncie effettuate dalla F.I.L.L.E.A., ha prodotto una notevole sensibilizzazione dell’opinione pubblica rimettendo in movimento la macchina dei controlli per troppo tempo inceppata a causa dell’inefficienza strutturale.

        L’INPS di Sassari ad esempio nei primi 10 mesi dell’anno in corso, ha effettuato 748 controlli, individuando una percentuale di aziende irregolari pari al 78% , su un totale di 6.980 lavoratori controllati,  954 pari al 13,71%, sono risultati  in nero, per oltre dieci miliardi di contributi evasi.

        La contrattazione locale di secondo livello effettuata con la più rappresentativa delle organizzazioni di categoria degli imprenditori, ci pone per prestazioni erogate ai lavoratori e per i servizi garantiti alle imprese, tra i primissimi posti in Italia.

        Lo studio effettuato dalla Commissione Nazionale Paritetica per le casse edili nel febbraio 2000, rileva su un totale di massa salariale relativa al 1999, pari a 198,809 miliardi, che Sassari ne ha gestito 71,620 – Cagliari 71 – Nuoro 35,189 – Oristano 21.

        Cagliari e Sassari, più o meno  si equivalgono, mentre Nuoro e Oristano, pur sommate assieme, hanno gestito somme inferiori  rispetto alla sola  Sassari per circa ¼.

          Su un totale di 1.211.236.608 di prestazioni straordinarie, riguardanti lo stesso periodo ed erogate complessivamente dalle quattro casse edili presenti in Sardegna, in virtù di accordi legati alla contrattazione di secondo livello abbiamo :

1)     Sassari – 651.709.760 milioni, pari al 53,80 % dell’ intero volume di prestazioni erogate  e lo  0,91% di rapporto con la massa salariale di sua competenza.

2)     Cagliari -  352.838.122  milioni, pari al 29,13% dell’intero volume di prestazioni erogate e lo 0,50% di rapporto con la massa salariale di sua competenza.

3)     Nuoro – 124.000.526 milioni, pari al 10,23% dell’intero volume di prestazioni erogate e lo 0,35% di rapporto con la massa salariale di sua competenza.

4)     Oristano – 82.688.200 milioni, pari al 6,82 % dell’intero volume di prestazioni erogate e lo 0,39% di rapporto con la massa salariale di sua competenza.

        La CASSAEDILE di Sassari oltre agli elementi ordinari, regolamentati dal CCNL, distribuisce da sola più del 50% delle prestazioni, erogate dal sistema in tutta la Sardegna, coinvolgendo 6.518 lavoratori, contro i  3.548 di Cagliari, 187 di Nuoro, 201 di Oristano.

        Eclatante risulta l’efficienza del nostro sistema se si considera l’imposizione contributiva a carico degli operai lo 0,99 contro quello Cagliaritano dell’ 1,12 Nuorese 1,15 e Oristanese 1,36 .

        Ancora su 98 casse edili, dai  15 miliardi di Gorizia ai 498 di Milano, Sassari con i suoi 71,620 si colloca al 32° posto in termini di grandezza, ma all’ottavo per quantità percentuale di prestazioni straordinarie distribuite, dopo Torino, Roma, Milano, Trento, Genova, Bolzano e Brescia.

        Intanto in  attesa dei prossimi dati statistici  la massa salari in un anno, ovvero dal 1999 al 2000  si è incrementata del 21,8%, raggiungendo la ragguardevole cifra di 97,550 miliardi.

        Il sistema, a prescindere dai punti di eccellenza come il nostro, garantisce  una gamma di prestazioni che contratto dopo contratto, accordo dopo accordo, sta prefigurando una sorta di welfare settoriale.

        Si è passati dal garantire la gratifica natalizia, l’erogazione del trattamento economico per le festività e le ferie, l’anzianità professionale, (rientranti nelle prestazioni ordinarie) fino alle protesi, dentarie, occultistiche e ortopediche, alla fornitura degli indumenti di lavoro, ai viaggi turistico culturali, sussidi per decessi del lavoratore, del coniuge e famigliari a carico, rimborsi viaggio per cure mediche, soggiorno per i giovani, soggiorni montani, borse e assegni di studio, formazione professionale, formazione delle RLS, formazione alle imprese e ai  lavoratori sulla sicurezza, visite mediche e altre consulenze.

          Recentemente è stata assunta una delibera per l’apertura di nuovi sportelli con l’assunzione di tre nuovi funzionari ad Olbia, l’ importante decisione ci consentirà di rispondere ad una effettiva esigenza di decentramento.

