14° Congresso C.G.I.L.
2° Congresso F.I.L.L.E.A. Nord- Sardegna
….Per una nuova stagione
dei diritti e l’affermazione della regolarità nel settore delle Costruzioni
Relazione del Seg. Generale Uscente
Antonio Rudas
A tutti
coloro che hanno condiviso, lottando
insieme a me, le ragioni della speranza.
Il
Giorno della riscossa
“ Quando gli occhi del tempo
scruteranno stanchi l’orizzonte incantato di un ideale smarrito,
quando il vento freddo
dell’arido materialismo
gelerà beffardo i germogli
primaverili della
speranza,
quando gli uomini danzeranno ancora una volta sul
baratro dell’intolleranza,
quando anche lo
spettro della malinconia irriderà il
passato di una lontana giovinezza,
quando tutto ti sembrerà
perso e nulla avrà più senso,
allora e solo allora ti
rimetterai in cammino, solleverai con fierezza lo sguardo, sfiderai cento volte
ancora l’ingiustizia,
ma se impugnerai la
bandiera del riscatto offrendola al vento della rivolta,
se ti ritroverai tra le destate genti e come onda
rabbiosa infrangerai lo scoglio
dell’arroganza,
se un antico e glorioso
canto muoverà le stanche membra verso il giusto traguardo,
allora ricordati dei tanti,
degli umili, degli oppressi, ricordati degli
sfruttati, perché quello sarà il
loro giorno,
il giorno della riscossa.”
IL tempo che ha segnato questo scorcio di
storia della FILLEA territoriale e dei suoi uomini, sarà anche l’unico e
autorevole arbitro sul lavoro svolto dal gruppo dirigente della categoria.
Ma ai Compagni del Comitato Direttivo uscente
che si apprestano a passare il testimone al nuovo organismo, non può non essere
tributato un riconoscimento e un ringraziamento particolare.
In anni in cui la solidarietà e la coesione
sociale sono stati messi a dura prova dalla nuova ondata individualista che ha
finito per alimentare la cultura liberista, negli anni in cui il comparto delle
costruzioni ha subito profondi e selvaggi trasformazioni, hanno saputo con
grande passione e impareggiabile spirito di squadra, sostenere un progetto
politico che ha dato e non mancherà di dare ulteriori e più importanti risultati, grazie dunque a : Achenza
Antonello – albertino Giov. Maria – Becciu Franco – Bucci Arnaldo – Cardone
Giovanni – Crosa Sebastiano – Demontis Mario – Ena Giuseppe – Frulio Salvatore
– Gaspa Salvatore – Giordo Gavino – Manconi Gianni – Mariani Paolo – Moro Luigi
– Mulas Francesco – Muresu Francesco –
Olivas Dario – Peano Giovanni – Picinnu Domenico – Pinna Gavino – Pintore
Pietrino – Piras Gavino – Piredda Ignazio – Piroddu Gianni – Porcu Angelo –
Rudas Antonio – Saba Antonio – Sanna Giovanni – Secchi Raffaele – Sotgiu Teresa – Udas Salvatore – Vandi Angelo .
Cari Compagni/e, Amici, Signori invitati,
Ancora una volta la C.G.I.L. la più grande e rappresentativa
organizzazione di interessi collettivi del Paese, si appresta attraverso il
coinvolgimento di migliaia di lavoratori, a definire la propria strategia.
Il tempo presente ci porta le spore di una malattia antica,
essa continua ad affliggere milioni di individui in tutto il mondo, una
moltitudine di bambini, donne e uomini, sono oppressi dalla fame e scherniti
dalla morte.
Neanche quella parte dell’umanità, pur avendo realizzato e beneficiato di un elevato benessere materiale, può dirsi soddisfatta delle attuali condizioni di vita.
La polvere delle torri, simboli del sistema capitalistico, abbattuti dalla barbarie e dalla brama di potere, copre la visuale della coscienza umana, la quale impietrita dalla paura e galvanizzata dall’orgoglio, si prepara all’ennesima crociata contro la ragione.
Sappiamo, poiché proprio la storia c’è lo ha insegnato, quanto il cammino dell’uomo sia disseminato di momenti cruciali.
Autorevoli esponenti
della cultura e della politica, vanno sostenendo con una certa sicumera, prendendo
proprio a riferimento i tragici ed efferati accadimenti Americani, che dall’11
settembre niente sarà più come prima.
Per ora di nuovo si sono visti i mezzi, forse le modalità con cui l’essere umano porta la morte ai suoi simili, ma le motivazioni e le spinte, che stanno alla base dei conflitti rimangono sempre le stesse.
L’intolleranza tra le diverse culture e civiltà, i radicalismi e fondamentalismi, ma soprattutto la conquista e l’esercizio del potere, continuano a piagare il mondo e farlo sanguinare.
Il sistema economico dominante, basato sul motore della competizione, ne amplifica le diversità, strutturandolo in aree forti e deboli, all’interno delle quali convivono interagendo tra loro, profonde differenze e disuguaglianze.
Incurante di ciò la macchina impazzita del liberismo, si dirige a folle velocità verso un benessere ancora più grande e concentrato, bruciando le risorse del Pianeta e mettendo a rischio l’ecosistema.
Mentre gli uomini accecati dall’ingenuità o peggio dall’ipocrisia dell’opulenza, si dividono tra il partito degli interventisti e no, trascurando le cause di fondo, comuni ad ogni guerra.
Se non si prenderà atto dell’inadeguatezza dell’attuale modello economico e sociale, alimentato dal propellente della competizione conflittuale, non si arriverà mai ad un ordine mondiale imperniato sulla pacifica convivenza.
Certo il sistema capitalistico ha vinto la sua battaglia contro il più avvilente modello statalista, ma l’umanità non può permettersi il lusso di perdere la guerra contro le profonde ingiustizie, originate dagli eccessi dell’economia di mercato.
Il tramonto dei riferimenti ideali ha inibito la speranza e frenato la spinta innovatrice, causando la crisi della politica, ripiegatasi nella mera gestione delle contraddizioni di sistema.
L’enorme buco nero così creatosi ha finito inevitabilmente per
attrarre verso di se il potere economico e finanziario, il quale nel suo divenire egemone, produce un profondo declino delle istituzioni
democratiche, rese obsolete dai caratteri prevalentemente mercantili della
globalizzazione.
È da qui che occorre prendere le mosse per analizzare, capire
e approntare le dovute misure se si vuole intervenire con qualche possibilità di successo sull’attuale crisi.
Ovviamente mi limiterò a prendere in considerazione solo
alcuni aspetti, scusandomi per l’inevitabile parzialità del ragionamento,
imposto dalla necessità di mantenere la relazione nei sui limiti strutturali.
Nel nostro Paese l’indebolimento della rappresentanza politica,
già manifestatosi nella seconda metà degli anni settanta, subisce
un’accelerazione nel decennio successivo, il processo tuttora in corso si
caratterizza per la deriva della classe dirigente è ha come epicentro il
1989-1992.
Il crollo del muro, ma anche le inchieste della magistratura, portarono alla luce una realtà peraltro già universalmente conosciuta, ricordata sotto il nome di “tangentopoli”.
Un’insieme di circostanze, interagendo tra loro, produssero
l’effetto di cancellare dalla scena politica, quasi l’intera platea dei
partiti, i quali pur con tanti diffetti, prima con la Resistenza e poi con la
Costituente, contribuirono a gettare le
basi della democrazia e dello sviluppo.
