Care delegate, cari delegati, Signori invitati.
Prima della mia relazione introduttiva, permettetemi
un breve ricordo di un compagno, un amico.
Nell’estate, ci ha lasciato il compagno, GABRIELE
ZAPPATERRA, con lui è scomparso un dirigente sindacale che ha lasciato una
traccia profonda nella storia della CGIL e nel movimento operaio Ferrarese.
Una delle poche persone in grado di parlare con
tutti, nella franchezza e nella dialettica che lo contraddistingueva, una
persona degna di fede, autorevole e appassionato, ma sempre leale e sincero.
ZAPPA, amava il confronto esplicito, aveva il
coraggio delle proprie opinioni e grande rispetto di quelle altrui, aveva per
questo un’idea alta della dialettica e della democrazia.
Con lui si sono forgiati molti compagni, gran parte
del gruppo dirigente della nostra Camera del Lavoro, li ha cercati e voluti
lui: Io sono uno di quelli.
Non
voglio tracciare la sua vita politica sindacale, ma ricordarlo per quello che
era.
In uno dei nostri ultimi colloqui “il 1° Giugno, al centenario della
nostra camera del Lavoro”, dove
il male lo aveva già aggredito non fece trapelare nulla, mai un cenno
personale, anche nell’ultimo nostro
dialogo parlammo di politica, di Sindacato e del congresso che si stava
avvicinando in una visione generale e collettiva.
Questo era ZAPPA, il lavoro per il movimento, sempre
in una visione collettiva, mai individuale.
Ho voluto ricordarlo in apertura della mia relazione,
nella speranza che il suo insegnamento possa essere ancora di aiuto per tanto
tempo per il gruppo dirigente di questa Categoria.
Care compagne,
cari compagni.
Ci troviamo oggi a celebrare il XVI congresso
territoriale della FILLEA di Ferrara.
Siamo arrivati ad un pezzo del percorso, faticoso ma
che ha visto la Categoria impegnata a tutto campo, per arrivare a questo
appuntamento abbiamo svolto 36 assemblee di base, coinvolti tutti i nostri
iscritti, con una presenza apprezzabile.
Un risultato che possiamo giudicare positivo, se
consideriamo la struttura della nostra Categoria, formata in gran parte da
piccole e piccolissime realtà sia nel settore edile, che negli impianti fissi
ed il tempo per svolgere i congressi di
base (circa due mesi) è stato per noi molto stretto, considerando il lavoro di
programmazione.
La forte frantumazione della Categoria non ci ha
spaventato e tutti i compagni si sono impegnati nell’ampia campagna
congressuale.
In questo contesto la presentazione di due
documenti, alternativi tra di loro, avrebbe potuto essere un ostacolo ma i
compagni impegnati nelle assemblee sono riusciti a superarlo, dando così come è
naturale che sia, dignità a tutte le posizioni.
Nelle assemblee svolte, (i nostri congressi di base), sono stati coinvolti tutti
i lavoratori anche i non
iscritti al nostro Sindacato.
Abbiamo eletto 44 delegate e delegati, in un
rapporto delegati iscritti 1/50 o
frazione superiore a 25, in una
discussione impegnativa, appassionata che si è svolta in un clima di serenità.
Il carattere del dibattito è stato importante perché
ha favorito la costruzione di un
rapporto di fiducia con i nostri iscritti e consolidato la prassi di una
dialettica determinata dalla diversità di idee, di sensibilità e non
dall’appartenenza politica.
Il XIV congresso della CGIL, si apre a distanza di
pochi mesi dall’accordo separato sul contratto dei meccanici e nella
straordinaria manifestazione del 16 novembre di quei lavoratori, che a Roma
hanno manifestato per la democrazia, dall’approvazione della legge finanziaria
ed all’indomani dei gravi fatti di Genova, i cui echi non ancora del tutto
spenti, pongono pesanti interrogativi sulla natura di questo Governo e dei suoi
orientamenti nella politica economica e sociale, che investono gli interessi e
i diritti di milioni di lavoratori e pensionati.
Per ultimo, ma solo in ordine cronologico, il
crudele atto terroristico dell’11 Settembre sferrato all’America che ha
sconvolto il mondo.
Non è stato un attacco ad un singolo Paese, ma alla
comunità internazionale, che deve rispondere con tutti i suoi strumenti,
bisogna fare attenzione, ora, affinchè le azioni di contrasto, non si
trasformino in ritorsioni inefficaci
nei confronti del terrorismo e pericolosi per un possibile allargamento del conflitto in atto, un atto che, come
sempre capita nelle scelte di chi pratica il terrorismo, ha una fortissima
valenza simbolica.
Gli obiettivi scelti, quelli colpiti ma anche quelli
mancati, rappresentano valori che appartengono alle democrazie di gran parte
della comunità internazionale.
Fondamentale per la pace è la sconfitta del
terrorismo, che deve essere messo in condizioni di non ripetere mai più quello
che ha fatto, ma bisogna anche evitare che le azioni di contrasto ricadano su
popolazioni inermi come sta accadendo in Afganistan.
La comunità internazionale deve agire, con i suoi
Organismi, anche se questi hanno attualmente scarsa efficacia, deve
sollecitarne una profonda riforma che passi attraverso una politica di cessione
di quote di sovranità, è una riforma necessaria, non più rinviabile, perché
solo questi Organismi possono garantire un nuovo equilibrio mondiale.
Nell’immediato è necessario fermare la guerra i
bombardamenti, per consentire gli aiuti umanitari ai profughi e ai civili
inermi, come richiesto dal Commissario ONU,
per ricondurre l'azione militare ad un contrasto mirato ed efficace del
terrorismo, impedendo la guerra e la sua possibile e progressiva estensione.
Io aggiungo personalmente poche considerazioni, la
guerra sta diventando una via frequente, non più eccezionale per risolvere la
crisi internazionale.