        In questi anni non sono mancate le iniziative e le discussioni sulla realizzazione del sistema unico degli enti paritetici in Sardegna.

        La nostra cultura imperniata sulla solidarietà ci porta a ritenere tale  obiettivo degno di essere perseguito.

        Naturalmente  la realizzazione di un sistema unico comporta la piena consapevolezza della situazione attuale e delle problematiche esistenti.

        l’avvicinamento delle posizioni tra le associazioni imprenditoriali aderenti  alle casse edili e alla  edilcassa, e la cultura campanilistica sono i primi nodi da sciogliere.

        Siamo disponibili ad avviare un processo che vada in questa direzione, poniamo solo la pregiudiziale  per noi irrinunciabile della omogeneizzazione contributiva e delle prestazioni dei lavoratori.

        Ovviamente fatto salvo il principio della salvaguardia delle migliori condizioni acquisite dai  lavoratori, il modello gestionale a cui rifarsi  non può essere che quello Sassarese.

        Finora le scelte fatte non vanno in questa direzione l’ ultimo contratto regionale stipulato con l’API Sarda, non ha recepito l’esigenza da noi posta di omogeneizzare i trattamenti contributivi e economici. 

        Gravissima inoltre la decisione di non aderire allo sportello unico, considerato dalle Organizzazioni sindacali di questo territorio uno strumento strategico per la lotta contro il lavoro irregolare.

        Inaccettabile lo svuotamento del ruolo delle RLST che a giudizio del compagno designato dalla F.I.L.L.E.A. poi dimessosi per motivi personali, non  era adeguato a garantire ai lavoratori il giusto sostegno sulle problematiche della sicurezza.

        Intollerabile la struttura gestionale imperniata su una direzione i cui poteri reali superano di gran lunga quelli previsti dallo statuto e del CDA.

        Ne si possono condividere le scelte fatte dal CDA dell’ EDILCASSA  senza farle precedere dal confronto con le  parti sociali.

        Emblematico e il caso relativo alla decisione di acquistare una nuova sede di rappresentanza nella città di Sassari .

        Come F.I.L.L.E.A. siamo assolutamente contrari, ritenendo prioritaria semmai l’apertura della sede nella città di Olbia che ne è sprovvista.

        In attesa degli opportuni ravvedimenti avvertiamo L’ API Sarda che con questo modo di procedere rischia la rottura, personalmente la ritengo inevitabile se dovesse ignorare il ruolo del sindacato di questa parte della Sardegna.    

        Ma i conti vanno fatti anche con la CONFINDUSTRIA il rinnovo dell’integrativo provinciale sarà la nostra cartina di tornasole per capire se al di là delle aperture e delle disponibilità recenti, si potranno concretizzare gli obiettivi condivisi.

        Per intanto il primo scoglio da superare è quello delle inaccettabili chiusure poste  dall’ ANCE sul tavolo nazionale, vedremo se dopo lo sciopero del 30 Novembre che riguarderà gli edili Sardi, si verificheranno le condizioni per la riapertura del confronto.

        Il rinnovo dell’integrativo, dovrà tenere conto dalle esperienze degli ultimi anni, e assumere una forte connotazione innovativa, in particolare si dovranno superare alcune logiche arcaiche nella gestione degli enti paritetici.

        Và rivisto l’impianto complessivo della contribuzione, non ha senso continuare a pompare risorse sui singoli fondi quando questi accumulano giacenze i cui livelli in alcuni casi superano di gran lunga la copertura finanziaria, necessaria  a garantire quella singola prestazione o la funzionalità di un determinato ente.

        Bisogna posizionare al centro del sistema una sorta di valvola che ne regoli i flussi finanziari sia in entrata sia in uscita.

         Quando ai lavoratori sono riconosciuti i loro diritti contrattuali e anzi come nel nostro caso erogate prestazioni ben al di sopra della media, accumulare finanze come è avvenuto per  la Scuola edile è assolutamente sbagliato.

        Per rendere possibile la regolazione del flusso in entrata, occorre necessariamente tenere fermi due punti,  il primo è che in caso di necessità dovuta all’esaurimento di una data riserva da istituire, quindi prima ancora che si corra il rischio di intaccare la copertura finanziaria  del singolo fondo, deve scattare in maniera automatica l’adeguamento del contributo;

        Il  secondo che venga stabilita una percentuale delle prestazioni straordinarie per i lavoratori, da calcolarsi  sull’intera massa salariale denunciata alla cassa edile.

        L’incremento della misura delle prestazioni và posto come obiettivo primario, per questo si dovrà mettere mano all’attuale sistema istituzionale.