Furono anni cruciali, sui quali persistono le fiamme della polemica, l’enorme sconvolgimento, portò alla polarizzazione delle formazioni in campo, più o meno nelle forme e schieramenti di oggi.
la novità più rilevante, in seguito determinante per la conquista del Governo del Paese, è rappresentata del partito azienda dell’attuale presidente del consiglio dei ministri.
Quest’uomo molto abile nell’arte della comunicazione, riuscì a
colmare in certa misura il vuoto politico a interpretare le istanze moderate
lasciate orfane dalla fine della Democrazia Cristiana, a sdoganare gli eredi del partito fascista e a
ingaggiare il movimento della Lega, alimentato da pulsioni separatiste e
secessioniste.
Nel contempo il Paese
attraversava la più grave crisi finanziaria della sua storia, in quegli anni
ricordo quanto forte, fosse il rischio di una bancarotta del sistema,
fortunatamente furono avviate politiche
di risanamento a cui il sindacato confederale con l’accordo di Luglio del 1993
partecipò in maniera decisiva.
Intanto una rilevante porzione dell’imprenditoria, capeggiata
dall’allora Capo della FIAT Cesare Romiti e da una CONFINDUSTRIA, dilaniata al
suo interno, dalla contrapposizione tra piccola e grande impresa, cercò di
ostacolare l’ingresso dell’Italia nel nuovo contesto Europeo.
Molti imprenditori, puntarono sulle difficoltà economiche di
un Paese allo stremo, si lasciarono portare dall’onda lunga della svalutazione
della Lira, trascurarono gli
investimenti e la qualificazione dei processi e dei prodotti.
Scoppiò la più grave crisi del comparto delle costruzioni, si
chiusero i cantieri, vennero cancellati centinaia di migliaia di posti di
lavoro, si innescò una destrutturazione
con la quale stiamo tuttora facendo i conti.
La breve parentesi del Governo di centro destra, crollato
sotto il peso delle proprie contraddizioni dopo appena sette mesi, a cui gli
Italiani sempre più smarriti avevano affidato nel 1994 le loro sorti, favorì
prima con i governi tecnici e poi con la vittoria della coalizione dell’ulivo
del 1996 il risanamento finanziario del Paese.
Venne riattivata
l’economia, si pratico una maggiore equità nella distribuzione del peso
fiscale, si agganciò l’obiettivo cruciale dell’Europa si avviò il
riassorbimento della disoccupazione.
Purtroppo quel Governo e la classe dirigente che lo ha reso possibile, non è stato altrettanto capace di fare le riforme del sistema politico, necessarie a chiudere una lunga fase di perniciosa transizione.
L’inerzia dimostrata su questo versante ha favorito il formarsi di un blocco sociale, cresciuto intorno ha un’idea di Paese la quale non ha per caratteristiche, possibilità di raffronto con altre Democrazie esistenti.
La filosofia di fondo ispirata al liberismo, in cui i rapporti di forza la fanno da padrone, si intreccia con le tendenze separatiste rappresentate dalla lega e la cultura nazionalista che pure vi si dovrebbe contrapporre, il tutto cementato da una inedita e sconosciuta pratica politica, composta di aziendalismo, populismo e corporativismo padronale.
Gli errori del centro–sinistra, hanno spinto milioni di Italiani sempre più disincantati dalla politica e orfani di riferimenti ideali, ad affidare per la seconda volta il Paese nelle mani di un signore, il cui fine principale è quello di farsi gli affari suoi.
Nei primi mesi del suo nuovo e più robusto gabinetto, i provvedimenti e le disposizioni di legge varati, sono andati a tutelare i suoi interessi personali, e quelli di pochi intimi, appartenenti alle classi privilegiate, rappresentate per lo più da una CONFINDUSTRIA in versione reazionaria.
Quest’ultima invece di sostenere politiche innovative, non potendo
contare più sul vecchio protezionismo, cancellato dalle norme europee, si
illude di risolvere i problemi
strutturali dell’impresa, attraverso un forte ridimensionamento della Sanità,
della scuola, e delle pensioni.
Con atteggiamenti pomposi e bellicosi, il Napoletano D’amato,
non perde occasione di evocare flessibilità varie.
Ovviamente per realizzare tale disegno occorre cancellare i diritti di milioni di persone e lavoratori, primo fra tutti quello che consente l’organizzazione democratica del dissenso.
I ripetuti attacchi allo statuto dei diritti dei lavoratori, il tentativo reiterato di abolirne l’art.18, che ne sostiene tutto l’impianto, caratterizzano per l’appunto questa strategia, alimentata da una fortissima e corposa campagna propagandistica.
Ai più attenti non sarà sfuggito come attraverso la
possibilità di licenziare, senza un presupposto sorretto da giusta causa, le
imprese tutte e senza distinzioni, potrebbero condizionare ancora più
marcatamente di quanto già oggi non avvenga il singolo lavoratore.
In assenza di un così fondamentale diritto, in grado di porre i lavoratori al riparo di minacce e ricatti, aumenterebbero le difficoltà a far rispettare le regole, per non parlare del colpo mortale che ne riceverebbe la rivendicazione sindacale.
È fin troppo facile comprendere come le imprese e le loro
associazioni avrebbero mano libera nel far passare ulteriori carichi di
flessibilità e misure organizzative tendenti ad incidere pesantemente sui
diritti fondamentali della persona.
Il Paese ha bisogno di riforme và ripetendo l’intrepido presidente di CONFINDUSTRIA, pensando allo smantellamento del Welfare, la CGIL che già aveva messo in guardia dai rischi della saldatura politico-programmatica con il centro-destra, ha giustamente respinto tali pretese e si prepara a contrastarle con forza e determinazione.
Ma i nostri detrattori e i critici di sempre, ci accusano di
conservatorismo, vanno sostenendo che grazie
alle nostre rigidità il mercato del lavoro è bloccato, le imprese non sono
competitive, l’economia langue.
Sembrerebbe che le fortune Dell’Italia, il suo sviluppo,
l’incremento dell’occupazione, dipendano dalla libertà di licenziare, l’ipocrita
pretesa di convincere di ciò l’opinione pubblica è pari solo all’offesa
arrecata alla logica della ragione e alla sopportazione dei lavoratori.
Non mancano nemmeno le preoccupazioni per la nostra salute,
esposta secondo alcuni, alle intemperie dell’isolamento, causato da differenti
vedute con CISL e UIL, dai distinguo nel fronte progressista, e persino dalle
critiche provenienti dall’estrema sinistra.
Eppure ci sentiamo in buona compagnia, specialmente quando, come è accaduto nello scorso Luglio e venerdì 16 novembre, migliaia di lavoratori hanno riempito come da tempo non si vedeva le piazze d’Italia.
A differenza di quanto capita alla sinistra, in continua
emorragia di consensi, la CGIL li
aumenta, basti vedere il grande successo delle sue liste per l’elezione delle
RSU, l’incremento delle adesioni nei lavoratori attivi e dei giovani in
particolare.
Non neghiamo l’esistenza di nuovi e vecchi problemi, di certo questi sono legati ai nodi di fondo e alle criticità del sistema per i quali però disponiamo, a differenza di altri, di un disegno strategico per affrontarli.
