15° CONGRESSO
COMPRENSORIALE FILLEA-CGIL
Pistoia 24 NOVEMBRE 2001
RELAZIONE INTRODUTTIVA
DEL SEGRETARIO DANIELE GIOFFREDI
nell’aprire i lavori di
questo nostro 15° Congresso comprensoriale, voglio ringraziare i delegati e gli
invitati presenti.
Ci presentiamo a questo
Congresso Provinciale della nostra Organizzazione a cinque anni di distanza dal
precedente.
Molti sono quindi i
mutamenti e le evoluzioni avvenute nella società e nella nostra Organizzazione.
Arriviamo a questo nostro
Congresso, con un duro lavoro alle spalle per tutti noi, perché abbiamo dovuto
intrecciare alle assemblee congressuali il lavoro quotidiano che questa
categoria presenta comunque ininterrottamente.
Il bilancio dell’attività
congressuale è senza dubbio da considerarsi positivo per la ampia
partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori (considerando soprattutto la
frammentazione del settore edile e la piccola dimensione di molti impianti
fissi), quest’anno nonostante la rigidità dei regolamenti anche per la
discussione avvenuta soprattutto grazie al buonsenso dei presentatori delle
mozioni.
In questo percorso, abbiamo
tenuto ben 30 assemblee congressuali di base, di cui 6 di zona o interaziendali
e 24 di azienda o di cantiere.
Pur nella difficoltà
oggettiva, dovuta dal fatto di dover consultare lavoratori dispersi in più di
duecento aziende, abbiamo comunque interessato al dibattito tutti gli iscritti
al 31/12/2000, dei quali 426 (il 42,6%) si sono espressi con un voto.
Dal punto di vista puramente
numerico i risultati sono così suddivisi:
al Documento di Maggioranza
il 85,58% dei voti
al Documento Cambiare Rotta
il 14,42% dei voti.
Il confronto tra le due
mozioni è stato duro e serrato, ma sempre improntato sulla massima serietà e
correttezza, e questo clima sereno ha consentito ai lavoratori ed alle
lavoratrici di comprendere e discutere le differenze proposte nelle due
mozioni, perché il rischio vero in una realtà frammentata come la nostra
categoria fatta di piccole e piccolissime aziende era quello di fare sembrare
la CGIL divisa.
Secondo la mia opinione il
dibattito avvenuto durante le assemblee ha prodotto risultati importanti perché
oltre a discutere giustamente dei documenti congressuali è stata affrontata la
strategia politico-sindacale della CGIL rispetto al duro attacco che il Governo
e Confindustria stanno portando avanti contro il mondo del lavoro.
Diventa questa una occasione
irripetibile per pensare davvero ad un modello di Sindacato Generale del lavoro
e dei diritti in Italia ed in Europa, che sappia cogliere l’obiettivo del lavoro per tutti in una società
democratica e civile che dia a tutti anche ai più deboli pari opportunità.
Ritengo importante quindi,
fin da oggi, auspicare da parte mia di perseguire un percorso unitario nella
gestione della categoria per i prossimi 4 anni, perché un conto sono le
questioni di carattere generale, un altro è la vita quotidiana della categoria.
Ma questo è stato anche il
Congresso, che ci ha visti dover affrontare le grandi questioni che si muovono
intorno a noi e che ci impongono di misurarci con le vicende dirompenti di
questi ultimi mesi. L’11 Settembre scorso è successo qualcosa di
inimmaginabile. L’attacco alle Torri Gemelle ha mostrato in un solo colpo tutta
la debolezza dell’ordine mondiale.
Il terrorismo internazionale
ha rialzato la testa, compiendo purtroppo un salto di qualità preoccupante. Da
questo discende la necessità di una risposta forte al terrorismo che incombe
come una minaccia sulla convivenza pacifica in ogni parte del mondo.
Una risposta che ha la
necessità di essere organizzata sì colpendo le centrali terroristiche, ma anche
attraverso lo strumento della politica, affrontando e risolvendo i problemi
aperti, perché nessuna arma potrà mai difenderci se non costruiremo un mondo
basato sui diritti.