E’ questo un passaggio epocale su cui però poco si
riflette, diciamolo con franchezza, la cosa più terribile che si può pensare in
queste settimane, anche dopo la liberazione di Kabul è che ormai sia troppo
tardi.
Tardi per la politica, tardi per trovare una
soluzione all’altezza dei problemi che dobbiamo affrontare.
La guerra, il ricorso alle armi hanno questo potere,
riducono lo spazio di discussione, spesso ti costringono al silenzio.
La complessità e la verità dei fatti e delle cause
che hanno prodotto una crisi internazionale come quello che stiamo vivendo
richiederebbero un’analisi articolata, estesa nel tempo, capace di far
comprendere i comportamenti contraddittori, le alleanze innaturali i calcoli a
breve termine di cui si sono resi responsabili i protagonisti di questo
conflitto.
Si pensa davvero che una volta arrestato e/o ucciso
BIN LADEN, rovesciato il Governo afgano il problema sarà risolto?
Ed infine quali saranno i rapporti del mondo
occidentale, con quei Governi antidemocratici, che oggi sostengono l’alleanza
internazionale, dopo aver finanziato per anni i movimenti fondamentalisti?
Sono contrario alla guerra perché milioni di persone
qualunque, che non sono terroristi, che non sono fondamentalisti, ma solo
persone che hanno sopportato una brutale guerra civile per venti anni, corrono
il rischio di morire lentamente di fame strette dalla morsa del gelo invernale
sulle montagne dell’Afganistan.
Per quanto lodevoli siano gli obiettivi dichiarati
della guerra l’esito sarà un genocidio. Questo lo sappiamo!
Questo nelle
assemblee con i lavoratori è stato uno dei temi più marcati e
che ha fatto risaltare la forte
preoccupazione di tutti.
Non
certamente secondario l’analisi sulla politica economica del Governo in
merito alla legge Finanziaria approvata dal governo Berlusconi.
Una Finanziaria non all’altezza dei problemi che il
Paese ha di fronte, per l’inefficacia, in gran parte costruita sulla sabbia, per
quanto riguarda numeri e previsioni,
per qualche aspetto iniqua.
L’iniquità di una manovra economica che non dà
impulso ai consumi, che prevede un sostegno aggiuntivo alle famiglie di 1.500
miliardi, contro i 27-28 mila della finanziaria dell’anno scorso, non
restituisce il Fiscal Drag, dimentica il sud, lascia ai pensionati le briciole
e blocca il taglio delle aliquote Irpef, che il centrosinistra aveva approvato
con la manovra del 2000.
Il nostro è l’unico Paese in cui si fa una
finanziaria di ordinaria amministrazione.
In più, l’inserimento di deleghe su materie che
riguardano tavoli di confronto da costruire con le Parti Sociali la rende
particolarmente pericolosa.
La legge finanziaria ipotizza, una crescita per il
2002 del 2,3 per cento del prodotto interno lordo, un’ipotesi auspicabile, ma
lontanissima dalla realtà.
La preoccupazione è che se, com’è prevedibile,
l’obiettivo non sarà raggiunto, il Governo dovrà mettere mano alla spesa
corrente, ridimensionandola, per compensare quello che non è venuto dalla
crescita.
Altro punto debole è la mancanza di una politica
della domanda, “ Già nel documento di
programmazione economica e finanziaria il Governo aveva deciso, che i
provvedimenti per i cento giorni sarebbero stati orientati “solo all’offerta”.
E così è stato
anche per la finanziaria”.
Di
politica per il mezzogiorno non c’è traccia e manca il finanziamento per la
programmazione negoziata, il Governo non ha poi neppure preso in considerazione
la possibilità di una diversa modulazione della spesa, già fissata per le
infrastrutture, al fine di sostenere la crescita.
I vantaggi promessi alle famiglie con figli a
carico, alla fine, per molti, saranno solo compensativi di quanto è stato tolto
loro grazie alla mancata diminuzione dell’Irpef, come previsto nella
finanziaria del precedente Governo.
Difficile appare la situazione anche in merito ai
contratti.
Non sono previsti infatti risorse sufficienti per
poter rinnovare i contratti dei dipendenti pubblici, sulla base dei meccanismi
che hanno guidato i precedenti rinnovi.
In sostanza il quadro d’insieme conferma la messa in soffitta della politica dei
redditi, a favore dell’introduzione di ipotesi redistributive, in cui non c’è
traccia di equità.
La
legge delega, anche se abbrevia i
tempi attuativi, ha il difetto grave di esautorare ogni forma di confronto, e
questo è tanto più grave quanto più delicato è il tema della delega.
In questo caso si tratta della modifica del sistema
fiscale, mercato del lavoro e pensioni, riforma degli Enti a cominciare da
quelli previdenziali.
Con il sistema della delega, viene ridimensionato lo
spazio per il confronto tra le parti sociali ed è svuotato il dibattito
parlamentare.
La strumentale proposta, contenuta nel libro bianco
del Ministro Maroni, (che per brevità di tempo lascio ai delegati la lettura
attenta del documento che troverete in cartella), è quella di introdurre doppi
regimi per i lavoratori, come pratica nell’instaurare rapporti di lavoro, si
prospetta un modello di relazioni nel quale la rappresentatività collettiva è
marginale.
Attenzione, compagne compagni, quello di introdurre
doppi regimi per i lavoratori, come pratica nei rapporti di lavoro, come
definizione per tutele e diritti individuali e collettivi, è’ un quadro che ha
come obiettivo, una sola condizione:
- LO
SNATURAMENTO DEL SINDACATO.
Gli interventi sull’Articolo 18 dello Statuto dei
Lavoratori, con una legge delega, scavalcando il Parlamento e ignorando il
sindacato, questo Governo rende più facili i licenziamenti attaccando
frontalmente l’articolo 18.
La “sperimentazione”, così viene chiamata è prevista
per:
- I lavoratori e le aziende che riemergono dal nero.