Semmai è l’assenza di un adeguata visione progressista a preoccuparci, l’aver perso la bussola, il deficit di politica eguagliato solo dal tatticismo sterile e dall’ auto referenza del gruppo dirigente, genera confusione e smarrimento nella base militante e alimenta il disgusto nel suo elettorato di riferimento sempre più orientato ad astenersi dal voto.
La palese difficoltà a interpretare le aspettative e le
esigenze della popolazione, ormai appaltata ai maghi dei sondaggi, la
schematizzazione dei problemi e l’approccio meccanico dell’analisi, produce un
vuoto enorme.
Modernizzare l’Italia come si dice di voler fare, prescindendo
dai limiti più complessivi del sistema capitalistico che andrebbe mitigato,
sottovalutare le conseguenze della
globalizzazione economica e finanziaria, accettare la precarietà del mondo del
lavoro, fino a ritenerla una necessità, significa operare fuori dal
proprio contesto di riferimento e dal naturale orizzonte culturale.
Mi chiedo se sarà mai possibile per milioni di uomini e donne da tempo impegnati a sostenere l’ideale di una società più giusta, piegarsi alle logiche dell’assolutismo economico.
Non ho ben chiaro cosa significhi passare dalla cultura del lavoro a quella dei lavori, propugnata dai nuovi riformisti, preferisco rimanere ancorato alla concezione del lavoro come diritto fondamentale della persona e come mezzo che ne promuova l’emancipazione economica e sociale.
La precarietà dell’impiego e della professionalità la
subalternità gerarchica, l’ ansia da prestazione, la cancellazione dei
riferimenti e delle regole, il progressivo venir meno della solidarietà,
l’incattivimento dei rapporti umani e persino
la cancellazione della dignità, rappresentano non dei casi isolati ma una
realtà diffusa e in continua espansione.
Sarò un conservatore, ma ritengo questa modernità inaccettabile, piegarsi alle esigenze dell’economia e dell’attuale modello di sviluppo fino al punto di rinunciare ad essere se stessi è semplicemente paradossale.
Un cultura riformista che non voglia gettare a mare i valori
fondamentali dell’uguaglianza, della giustizia sociale e della solidarietà,
deve liberasi dalle facili suggestioni di una modernità i cui caratteri non coincidano
con il miglioramento della qualità della vita, certamente non riducibile al
solo aspetto economico.
Dal mio punto di vista l’operazione da effettuare è quella di
capovolgere l’attuale rapporto tra la persona e il mercato, si tratta di
passare da una realtà in cui gli individui si muovono, operano e vivono in sua
funzione, a una realtà dove il mercato, l’economia e lo sviluppo si mettano a
disposizione dell’essere Umano.
Le tardive conversioni al sistema e alla cultura Americana,
sono semplicemente patetiche, rifarsi ad esse per connotare una politica
riformista è intellettualmente disonesto.
Un Popolo può essere allo stesso tempo moderno e arretrato, può avere grandi ospedali con tecnologie all’avanguardia, in grado di curare le malattie più gravi mentre le persone muoiono perché non hanno la tessera dell’assicurazione;
Può annoverare
imprenditori con patrimoni enormi, anche di centinaia di miglia di
miliardi, alle cui dipendenze lavorano persone altamente
professionalizzate che di giorno maneggiano le
tecnologie più avanzate e di notte dormono nelle baracche;
Può godere della libertà e della democrazia ma rimanere
prigioniero della paura o dell’ansia, per il rischio di perdere con il lavoro
la fonte del proprio reddito.
Nascondersi dietro una concezione astratta di modernità senza
esplicarne i contenuti e metterli in relazione con le condizioni effettive
della persona è culturalmente deprecabile.
Certi falsi riformismi preludono in realtà a una restaurazione, il loro graduale ma progressivo dispiegarsi, ci porta dritti a un’idea di società, le qui fondamenta si pongono fuori dal solco culturale del movimento operaio.
L’enorme confusione attualmente imperante nell’ambito
politico, l’assenza di riferimenti ideali e valori condivisi, finisce per
stravolgere l’impegno civile delle persone.
Siamo arrivati al punto che la pratica clientelare, viene
tollerata e utilizzata come strumento
quasi esclusivo della formazione del consenso.
Basti vedere quanto sta avvenendo nell’istituzione più importante della Sardegna, offesa dal più squallido dei mercati.
I consiglieri si
spostano di qua o di là con una disinvoltura agghiacciante e le maggioranze si
costituiscono a prescindere dai programmi.
Persino la magistratura indaga sulla compravendita dei voti.
La classe dirigente della svolta, come si è definita in campagna elettorale, in realtà è un’accozzaglia di mercanti intenti a devastare il tempio.
Mentre la coalizione di centro-sinistra anch’essa prigioniera
della logica del potere fine a se stesso, non trova nemmeno il coraggio di
proporre un sciogliete le righe e vivacchia in attesa della fine della
legislatura sperando di essere premiata dall’elettorato, non già in ragione dei
suoi meriti ma per i manifesti guasti generati dai suoi avversari politici.
Intanto i problemi e i nodi strutturali che affliggono l’isola
rimangono irrisolti, dalla disoccupazione alla carenza di infrastrutture, alla
riforma della macchina burocratica.
L’unico se pur significativo passo in avanti è stato fatto
fare alla continuità territoriale,
l’abbattimento delle tariffe aeree rappresenta un indiscutibile successo che
non mancherà di aiutare la Sardegna a uscire dall’isolamento.
Questo risultato si deve ha un uomo, l’ex deputato Antonio
Attili il quale impegnato a risolvere i problemi piuttosto che a curare il suo
collegio elettorale non è stato rieletto in Parlamento.
A causa dello sfascio prodotto dell’attuale classe dirigente rischiamo di perdere una opportunità di sviluppo e le ingenti risorse messe a disposizione dalla Comunità Europea.
Pare ormai del tutto evidente che di fronte ha tale situazione
il sindacato confederale Sardo non possa esimersi dall’aprire una nuova
stagione di lotte, certamente si pone il problema delle riforme, la prima delle
quali considerato che è propedeutica alle altre non può che essere quella della
Politica.
Un progetto di tale portata comporta una grande capacità di mobilitazione dei lavoratori i quali proprio a causa dell’enorme distacco di credibilità, tendono ad assimilare alla stessa, lo stesso movimento sindacale.
La C.G.I.L. dovrebbe
promuovere, senza delegittimare i partiti politici che rimangono un pilastro insostituibile della
democrazia, una forte azione ponendo al centro della sua battaglia la bonifica
e quindi la moralizzazione della vita pubblica, riportando il ruolo dell’uomo
politico allo stato originale, ciò è a
quello di servitore del Popolo.
Per quanto ci riguarda, già nel precedente Congresso ci eravamo posti l’obiettivo di contrastare il mal costume, e di denunciare le inadempienze della pubblica amministrazione.
Il nostro comparto, non può prescindere in nessun modo dall’efficienza delle istituzioni locali, le quali hanno tra gli altri compiti la programmazione della spesa per la realizzazione delle opere pubbliche.
Avevamo deciso che non avremmo fatto sconti a nessuno, così è stato, ne abbiamo denunciato le inefficienze ma anche le violazioni della legalità.
Non sono mancate le reazioni e neanche le querele, io stesso e
la Compagna Carla Cantone, ex segretario generale nazionale della categoria,
oggi dirigente confederale, abbiamo dovuto subire l’azione sconsiderata di
qualche notabile locale.
Grande eco ha avuto la campagna di sensibilizzazione sulle
condizioni di sicurezza dei cantieri e sul fenomeno del lavoro nero, le nostre
denuncie sono approdate fino in Parlamento.