Lo hanno detto a Genova i
Sindacati Mondiali: la globalizzazione non può essere a senso unico, portando
giovamento ai più ricchi e maggiore debolezza ai più poveri, visto che già
attualmente il 20% della popolazione mondiale detiene l’80% della ricchezza.
Da questo punto di vista
occorre procedere sempre più velocemente al progetto di unificazione
dell’Europa nella prospettiva della costruzione di un modello più avanzato di
governo della globalizzazione. Gli obiettivi più importanti di una nuova
strategia del Sindacato Europeo, la CES, devono essere l’affermazione dei
diritti di cittadinanza secondo le indicazioni emerse dal vertice di Nizza
(Carta dei Diritti) e da una più ampia estensione di strumenti utili ad una
sostanziale modifica dell’attuale modello di sviluppo (Tobin Tax e Clausola
Sociale).
Così come occorre trovare
soluzione a conflitti storici come quello drammatico tra Palestina ed Israele.
Sicuramente, in questa fase storica, la firma di un accordo di pace tra
palestinesi ed israeliani sarebbe il più grande colpo inferto alla strategia
del terrore.
In questo quadro
internazionale drammatico, purtroppo il Governo di centrodestra guidato da
Berlusconi, tra un incidente internazionale e l’altro, governa a senso unico
con l’unico obiettivo di tutelare gli interessi dei padroni contro il movimento
sindacale e le istanze che questo movimento tutela.
Il centrodestra ed il
Governo hanno fatto la loro scelta di campo, hanno scelto la Confindustria e
gli imprenditori.
A giugno Confindustria nella
sua assemblea annuale tenutasi a Parma fece “l’elenco della spesa” al Governo,
ebbene quei “prodotti” si stanno traducendo in provvedimenti che vanno nella
direzione di colpire i lavoratori ed i pensionati.
I provvedimenti dei primi
100 giorni sono a senso unico:
Tremonti bis
Falso in bilancio
Rogatorie internazionali
Rientro dei capitali
dall’estero
Norme contro la
cooperazione.
Poi è arrivata la manovra
economica per il 2002 preparata dal Governo con la legge finanziaria, che è
inefficace ed iniqua. Inefficace perché tutto si basa su ipotesi di entrate
poco credibili, dalla crescita del PIL alla vendita degli immobili pubblici. A
questo si aggiunga la mancanza di interventi anticongiunturali: dagli
investimenti in infrastrutture, al sostegno ai consumi ed agli investimenti in
ricerca. Nella finanziaria mancano interventi a favore delle aree più deboli
del Paese, dirottando risorse dalla programmazione negoziata alla detassazione
a pioggia della Tremonti bis. C’è un taglio dei trasferimenti agli enti locali
costringendoli a sua volta ad aumentare le imposte, una riduzione degli
investimenti previsti per la ricerca e la scuola e quella della copertura
necessaria per i contratti dei dipendenti pubblici.
Ma la manovra è anche
iniqua, perché se l’intervento sulle pensioni al minimo e quello per le
detrazioni ai figli possono apparire come scelte di attenzione nei confronti
delle fasce più deboli, in realtà l’impianto complessivo della manovra
testimonia piuttosto l’uso di un principio di discriminazione nelle scelte,
infatti vengono favoriti i ceti abbienti e gli evasori, mentre con l’abbandono
della riduzione prevista per le aliquote medio-basse dell’irpef e la mancata
restituzione del Fiscal-drag vengono redistribuite alle famiglie meno risorse
di quanto già restituito dalla precedente finanziaria.
Ma questa finanziaria chiede
deleghe su materie delicate e di grande impatto sociale, quali pensioni e
mercato del lavoro, rifiutando di fatto il confronto con le parti sociali e nel
Parlamento.
Cancellando la
concertazione, ed introducendo il cosiddetto Dialogo Sociale, che altro non è
che una illustrazione di temi che verranno comunque imposti.