        Non ha senso continuare a tenere in vita  tre CDA, tre Presidenze e tre vicepresidenze, capisco che  molti si sentono gratificati dall’incarico, ma per quanto ci riguarda preferiamo una gestione più snella e più rispondente agli interessi che rappresentiamo.

        Per ciò siamo per mantenere un solo ente con una sola gestione e una sola cassa, governato da un solo CDA al cui interno vengano distribuite le responsabilità specifiche come la formazione e la sicurezza.

        Va altresì istituita la società di servizi la quale operando liberamente sul mercato possa impegnare i proventi realizzati per ampliare ulteriormente le prestazioni ad imprese e lavoratori.

        Per il resto l’integrativo dovrà prevedere un incremento salariale pari al tetto massimo stabilito dalle parti nazionali, la mutualizzazione  dei permessi sindacali, la stabilizzazione delle RLST nonché l’adeguamento delle varie indennità.

        Vanno altresì diminuite le quote di servizio praticate ai lavoratori iscritti al sindacato, fino a portarle ad una misura tale, che sommate all’importo delega non superino complessivamente 1% degli elementi della retribuzione.

        Non è più tollerabile che all’interno della stessa federazione vi siano due pesi e due misure e la differenziazione  del costo della tessera.      

        Diversa per caratteristiche è la situazione contrattuale negli impianti fissi dove il secondo livello si esercita direttamente con la singola azienda, le trattative per il rinnovo vengono condotte  dalla RSU con il sostegno all’occorrenza  dalla struttura di categoria.

        In questi anni la contrattazione ha risentito della carenza di una visione di insieme dei problemi.

        Il rafforzamento del  negoziato di secondo livello, se da un lato ha favorito   una maggiore responsabilizzazione della rappresentanza di base, mettendola nelle condizioni di cogliere le specificità, dall’altro ha allargato il solco delle differenze.

        La solidarietà tra i lavoratori dello stesso comparto ne ha profondamente risentito, anzi in alcuni casi  si sono  trasformati loro malgrado in soggetti attivi della competizione a volte esercitata  senza esclusione di colpi.

        L'introduzione della flessibilità sovente esasperata, ha completamente rivoluzionato l'organizzazione della fabbrica, sono saltati uno ad uno tutti i cardini della vecchia divisione del lavoro.

         La  professionalità è stata assorbita dalla polifunzionalità individuale, il singolo lavoratore  ha finito per cedere i diritti contrattuali in cambio di un salario aggiuntivo a volte  erogato in nero.

        Ciò detto fermo restando l’attuale  sistema imperniato sui due livelli di contrattazione, occorre e anche alla svelta, introdurre alcuni correttivi,  facendo in modo di rafforzare il contratto nazionale.

                   Per quanto ci riguarda più da vicino ritengo ormai inevitabile avviare una forte verifica  sugli attuali regimi di flessibilità, considerato che  le concessioni fatte negli anni passati per rispondere alle crisi congiunturali dei diversi comparti produttivi, sono state acquisite dalle aziende come elementi strutturali.

        Infatti la rottura del vecchio modello organizzativo ha di gran lunga innalzato il livello delle prestazioni lavorative dei singoli lavoratori, i quali vengono sottoposti a ritmi sempre più insostenibili.

        

2        . Contrattazione istituzionale (concertazione)

 

        Un altro cardine importante della nostra strategia è quello rappresentato dalla concertazione, chiarito che per la C.G.I.L. non è un valore, ma uno strumento importante per il perseguimento dei suoi obiettivi, occorre adoperarci per difenderla, consolidarla e rilanciarla.

        Come F.I.L.L.E.A riteniamo che l’attuale modello non sia in grado di cogliere tutte le diverse specificità settoriali, da qui l’esigenza di ampliarlo, attraverso un coinvolgimento diretto delle categorie produttive.

        Da qualche settimana  per la precisione dall’8 novembre scorso, è entrata in vigore la riforma del titolo V della Carta Costituzionale, si prevedono nuovi poteri alle Regioni le quali si sostituiranno allo Stato in molti settori dell’attività legislativa, mentre a loro volta dovranno decentrare competenze verso i comuni.    

        Purtroppo Già oggi questi ultimi a causa delle loro piccole dimensioni non sono in grado di svolgere tutte le attribuzioni assegnategli dalle leggi, figuratevi con quale grado di efficienza saranno in condizioni di svolgere le nuove.

        Il territorio della Provincia  si divide in 90 comuni, e solo quattro di questi hanno una popolazione superiore ai 20.000 abitanti (Sassari, Olbia, Alghero, Porto Torres), sui quali peraltro si concentra circa il 50% dell’intera popolazione.