In assenza dell’azione svolta non si sarebbero create le condizioni che ci hanno portato primi in Italia, ad ottenere l’istituzione dello sportello unico, dove per la prima volta le istituzioni pubbliche preposte al controllo, esercitano unitamente alla cassa edile un intervento coordinato e incrociato.
Come sappiamo tale strumento ha aperto una nuova strada il cui percorso non mancherà di modificare l’approccio culturale e operativo nella lotta alla diffusa irregolarità del settore.
Memori dei guasti creati dalla corruzione nelle faccende degli
appalti e degli anni di “tangentopoli”, Non abbiamo esitato ad opporci e
denunciare procedure ritenute da noi poco trasparenti.
Grande clamore ha suscitato la denuncia della nostra Organizzazione per le modalità attraverso le quali sono stati affidati i lavori per la realizzazione della stazione marittima di Porto Torres.
Ma questo periodo è stato contrassegnato anche dall’ l’impegno profuso nella lotta al modello consociativo su cui si era imperniata la gestione degli enti paritetici, i benefici che ne sono derivati sono sotto gli occhi di tutti.
Purtroppo l’azione forte e determinata messa in campo dalla F.I.L.L.E.A non è stata condivisa da tutto il sindacato, abbiamo persino dovuto registrare una aperta avversione per le denuncie sulle irregolarità degli appalti.
Il livello di unità con F.I.L.C.A. e F.E.N.E.A.L. è sicuramente insoddisfacente, tuttavia le divisioni e lacerazioni hanno avuto il merito di fare chiarezza e oggi ci potrebbero essere le condizioni per risalire la china.
Alla F.I.L.C.A. e alla F.E.N.E.A.L. ricordiamo che per la C.G.I.L. l’unità sindacale ancora prima di essere un’ opportunità, rappresenta un valore, non rinunceremo mai ad essa e faremo tutto quanto è nelle nostre possibilità per affermarla.
Invitiamo quindi i nostri amici sindacalisti ad abbandonare le
pratiche di questi anni, al segretario della F.I.L.C.A. in particolare chiedo
una profonda riflessione sulla condotta dell’ultimo decennio.
Ma attenzione, invocare e promettere l’unità non può essere semplicemente un esercizio dialettico o peggio un’ abito da indossare in particolari occasioni per poi sfilarselo subito dopo.
Ricercare e affermare un nuovo modo di stare insieme, vuol dire mettere al centro i programmi organizzando tutte le energie possibili per realizzarli.
Per quanto ci riguarda cercheremo con tutte le nostre forze la via del dialogo, ma sia chiaro, non siamo disponibili a sacrificare la nostra azione ai veti di nessuno, ne tanto meno a subire le eventuali prevaricazioni di chi pur esprimendo posizioni minoritarie volesse bloccare il processo di rinnovamento in atto.
Gli ultimi nodi ancora aperti dovranno essere sciolti possibilmente entro pochi giorni, se così non sarà ognuno dovrà assumersene le responsabilità anche al cospetto dei lavoratori ai quali dovrà essere concesso il diritto ad avere l’ultima parola.
Il rafforzamento dell’azione unitaria è a nostro modo di
vedere la condizione essenziale per aggredire i problemi strutturali del
comparto delle costruzioni.
Sappiamo peraltro che lo sviluppo economico e sociale del nord- Sardegna è legato proprio alla carenza di infrastrutture, acqua – metano – trasporti, sono condizioni preliminari alla crescita economica senza la quale non sarà possibile colmare il divario con il resto del Paese.
Vergognosa è inaccettabile è la condizione della mobilità interna, i collegamenti stradali con il resto dell’Isola sono del tutto inadeguati.
Basti pensare che fatto cento il tasso di infrastruttura
stradale dell’Intero Paese, nell’ attuale ambito provinciale siamo appena a
39,3 con un differenziale di oltre 60
punti.
Mentre la Sardegna nel suo complesso con il 41,3 è enormemente indietro anche nei confronti del Mezzogiorno il cui tasso è pari al 70,5.
La stessa deprimente situazione la ritroviamo nella rete
ferroviaria, 34,3 del Nord- Sardegna, contro il 41,1 dell’intera Isola e il 92,5
del mezzogiorno.
Zero assoluto per quanto riguarda il metano, l’assenza di
questa fonte di energia di cui dispongono tutte le Regioni Italiane determina
forti squilibri per l’industria manifatturiera, gia schiacciata dalle
caratteristiche geo-demografiche e dalle ristrette dimensioni del mercato.
Per comprendere quanto devastante sia per le nostre produzioni tale situazione, citiamo l’esempio dell’ importazione di laterizio e dei manufatti in cemento, che pur avendo un basso valore aggiunto riescono a penetrare il mercato locale potendo contare sulla migliore competitività delle imprese del continente.
Ma gli effetti negativi si riflettono pesantemente anche sulla
bolletta energetica delle famiglie, il consumo procapite di energia elettrica
per un Sardo è di gran lunga superiore a quello Italiano, 1.187 contro 1.052
kwh, se poi rapportiamo il consumo di un abitante del Nord- Sardegna, a quello della Regione allora il valore
schizza in avanti di 135 kwh.
Il divario pesa anche sul consumo procapite dei combustibili,
0,31 quello del Paese, 0,30 per la Sardegna e ben 0,33 tonnellate procapite per
il territorio.
Non si brilla neanche per le telecomunicazioni gli aeroporti i
porti, acquedotti, depuratori ecc.
Vane almeno per il momento si sono rivelate le lotte a cui hanno preso parte negli ultimi anni del decennio trascorso, i lavoratori locali e in particolare quelli impegnati alla realizzazione delle termo- centrali.
Mobilitazioni a cui hanno dato un fortissimo contributo gli
operai edili, molti dei quali ancora oggi, sperano di uscire dalla condizione
di lavoratori socialmente utili.
Ciò detto appare abbastanza evidente come il rilancio del settore sia strettamente connesso allo sviluppo economico dell’intero territorio, non può esserci l’uno in assenza dell’altro.
Per ciò Particolare attenzione và posta alla programmazione
negoziata, come categoria ci permettiamo di proporre una riflessione sulle
scelte fin qui fatte, alle quali il movimento sindacale, se pur in misura del
tutto insufficiente è stato chiamato a partecipare.
L’opportunità offertaci dalle risorse messe a disposizione dalla Comunità Europea, rischia di essere clamorosamente perduta.
Non mi riferisco unicamente ai ritardi e alle responsabilità del governo regionale, ma anche alla filosofia di fondo sulla natura degli interventi.
Se è vero che le risorse devono servire a colmare il deficit strutturale, non mi pare, almeno fino ad ora, che si sia seguito un criterio di spesa sufficientemente coerente con questo obiettivo.
L’incentivazione orientata prevalentemente all’apertura di
nuove realtà produttive, rischia da una parte di drogare il mercato e
dall’altra di rivelarsi nel medio e
lungo periodo, un operazione fallimentare.
La crescita del tessuto imprenditoriale in un contesto privo di infrastrutture e di servizi alle imprese, non solo è problematica ma potrebbe abortire ancora prima di nascere.
Fissare alcune coordinate
fondamentali dell’azione sindacale nella Regione e nel territorio di nostra
competenza, porta inevitabilmente ha fare i conti con il comparto delle
costruzioni e in particolare con la sua inadeguatezza strutturale.