Purtroppo questa finanziaria
molto probabilmente non sarà l’unica manovra per il 2002, a primavera
necessariamente ci sarà una manovra correttiva per rispettare i vincoli
europei, infatti la manovra di oggi calcola il fabbisogno su delle ipotesi di
crescita del tutto fantascientifiche.
A tutto questo si aggiunge
il cosiddetto Libro Bianco del Ministro del Lavoro Maroni, sul quale il nostro
giudizio è assolutamente negativo, in quanto si ispira con assoluta fedeltà
alle idee di Confindustria, portando avanti forme sempre più accentuate di
precarizzazione del rapporto di lavoro con l’obiettivo principale di scardinare
il sistema della contrattazione collettiva e della rappresentanza sindacale.
Il contratto nazionale
dovrebbe essere svuotato completamente di contenuti, ridotto ad una sorta di
cornice dove dentro ci sta di tutto. Ci stanno i contratti regionali,
territoriali, d’impresa e individuali, con conseguenti gabbie salariali,
contratti di progetto, clausole individuali peggiorative in deroga ai contratti
ed alle leggi e contratti a termine senza vincoli ed illimitati.
Ma chi pensasse che questo
fosse sufficiente si sbaglia, perché si sta anche procedendo nella direzione di
intervenire sull’art. 18 dello Statuto dei Diritti dei Lavoratori con la delega
al Governo, con l’obiettivo di sospendere la giusta causa nei licenziamenti
sostituendola con l’arbitrato.
Questa decisione sarebbe
alquanto antidemocratica, perché si lede un diritto di civiltà sul quale
nell’ultimo referendum, pur non raggiungendo, il quorum la quasi totalità degli
elettori si espresse con un secco rifiuto a questa ipotesi.
Sono convinto, che
nonostante nel recente passato ci siano stati accordi separati da parte di CISL
ed UIL, oggi di fronte ad un attacco così duro ai lavoratori ed ai pensionati,
il sindacato tutto saprà rispondere con tempismo ed efficacia al tentativo di
smantellamento del sistema pubblico in materia di sanità, di scuola e di
previdenza. Dovremo costruire un sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori
unitario, autonomo e democratico, partendo dal patrimonio di persone, di idee
presenti in CGIL CISL UIL e dalle rappresentanze unitarie nei luoghi di lavoro
per contribuire in maniera determinante ad una evoluzione democratica e civile
del nostro Paese.
E’ un obiettivo strategico,
ma l’unità sindacale non può prescindere da un rapporto chiaro e democratico
fra tutti noi. E’ quindi indispensabile definire una legge sulla rappresentanza
che dia regole e procedure per le assunzioni delle decisioni , ruolo delle RSU
e potere degli iscritti e dei lavoratori.
E’ in questo contesto di
attacco generalizzato ai diritti ed al Sindacato che occorre valutare l’intesa
del Luglio ’93. Questo tema è stato al centro della discussione congressuale.
E’ un accordo che pone al
suo centro l’equità e lo sviluppo, attraverso una politica redistributiva
sorretta da regole e da procedure che disciplinano i comportamenti di tutti i
soggetti per porre tra l’altro sotto controllo i prezzi e le tariffe. Occorre
che tutti i soggetti interessati siano coerenti rispetto alle regole sopra
descritte. Quindi la migliore arma per restaurarlo e migliorarlo, è difenderlo dagli attacchi del Governo e del
padronato con Confindustria e Confartigianato in testa, i suoi più strenui
oppositori, coloro cioè che vogliono eliminare ogni regola, smantellare il
sistema contrattuale su due livelli e dividere le organizzazioni sindacali.
Certo l’idea della
concertazione è per noi un metodo e non un fine, che intendiamo praticare fino
a quando ci sono le condizioni.
La difesa del modello
contrattuale definito con quell’accordo rimane per noi una priorità,
Il primo livello, quello
nazionale, che salvaguardi il potere di acquisto delle retribuzioni e la sua
funzione decisiva per il carattere universalistico, solidaristico e di
uguaglianza tra lavoratori del settore pubblico e privato.