        Autonomia e decentramento sono senz’altro due aspetti importanti per la democrazia e lo sviluppo  ma senza una riforma complessiva della Regione e dell’apparato amministrativo le cose si potrebbero complicare.

        Tra le attuali competenze dei comuni vi sono quelle riguardanti la programmazione e il reperimento dei finanziamenti per la realizzazione dell’opera pubblica, ma anche tutte le incombenze tecniche che vanno dai bandi di gara fino al collaudo.

        La complessità delle procedure mette a dura prova la macchina amministrativa più collaudata, si pensi ai piccoli comuni o alle altre amministrazioni pubbliche che si devono trasformare all’occorrenza in stazioni appaltanti.

        L’amministrazione Provinciale ad esempio che pure piccolo comune non è, ha fermi circa 97 miliardi, si sarebbero dovuti appaltare entro lo scorso giugno, ma rimangono inutilizzati a causa di carenze negli organici.

        Ciò considerato sarebbe opportuno che la potestà legislativa della Regione venga utilizzata per introdurre importanti riforme anche nel settore dei lavori pubblici chiederemo a C.G.I.L.–C.I.S.L.– U.I.L. regionali, di promuovere in concerto con i sindacati degli edili un vertice con le autorità regionali per richiederne un intervento in tal senso.

        Ferme restando le prerogative degli enti locali sulla programmazione per la realizzazione delle opere pubbliche o anche sulla pianificazione urbanistica, si potrebbero  stralciare tutte le funzioni esecutive riguardanti l’opera da realizzare, dalla progettazione alla gestione delle procedure per l’affidamento dei lavori fino al collaudo.

        La forma che suggeriamo è quella dell’istituzione dei provveditorati territoriali per le  opere pubbliche, i quali dotati di adeguate strutture dovrebbero per l’appunto intervenire solo esclusivamente nell’ambito esecutivo.

        Tale  innovazione oltre ad alleggerire le incombenze burocratiche delle attuali stazioni appaltanti, avrebbe il merito di ridurre i tempi, specializzare le competenze,  migliorare la qualità del prodotto e cosa non secondaria, erigere una diga al malaffare.

        Ma se si vuole infliggere un duro colpo al lavoro nero e salvare molte vite umane, occorre  puntare al coinvolgimento diretto dei comuni, facendoli interagire con le altre istituzioni e organismi preposti al controllo.

        Ciò comporta innanzitutto un rafforzamento e un ampliamento delle competenze operative pur nell’ambito del solco normativo e legislativo esistente.

        Lo sportello unico costituito da DPL-INPS-INAIL-CASSAEDILE., come abbiamo visto ha prodotto significativi risultati ma il suo ambito di intervento è per lo più limitato all’ opera pubblica, rimane in ombra quasi tutta la sfera del privato, dove si annida il grosso dell’economia sommersa.

        Per questo proponiamo l’istituzione di una cabina di regia nell’ambito dello sportello già esistente, questa dovrà interfacciarsi con gli uffici tecnici dei comuni preposti al rilascio delle autorizzazioni.

        Allo scopo questi ultimi  dovranno essere autorizzati ad esigere i contratti o la documentazione equipollente dalla quale devono risultare i soggetti a cui il richiedente della concessione intende affidare l’esecuzione dei lavori.

        In questo modo  il responsabile del procedimento della pratica, prima di rilasciare le autorizzazioni richieste, comunicherà le generalità delle imprese incaricate di eseguire i lavori alla cabina di regia, la quale potrà accertare se le posizioni assicurative e contributive sono regolari.

        Un altro ruolo importante dovrà essere affidato alla polizia municipale, essa sempre sulla base della documentazione rilasciata all’ufficio tecnico, procederà a dei controlli periodici al fine di verificare se nel cantiere operano le stesse imprese le cui generalità erano già state rese note.

        Cessazioni e/o nuovi ingressi dovranno essere comunicati preventivamente allo stesso ufficio il quale provvederà a darne comunicazione alla cabina di regia.

        Qual’ora si dovessero accertare difformità sulla presenza in cantiere di ditte o soggetti non preventivamente denunciati, il sindaco tramite un ordinanza dovrà stabilirne la chiusura.

        La riapertura del cantiere sarà subordinata all’accertamento dei presupposti di regolarità da  parte della cabina di regia, la quale dovrà intervenire e pronunciarsi possibilmente entro le 48 ore successive alla chiusura stessa.