Le energie spese sul versante della lotta al lavoro nero e
su quello per il miglioramento delle condizioni relative alla sicurezza e
salute dei lavoratori del settore, hanno senza dubbio innescato un forte
processo di sensibilizzazione sia nei confronti delle nostre controparti
naturali, sia nei confronti degli organi di controllo e delle istituzioni
locali.
Ora
occorre dar vita, a un adeguato e incisivo piano di intervento, da collocare nel cuore
del "sistema costruzioni" tenendo presente la sterminata giungla delle complessità
amministrative e l’ inadeguatezza della macchina istituzionale.
Bisogna attivare attraverso la mobilitazione delle idee
delle energie e degli uomini, la lotta contro la rassegnazione e la falsa
cultura, che porta a giustificare l’illegalità, contrapponendola al lavoro pur
che sia.
Proprio i risultati ottenuti fin qui, dimostrano quanto ciò sia possibile.
Le condizioni in cui
versa il comparto delle costruzioni non
sono da un punto di vista sociale più
tollerabili.
Mettere mano a questo stato di cose significa lavorare non solo
per innovare il settore, ma per affermare la cultura della legalità.
L'abbraccio tra il potere politico e quello economico,
sempre più stretto, in un contesto di particolarismo e affarismo,
costituisce uno degli snodi
fondamentali per una prospettiva di sviluppo compatibile col territorio.
Il groviglio di interessi
va' quindi districato con un’azione straordinaria da espletare sia sul piano
Nazionale e regionale, sia su quello territoriale.
E’ ampiamente dimostrato che
le disposizioni legislative e le norme ad esse legate, hanno effetti diversi a
seconda del contesto territoriale in cui sono calate.
Il livello di ricezione
delle disposizioni e delle leggi, è ovviamente connesso alla situazione socio -
economica, la quale si mostra profondamente differenziata da area a area.
Ciò non vuol dire evocare un
intervento legislativo e normativo diversificato, ( per il settore delle
costruzioni anzi , l'omogeneità delle norme e delle disposizioni è
assolutamente indispensabile per combattere il caos su cui è imperniato).
Piuttosto ricercare un approccio specifico alla peculiarità del territorio, da effettuare
attraverso un azione, che tenga conto dei suoi limiti e delle sue specificità.
Dotarsi di una politica
industriale in grado di intervenire sulla polverizzazione del mercato, oggi
caratterizzato da un infinito numero di soggetti produttivi di piccolissime
dimensioni è assolutamente indispensabile.
Per quanto ci riguarda gli assi
fondamentali dell’intervento sindacale devono poggiare sulla:
1. Contrattazione sociale
2. Contrattazione istituzionale (concertazione)
3. Coordinamento amministrativo sociale istituzionale
4. Mobilitazione, denuncia, sensibilizzazione dell'opinione pubblica
5. Riorganizzazione e rafforzamento dell’ insediamento nel territorio da
parte del sindacato (proselitismo)
1. Contrattazione sociale
La contrattazione è un cardine fondamentale e
insostituibile delle politiche sindacali, è il momento in cui trovano una
sintesi gli interessi naturalmente e socialmente contrapposti.
In questi ultimi anni l’abbiamo praticata, pur con alti e
bassi all'interno di un quadro di riferimento abbastanza solido, ciò
nonostante tale strumento, proprio a
causa della destrutturazione del settore si è rivelato insufficiente.
Da qui l'esigenza di utilizzare proprio il secondo livello
della contrattazione in funzione della razionalizzazione e del progressivo assorbimento della vasta area di illegalità.
Il lavoro irregolare e la concorrenza sleale che si innesca
contro le imprese corrette, dovrà essere aggredito non attraverso forme di
indebolimento del contratto, come taluni sostengono, ma al contrario con un suo
forte rilancio.
Dobbiamo in primo luogo,
recuperare un rapporto con la
CONFARTIGIANATO della Sardegna,
la quale in questi anni ha dato
corso ad una forma unilaterale e persino illegittima dell’ applicazione delle
norme.
La costituzione della CASSAEDILE artigiana e in
particolare le modalità praticate a tale fine, sono inaccettabili in quanto
aprono la strada della delegittimazione e della rappresentanza di comodo degli
interessi collettivi.
I tentativi finora fatti dalle nostre organizzazioni nel loro livello nazionale non hanno sortito risultati, forse anche per la scarsa determinazione dimostrata nel perseguire la soluzione del problema.
Riannodare i fili del dialogo per superare le attuali
difficoltà è auspicabile ma ognuno dei soggetti in campo deve assumersi fino in
fondo le proprie responsabilità, la F.I.L.L.E.A. e la segreteria nazionale deve
porsi il problema dell’affidabilità politica della CONFARTIGIANATO,
richiamandola al rispetto delle obbligazioni derivanti dalla firma dei
contratti e degli accordi.
In questi anni si
sono fatti dei passi molto importanti, portando all'interno del contesto
comune, dell’ EDILCASSA, CNA-API-LEGA, tuttavia rimane ancora da realizzare in
particolare con CNA e LEGA il contratto di secondo livello.
Su un versante più avanzato si collocano le relazioni con le
associazioni di categoria della CONFINDUSTRIA e dell’ API, con i quali le
relazioni sindacali esistenti consentono il rinnovo contrattuale.
Comunque per quanto riguarda le imprese e i lavoratori edili
operanti nel Nord-Sardegna, la maggior parte aderisce alla CASSAEDILE e quindi
è soggetta alla contrattazione con la Sezione costruttori aderente alla
CONFINDUSTRIA.
Negli ultimi tempi proprio con quest’ultima, esauritasi una
fase di forte conflitto originatosi per i dissidi nella gestione degli enti
paritetici, si è rilanciata la contrattazione attraverso la quale si sono
potuti ottenere importanti risultati che ci pongono all’avanguardia in campo Nazionale.
L’istituzione dello
sportello unico che fa perno sulla CASSAEDILE, gestita pariteticamente dalle
parti sociali, rappresenta il momento più qualificante della fase attuale delle
relazioni sindacali.
Questa importante innovazione che si differenzia dallo
sportello Perugino, istituito da legge regionale, per alcune funzioni e
finalità, consente di intrecciare i dati e le informazioni delle imprese con le
posizioni assicurative degli istituti e degli enti locali, rendendo di fatto
più complicato operare nella irregolarità.
Dal 1-settembre- 1999 al 31-agosto 2000, sono pervenute allo
sportello ben 1.717 comunicazioni, riguardanti le notifiche preliminari, le
richieste di certificazioni preventive, stati di avanzamento e stati finali dei
lavori.
Uno studio della
F.I.L.L.E.A. basato sui dati disponibili, ci porta a pensare che siano almeno 200 le imprese recentemente
regolarizzatesi con la Cassa e 1.680 i lavoratori strappati dal nero.
l’iniziativa delle organizzazioni sindacali territoriali ma soprattutto le denuncie effettuate dalla
F.I.L.L.E.A., ha prodotto una notevole sensibilizzazione dell’opinione pubblica
rimettendo in movimento la macchina dei controlli per troppo tempo inceppata a
causa dell’inefficienza strutturale.
L’INPS di Sassari ad esempio nei primi 10 mesi dell’anno in
corso, ha effettuato 748 controlli, individuando una percentuale di aziende
irregolari pari al 78% , su un totale di 6.980 lavoratori controllati, 954 pari al 13,71%, sono risultati in nero, per oltre dieci miliardi di
contributi evasi.