-
Nella trasformazione di contratti a tempo determinato in contratti a tempo
indeterminato.
- I neo assunti di aziende che con i nuovi ingressi potrebbero
superare i 15 dipendenti.
A nessuno di noi può sfuggire che non sarà a
carattere sperimentale, è impensabile che passati 4 anni, durante i quali si
avrebbero gravi danni ai diritti, quell’articolo venga ripristinato, come è
impensabile che per un pugno di lire si possano comprare la dignità e i diritti
di un lavoratore.
Su
questo disegno siamo pronti allo scontro anche duro con il Governo.
LA NOSTRA
CATEGORIA
Anche per il 2001, anno che si sta per concludere,
possiamo già oggi affermare che raggiungeremo il 100% degli iscritti, per il
terzo anno consecutivo, con aumento nel settore edile e tenuta tra gli impianti
fissi.
Siamo soddisfatti, perché siamo di gran lunga la
prima Organizzazione del settore in Provincia e un grazie va ai nostri delegati per il lavoro svolto.
Ma la presa non va mollata, dobbiamo quindi
continuare, perché il cuore dell'Organizzazione è il proselitismo, perché è
dalle condizioni di rappresentanza che si misura la nostra efficienza e le
conseguenti politiche organizzative, ma è vero anche, che le scelte di politica
organizzativa, la politica dei nostri quadri e delle risorse, sono lo strumento
che consente di praticare un proselitismo forte, che abbia carattere di
continuità e che produca consenso e costante coinvolgimento dei lavoratori che
si iscrivano alla FILLEA.
Così come le scelte di politica “sindacale e
contrattuale”, le strategie di tutela dei diritti, gli obiettivi di sviluppo e
occupazione, sono strumenti che consentono di avere le condizioni per svolgere
un ruolo fondamentale a conquistare risultati per chi rappresentiamo e per
i lavoratori stessi.
Il Sindacato esiste perché i lavoratori ci
consegnano fiducia nel farsi rappresentare, senza risultati in termine
contrattuali, sui diritti e sulle tutele, l'adesione diventa complicata e in un
periodo di stanca ideologica potrebbe essere considerata inutile, quindi, tutto
sta insieme, quasi come una catena di montaggio circolare.
Non è un caso, che politiche ed organizzazione sono
le due facce di una sola medaglia è per questo, che i nostri progetti di
proselitismo sono sempre accompagnati da iniziative ed analisi sullo stato dei
settori che compongono la Categoria, sulle loro condizioni produttive
occupazionali, sulle politiche attive del lavoro, sulle caratteristiche del
mercato, sul sistema delle imprese, sulle regole e sulla legalità.
Una particolare riflessione, va avviata nel comparto
del settore artigiano del legno, ogni anno è lo stesso bilancio, il grado di
sindacalizzazione è limitato, non è possibile continuare a reggere questa
situazione.
Neppure l’occasione di “ARCO” prima, “ARTIFOND”
dopo, ossia la previdenza complementare di settore, ci ha visto realizzare un
apprezzabile risultato.
Abbiamo già sollevato questo problema in vari
direttivi di Categoria, sono stati messi in campo da parte della Categoria
progetti in raccordo con la C.d.L.T., ma il risultato è ancora insufficente.
E’ un ulteriore sforzo che ci dobbiamo porre,
sapendo che il lavoro è già tanto e che le risorse umane sono quelle che sono,
ma non c’è alternativa, se non vogliamo vanificare la nostra rappresentatività
in un settore oggi emarginato dal contesto.
La nostra Categoria, come in generale il mondo del
lavoro in questi anni hanno subito grandi trasformazioni, la crisi
dell’edilizia degli anni ’90 ha comportato per il settore a Ferrara la
scomparsa di grandi aziende (FEGGI – CERVELLATI – MAZZANTI).
La forte parcelizzazione del settore, con un ricorso
massiccio al subappalto ed al decentramento produttivo, ha fatto si che il
lavoro di tutela e di organizzazione della rappresentanza dei lavoratori è
sempre più difficile.
Le imprese sono piccolissime, (media dipendente 3,5)
e sono guidate da imprenditori che si sono formati sul campo di battaglia e
molte volte senza una cultura di vera imprenditorialità.
A
Ferrara il settore dell’edilizia è fortemente destrutturato, caratterizzato da
processi di dequalificazione in atto nelle imprese, è’ un settore che non
riesce ad incidere adeguatamente nella produzione della ricchezza economica
provinciale (e comunque di certo meno
che nelle altre zone del Paese).
In un settore nel quale il sistema delle grandi
imprese, quelle poche che sono rimaste quelle che rappresentano a Ferrara
l’ossatura di un sistema produttivo,
orientano i propri processi di riorganizzazione fuori dalle attività
produttive dirette, per riprodurre un modello già conosciuto con il decentramento
produttivo, con il pseudo lavoro subordinato e fittizi lavoratori autonomi.
Il problema dell'edilizia ferrarese è l'estrema
frantumazione di impresa, a causa della quale l'impresa fatica ad affrontare i
suoi impegni rispettandone tutte le regole, ne discende che queste, sono
portate a rispettare tutto ciò che le regole prevedono come obbligatorio e la
cui violazione comporta forti sanzioni, ma non tutte le regole in materia di
lavoro.
La legge sulla sicurezza in quanto obbligatoria ha
fatto toccare un problema che esisteva anche prima, ma oggi le sanzioni sono
tali da aver messo paura agli imprenditori, anche se i controlli ancora non ci
sono, se fossero effettuati seriamente in tutti i cantieri sia nei lavori
pubblici che privati sarebbe una strage.
Dopo l’ostilità iniziale, l’atteggiamento dei datori
di lavoro verso la Legge 626/94 in
questi anni è cambiato, il 35 per cento circa degli imprenditori, considera le
risorse impegnate e finalizzate per la formazione e sicurezza come un
investimento.