Il secondo livello, quello
aziendale o territoriale, per redistribuire quella produttività di settore o
aziendale che in molti casi ha consentito alle aziende di guadagnare e che ci
consente di ragionare di organizzazione del lavoro, degli orari e di tutte
quelle politiche contrattuali connesse al ciclo produttivo, alla formazione ed
alla professionalità.
La nostra impostazione
dunque va nella direzione giusta di riaffermare il diritto contrattuale del
salario, ma in un quadro di affermazione dei diritti e delle tutele, attraverso
la qualità del lavoro nelle aziende e nei cantieri, che affermi un nuovo modello
competitivo della struttura produttiva del Paese.
Per questi motivi anche a
Pistoia, il 30 Novembre sciopererà l’intero settore dell’edilizia.
E’ necessario rinnovare
l’integrativo provinciale degli edili, così come facemmo positivamente nel 1998
anche grazie all’accordo del Luglio ’93, perché se succedesse un’altra volta un
vuoto contrattuale che durava dal 1989 rischieremo di non avere più memoria
storica tra i lavoratori, consentendo nei cantieri una contrattazione
individuale nella quale i sempre più ricercati lavoratori specializzati
potrebbero spuntare salari anche più alti del CCNL mentre gli altri
(extracomunitari e manovali) meno di quanto dovuto facendo leva sulle loro
debolezze ed i loro bisogni.
Occorre a questo punto, fare
una valutazione su quale è lo stato del settore delle costruzioni e
dell’edilizia nella nostra provincia. Partendo dalla situazione generale del
Paese, possiamo dire che oramai da alcuni anni si è stabilizzata in dati
positivi. A questa crescita hanno concorso tutti i settori, dalle
infrastrutture pubbliche all’edilizia privata ed è stata una crescita che pur
con le differenze e le peculiarità territoriali ha riguardato tutto il Paese.
Come Fillea/CGIL vogliamo
però rafforzare il concetto che questa situazione deve rappresentare una
opportunità eccezionale per fare compiere al settore quel necessario salto di
qualità indispensabile per essere competitivo negli anni futuri. Perché l’altra
faccia della medaglia, è un lavoro che cresce ma in un mercato del lavoro dove
diminuiscono i fattori di strutturalità a vantaggio della precarietà e della
temporaneità. E’ un lavoro ancora caratterizzato da una consistente quota di
sommerso e nero, dove il fenomeno degli infortuni resta ancora altissimo
rispetto ad altri settori. E’ un lavoro dove la componente di immigrazione
cresce, ma prevalentemente al di fuori di un sistema di regole e garanzie e
soprattutto è un lavoro scarsamente appetibile per i giovani. E se il lavoro è
lo specchio dell’impresa è sufficiente prendere a riferimento i dati della
Conferenza Nazionale dei Lavori Pubblici, dalla quale emerge che il numero
medio di addetti per impresa è di 3,1. In Italia solo il 10% delle realtà
imprenditoriali si trova sopra la soglia dei 50 addetti a fronte del 26% della
media europea.
Lo stesso mercato delle
opere pubbliche dal quale avrebbe potuto venire un impulso significativo a
combattere la destrutturazione del sistema di imprese non si è rilevato
efficace, dato il ricorso quasi sistematico che in questo settore si è fatto
del subappalto. Questa è una ripresa che rischia di non lasciare alcuna traccia
di sé ed il pericolo della occasione persa è quello che potremo correre di
fronte ad un andamento ciclico che potrebbe esaurire i suoi effetti positivi,
lasciando a nudo tutte le debolezze strutturali di un sistema di imprese che
oggi non appare certo in grado di vincere la sfida competitiva.
La prima cosa da fare è
respingere l’idea che questo sia un settore destinato a vivere entro condizioni
di precarietà. Occorre inoltre parlare di trasparenza del mercato del lavoro in
edilizia ed in particolare del grave fenomeno del lavoro nero ed irregolare.