La contrattazione locale di secondo livello effettuata con la
più rappresentativa delle organizzazioni di categoria degli imprenditori, ci
pone per prestazioni erogate ai lavoratori e per i servizi garantiti alle
imprese, tra i primissimi posti in Italia.
Lo studio effettuato dalla Commissione Nazionale Paritetica
per le casse edili nel febbraio 2000, rileva su un totale di massa salariale
relativa al 1999, pari a 198,809 miliardi, che Sassari ne ha gestito 71,620 –
Cagliari 71 – Nuoro 35,189 – Oristano 21.
Cagliari e Sassari, più o meno si equivalgono, mentre Nuoro e Oristano, pur sommate assieme,
hanno gestito somme inferiori rispetto
alla sola Sassari per circa ¼.
Su un totale di 1.211.236.608 di prestazioni
straordinarie, riguardanti lo stesso periodo ed erogate complessivamente dalle
quattro casse edili presenti in Sardegna, in virtù di accordi legati alla
contrattazione di secondo livello abbiamo :
1)
Sassari
– 651.709.760 milioni, pari al 53,80 % dell’ intero volume di prestazioni
erogate e lo 0,91% di rapporto con la massa salariale di sua competenza.
2)
Cagliari
- 352.838.122 milioni, pari al 29,13% dell’intero volume di prestazioni erogate
e lo 0,50% di rapporto con la massa salariale di sua competenza.
3)
Nuoro
– 124.000.526 milioni, pari al 10,23% dell’intero volume di prestazioni erogate
e lo 0,35% di rapporto con la massa salariale di sua competenza.
4)
Oristano
– 82.688.200 milioni, pari al 6,82 % dell’intero volume di prestazioni erogate
e lo 0,39% di rapporto con la massa salariale di sua competenza.
La CASSAEDILE di Sassari oltre agli elementi ordinari,
regolamentati dal CCNL, distribuisce da sola più del 50% delle prestazioni,
erogate dal sistema in tutta la Sardegna, coinvolgendo 6.518 lavoratori, contro
i 3.548 di Cagliari, 187 di Nuoro, 201
di Oristano.
Eclatante risulta l’efficienza del nostro sistema se si
considera l’imposizione contributiva a carico degli operai lo 0,99 contro quello Cagliaritano dell’ 1,12 Nuorese
1,15 e Oristanese 1,36 .
Ancora su 98 casse edili, dai 15 miliardi di Gorizia ai 498 di Milano, Sassari con i suoi
71,620 si colloca al 32° posto in termini di grandezza, ma all’ottavo per
quantità percentuale di prestazioni straordinarie distribuite, dopo Torino,
Roma, Milano, Trento, Genova, Bolzano e Brescia.
Intanto in attesa dei
prossimi dati statistici la massa
salari in un anno, ovvero dal 1999 al 2000
si è incrementata del 21,8%, raggiungendo la ragguardevole cifra di
97,550 miliardi.
Il sistema, a prescindere dai
punti di eccellenza come il nostro, garantisce
una gamma di prestazioni che contratto dopo contratto, accordo dopo
accordo, sta prefigurando una sorta di welfare settoriale.
Si è passati dal garantire la gratifica natalizia,
l’erogazione del trattamento economico per le festività e le ferie, l’anzianità
professionale, (rientranti nelle prestazioni
ordinarie) fino alle protesi, dentarie, occultistiche e ortopediche, alla
fornitura degli indumenti di lavoro, ai viaggi turistico culturali, sussidi per
decessi del lavoratore, del coniuge e famigliari a carico, rimborsi viaggio per
cure mediche, soggiorno per i giovani, soggiorni montani, borse e assegni di
studio, formazione professionale, formazione delle RLS, formazione alle imprese
e ai lavoratori sulla sicurezza, visite
mediche e altre consulenze.
Recentemente è stata assunta una delibera per
l’apertura di nuovi sportelli con l’assunzione di tre nuovi funzionari ad
Olbia, l’ importante decisione ci consentirà di rispondere ad una effettiva
esigenza di decentramento.
In questi anni non sono mancate le iniziative e le
discussioni sulla realizzazione del sistema unico degli enti paritetici in
Sardegna.
La nostra cultura imperniata sulla solidarietà ci porta a
ritenere tale obiettivo degno di essere
perseguito.
Naturalmente la
realizzazione di un sistema unico comporta la piena consapevolezza della
situazione attuale e delle problematiche esistenti.
l’avvicinamento delle posizioni tra le associazioni
imprenditoriali aderenti alle casse
edili e alla edilcassa, e la cultura
campanilistica sono i primi nodi da sciogliere.
Siamo disponibili ad avviare un processo che vada in questa
direzione, poniamo solo la pregiudiziale
per noi irrinunciabile della omogeneizzazione contributiva e delle
prestazioni dei lavoratori.
Ovviamente fatto salvo il
principio della salvaguardia delle migliori condizioni acquisite dai lavoratori, il modello gestionale a cui
rifarsi non può essere che quello
Sassarese.
Finora le scelte fatte non vanno in questa direzione l’ ultimo contratto regionale stipulato con
l’API Sarda, non ha recepito l’esigenza da noi posta di omogeneizzare i
trattamenti contributivi e economici.
Gravissima inoltre la decisione di non aderire allo sportello
unico, considerato dalle Organizzazioni sindacali di questo territorio uno
strumento strategico per la lotta contro il lavoro irregolare.
Inaccettabile lo svuotamento del ruolo delle RLST che a
giudizio del compagno designato dalla F.I.L.L.E.A. poi dimessosi per motivi
personali, non era adeguato a garantire
ai lavoratori il giusto sostegno sulle problematiche della sicurezza.
Intollerabile la struttura gestionale imperniata su una direzione i cui poteri reali superano di gran lunga quelli previsti dallo statuto e del CDA.
Ne si possono condividere
le scelte fatte dal CDA dell’ EDILCASSA
senza farle precedere dal confronto con le parti sociali.
Emblematico e il caso
relativo alla decisione di acquistare una nuova sede di rappresentanza nella
città di Sassari .
Come F.I.L.L.E.A. siamo
assolutamente contrari, ritenendo prioritaria semmai l’apertura della sede
nella città di Olbia che ne è sprovvista.
In attesa degli opportuni ravvedimenti avvertiamo L’ API
Sarda che con questo modo di procedere rischia la rottura, personalmente la
ritengo inevitabile se dovesse ignorare il ruolo del sindacato di questa parte
della Sardegna.
Ma i conti vanno fatti anche con la CONFINDUSTRIA il rinnovo
dell’integrativo provinciale sarà la nostra cartina di tornasole per capire se
al di là delle aperture e delle disponibilità recenti, si potranno
concretizzare gli obiettivi condivisi.
Per intanto il primo scoglio da superare è quello delle
inaccettabili chiusure poste dall’ ANCE
sul tavolo nazionale, vedremo se dopo lo sciopero del 30 Novembre che
riguarderà gli edili Sardi, si verificheranno le condizioni per la riapertura
del confronto.
Il rinnovo dell’integrativo, dovrà tenere conto dalle
esperienze degli ultimi anni, e assumere una forte connotazione innovativa, in particolare
si dovranno superare alcune logiche arcaiche nella gestione degli enti
paritetici.