Ma gli altri?
E chi lavora
nel sommerso?
Chi non ha
tutela?
La CGIL ha lanciato quest’anno una campagna per la
salvaguardia della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, ma il fenomeno
degli incidenti sul lavoro e delle malattie professionali hanno cambiato
tipologia, ma non diminuiscono.
Non sono solo i dati a dover essere posti
all’attenzione, perché se un cambiamento negli atteggiamenti c’è stato, quella
tensione diffusa nei cantieri e dentro le imprese non si avverte, oltre che tra
gli imprenditori anche tra i lavoratori
e i delegati sindacali, il tema della tutela della salute deve essere posta
come al top della nostra priorità.
Noi siamo convinti, che il sistema di prevenzione
basato sulla partecipazione delle parti sociali, (come stabilito dalla Legge 626), sia il più efficace quando, si
basa sulla reciproca responsabilizzazione e su procedure attivate, condivise,
trasparenti ed esigibile.
Così, non è stato purtroppo in questi anni, perché
le piccole e medie imprese hanno continuato a ostacolare l’applicazione delle
L.626 e nei cantieri ferraresi questo lo si riscontra quando il nostro Comitato
Tecnico Paritetico di settore, che non è un organismo di controllo, ma un Ente
paritetico di informazione e consulenza per le imprese e
formazione per i lavoratori, si presenta nei cantieri, in alcune realtà viene respinto.
Mentre, dall’altro le grandi imprese hanno
continuato una gestione unilaterale della prevenzione, riducendo la
compilazione del documento di valutazione del rischio ad un atto burocratico,
compiuto senza il coinvolgimento dei lavoratori.
Oggi a dominare il mercato pubblico e privato a
prescindere della media ponderale, è ancora la legge del prezzo più basso, che
ha provocato e provoca un impoverimento del settore con la messa in discussione
dei diritti contrattuali e legislativi, nonché con il risparmio negli
investimenti in termine di sicurezza e di igiene sul lavoro, dobbiamo dare
continuità` a quella grande sfida chiamata lotta al lavoro nero e/o grigio,
alla illegalità` e per la sicurezza dei lavoratori.
Il lavoro nero e/o grigio, l'aumento delle imprese
individuali, il ritorno in grande stile nei nostri cantieri del lavoro
autonomo, del cottimo, sono i guasti e le miserie che accompagnano da una parte
la crisi e dall'altra la ripresa disordinata e non controllata, della concorrenza sleale e dell'uso
sconsiderato del massimo ribasso, per catturare il lavoro presente sul mercato.
Il fenomeno riguarda per buona parte il lavoro
privato, ma anche nei lavori pubblici non si scherza, se aggiungiamo, che sono
cambiate e/o modificate, regole, leggi, diventa fondamentale per il nostro
settore, aggiornare gli accordi esistenti e datati nel tempo con gli EE. LL.
Questo si rende fortemente necessario, visto ormai
il grande numero di imprese extra Provincia e extra Regione che sono entrate
nel mercato ferrarese, sono sempre più le imprese, non controllabili sia in
materia di sicurezza e di normative contrattuali e legislative.
La nostra non è una difesa primaria delle imprese
ferraresi, la nostra è una difesa del lavoro regolare, legale e contrattuale.
In questo gli EE.LL., firmatari degli accordi, non
possono pensare che basti appaltare il lavoro rispettandone tutte le regole
procedurali poi il loro compito è terminato, noi chiediamo più controllo da
parte delle imprese appaltanti, per un controllo più costante nella fase
lavorativa e nelle fasi degli stati di avanzamento lavoro.
Basterebbe vedere il resoconto delle indagini degli
Enti preposti al controllo nei cantieri, per rendersi conto delle irregolarità
più disparate.
Senza scaricare responsabilità a destra o a manca,
occorre fare una svolta di qualità, costruendo un tavolo istituzionale dove
tutti i soggetti interessati possano dare un contributo, la FILLEA è pronta.
In questi giorni come sindacato unitario abbiamo
riallacciato i fili con gli Enti preposti, abbiamo notato disponibilità da
parte degli Amministratori ad aprire il confronto, un confronto concertativo
con tutti i soggetti, al fine di riordinare gli accordi esistenti con
l’obiettivo di creare regole e normative per il settore in Provincia,
indispensabile per uno sviluppo controllato.
La crisi degli anni ‘90, ha lasciato alcuni problemi
irrisolti nel settore, che necessitano di più concertazione e di più
negoziazione, ovvero di più relazioni tra le parti Sociali e le Istituzioni per
determinare obiettivi di maggiore qualità e fissare i traguardi di una
rinnovata politica industriale a favore delle imprese nel settore delle
costruzioni.
Senza la costruzione di un tavolo concertativo
prevalgono i corporativismi, prevalgono i più forti e i più deboli soccombono.
Nel settore mancano lavoratori qualificati, questo è
il continuo ritornello delle imprese e le imprese ferraresi si rubano i
lavoratori l'una l'altra, ma in questo modo non riescono mai a strutturarsi.
Nella Provincia la composizione degli occupati vede
costantemente ridursi la quota delle professioni più qualificate, per una
tendenza delle imprese ad assumere manodopera a basso costo, per conto cresce
il ricorso a forme di lavoro temporaneo ed occasionale.
Questo modello è ancora più vero in considerazione
del fatto che prima o poi si dovrà` decidere se i lavoratori immigrati devono
essere semplice manovalanza, oppure, se aiutati e meno sfruttati con progetti
di specifiche azioni formative, possono dare un contributo qualitativo nel
settore.
A Ferrara abbiamo una scuola di settore in ottima
salute e preparata sul piano professionale e tecnico, con un considerevole
aumento del numero di corsi erogati e del numero di utenti coinvolti nei
processi formativi.