Secondo i dati resi noti
dall’INPS nazionale 3 aziende su 4 tra industria ed artigianato hanno posizioni
irregolari di varia natura. La lotta al lavoro nero diventa una condizione
decisiva per combattere gli infortuni sul lavoro, perché è evidente che il
sommerso è antitetico alla cultura della sicurezza e della prevenzione. La
Commissione Nazionale Paritetica sulla Sicurezza ha effettuato un
monitoraggio dal quale risulta che nel 26% dei bandi di gara nei lavori
pubblici manca totalmente l’indicazione dei costi della sicurezza e nell’altro
74% che contiene l’indicazione dei costi il fattore qualitativo è allarmante,
perché molto spesso difetta di coerenza con il valore dell’opera e con la
tipologia del lavoro.
A livello locale, la
situazione, anche se non così drammatica, rispecchia in buona sostanza questo
quadro generale, con una situazione degli addetti praticamente inalterata, ma
con un sensibile aumento delle aziende, in molti casi individuali. Questo
significa giocoforza, maggiore frastagliazione ed una riduzione del numero
medio degli addetti per azienda. Questa situazione è preoccupante, anche perché
le attuali strutture aziendali non sono in molti casi in grado di coprire
opportunità di crescita dovute ad appalti di opere pubbliche di consistenti
dimensioni. Se non ci saranno “consorziazioni” di imprese locali, il rischio di
perdere occasioni importanti è estremamente alto. Occorre creare le condizioni
per specializzare la piccola e la media impresa, oltre a gettare le premesse
per un avvicinamento dei giovani a questo settore, visto che uno dei problemi
principali è la mancanza di specializzazione delle maestranze. Iniziano a mancare
sempre più professionalità importanti quali quelle del muratore, del
carpentiere, dell’escavatorista, dello scalpellino.
Uno strumento importante
dovrebbe essere quello di corsi mirati a tali professionalità, anche perché
l’edilizia oggi rappresenta sempre più spesso la valvola di sfogo di tanti
lavoratori espulsi da altri settori produttivi e questi lavoratori non hanno
una specializzazione adeguata e tanto meno una garanzia di prospettive
occupazionali e salariali.
Bene, se questo è il quadro,
compito nostro è certamente quello di portare avanti questi temi, a cominciare
da quello relativo alla sicurezza nella contrattazione integrativa territoriale
ed almeno per quanto riguarda i cantieri dove le stazioni appaltanti sono
pubbliche e dove esiste uno spazio sulla programmazione negoziale nel rapporto
con le istituzioni e gli organi preposti al controllo. Senza dimenticare che
esiste un tavolo provinciale sugli appalti, nel quale è necessario affermare il
principio del rifiuto della logica del massimo ribasso come unico o principale
parametro per l’aggiudicazione. Inoltre va affermato con forza il valore della
formazione come strumento e risposta forte ai processi disgregativi presenti
nel settore per mettere nelle condizioni i lavoratori edili di stare dentro
questi processi senza subirli. Partendo dalla formazione di ingresso, con
particolare riferimento agli apprendisti, per arrivare alla formazione
continua, oltre alla formazione dei lavoratori stranieri che è anche formazione
culturale generale oltre che professionale.
Un’altra questione che
dovremo affrontare presto con l’Ance a livello locale è quella relativa alle
prestazioni extracontrattuali, perché anche se quest’anno abbiamo aumentato i
premi studio, devono essere adeguate alle prestazioni delle Casse Edili
limitrofi che quest’anno le hanno migliorate.
Discorso complesso, anche
per quanto concerne il settore del legno e dell’arredamento. Quando parliamo di
legno parliamo prevalentemente dell’imbottito di Quarrata. I problemi ci sono,
pur non essendosi verificato un crollo occupazionale, purtroppo è mancato lo
sviluppo. A mio parere molti imprenditori quarratini nei momenti favorevoli,
non hanno effettuato investimenti tecnologici e di personale, ma hanno
preferito incamerare risorse guardando in maniera miope ai bilanci e non allo
sviluppo, Il vero valore aggiunto per il settore del legno dovrebbe essere
rappresentato dalgli investimenti, non da un utilizzo sfrenato di tutte le
forme di flessibilità.