Và rivisto l’impianto
complessivo della contribuzione, non ha senso continuare a pompare risorse sui
singoli fondi quando questi accumulano giacenze i cui livelli in alcuni casi
superano di gran lunga la copertura finanziaria, necessaria a garantire quella singola prestazione o la
funzionalità di un determinato ente.
Bisogna posizionare al
centro del sistema una sorta di valvola che ne regoli i flussi finanziari sia
in entrata sia in uscita.
Quando ai lavoratori sono riconosciuti i loro diritti
contrattuali e anzi come nel nostro caso erogate prestazioni ben al di sopra
della media, accumulare finanze come è avvenuto per la Scuola edile è assolutamente sbagliato.
Per rendere possibile la
regolazione del flusso in entrata, occorre necessariamente tenere fermi due
punti, il primo è che in caso di
necessità dovuta all’esaurimento di una data riserva da istituire, quindi prima
ancora che si corra il rischio di intaccare la copertura finanziaria del singolo fondo, deve scattare in maniera
automatica l’adeguamento del contributo;
Il secondo che venga stabilita una percentuale
delle prestazioni straordinarie per i lavoratori, da calcolarsi sull’intera massa salariale denunciata alla
cassa edile.
L’incremento della misura
delle prestazioni và posto come obiettivo primario, per questo si dovrà mettere
mano all’attuale sistema istituzionale.
Non ha senso continuare a
tenere in vita tre CDA, tre Presidenze
e tre vicepresidenze, capisco che molti
si sentono gratificati dall’incarico, ma per quanto ci riguarda preferiamo una
gestione più snella e più rispondente agli interessi che rappresentiamo.
Per ciò siamo per
mantenere un solo ente con una sola gestione e una sola cassa, governato da un
solo CDA al cui interno vengano distribuite le responsabilità specifiche come
la formazione e la sicurezza.
Va altresì istituita la
società di servizi la quale operando liberamente sul mercato possa
impegnare i proventi realizzati per ampliare ulteriormente le prestazioni ad
imprese e lavoratori.
Per il resto l’integrativo
dovrà prevedere un incremento salariale pari al tetto massimo stabilito dalle
parti nazionali, la mutualizzazione dei
permessi sindacali, la stabilizzazione delle RLST nonché l’adeguamento delle
varie indennità.
Vanno altresì diminuite le quote di servizio praticate ai
lavoratori iscritti al sindacato, fino a portarle ad una misura tale, che
sommate all’importo delega non superino complessivamente 1% degli elementi
della retribuzione.
Non è più tollerabile che all’interno della stessa
federazione vi siano due pesi e due misure e la differenziazione del costo della tessera.
Diversa per caratteristiche è la situazione contrattuale
negli impianti fissi dove il secondo livello si esercita direttamente con la
singola azienda, le trattative per il rinnovo vengono condotte dalla RSU con il sostegno
all’occorrenza dalla struttura di categoria.
In questi anni la
contrattazione ha risentito della carenza di una visione di insieme dei
problemi.
Il rafforzamento del negoziato di secondo livello, se da un lato
ha favorito una maggiore
responsabilizzazione della rappresentanza di base, mettendola nelle condizioni
di cogliere le specificità, dall’altro ha allargato il solco delle differenze.
La solidarietà tra i
lavoratori dello stesso comparto ne ha profondamente risentito, anzi in alcuni
casi si sono trasformati loro malgrado in soggetti attivi della competizione a
volte esercitata senza esclusione di
colpi.
L'introduzione della flessibilità sovente esasperata, ha
completamente rivoluzionato l'organizzazione della fabbrica, sono saltati uno
ad uno tutti i cardini della vecchia divisione del lavoro.
La professionalità è stata assorbita dalla
polifunzionalità individuale, il singolo lavoratore ha finito per cedere i diritti contrattuali in cambio di un
salario aggiuntivo a volte erogato in
nero.
Ciò detto fermo restando l’attuale sistema imperniato sui due livelli di contrattazione, occorre e
anche alla svelta, introdurre alcuni correttivi, facendo in modo di rafforzare il contratto nazionale.
Per quanto ci
riguarda più da vicino ritengo ormai inevitabile avviare una forte
verifica sugli attuali regimi di
flessibilità, considerato che le
concessioni fatte negli anni passati per rispondere alle crisi congiunturali
dei diversi comparti produttivi, sono state acquisite dalle aziende come
elementi strutturali.
Infatti la rottura del vecchio modello organizzativo ha di
gran lunga innalzato il livello delle prestazioni lavorative dei singoli
lavoratori, i quali vengono sottoposti a ritmi sempre più insostenibili.
2
.
Contrattazione istituzionale
(concertazione)
Un
altro cardine importante della nostra strategia è quello rappresentato dalla concertazione,
chiarito che per la C.G.I.L. non è un valore, ma uno strumento importante per
il perseguimento dei suoi obiettivi, occorre adoperarci per difenderla,
consolidarla e rilanciarla.
Come
F.I.L.L.E.A riteniamo che l’attuale modello non sia in grado di cogliere tutte
le diverse specificità settoriali, da qui l’esigenza di ampliarlo, attraverso
un coinvolgimento diretto delle categorie produttive.
Da
qualche settimana per la precisione
dall’8 novembre scorso, è entrata in vigore la riforma del titolo V della Carta
Costituzionale, si prevedono nuovi poteri alle Regioni le quali si
sostituiranno allo Stato in molti settori dell’attività legislativa, mentre a
loro volta dovranno decentrare competenze verso i comuni.
Purtroppo
Già oggi questi ultimi a causa delle loro piccole dimensioni non sono in grado
di svolgere tutte le attribuzioni assegnategli dalle leggi, figuratevi con
quale grado di efficienza saranno in condizioni di svolgere le nuove.
Il territorio della Provincia si divide in 90 comuni, e solo quattro di questi hanno una popolazione superiore ai 20.000 abitanti (Sassari, Olbia, Alghero, Porto Torres), sui quali peraltro si concentra circa il 50% dell’intera popolazione.
Autonomia
e decentramento sono senz’altro due aspetti importanti per la democrazia e lo
sviluppo ma senza una riforma
complessiva della Regione e dell’apparato amministrativo le cose si potrebbero
complicare.
Tra le attuali competenze dei comuni vi sono quelle riguardanti la programmazione e il reperimento dei finanziamenti per la realizzazione dell’opera pubblica, ma anche tutte le incombenze tecniche che vanno dai bandi di gara fino al collaudo.
La complessità delle procedure mette a dura prova la macchina amministrativa più collaudata, si pensi ai piccoli comuni o alle altre amministrazioni pubbliche che si devono trasformare all’occorrenza in stazioni appaltanti.
L’amministrazione Provinciale ad esempio che pure piccolo comune non è, ha fermi circa 97 miliardi, si sarebbero dovuti appaltare entro lo scorso giugno, ma rimangono inutilizzati a causa di carenze negli organici.
Ciò considerato sarebbe opportuno che la potestà legislativa della Regione venga utilizzata per introdurre importanti riforme anche nel settore dei lavori pubblici chiederemo a C.G.I.L.–C.I.S.L.– U.I.L. regionali, di promuovere in concerto con i sindacati degli edili un vertice con le autorità regionali per richiederne un intervento in tal senso.
Ferme restando le prerogative degli enti locali sulla programmazione per la realizzazione delle opere pubbliche o anche sulla pianificazione urbanistica, si potrebbero stralciare tutte le funzioni esecutive riguardanti l’opera da realizzare, dalla progettazione alla gestione delle procedure per l’affidamento dei lavori fino al collaudo.