Questo Ente va utilizzato di più, mettendo al
servizio risorse umane e mezzi, la scuola in edilizia, va ripensata non nella
sola vecchia logica di supporto al settore, il ciclo produttivo e formativo
piaccia o non piaccia è cambiato.
Quindi perché non ripensare ad un nuovo sistema formativo che abbia come
obiettivo il mercato del lavoro tra
domanda ed offerta, migliorando ulteriormente la qualità del servizio
formativo, collegando questioni di efficienza del sistema, con formazione dei
giovani e lavoratori immigrati, con
formazione continua in un settore che oggi più che mai ne ha bisogno.
Una formazione continua come concretizzazione
dell’impegno per la realizzazione di uno sviluppo, visibile, della carriera
professionale, come rimedio all’obsolescenza di particolari professionalità e
come miglioramento della qualità della stessa impresa.
Si, la formazione va sviluppata con risorse
finalizzate, primo per un più adeguato
inserimento nel mondo del lavoro, secondo perché il lavoratore formato e preparato
è più appetibile sul mercato, terzo perché formazione significa lavorare in
sicurezza.
La nuova forza produttiva che si sta avvicinando al
settore è sempre più manodopera di lavoratori immigrati, con scarsa
professionalità e molte volte fortemente disagiata sul piano sociale, questi
lavoratori vanno aiutati, non solo nelle
primarie condizioni professionali, ma basterebbe pensare anche come
esempio al problema di umanità e dignità: la casa, e di alloggi dignitosi, le
strutture di servizio e l’integrazione sociale.
Sono temi questi, che la Categoria non può
affrontare in termini solo negoziale, ma richiedono un impegno politico delle
Confederazioni sindacali, perché in tempo sempre più breve questo problema
sociale esploderà.
E’ paradossale che un tema come questo possa fare
notizia solo se proposto dal presidente dell’Unione degli Industriali
Ferrarese.
I dati degli Osservatori provinciali (biennio
2000-2001), confermano una crescita del settore dell’edilizia a Ferrara, sono
aumentati i lavoratori nel settore edile pari a circa 1000 unità, ma
contemporaneamente sono diminuiti i lavoratori subordinati e regolari.
In una Provincia, che in questo biennio sta facendo
grossi investimenti pari forse agli anni d’oro, per citarne alcuni, la
tangenziale Est ed Ovest, la Cispadana l’ospedale di Cona, per non dimenticare
i forti investimenti nella Programmazione di Riqualificazione Urbana.
Dentro questa
tendenza c’è una questione di fondo che va affrontata ed è il SALTO DI QUALITA’ in termini
strutturali che il settore deve
compiere.
Questo salto di qualità va tradotto nell’equazione: CRESCITA- QUALITA’ e SVILUPPO, e per noi, anche CRESCITA-QUALITA’ e DIRITTI, perché più che in altri
settori rappresentano una cartina di tornasole.
Oggi nella Provincia questa equazione viene molte
volte raggirata.
Le Associazioni Imprenditoriali, sono latitanti al
problema e non giocano un ruolo di vero protagonismo di associazionismo
Imprenditoriale, tranne forse quello della sopra vivenza.
In un quadro di crescita, la prima azione da fare
deve riguardare le Associazione
imprenditoriali, e le tematiche di sviluppo vere che servono al settore,
per una crescita di sviluppo e di qualità, per uscire da una secca, pena il
continuo degrado industriale e la perdita di vere occasioni fornite dal
mercato.
Il settore ha bisogno di una svolta, di crescere
e di avvalersi sempre di più di Imprese
in grado di dare le garanzie necessarie, garanzie tecnico-morali ed economiche, in parte presenti ed in parte da
acquisire.
Noi siamo convinti che occorrerà porsi la necessità
di convivenza fra piccole e grandi Imprese, e quindi impedire la penalizzazione dei più piccoli perché meno forti sul
piano delle garanzie finanziarie, affermiamo questo, perché oggi il sistema
cantiere è fortemente diversificato e la convivenza è delle più disparate, tra
imprese ed imprese.
Sollecitiamo gli Imprenditori, i quali devono capire
che in una logica di mercato globale nulla è più garantito e per essere
competitivi e presenti nel mercato si deve investire di più e il risparmio così
come oggi è impostato non reggerà all’infinito, quindi c’è bisogno di una
svolta di qualità anche nella mano
d’opera e nella formazione, perché il lavoratore formato professionalmente è più
conveniente innanzi tutto per loro.
Se il giudizio che diamo del settore edile è questo,
negli impianti fissi il quadro è
più articolato.
In questi anni sono state chiuse importanti Aziende,
direi storiche nel tessuto produttivo ferrarese, ne cito una come emblema, la
PALI BENINI, ma altre ancora si potrebbero
aggiungere.
Abbiamo perso circa 90/100 lavoratori nel comparto,
non è poco per una Categoria come la nostra.
Nel settore
dei Manufatti e del Legno sono stati anni in cui le principali imprese a Ferrara hanno fatto investimenti finalizzati
alla competitività e per rimanere in un mercato sempre più esigente, ma in
alcuni casi senza una vera
progettualità industriale e in alcuni altri con diminuzione della forza
lavoro.
Così è stato per MARANIT, anche se da un lato, ha
fatto considerevoli investimenti, dall’altro, il forte ricambio generazionale
nelle maestranze che ha interessato forse i due quinti dell’impresa e con
l’avvio del ciclo continuo, ha posto e pone un vero problema, non solo
nell’organizzazione del lavoro, ma nella professionalità delle maestranze, in
un mercato sempre più esigente alla qualità del prodotto.
Qui riscontriamo una Imprenditoria che naviga a
vista, senza una vera strategia industriale e che fonda le propria scelte sulle
flessibilità, della mano d’opera, in contratti a termine ed interinali, evitando
il confronto con la R.S.U. nelle politiche industriali.