Le aziende hanno preferito
fare ricorso ad orari al di fuori delle norme contrattuali, anziché assumere e
qualificare nuovo personale. Il mobile quarratino dovrebbe puntare di più sulla
qualità, non solo sulla quantità di merce prodotta e sulla competitività dei
prezzi.
Il rischio reale, se le
aziende non avranno l’intelligenza ed il coraggio di impiegare le risorse
guadagnate in progetti di investimento, di riorganizzazione e di
riqualificazione professionale, sarà quello di non essere più competitive sul
mercato specialmente ora che si dovranno confrontare anche con i colossi del
mercato europeo.
A questo dobbiamo
aggiungere, che si tratta di un settore nel quale, nonostante gli sforzi che
comunque in quest’ultimo periodo iniziano a dare frutti concreti, abbiamo molte
più difficoltà a penetrare nelle aziende per la contrattazione di 2° livello
rispetto ad altri settori.
Nel settore dei laterizi e
manufatti in cemento, infatti pure avendo nella nostra provincia solo 2
aziende, abbiamo infatti rinnovato, secondo i criteri dell’accordo di Luglio
93, gli integrativi aziendali anche con buoni risultati.
Il limite che incontriamo,
invece nel settore del legno è dovuto anche al fatto che il contratto prevede
una contrattazione integrativa a livello aziendale e non territoriale, oltre ai
nostri rapporti di forza ed allo scarso radicamento che in quel territorio
abbiamo.
A questa difficoltà va
aggiunta anche quella relativa alla mancanza di rappresentanza che la stessa
associazione degli industriali, (che non ha una sezione legno), ha nei
confronti degli imprenditori quarratini. Molto spesso si crea il paradosso, che
i lavoratori delle aziende artigiane attraverso la contrattazione integrativa
regionale, abbiano paghe più alte dei lavoratori dell’industria. Occorrerà
quindi lavorare fin dal prossimo rinnovo contrattuale per rendere più esigibile
la contrattazione di 2° livello territoriale per lo meno per quelle aziende e
sono tante che occupano meno di 15 dipendenti e non possono eleggere le RSU.
Anche se, ogni qual volta,
si sia presentato un problema più o meno grave, non necessariamente
licenziamenti, i lavoratori si sono sempre rivolti alla Fillea che è sempre
stata e sempre sarà in prima linea per la tutela ed il riconoscimento dei
diritti dei lavoratori. Ed in questi 5 anni sono state molte le vertenze, che spesso da vicende sindacali sono diventate
anche vicende umane, perché il dirigente sindacale quando si occupa di
licenziamenti o di soprusi diventa suo malgrado parte in causa. Molto spesso
diventa anche difficile dal punto di vista legislativo fornire adeguate
protezioni sociali, perché il nostro tessuto produttivo è fatto di piccola
impresa e artigianato, e non è quindi più rinviabile una riforma degli
ammortizzatori sociali da estendere anche a questa categoria dei lavoratori.
Parlo volentieri della situazione
del settore Legno, perché in questo mandato congressuale, ho avuto la
possibilità di essere il responsabile regionale per il settore, grazie alla
struttura che la Fillea Regionale, si è data affidando le responsabilità dei
vari settori ai segretari delle singole provincie. Nonostante il mio
scetticismo iniziale dovuto essenzialmente al timore di non avere la
disponibilità di tempo necessaria, è stata un’esperienza importantissima dal
punto di vista professionale. Infatti ho avuto la possibilità di partecipare
attivamente nella delegazione trattante per il rinnovo del CCNL legno industria
oltre a rinnovare in maniera più che dignitosa l’integrativo regionale.
Debbo ringraziare per questa
mia esperienza, Mauro Livi, che mi ha
dato questa opportunità, oltre ad essere sempre stato puntuale e presente nei
momenti di necessità.
Quando parlo dell’importanza
del contributo di Mauro, mi riferisco anche al fatto, che guidando una
categoria da segretario provinciale ma come unico funzionario (come a me è
successo frequentemente in questo mandato), sono molti i momenti difficili nei
quali senza il suo sostegno a volte anche solo per uno scambio di opinioni,
sarebbe stato più difficile andare avanti.