La forma che suggeriamo è quella dell’istituzione dei provveditorati territoriali per le opere pubbliche, i quali dotati di adeguate strutture dovrebbero per l’appunto intervenire solo esclusivamente nell’ambito esecutivo.
Tale innovazione oltre ad alleggerire le incombenze burocratiche delle attuali stazioni appaltanti, avrebbe il merito di ridurre i tempi, specializzare le competenze, migliorare la qualità del prodotto e cosa non secondaria, erigere una diga al malaffare.
Ma se si vuole infliggere un duro colpo al lavoro nero e salvare molte vite umane, occorre puntare al coinvolgimento diretto dei comuni, facendoli interagire con le altre istituzioni e organismi preposti al controllo.
Ciò comporta innanzitutto un rafforzamento e un ampliamento delle competenze operative pur nell’ambito del solco normativo e legislativo esistente.
Lo sportello unico costituito da DPL-INPS-INAIL-CASSAEDILE., come abbiamo visto ha prodotto significativi risultati ma il suo ambito di intervento è per lo più limitato all’ opera pubblica, rimane in ombra quasi tutta la sfera del privato, dove si annida il grosso dell’economia sommersa.
Per questo proponiamo l’istituzione di una cabina di regia nell’ambito dello sportello già esistente, questa dovrà interfacciarsi con gli uffici tecnici dei comuni preposti al rilascio delle autorizzazioni.
Allo scopo questi ultimi dovranno essere autorizzati ad esigere i contratti o la documentazione equipollente dalla quale devono risultare i soggetti a cui il richiedente della concessione intende affidare l’esecuzione dei lavori.
In questo modo il responsabile del procedimento della pratica, prima di rilasciare le autorizzazioni richieste, comunicherà le generalità delle imprese incaricate di eseguire i lavori alla cabina di regia, la quale potrà accertare se le posizioni assicurative e contributive sono regolari.
Un altro ruolo importante dovrà essere affidato alla polizia municipale, essa sempre sulla base della documentazione rilasciata all’ufficio tecnico, procederà a dei controlli periodici al fine di verificare se nel cantiere operano le stesse imprese le cui generalità erano già state rese note.
Cessazioni e/o nuovi ingressi dovranno essere comunicati preventivamente allo stesso ufficio il quale provvederà a darne comunicazione alla cabina di regia.
Qual’ora si dovessero accertare difformità sulla presenza in cantiere di ditte o soggetti non preventivamente denunciati, il sindaco tramite un ordinanza dovrà stabilirne la chiusura.
La riapertura del cantiere sarà subordinata all’accertamento dei presupposti di regolarità da parte della cabina di regia, la quale dovrà intervenire e pronunciarsi possibilmente entro le 48 ore successive alla chiusura stessa.
Anche le RLST territoriali nell’ambito delle funzioni a loro attribuite dalle leggi vigenti potranno, qualora riscontrassero delle gravi anomalie, richiedere l’intervento alla cabina di regia, che allo scopo dovrà stabilire un canale di collegamento informatico con i Comitati Paritetici Territoriali costituiti dalle parti sociali.
3. Coordinamento amministrativo sociale istituzionale
Il coordinamento e l’azione integrata
degli enti preposti al controllo e alla verifica della regolarità delle
imprese, dovrà essere ulteriormente rafforzato e ampliato.
Si dovrà promuovere il coinvolgimento di
altri soggetti che potrebbero insieme concorrere a contrastare l’economia sommersa e il lavoro nero, ma si
deve in primo luogo favorire l’apporto delle idee e delle esperienze maturate
dagli uomini che sul campo svolgono quotidianamente la loro attività.
Per ciò come F.I.L.L.E.A. ci faremo
carico di promuovere unitamente alle altre organizzazioni sindacali se lo
riterranno opportuno, una conferenza degli ispettori, dell’ INPS, DPL, INAIL,
SPISAL.
Allo stesso modo di concerto con la
categoria del pubblico impiego e le confederazioni, auspichiamo un
coinvolgimento coordinato delle diverse istanze siano esse sociali
istituzionali o amministrative.
4. Mobilitazione, denuncia,
sensibilizzazione dell'opinione pubblica
la
capacità di analizzare la realtà del contesto di riferimento e quella di
produrre un progetto in grado di migliorarlo, sono elementi indispensabili e
insostituibili per l’azione sindacale.
Tuttavia
ciò non è sufficiente, se non si ha la piena consapevolezza di quanto
importante sia la mobilitazione dei lavoratori, nonché la denuncia dei guasti e
dei responsabili che li producono.
I
lavoratori delle costruzioni devono prendere coscienza della propria forza, e
orientarla verso il contesto da cambiare, dobbiamo ritornare a indignarci per
le ingiustizie, a protestare per la precarietà e lo sfruttamento.
Per
questo vorremmo unitamente a F.I.L.C.A. e F.E.N.E.A.L. lanciare una campagna di
sensibilizzazione straordinaria, in ogni cantiere in ogni comune in ogni casa
in cui si trova un lavoratore del settore, deve arrivare alta la voce del
sindacato unito.
Le
difficoltà oggettive dovute alla parcellizzazione del comparto ci devono
portare a studiare nuove e più efficienti forme di approccio con la nostra
gente, la quale non è adeguatamente informata su quanto stiamo facendo per loro
e quanto intendiamo fare.
Solo
in questo modo potremo ricostruire un movimento più consapevole della sua
identità e della sua potenzialità.
6. Riorganizzazione e rafforzamento dell’ insediamento nel territorio da
parte del sindacato (proselitismo)
L’ultimo
asse della strategia che la relazione sperando di esserci riuscita, pone
all’attenzione dell’assemblea congressuale, è quello del rafforzamento e di un
nuovo e più rispondente insediamento della F.I.L.L.E.A. nel territorio.
Su questo aspetto si misureranno molte
delle capacità e attitudini di quei
compagni vecchi e nuovi che aspirano a divenire parte del gruppo
dirigente della categoria.
Un congresso non è certamente la sede
più adatta per varare un piano organico sul proselitismo, tuttavia ne và
necessariamente sottolineata l’importanza, considerato lo stretto legame
intercorrente tra forza, azione e
risultati.
Un sindacato debole o poco rappresentativo non può in nessun modo
sperare di incidere sul contesto sociale.
Nell’avviarmi alla conclusione vorrei
ringraziare a nome della segreteria uscente tutti i compagni che in questi anni
si sono battuti come avevano promesso per affermare i diritti dei lavoratori.
Ringrazio
anche quei compagni che per diversi motivi in questo Congresso non sono
delegati, un grazie particolare e sincero ad Angelo Vandi e Domenico Picinnu
che hanno deciso di farsi da parte per consentire il ricambio e il rinnovamento
della categoria.
Ringrazio
anche coloro i quali sono riusciti a convivere con il mio carattere forse
eccessivamente spigoloso e pignolo, l’affetto e il rispetto che ho ricevuto
sono senz’altro più di quanto ho meritato.
Non
sono certo se tra tutti i presenti vi sia la stessa consapevolezza dei problemi
che ci attendono, la loro portata è tale da far temere per la stessa
sopravivenza del sindacato e della democrazia.
Eppure qualcosa all’interno dell’animo mi
dice che ancora una volta ce la faremo, ancora una volta i lavoratori riprenderanno nelle loro mani
il loro destino e sconfiggeranno l’ingiustizia.