Dimenticandosi che solo con una R.S.U., dotata di qualità come quella
presente in questa azienda, ha potuto
affrontare negli anni passati gli stravolgimenti derivanti dalla dismissione
della lavorazione dell’amianto, e che quella rappresentanza sindacale si è
resa attore nella gestione e confronto
sulla organizzazione del lavoro.
Quello che registriamo oggi, da parte di quella
dirigenza ci pare ingeneroso, si deve sapere che li non faremo sconti di nessun
genere.
Nel settore
industriale del legno la situazione è più articolata.
Alla COOP LAVORANTI IN LEGNO, impresa cooperativa che in questi anni ha fatto grossi investimenti, in
potenziamento degli impianti e dello stabilimento, portando innovazione
tecnologica nonché aumento occupazionale, mantenendo un buon rapporto nelle
relazioni sindacali .
Alla FALCO e alla INDUSTRIA CORNICE la situazione è
stagnante, da una parte si fanno investimenti di minima, tranne alla FALCO,
dove da anni c’è un progetto per l’ampliamento dello stabilimento.
In queste Imprese, registriamo uno scarto nelle
corrette relazioni con l’imprenditoria, e difficoltà con i lavoratori nelle
basilari normative contrattuali, il tutto legato alle condizione di lavoro, che
come FILLEA ci trova contrari, alcuni esempi: i regimi di turni alla FALCO, al
rapporto individualistico presente in INDUSTRIA CORNICE.
Nel settore manufatti e laterizi per eccellenza,
GIEMME, PAVER, MANFREDINI, non riscontriamo forti diversità sono nel normale
trend, con leggero aumento occupazionale in PAVER.
Nel
settore laterizio la FORNACE di FILO, la cui situazione per il momento non
desta forte preoccupazione, c’è un forte investimento che ci porterà a meta del
2002 ad una nuova fornace.
Se
le relazioni sindacali sono buone, come del resto in tutto il mondo della
cooperazione, va mantenuta l’attenzione perché in questo settore sia a livello
nazionale che provinciale, il nodo che si aprirà a breve sarà l’espansione dei
regimi di orari.
Se quanto tracciato è il quadro della Categoria, se
i compagni della segreteria nel rapporto con i nostri delegati e R.S.U. hanno
retto bene la sfida, in alcuni casi anche, perché no, su una linea difensivistica,
non vanno disprezzate le cose decorose e dignitose fatte in questi anni,
gestione quotidiana negli enti bilaterali, sia nella vera politica categoriale, sia negli accordi di carattere
provinciali nel settore dell’edilizia, sia
nei rinnovi degli integrativi
aziendali.
La FILLEA a Ferrara diversamente dalle altre
Categorie non ha una stagione contrattuale ben definita, ma la contrattazione,
la si fa diciamo periodicamente alle regolari scadenze e
quando la si ritiene necessaria.
In questi anni abbiamo rinnovato tutti gli
integrativi, con risultati soddisfacenti per noi e per i lavoratori, visto che
in tutte le piattaforme presentate, poi siglate abbiamo messo in campo
l’esercizio della democrazia.
Prima, durante e dopo tutte le piattaforme e accordi
sono passati al vaglio dei lavoratori con il Referendum con percentuali del 80%
in andata e 69% nel ritorno.
La fase contrattuale aziendale, così come definita
dai contratti nazionali, sulla base del sistema contrattuale definita
nell’accordo del 23 Luglio, aveva delineato i tre criteri essenziali,
Redditività, Produttività e Qualità, in base ai quali costruire il premio di
risultato.
A dire il vero, le nostre controparti nei rinnovi
avevano in mente un unico criterio, la Redditività e quanto concordato
precedentemente e sancito doveva essere rimesso in discussione o cancellato,
dimenticandosi, forse che negli anni precedenti la produttività e i profitti
erano aumentati a discapito dei lavoratori.
Noi abbiamo retto il confronto, abbiamo rispedito al
mittente le pregiudiziali, abbiamo aperto le trattative e chiuso su linee in
rinunciabili per noi, quali: informazioni, O.d.L., assetti professionali,
regimi di orari in relazione alla O.d.L. e consolidamento del salario, rispetto
alle produttività aziendali.
Noi siamo convinti, che il tutto non sia chiuso,
l’attenzione primaria rimane nella gestione degli accordi; conoscendo le nostre
Controparti, siamo convinti che se non c’è un rapporto continuo con i
lavoratori, le imprese tenteranno di recuperare, la dove siamo riusciti a
sancire dignitosi accordi.
Su questa attività è giusto esprimere un giudizio,
così come per la Segreteria Uscente, poiché si ricandida ad essere rieletta e
ritiene di dover ricevere il consenso sulla base di un programma, che ne delinei
i temi su cui operare per il futuro.
Con un percorso che vogliamo esercitare già da
questo congresso nel rispetto della norma anti discriminatoria come prevista dallo statuto.
Noi siamo per proporre al congresso un allargamento
della Segreteria da tre compagni a quattro, con l’inserimento di una figura
femminile, una compagna di produzione, che per cultura esperienza diversa possa
dare un forte contributo alla Segreteria che ci appresteremo ad eleggere.
Da questo congresso eleggeremo un gruppo dirigente,
il nostro direttivo di Categoria nella più ampia rappresentatività della
Categoria, un direttivo che riteniamo debba essere eletto nella qualità dei
nostri compagni e compagne e non costruito con il bilancino del farmacista
rispetto ai risultati congressuali.
Già nel lontano 1994/95, sembrava che a Ferrara si
giungesse in tempi rapidi all’unificazione delle Tre Casse Edili, “ANCE-COOPERATIVE-ARTIGIANI”,
sono trascorsi sette anni e il problema è ancora sul tappeto, sembra quasi che
l’unificazione sia diventata come la “Bella
Principessa Castiglia….tutti la vogliono
nessuna la piglia”.