        Anche le RLST territoriali nell’ambito delle funzioni a loro attribuite dalle leggi vigenti potranno, qualora riscontrassero delle gravi anomalie, richiedere l’intervento alla cabina di regia, che allo scopo dovrà stabilire un canale di collegamento informatico con i Comitati Paritetici Territoriali costituiti dalle parti sociali.

 

3.     Coordinamento amministrativo sociale istituzionale

 

        Il coordinamento e l’azione integrata degli enti preposti al controllo e alla verifica della regolarità delle imprese, dovrà essere ulteriormente rafforzato e ampliato.

        Si dovrà promuovere il coinvolgimento di altri soggetti che potrebbero insieme concorrere a contrastare  l’economia sommersa e il lavoro nero, ma si deve in primo luogo favorire l’apporto delle idee e delle esperienze maturate dagli uomini che sul campo svolgono quotidianamente la loro attività.

        Per ciò come F.I.L.L.E.A. ci faremo carico di promuovere unitamente alle altre organizzazioni sindacali se lo riterranno opportuno, una conferenza degli ispettori, dell’ INPS, DPL, INAIL, SPISAL.

        Allo stesso modo di concerto con la categoria del pubblico impiego e le confederazioni, auspichiamo un coinvolgimento coordinato delle diverse istanze siano esse sociali istituzionali o amministrative.

       

        4. Mobilitazione, denuncia, sensibilizzazione dell'opinione pubblica

 

        la capacità di analizzare la realtà del contesto di riferimento e quella di produrre un progetto in grado di migliorarlo, sono elementi indispensabili e insostituibili per l’azione sindacale.

        Tuttavia ciò non è sufficiente, se non si ha la piena consapevolezza di quanto importante sia la mobilitazione dei lavoratori, nonché la denuncia dei guasti e dei responsabili che li producono.

        I lavoratori delle costruzioni devono prendere coscienza della propria forza, e orientarla verso il contesto da cambiare, dobbiamo ritornare a indignarci per le ingiustizie, a protestare per la precarietà e lo sfruttamento.

        Per questo vorremmo unitamente a F.I.L.C.A. e F.E.N.E.A.L. lanciare una campagna di sensibilizzazione straordinaria, in ogni cantiere in ogni comune in ogni casa in cui si trova un lavoratore del settore, deve arrivare alta la voce del sindacato unito.

        Le difficoltà oggettive dovute alla parcellizzazione del comparto ci devono portare a studiare nuove e più efficienti forme di approccio con la nostra gente, la quale non è adeguatamente informata su quanto stiamo facendo per loro e quanto intendiamo fare.

        Solo in questo modo potremo ricostruire un movimento più consapevole della sua identità e della sua potenzialità.

 

6.     Riorganizzazione e rafforzamento dell’ insediamento nel territorio da parte del sindacato (proselitismo)

 

        L’ultimo asse della strategia che la relazione sperando di esserci riuscita, pone all’attenzione dell’assemblea congressuale, è quello del rafforzamento e di un nuovo e più rispondente insediamento della F.I.L.L.E.A. nel territorio.

        Su questo aspetto si misureranno molte delle capacità e attitudini di quei  compagni vecchi e nuovi che aspirano a divenire parte del gruppo dirigente della categoria.

        Un congresso non è certamente la sede più adatta per varare un piano organico sul proselitismo, tuttavia ne và necessariamente sottolineata l’importanza, considerato lo stretto legame intercorrente  tra forza, azione e risultati.

         Un sindacato debole o poco rappresentativo non può in nessun modo sperare di incidere sul contesto sociale.

        Nell’avviarmi alla conclusione vorrei ringraziare a nome della segreteria uscente tutti i compagni che in questi anni si sono battuti come avevano promesso per affermare i diritti dei lavoratori.

        Ringrazio anche quei compagni che per diversi motivi in questo Congresso non sono delegati, un grazie particolare e sincero ad Angelo Vandi e Domenico Picinnu che hanno deciso di farsi da parte per consentire il ricambio e il rinnovamento della categoria.

        Ringrazio anche coloro i quali sono riusciti a convivere con il mio carattere forse eccessivamente spigoloso e pignolo, l’affetto e il rispetto che ho ricevuto sono senz’altro più di quanto ho meritato.

        Non sono certo se tra tutti i presenti vi sia la stessa consapevolezza dei problemi che ci attendono, la loro portata è tale da far temere per la stessa sopravivenza del sindacato e della democrazia.

         Eppure qualcosa all’interno dell’animo mi dice che ancora una volta ce la faremo, ancora una volta  i lavoratori riprenderanno nelle loro mani il loro destino e sconfiggeranno l’ingiustizia.