A proposito della struttura
della Fillea pistoiese, debbo dire che è una organizzazione in buono stato di
salute, con bilanci fino ad oggi in attivo e con un recupero di iscritti per lo
più giovani, che ci hanno portato nel 2000 a raggiungere la soglia dei 1000
iscritti. Quest’anno ad oggi, abbiamo quasi raggiunto il solito risultato, con
l’auspicio realistico di raggiungere e superare quel dato alla fine dell’anno.
Un impegno importante, è
stato anche quello di avvicinare alla Fillea e sindacalizzare molti lavoratori
extracomunitari, tant’è che oggi al nostro congresso sono presenti alcuni
delegati. L’obiettivo che ci demmo al precedente congresso era quello di
rinnovare la categoria con nuovi quadri, nuovi gruppi dirigenti negli
organismi. A me pare che la platea congressuale odierna sia molto rinnovata e
risponda a tali aspettative, è da qui che dobbiamo ripartire consolidando e
facendo maturare con il contributo di tutti queste nuove esperienze.
In quest’ottica, ritengo
positiva ed importante, l’esperienza che la Fillea di Pistoia ha fatto in
quest’ultimo anno, inserendo nella propria struttura un giovane compagno,
Simone Bicocchi, che molti di voi avranno già
avuto modo di conoscere, con un impegno al 50% suddiviso con la FILT.
Credo che compatibilmente
con i nuovi impegni che Simone assumerà nella Filt, questa esperienza dovrà
proseguire, perché seppure in un breve periodo di tempo ha dimostrato la
serietà, l’umiltà , la disponibilità e l’intelligenza necessaria per dare un
contributo importante e fattivo.
Mi avvio alle conclusioni,
ma prima voglio ricordare che in questi giorni prima di scrivere questa
relazione, ho voluto rileggere la mia relazione al precedente Congresso. Era il Maggio 1996.
In un capitolo di quella
relazione, esprimevo preoccupazione per la situazione della Permaflex. Solo
quattro mesi dopo la Permaflex venne
venduta, da quel momento iniziò una vertenza che oggi non è ancora del tutto
conclusa. Non voglio ora ripercorrerla tutta, anche perché in questi anni ha
riempito le pagine della cronaca locale ed in qualche caso anche quella
nazionale, ma voglio ricordarla perché la Fillea, soprattutto grazie alla RSU
ed ai lavoratori iscritti, ha fatto diventare questa vertenza, la vertenza di
tutta la città attraverso il pieno coinvolgimento delle istituzioni locali e
nazionali e di tutta la cittadinanza. Oggi molti di quei lavoratori sono andati
in pensione, altri si sono ricollocati, ma ancora 25 che si trovano in
mobilità frequentano un corso di
riqualificazione professionale al fine di essere riassunti in quell’area dalla
ditta Mantellassi.
Questo percorso che prevede
la riassunzione di questi lavoratori è stato concluso con un accordo sindacale,
ma la Fillea non riterrà conclusa la vertenza fino a quando tutto questo non
sarà realizzato, così come sarà sempre in prima linea perché quell’area rimanga
un’area industriale, non vi vengano effettuate speculazioni edilizie e se
possibile possa nel tempo dare occupazione ulteriore.
Concludo davvero, con la
speranza di essere stato esaustivo in questa mia introduzione che ha cercato di
interpretare le problematiche passate e recenti sia di carattere politico
sindacale a livello generale sia quelle specifiche di categoria, anche
attraverso idee e spunti e confidando anche del vostro fattivo contributo per
arricchire questo Congresso.
Ringrazio per la sua partecipazione
Luigi Cavallini della Fillea Nazionale, che nelle sue conclusioni potrà
sicuramente sviluppare ed arricchire di contenuti le questioni presenti nella
relazione, oltre ad indicarci puntualmente tutti gli impegni futuri della
nostra categoria.
Ringraziandovi per
l’attenzione prestata vi saluto.