Sugli Enti Paritetici, in particolare sulle Casse
Edili, dobbiamo per onestà dire, che la riflessione e gli ambiziosi progetti e
i relativi ritardi sono dovuti in parte alla pigrizia mentale delle nostre
controparti, fin dagli integrativi del 1989/1998, in tutti i tavoli
contrattuali si concordava l’impegno all’unificazione, forse sono ancora
convinti che l’edilizia a Ferrara sia quella di dieci anni fa.
Non è più così, oggi a Ferrara contando le tre Casse
edili registriamo una media di 2900/3200 lavoratori iscritti, quindi regolari.
Noi, a torto o ragione siamo convinti, che
l’unificazione delle Casse sia indispensabile per il nostro settore, non
vogliamo affermare oggi che questo è una dei punti fermi di priorità, la
priorità c’è già, esiste un accordo Nazionale sottoscritto e datato, basterebbe
applicare quell’articolato per risolvere il problema.
Attenzione, i protocolli si sottoscrivono e quando
entrano nelle singole realtà periferiche, non emerge il contenuto o il problema
vero di settore, ma emerge il problema organizzativo e di rappresentanza
spicciola.
Ci domandiamo se quelle Associazioni imprenditoriali
che fortemente si oppongono a quel protocollo siano convinti che una struttura
così articolata, in un settore come quello ferrarese possa reggere per molto.
Noi siamo
convinti di no.
Vedete, compagne e compagni circa 18 mesi fa, come
FILLEA, a fronte delle dimissioni del Direttore del C.T.P. avanzammo la
proposta articolata di unificazione dei due enti “Scuola C.T.P.”, unificazione
non nella sommatoria, ma nel potenziamento e qualificazione dei due Enti in un
unico centro, anche a fronte della possibilità di risparmi per le imprese.
La nostra proposta non ha avuto riscontro, non
perché la FILLEA ha fatto marcia indietro, come qualcuno furbescamente
affermano, ma perché l’unificazione aveva ed ha ancora oggi un obiettivo per il
settore e non può essere scambiata per risolvere soluzioni alternative a
quell’obiettivo.
Noi non guardiamo agli Enti paritetici come merce di
scambio, noi guardiamo agli Enti, come vero strumento contrattuale per i
lavoratori e per le Imprese.
Compagne e
compagni,
in un certo periodo di tempo è venuto a mancare con FILCA e FeNEAL il rapporto,
il confronto, una dialettica vera sindacale, non pensavamo certo, che con
il cambio della guardia in FILCA a Ferrara si fossero risolto i contenziosi unitari d’un colpo,
abbiamo lavorato insieme, cercando la quadratura dei contenziosi aperti
(R.L.S.T., Grottaferrata), oggi siamo all’intesa unitaria nella Categoria,
anche grazie al contributo fornito dal regionale e nazionale.
Noi oggi pensiamo, che si possa aprire un periodo di
lavoro tra FILLEA, FILCA e FeNEAL, sapendo che nulla è scontato con la volontà
di realizzare accordi unitari di largo respiro, che potranno anche essere
graduati nel tempo e che se ben costruiti potranno consentirci di aprire una
nuova fase nei rapporti unitari e nella chiarezza di rappresentanza.
Noi di una nuova fase unitaria ne abbiamo bisogno, sia per il governo degli
Enti Paritetici, che per il rapporto con i lavoratori nelle regole e nella
lealtà politica e con le imprese per i rinnovi contrattuali degli integrativi,
(appena presentati nel settore edile con relativa richiesta d’incontro).
Abbiamo, per verità già ricevuto risposta da parte
dell’ANCE e della CNA, forse perchè queste Associazione rappresentano anche
Confartigianato e le Centrali Cooperative, visto che queste hanno fatto ancora
scena muta rispetto alla nostra lettera unitaria, la risposta è stata negativa,
come al tavolo Nazionale, in sostanza questi affermano che non c’è trippa per
gatti.
La Categoria unitariamente sia a Roma che a Ferrara
ha risposto con la mobilitazione generale, coinvolgendo anche i lavoratori
delle imprese Artigiane e Cooperative, visto che da queste Associazioni non c’è
stato un minimo di distinguo.
Le azioni di mobilitazioni del mese di novembre, con
assemblee nelle imprese e con lo sciopero provinciale del 30 novembre, ha visto una sostanziale e convinta
partecipazione dei nostri lavoratori.
L’ANCE, non vuole fare nessun contratto! Compagne e
Compagni, l’ANCE si riconferma come la parte più retrograda della Confindustria
e del Padronato, anche per quanto riguarda l’applicazione dell’accordo del 23
Luglio, ne dà infatti una interpretazione restrittiva, che esclude per il
biennio precedente il potere d’acquisto dei salari, rispetto l’inflazione
reale.
Ha inoltre presentato argomenti pretestuosi e tra
virgolette si dichiara combattiva contro il lavoro nero, senza chiamare mai in
causa le responsabilità delle imprese e fonda le scelte sulla strategia dei due
tempi:
prima il lavoro, poi i diritti contrattuali.
Accusando, sempre di miopia chi, come noi ha sempre
intrecciato la battaglia per il lavoro, lo sviluppo, con la legalità e la
conquista di diritti sacrosanti, a cui la Categoria, per chi rappresentiamo non
può e non deve rinunciare.
Non si può continuare a sentire prediche sul lavoro
nero e sul costo del lavoro, da Roma a Ferrara e sull’evasione, quando le
stesse Imprese scelgono il salario illegale quale metodo di riduzione del costo
del lavoro, non vi è dubbio, che il salario (se vogliamo mettere le mani nel
piatto) è comunque un problema, che va oltre la qualità delle richieste, perchè
quando viene elargito unilateralmente dalle Imprese diventa un fatto
strutturale, quando è una richiesta sindacale è un problema.
Queste Imprese,
predicano da un lato lotta al lavoro nero, dall’altro negano la
contrattazione con il Sindacato e pensano di dover premiare i lavoratori e le
loro professionalità con aumenti discrezionali e senza sottoporli a
contribuzione.
E’ una battaglia seria se vogliamo difendere e
qualificare il settore e i rinnovi dei contratti Nazionali e gli Integrativi
Provinciali.
Avviandomi alle conclusioni vogliamo avanzare al
Congresso alcune proposte che riguardano direttamente la FILLEA e il suo gruppo
dirigente che verrà eletto.
Questo Congresso dovrà consegnare al nuovo Comitato
Direttivo un mandato, di cui dovrà rispondere.
Un programma, che non è un programma di mandato ma
un impegno politico, un piano di lavoro con punti fermi, perché siamo convinti
che i nostri lavoratori ne abbiano bisogno.
Primo, dobbiamo aggiornare il protocollo con le Pubbliche
Amministrazioni, oggi più che mai indispensabile con le modifiche di leggi
intervenute in materia di appalti.
Secondo, costruire un Osservatorio delle costruzioni in
Provincia di Ferrara, al fine di monitorare il settore per costruire quella
mappa dei lavori edili che è indispensabile per il controllo del territorio.
L’Osservatorio che pensiamo e che dovrà essere posto al confronto con
FeNEAL e FILCA deve contenere tutte quelle informazioni del settore in materia di: Appalti, concessioni edilizie, dati
casse edili, controllo delle richieste di certificazioni liberatorie,
inscrizioni presso gli istituti INPS-INAIL ecc. ecc., questo al fine di
verificare l’andamento regolare del settore.
La
costruzione dell’Osservatorio deve impegnare tutti i soggetti interessati,
Sindacati dei lavoratori, Associazioni datoriali , Enti preposti, nonché le
amministrazioni locali.
Terzo, arrivare
con gradualità in tutti i comparti della Categoria aprendo la contrattazione
aziendale, troppi sono i lavoratori a cui viene negato questo diritto.
Arrivare
in tutti i comparti della Categoria non dipende solo da noi, ma è per noi
fondamentale, i diritti e i bisogni dei lavoratori, devono interessare
l’insieme della Confederazione, a tutti i livelli, rispolverando quei principi
di lotta per la tutela dell’universo del lavoro.
Credo
che dentro la CGIL, si debba ritornare a discutere anche di questo, se non
vogliamo mantenere una separazione di conquiste e bisogni fra i lavoratori che
rappresentiamo, questo non significa, ridurre l’autonomia delle Categorie, che
al contrario, va rafforzata dentro un modello democratico, solidale e
confederale.
Una
solidarietà politica che dovrebbe distinguere un Sindacato generale, ove i
diritti sono sacri per tutti, deboli e forti, categorie di punta e settori
sfortunati, quindi un’organizzazione più vicina ai luoghi di lavoro.
Quarto, lavorare agli accordi unitari con FeNEAL e FILCA
sugli R.L.S.T. ed impegnarci fin in fondo ai rinnovi degli integrativi in
edilizia, non facili per i proclami già annunciati dall’ANCE.
E’
un programma ambizioso, ma raggiungibile.
Questo impone a noi, la ricerca di nuovi sistemi di
relazione tra i diversi attori sociali, prima di tutto con le nostre controparti
.
CONCLUDO
Care compagne e cari compagni, un’ultima parola su
di noi.
Ho detto iniziando questa relazione, del valore
democratico di questa campagna congressuale, dello spirito franco nella
discussione tra i nostri lavoratori, che può consentirci una gestione unitaria
della Categoria, senza cancellare differenze e dialettica interna.
Occorre dire però con franchezza dei limiti e dei
problemi aperti, dalla situazione di straordinarie difficoltà politiche,
economiche e sociali, interne e internazionali e la difficoltà riscontrata nei
nostri lavoratori di recepire la portata di scontro sociale, quasi come fosse
una rassegnazione.
Pur nella dialettica delle posizioni, l’impegno
all’unità della FILLEA e della CGIL è la misura di tale responsabilità che
impegna tutti, nel rapporto tra sindacato e lavoratori, perchè gli obiettivi da
raggiungere rimangono sempre in salita e questo anche per i chiari di luna che circolano.
Noi infatti, dobbiamo modulare la nostra struttura
organizzativa anche sulla base delle esigenze democratiche poste a fondamento
del nostro modello sindacale è indispensabile, se vogliamo recuperare lo scarto
e i bisogni dei nostri lavoratori.
Nel concludere veramente, nei Congressi è
consuetudine concludere i discorsi d’apertura con una citazione storica.
Scusatemi, se non lo faccio, non è nel mio stile, ma
vorrei esprimere una nota di sapore personale.
Non avrei mai pensato che nella mia esperienza di
dirigente sindacale, di trovarmi un giorno a dover tenere una relazione introduttiva
ad un congresso della FILLEA, io figlio di un operaio edile, che già in quegli
anni lontani, mi veniva insegnato come bagaglio culturale e di vita, la difesa
del lavoro.
Il lavoro in sicurezza, la difesa dei diritti,
collettivi ed individuali.
In
quell’insegnamento ho trovato la voglia, di chi crede che il lavoro che fai non
è mai finito, non c'è pausa, non c'è traguardo, ma solo una costante ricerca di
migliorare le condizioni di vita e di lavoro di chi rappresenti.
E' per me grande orgoglio essere qui, in questa
Categoria,
orgoglioso
di aver rappresentato questi lavoratori,
orgoglioso della nostra Organizzazione,
orgoglioso della nostra storia.
Su questi impegni, la Segreteria della FILLEA di
Ferrara, chiede un mandato al congresso, di operare insieme, per raggiungere
gli obiettivi che ci siamo prefissi e che ci prefiggeremo, facendo sì che il
nostro slogan congressuale COSTRUIRE UN
FUTURO DI QUALITA’, sia un obiettivo vero per chi noi rappresentiamo e
vogliamo rappresentare.